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Parole in movimento

Pubblico con piacere il contributo di un amico, Massimo Oliveri - scrittore, insegnante di educazione fisica e preparatore fisico della nazionale italiana di tennis tavolo – sull’educazione dei giovani.

Non si dovrebbe mai dimenticare che tra i più importanti elementi che veicolano la componente emozionale dell’animo umano, la parola rimane lo “strumento” dal peso specifico più complesso e delicato. È attraverso la parola (che distingue l’essere umano da tutte le altre creature) che quasi inconsapevolmente si alimenta la FISICITA’ nelle sue forme più rozze e brutali, essendo la parola espressione delle emozioni interiori.  Quando viene usata male sfocia in modalità relazionali che muovono di per sé stesse azioni violente e disumane.

L’uomo EMOTIVO parla ed autorizza sé stesso ad agire nel circuito della violenza: l’emotività diventa FISICITA’ e il linguaggio emotivo del disagio si pone come sorgente della crudeltà, della sopraffazione, dell’oppressione, offesa, abuso, prepotenza. Il corpo è l’elemento fondamentale e costitutivo dell’Io, non si può pensare ad un Io corporeo separabile da un Io psicologico poiché entrambi fanno parte dell’individuo ed interagiscono costantemente.

La persona è, infatti, costituita da un flusso continuo di informazioni che definiscono l’immagine e la consapevolezza corporea, che diviene struttura dell’Io e quindi dell’individuo.L’Io non può quindi esistere senza le informazioni sensoriali che provengono dal corpo, in quanto senza di esse e della loro conseguente elaborazione, mancherebbe l’insostituibile sensazione di essere al mondo, di essere presenti; perché, il fisico è lo strumento espressivo attraverso il quale l’Io realizza sé stesso.

Ogni parte del proprio vissuto motorio contribuisce alla formazione del senso del sé, e quindi, quando si ha una dissociazione o più semplicemente una scarsa consapevolezza della propria immagine, ciò si riflette sulla personalità dell’individuo e in questo caso, vi è sempre un disturbo emotivo più o meno grave che può sfociare anche in atteggiamenti violenti.

Esprimere un’emozione, un comportamento, un disagio, al contrario, allenta la tensione prodotta nella nostra sfera fisica, permettendo a quest’ultima di recuperare la sua dimensione pacata e di aumentare l’energia e il benessere psicofisico della persona.

La percezione di quello che siamo, il nostro benessere/malessere psicofisico, deriva da un costante scambio di informazioni tra la mente ed il corpo in quanto l’uno è conseguenza dell’altro in un continuo, reciproco, condizionamento.

Conoscere, saper ascoltare ed interpretare non solo i nostri pensieri, ma anche le sensazioni e i movimenti corporei, contribuisce in massima parte alla comprensione di quello che siamo e di quello che vorremmo essere.

Il corpo, quindi, non dovrebbe essere più considerato come una parte dell’individuo da mortificare affinché lo spirito sia esaltato, né collegato alla mente con un pregiudizio negativo: esso è, invece, la condizione dell’essere al mondo, un valore primario dell’esistenza, uno strumento raffinato che ha contribuito al progresso civile della società. Il fisico che vive è una struttura completa che pulsa e si muove, fare attività motoria finalizzata significa, perciò, utilizzare un linguaggio specifico, consentendo di esprimere l’interiorità individuale, di realizzare i propri intenti comunicativi e di interagire con gli altri.

Nel movimento finalizzato rientra l’attività motoria che, almeno nella fase primaria della nostra vita, non può essere considerata come fase specializzata della proposta educativa, ma rimanere in ogni singola manifestazione, una possibilità gioiosa di misurare l’efficienza della propria corporeità,  cioè un’occasione per essere con l’altro in una situazione organizzata, dove il singolo individuo si sente libero di esprimere se stesso, apprezzando il  contributo dell’integrazione per  manifestare attraverso il movimento la sua personalità.

Il mio intento, quindi, è quello di promuovere, in qualsiasi fascia di età scolare:

  • lo sviluppo e il consolidamento delle capacità relative alle funzioni senso-percettive, ovvero di quelle conoscenze che presiedono alla ricezione e all’elaborazione degli stimoli e delle informazioni dell’ambiente.
  • La cementazione e l’affinamento degli schemi motori di base, ovvero quegli schemi che regolano la posizione e il movimento del corpo nello spazio.
  • Lo sviluppo di coerenti comportamenti relazionali vissuti come esperienze di gioco, di esigenze di regole e del rispetto delle stesse.

In questo crescendo di intenzioni, il collegamento della motricità, con l’acquisizione di abilità relative alla comunicazione gestuale e mimica, la drammatizzazione attraverso il rapporto tra movimenti ed emozioni per migliorare la sensibilità espressiva, l’utilizzo della respirazione nella gestione dei comportamenti emozionali, diventano elementi fondamentali per cercare di avere il controllo sulle nostre relazioni emotive.

Il giovane praticante viene traghettato a riconoscere, nelle situazioni di stress emotivo, quelle componenti di organizzazione del movimento che lo porterebbero a meglio interagire con i conflitti, gli stati d’ansia e le esternazioni violente. L’allievo, infatti, riconosce come si esprime, nel controllo e nella trasformazione della componente esecutiva del movimento e attraverso questa competenza trae un ulteriore elemento di interpretazione di quello che gli succede nel vivere quotidiano.

Attenzione, però, quello di cui sto parlando non è la frequentazione di sport o ambienti che stimolano competizioni federali o di gruppo, bensì la ricerca di uno spazio dove sia possibile sperimentare le competenze fisiche individuali, nell’assoluto rispetto delle proprie capacità motorie di base, senza nessun orientamento agonistico del “non mi fanno giocare” o addirittura del “non sono stato convocato”.

Lo sport inteso come fonte di conflitto o intimazione della propria personalità per emergere ed imporsi sull’altro, non ha nessuna possibilità di essere conviviale, contrariamente ad un’interpretazione etica, comunque agonistica, ma con modalità di espressione preferibilmente indirizzate al miglioramento delle proprie abilità motorie, nell’assoluto rispetto di ogni singolo individuo e delle prestazioni sportive dell’avversario.

Non è sufficiente, quindi, frequentare palestre o società sportive, per attingere a quello che il movimento potrebbe fare per consolidare le caratteristiche della nostra personalità, riconoscendola e indirizzandola verso comportamenti dettati dalla buona convivenza e dal buon senso.

I contenuti del messaggio motorio, dovrebbero invece orientarsi, verso il consolidamento di quelle quattro aree coordinative che si riferiscono all’organizzazione prassico-motoria, verificando e sollecitando quelle piccole o importanti disarmonie di movimento governate dallo schema corporeo, dal consolidamento dell’equilibrio, al riconoscimento della coordinazione oculo manuale, alla trasformazione della gestione dello spazio -temporale e all’orientamento attraverso l’individuazione della propria lateralità.

Possiamo quindi dire, in conclusione, che muoversi e progettare un’azione sotto forma di una organizzazione sequenziale finalizzata faccia apparire plausibile il miglioramento della capacità di affrontare situazioni di conflitto emozionale o di interazione psico-sociale, che richieda, a sua volta, l’utilizzo di un asse motorio-concettuale e che preveda la padronanza del sé corporeo per il consolidamento della propria personalità attiva, chi può e vuole, adesso.

 

Chiellini: gli atleti dovrebbero studiare

«Lo studio apre la mente e a Los Angeles ho capito quanto possa essere formativo un soggiorno qui, dove studio e sport giocano la stessa partita»(Giorgio Chiellini). Forse queste dichiarazioni di un campione serviranno a iniziare a cambiare la mentalità per cui un atleta non può dedicare tempo allo studio.

Nel nostro paese la situazione è grave poiché vi sono famiglie che non sono consapevoli del danno che determina nei loro figli frequentare istituti scolastici in cui studiano molto poco e la promozione è un risultato certo. E’ altrettanto vero che la scuola pubblica è spesso poco orientata a comprendere le esigenze di questi giovani coinvolti nello sport. Il saldarsi di queste due mentalità, quella della scuola e delle famiglie determina la fortuna economica delle scuole private che offrono a pagamento percorsi facilitati.

La scuola dovrebbe essere anche educazione alla socialità, a vivere insieme ad altri che svolgono vite diverse. Perdere questa opportunità comporta restare socialmente deprivati e con minori capacità di confrontarsi con gli altri sapendo mantenere il proprio punto di vista.

Se i giovani atleti non frequentano scuole che vorrei chiamare qualificate chi gli insegnerà a servirsi dei social e del loro smartphone? Forse i genitori se sono fortunati. Gli allenatori non hanno certo tempo da dedicare a queste situazioni, e poi ne sarebbero capaci o anche loro sono delle vittime di queste tecnologie?

Sempre il calcio ci ha dimostrato cosa può accadere quando questi percorsi saltano. Tuttavia, la questione è molto più ampia e riguarda la capacità di avvertire e sapere condividere un disagio, avere intorno persone che comprendono e sanno indicare dei percorsi di cambiamento.

La scuola e le famiglie dovrebbero quindi essere il centro della formazione dei giovani, mi sembra però che insegnanti e genitori spesso non siano nella condizione di svolgere quetso ruolo. Ma chi li può aiutare?

 

 

Il ruolo dell’educazione

Ritardare e ribaltare la fragilità negli anziani: una rassegna sistematica

John Travers, Roman Romero-Ortuno, Jade Bailey and Marie-Therese Cooney
Br J Gen Pract 3 December 2018

Abstract

Background Recommendations for routine frailty screening in general practice are increasing as frailty prevalence grows. In England, frailty identification became a contractual requirement in 2017. However, there is little guidance on the most effective and practical interventions once frailty has been identified.

Aim To assess the comparative effectiveness and ease of implementation of frailty interventions in primary care.

Design and setting A systematic review of frailty interventions in primary care.

Method Scientific databases were searched from inception to May 2017 for randomised controlled trials or cohort studies with control groups on primary care frailty interventions. Screening methods, interventions, and outcomes were analysed in included studies. Effectiveness was scored in terms of change of frailty status or frailty indicators and ease of implementation in terms of human resources, marginal costs, and time requirements.

Results A total of 925 studies satisfied search criteria and 46 were included. There were 15 690 participants (median study size was 160 participants). Studies reflected a broad heterogeneity. There were 17 different frailty screening methods. Of the frailty interventions, 23 involved physical activity and other interventions involved health education, nutrition supplementation, home visits, hormone supplementation, and counselling. A significant improvement of frailty status was demonstrated in 71% (n = 10) of studies and of frailty indicators in 69% (n=22) of studies where measured. Interventions with both muscle strength training and protein supplementation were consistently placed highest for effectiveness and ease of implementation.

Conclusion A combination of muscle strength training and protein supplementation was the most effective intervention to delay or reverse frailty and the easiest to implement in primary care. A map of interventions was created that can be used to inform choices for managing frailty.

Nuove proposte per lo sviluppo dello sport fra i giovani

Aspen Institute propone un modello di sviluppo della pratica sportiva nei bambini e negli adolescenti basato sulle più recenti ricerche in questo ambito che ha lo scopo di incrementare il loro coinvolgimento nello sport. Intende cambiare la cultura sportiva centrata sull’avviamento precoce a un’unica disciplina sportiva e propone la validità di un approccio multi-sportivo anche per coloro che intraprenderanno la carriera sportiva. Questa iniziativa ha anche lo scopo di aumentare il numero di praticanti in modo continuativo che negli ultimi anni si sta riducendo in modo significativo. Il progetto, elaborato insieme alle più importanti organizzazioni sportive e aziende dello sport, si chiama Project Play – Reimagining Youth Sport in America.

 

Fig. 6 Physical activity has long lasting benefits that affect all aspects of a child’s life and last into adulthood. (Courtesy of Aspen Institute Project Play) [Citation]  

“Too Small to Fail” molto utile per genitori e adulti

Segui Too Small to Fail molto utile per genitori e adulti

Focusing. Creating. Cooperating. Communicating. These are all important skills children learn when we play with them! Through play, children learn how to problem solve, work together, explore physical movements, overcome challenges, and much more. Play helps children develop critical social-emotional and language skills that will help prepare them for success in school and in life.

As children’s first and best playmates, parents and caregivers play a powerful role in nurturing these skills from birth. Here are a few tips on how you can encourage learning through play:

  • Make the most of your time playing with your child. From they day they are born, children learn through the everyday moments they share with their parents and caregivers. Check out these helpful tips from ZERO TO THREE.

Keep a box of everyday objects like plastic bottles, empty containers or old clothes for dress up. These are great items to help children spark their imagination. Through creative play, children explore the world in their own way, which is important for learning and development. Check out Raising Children Network for fun creative play activities.

 

Hanan Al Hroub: la miglior insegnante al mondo è in Palestina

Hanan Al Hroub è la vincitrice del Global Teacher Prize  per il 2016. Hanan è la maestra che insegna la non violenza. Hanan Al-Hroub è diventata insegnante quando ha capito che doveva fare qualcosa per far superare ai suoi figli il trauma di una sparatoria di cui erano stati testimoni tornando da scuola. E’ cresciuta nel campo profughi di Deisha (Betlemme). «Sono nata in un contesto in cui la violenza era ed è all’ordine del giorno, e ho dovuto crescere in fretta» ha raccontato al momento della sua candidatura. «Lo shock subito condizionò pesantemente il comportamento, la personalità e i voti dei miei figli». È stato allora che la giovane palestinese ha deciso di inventare nuovi metodi di apprendimento attraverso il gioco, coinvolgendo anche i figli dei vicini. «Poco dopo aver iniziato queste attività – ha spiegato – ho riscontrato netti miglioramenti nei miei figli: cresceva la sicurezza in loro stessi e miglioravano anche i voti a scuola. Per questo decisi di cambiare il mio indirizzo di laurea e diventare un’insegnante».  Oggi è felice di averlo fatto: «Sono orgogliosa di essere su questo palco. E accetto questo premio come una vittoria per tutti gli insegnanti e per quelli palestinesi in particolare».

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Il principio base da cui parte  il suo insegnamento è “No alla violenza attraverso il gioco e l’apprendimento”.

“Le nostre armi sono la conoscenza e l’educazione”.

La follia del genitore che dopa non è un caso isolato

La notizia di oggi che un genitore obbligava suo figlio a doparsi perchè doveva diventare un campione di nuoto è solo l’ultima di una serie di episodi che mettono in luce come molti genitori non solo hanno rinunciato a svolgere il loro ruolo educativo ma addirittura ne diventano i principali sfruttatori per soddisfare le loro frustrazioni. Non rimpiango il tempo in cui i gentori svolgevano un ruolo autoritario principalmente nei confronti delle ragazze e in generale si disinteressavano di ciò che facevano i figli maschi. Essere genitori in questo periodo è molto più difficile perchè bisogna sapere e volere orientare il futuro dei propri figli e molti percepiscono questo ruolo come una fatica o mancano semplicemente di quel senso di responsabilità che dovrebbero avere. Non importa se si è divorziati o se si convive, ciò che conta è la volontà a svolgere il ruolo educativo a cui si è chiamati, e questo manca. Viviamo inoltre in una società in cui l’apparire e non l’essere è importante e in cui i soldi sono quasi l’unico parametro per dimostrare che si ha un valore positivo. Purtroppo questi casi aumenteranno sempre più.