Archivio mensile per aprile, 2013

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La resilienza di Woods and Snedeker

Dopo tre giorni di gara al 77° Masters Tournament di Augusta Tiger Woods ha dimostrato cosa vuole dire in concreto essere resilienti. E’ stato penalizzato di due punti per un’involontaria scorrettezza tecnica, penalità grave quando si gioca a questo livello. Al ritorno sul campo per un nuovo giro, all’inizio Woods ha commesso errori dovuti al nervosism0 provocato da questa situazione, poi si è subito ripreso, concludendo in 7° posizione a +4 dalla coppia di testa (Snedeker e Cabrera, 209) e con l’opportunità di continuare a gareggiare per la vittoria.

Anche Snedeker, 5° al mondo, non lì in vacanza. L’americano ricorda di essere stato in testa ad Augusta cinque anni fa nel giro finale ma crollò sotto la pressione. E’ un altro aspetto di resilienza:

Ha detto: “Ho passato 32 anni della mia vita per essere pronto per domani ed è stato un processo di apprendimento … Non sono qui per fare un buon finale. Non sono qui per finire fra i primi 5. Sono qui per vincere”.

 

 

 

 

 

Federica Pellegrini e la ritrovata serenità

La storia di Federica Pellegrini sta a dimostrare che anche una delle atlete più dotate di talento e più vincenti dello sport mondiale,  ha bisogno a un certo punto della sua carriera di un periodo di recupero dopo anni di lavoro molto intenso. Non si è presa un anno di riposo ma ha ridotto gli impegni agonistici, le ore di allenamento e si dedica a un’altra specialità. L’esempio di Federica Pellegrini vale per tutti e non solo per gli atleti di livello olimpico. C’insegna che il recupero è parte della storia sportiva di ognuno che non ci si può stressare per anni senza avere un periodo in cui si rallenta e si fa dell’altro. Non si può sempre spingere al massimo, perchè questo atteggiamento porta nel lungo periodo all’abbandono e alla perdita della serenità. Bisogna avere voglia di allenarsi, di sacrificarsi e di provare gioia a essere stanchi, quando invece diventa un peso bisogna fermarsi o ridurre l’impegno. Questo è importante anche per gli atleti amatori, che non devono vincere nulla ma che troppo spesso si consumano senza mai prendere un attimo di riposo. Bisogna non dimenticare mai che il recupero fa parte dell’allenamento.

Le competenze dell’allenatore

Sempre nella stessa ricerca condotta alcuni anni fa dal Comitato Olimpico US condotta intervistando gli atleti della squadra olimpica amricana nel periodo 1984-1998 è stato loro chiesto quali erano secondo loro le competenze più importanti di un allenatore.

Questi atleti hanno posto in testa alle competenze l’abilità a insegnare e l’abilità a motivare e incoraggiare. A seguire quelle più tipicamente professionali e relative alla conoscenza dell’allenamento e quelle strategiche dello sport. Pertanto premesso che gli allenatori devono essere in grado di programmare e condurre tecnicamente il loro lavoro, sono però le loro competenze interpersonali e psicologiche a rendere efficace il loro lavoro. Questi dati dovrebbero fare riflettere coloro che organizzano i corsi di formazione per allenatori in cui buona parte delle ore sono dedicate esclusivamente alla componente tecnica di questo lavoro mentre poco tempo è dedicato allo sviluppo di quelle abilità che gli atleti di livello assoluto considerano invece come decisive per il loro successo.

La corsa più dura al mondo

Marathon Des sables

E’ in corso la gara podistica più dura mai esistita: la Marathon des Sables. E’ una competizione che si svolge su più giorni percorrendo 150 miglia nel Sahara. I podisti sono in autosufficienza (gli organizzatori forniscono l’acqua) ed è una sfida strema per il fisico e la mente.

L’importanza di sognare per un giovane atleta

L’anno dopo le Olimpiadi è per molti atleti un periodo di transizione. Sovente quelli che hanno ottenuto grandi successi nel quadriennio precedente usano quest’anno come momento di recupero per essere pronti l’anno successivo per ricominciare una nuova avventura. Per i più giovani, invece, può essere un anno importante per dimostrare il loro valore nelle gare internazionali in un momento in cui i migliori non stanno spingendo al massimo. Ed è su questi ultimi che voglio soffermarmi, con la domanda: quand’è che un giovane atleta (ragazza o ragazzo) inizia a sognare che può entrare nella squadra olimpica del suo paese? E poi ha senso sognare?

Ho trovato supporto a questa idea in una ricerca condotta alcuni anni fa dal Comitato Olimpico US che ha rivolto questa domanda agli atleti che sono andati alle Olimpiadi nel periodo 1984-1998. Questi i risultati:

  • Gli atleti hanno iniziato a sognare di diventare atleti olimpionici nel periodo in cui hanno ottenuto i primi successi a livello locale (tra 10,9 e 18 anni).
  • Dopo circa 3,5 anni hanno deciso di perseguire questo loro sogno.
  • Dopo circa 1,7 anni hanno pensato che il loro sogno era realistico a un’età compresa fra 13,4 e 22,4 anni.
Le differenze di età sono dovute al fatto che ginnastica e nuoto sono sport più precoci mentre in altri come il tiro, il canottaggio e l’atletica gli atleti raggiungono la maturità a un’età più avanzata.
Questi dati c’insegnano che i ragazzi e le ragazze hanno bisogno di coltivare i propri sogni e che questi passano da una fase iniziale di desiderio, a una in cui si decide d’impegnarsi per realizzarlo e all’ultima in cui si ritiene realistica la realizzazione. Un altro risultato importante riguarda il breve periodo di tempo intercorso fra la decisione di diventare olimpionico e la convinzione che sarà possibile.

 

 

Tiger Woods: “Voglio essere meglio”

Dopo la vittoria dell’altro mese al Arnold Palmer Invitational è stato chiesto a Tiger Woods se aspirava a ritrovare il suo tocco speciale. La risposta: “Non voglio diventare bravo come una volta. Voglio essere meglio”.

3rd International Congress of Coaching Psychology

Il 3rd International Congress of Coaching Psychology 2013 si tiene a Roma, 16/17 Maggio, organizzato da SCP Italy (Society for Coaching Psychology Italy), partner italiano di ISCP (International Society for Coaching Psychology). Si sviluppa intorno a tre temi:

  • Surfare sull’orlo del Caos – Il contributo della Coaching Psychology e dei modelli delle auto-organizzazioni nella gestione delle complessità dei contesti organizzativi e socio-economici
  • Il Coaching di Terza Generazione – Il contributo della Coaching Psychology quale leva di sviluppo per le organizzazioni che oltre allo sviluppo delle potenzialità del singolo intendono costruire una cultura del coaching e sviluppare uno stile di management e modalità di sviluppo del business sostenibili e integrate con gli stakeholder.
  • L’Approccio Evidence Based alla professione – Il contributo della Coaching Psychology allo sviluppo della professionalità evidence-based fondata sulla pratica che si rinforza con la ricerca e sulla ricerca che dà valore alla pratica. Su questo modello di sviluppo professionale il professionista coach psicologo, come scientist-practitioner, costruisce la sua identità e distintività professionale e può offrire un valore aggiunto ai coachee e alle organizzazioni

Il doping è un inganno sociale

Il doping può essere definito come un inganno nei confronti della società, perchè è un comportamento diretto a ledere con l’inganno un diritto altrui, che è quello di competere alla pari. Distrugge lo sport rendendo inutile l’applicazione delle regole e il valore dell’impegno personale.

Sei capace a mettere da parte le brutte prestazioni?

Sono qui a Malta per seguire la gara di un amico del tiro a volo. Oggi a fatto 23 su 25 la prima serie e poi ha fatto 19 e 23. Domani ha ancora due prove per mostrare che il 19 è stato solo un incidente di percorso. Altra storia, la Juventus sta giocando con il Pescara, partita sulla carta facile ma che è indispensabile vincere per mantenere elevato l’umore e la fiducia della squadra e per  mostrare a se stessi che la sconfitta con il Bayern è stato un incidente di percorso il cui impatto psicologico può essere recuperato con una bella prestazione.

Cosa c’entrano questi due esempi così distanti fra loro per livello e interessi coinvolti: che in ogni caso quando si gareggia non importa cosa hai fatto prima, conta solo riuscire a fornire la migliore prestazione di cui si è capaci alla prossima occasione. Ciò che è stato è solo una storia che bisogna riuscire a mettere da parte.

La preparazione psicologica ha aiutato il successo koreano alle olimpiadi

Dopo avere scritto del contributo degli psicologi dello sport in Iran, oggi tocca a quelli della Repubblica di Korea, questo per sottolineare ancora una volta il riconoscimento che la nostra professione ha anche in paesi molto distanti da noi per storia e cultura, mentre continua a essere pressochè ignorata dal nostro comitato olimpico. La Korea ha ottenuto in queste olimpiadi i mgiliori risultati di sempre con una totale di 28 medaglie di cui 13 d’oro. Due delle squadre più vincenti, tiro con l’arco e tiro a segno e tiro a volo hanno beneficiato di programmi di preparazione mentale.

Il supporto al tiro con l’arco è stato fornito da Young Sook Kim, del Korea Institute of Sport Science, per un periodo di 11 mesi precedenti i giochi. E’ stato condotto in sessioni 1-2 ore, per 2-3 volte la settimana.Il programma è stato via via individualizzato e adeguato alle richieste della competizione olimpica. La squadra ha vinto 3 ori e 1 bronzo.

La squadra di tiro ha vinto 3 ori e 2 argenti. E’ stata seguita nei due anni precedenti da ByungHyun Kim,  sempre del Korea Institute of Sport Science, un professionista con 20 anni di esperienza. Il programma ha riguardato il controllo dell’ansia, la concentrazione, la fiducia e il sapere fronteggiare le elevate aspettative del pubblico koreano.