Archivio mensile per dicembre, 2012

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Le migliori sport clip del 2012

http://www.guardian.co.uk/sport/blog/2012/dec/20/classic-youtube-best-clips-2012

Chi è competente?

conoscenza  +  abilità  +  atteggiamento   =   competenza

cosa si sa  +  sapere fare  +  come si sta mentre si fa

=

sapere fare adattandosi al contesto, alle regole, agli avversari, all’arbitro

Come l’arbitro deve fronteggiare lo stress agonistico

1. Competenza tecnica
2. Indipendenza nel processo di valutazione
3. Essere accettati
4.Condizione fisica
5. Anticipazione delle azioni di gioco

Partendo da questi fattori è necessario che l’arbitro includa nel suo programma di allenamento tecnico anche l’allenamento psicologico, allo scopo di mantenere un elevato livello di controllo del proprio stress durante la partita.

La forza dell”atteggiamento (2)

Avere il “giusto” atteggiamento comporta l’essere totalmente concentrati solo su quanto si deve fare per fornire la migliore prestazione di cui si è capaci. Poco prima dell’inizio di una gara e durante il suo svolgimento l’atleta deve essere focalizzato sul fare al meglio il suo lavoro. L’allenamento e le prestazioni passate gli devono deve avere insegnato a padroneggiare le distrazioni, in modo tale da reagire ad esse in modo quasi inconsapevole. In quei momenti ogni tipo di pensiero deve classificato immediatemente come utile a fare bene o inutile. I primi sono mantenuti e consentono di restare focalizzati sulla prestazione, mentre i secondi vanno eliminati. In tal modo l’atleta è in controllo della sua prestazione, vive solo nel presente e sa rispondere con prontezza a ciò che avviene in gara.

Nello sport la competenza in campo è la chiave del successo (1)

Affermare che nello sport la competenza mostrata in campo è la chiave del successo, non può essere solo una bella frase su cui tutti siamo d’accordo. Dovrebbe essere anche un tema di discussione, perché sono convinto che ogni persona dia un suo significato particolare al termine “competenza” e che questo sia all’origine di molti errori che vengono commessi nell’allenamento degli atleti.   Bisogna quindi intendersi sul significato di competenza. Per molti la competenza è sinonimo di abilità e quindi indica sapere eseguire un determinato gesto tecnico o un insieme di azioni tecniche. Ad esempio nel golf significa che in campo pratica so tirare la palla a 150m in modo corretto e sono in grado di ripetere quest’azione per un certo numero di volte in modo efficace. Lo stesso vale per i giochi di squadra, per cui so ricevere la palla, smarcarmi e passarla a un compagno. Ogni atleta ha acquisito molte di queste abilità che l’allenamento quotidiano affina sempre più. Ma manca ancora qualcosa perché l’abilità si traduca in competenza. Questo ulteriore aspetto è l’atteggiamento dell’atleta in campo. L’atteggiamento è il modo in cui una persona si dispone, consiste nel comportamento assunto da una persona o da un gruppo in una determinata circostanza o nei riguardi di altre persone o gruppi o anche rispetto a eventi e problemi.

Eri Yoshida: la prima giocatrice di baseball in un mondo solo di uomini

“Ci sono alcune professioni in cui le donne non sono solo sotto rappresentate e sottopagate. Sono completamente tagliate fuori. Così è con il nostro passatempo nazionale-baseball … Mentre scrivo questo articolo, nel corso dell’anno 2012, ci sono esattamente zero donne che giocano a baseball nella Major League. Ci sono zero allenatrici nella Major League di baseball, o nel management o fra i direttori generali …

Sembra sorprendente che nel 2012, così come troviamo donne in numerose società di Fortune 500 e in alcune delle posizioni più potenti nel governo, un importante datore di lavoro (Major League Baseball) vieti agli individui di ottenere posti di lavoro a causa del loro sesso. Onestamente, il divieto è quasi certamente inapplicabile a causa del Civil Rights Act del 1964, che vieta la discriminazione sulla base del “sesso” per i datori di lavoro con più di 15 dipendenti, ma non è chiaro se il divieto sia mai stato revocato.

Indipendentemente dal fatto che questo divieto deplorevole è stato “ufficialmente” rovesciato, l’effetto rimane lo stesso: non ci sono donne che giocano a baseball nelle leghe principali consolidati o lavorino all’interno del sistema.

Le donne che sognano di poter un giorno condurre i Clubs alla vittoria nelle world series o deve invece guardare alle leghe indipendenti, dove fanno però meno soldi, ricevono minore copertura stampa e hanno ancora meno possibilità di ottenere i loro obiettivi come nel campionato più importante.

Ma questo non ha fermato Eri Yoshida, che ora gioca per la Na Koa Ikaika Maui della North American Baseball League , con sede a Maui, Hawaii. Yoshida è una  knuckleball di 20 anni e ad oggi, è l’unica donna a giocare a baseball professionale in un campionato di baseball altrimenti tutto maschile. Dopo un debutto 2009 in Giappone (a 17 anni),  si è affermata sulla scena nel 2010 con i Chico Outlaws della Lega Baseball Golden … Trasferendosi ai Na Koa Ikaika Maui nel 2011, è diventata la prima donna in 13 anni a vincere una partita in un campionato altrimenti solo maschile. Quest’anno, è tornata con i Na Koa Ikaika Maui e pitching  …

(di Susan Gardner per www.dailykos.com/…/-Eri-Yoshida)

 

Allenatori solo vittime dei club?

Ancora una volta il calcio non perdona gli allenatori e con regolarità dopo qualche partita persa vengono esonerati. Si dice sempre che ciò avviene perché è più facile licenziare un allenatore piuttosto che 11 giocatori e che i presidenti delle squadre non sanno accettare la sconfitta. Ragionando in questo modo gli allenatori sono sempre vittime e gli altri sono i loro carnefici. Per una volta mi piacerebbe provare a pensare che invece i risultati delle squadre rispecchino i limiti degli allenatori e che questi esoneri dovrebbero essere vissuti come campanelli d’allarme di un modo di essere leader che è stato sbagliato e che quindi andrebbe capito, valutato e cambiato per essere più preparati quando si presenterà la prossima occasione di sedere in panchina. Non so neanche se questi allenatori nel caso in cui effettuino questo percorso critico lo facciano da soli o si affidino all’aiuto di un consulente nel campo del miglioramento delle prestazioni. La mia impressione è che questo modo di fare non appartenga al mondo degli allenatori di calcio, per la ragione che se non sentono la necessità di un consulente psicologo quando sono alla guida della squadra perché mai dovrebbero sentirne la necessità quando sono senza squadra.

Il problema del Napoli

Il problema del Napoli come mostrato nella partita persa ieri con il Bologna è quello dell’atteggiamento in campo. E’ un aspetto che a mio avviso viene poco allenato, perché si dà per scontato che il possedere le abilità per giocare bene sia sufficiente a mettere i calciatori nella condizione di saperlo fare in campo. La mia idea è diversa. Infatti la competenza nel giocare come si sa dipende dall’integrazione di due componenti, che sono le abilità possedute e l’atteggiamento (come ci si comporta in campo). In sostanza, non basta essere capaci, bisogna saperlo dimostrare in partita; migliorando l’atteggiamento il Napoli continuerà a giocare bene ma lo saprà fare anche di fronte agli avversari.

Lindsey Vonn e la depressione dei campioni

L’ultima atleta di cui siamo venuti a sapere che ha sofferto di depressione  è la campionessa dello sci Lindsey Vonn (leggi l’intervista su http://www.people.com/people/article/0,,20655760,00.html), dopo Buffon, Thorpe e tanti altri. Siamo molto lontani da quando negli anni ’80 gli psicologi scrivevano che i campioni dello sport mostrano personalità complesse e ben equilibrate. Non è vero!! Per molto tempo si è infatti pensato che chi aveva successo e non solo gli atleti ma anche gli allenatori, i grandi leader, i vincenti rispetto ai perdenti fossero accomunati da tratti di personalità comuni e pertanto la loro individuazione nei giovani avrebbe permesso di selezionare i potenziali campioni dagli altri. Nessuna ricerca l’ha  mai potuto dimostrare. D’altra parte basta pensare ai campioni che tutti conosciamo per capire le grandi differenze di personalità: Tomba e Thoeni, Maradona e Platini, Rivera e Meroni, Messi e Balotelli, per citarne solo alcuni. Si può essere vincenti e depressi, anzi l’essere continuamente sotto l’occhio dell’opinione pubblica piuttosto che il dovere/volere continuare a vincere creano ulteriori pressioni psicologiche che aumentano il conflitto tra quella parte di sé che soffre del male di vivere e quell’altra che vuole continuare a dare il meglio di sé.

Allenare le sensazioni nel tennis

Ho assistito a una seduta di ‘allenamento di una giovane tennista basato sulla ricerca delle sensazioni connesse all’esecuzione ottimale del suo servizio. E’ stato un allenamento intenso in cui concentrazione sul gesto corretto, sensazioni e esecuzione sono state sollecitate in modo contemporaneo, per determinare un miglioramento di questo fondamentale. Nell’insieme è stata una sessione in cui la componente mentale e quella tecnica sono state impegnate in modo costante.

Un primo effetto di questo tipo di esercitazione risiede nel rendere consapevole la tennista delle sensazioni connesse al movimento sbagliato e a quello corretto. L’allenatore non ha mai detto all’atleta: “Fai così perché è meglio.” Al contrario l’ha guidata a provare nei due diversi modi e a valutare da sola quale determinava il servizio migliore. Lo sviluppo di una consapevolezza diversa da quella avuta sino a quel momento è stato il tema principale su cui questo allenamento si è sviluppato. La tennista ha potuto così sviluppare un’opinione personale su quale movimento era migliore, convincendo se stessa in funzione del risultato che otteneva.

E’ chiaro che in questo modo la memorizzazione degli elementi nuovi del gesto tecnico è stata molto più profonda poiché si è basata non tanto sul seguire le istruzioni dell’allenatore quanto piuttosto sulla presa di coscienza che il gesto suggerito era più vantaggioso. Allenamenti di questo tipo dimostrano quanto sia importante stimolare i processi mentali dei giovani atleti, servendosi delle sensazioni fisiche che provano nel fare in un modo piuttosto che in un altro e, successivamente,  della valutazione da parte della tennista dell’efficacia del tiro.