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La diminuzione dell’attività indipendente come causa del declino del benessere mentale dei bambini

Non è un segreto che i tassi di ansia e depressione tra i bambini e gli adolescenti in età scolare negli Stati Uniti siano ai massimi storici. Riconoscendo ciò, l’American Academy of Pediatrics, l’American Academy of Child and Adolescent Psychiatry e l’Associazione degli Ospedali per l’Infanzia hanno emesso, nel 2021, una dichiarazione congiunta all’amministrazione Biden in cui si chiedeva che la salute mentale dei bambini e degli adolescenti fosse dichiarata “emergenza nazionale”.

Sebbene la maggior parte delle attuali discussioni sul declino della salute mentale giovanile sottolinei ciò che è avvenuto negli ultimi dieci o quindici anni, la ricerca indica che il declino è stato continuo per almeno gli ultimi cinque o sei decenni.

La tesi riassume le prove relative a (a) un forte declino nel corso dei decenni nelle opportunità per l’attività indipendente dei bambini; (b) un forte declino negli stessi decenni nella salute mentale dei giovani; (c) gli effetti dell’attività indipendente sulla felicità immediata dei bambini; e (d) gli effetti dell’attività indipendente nella costruzione di una resilienza psicologica a lungo termine.

Chi è stato giovane negli anni ’70 o precedenti sa per esperienza diretta che i bambini di allora avevano molta più libertà per girovagare, giocare e partecipare a varie attività in modo indipendente dagli adulti rispetto ai bambini di oggi. A partire dagli anni ’60 e accelerando negli anni ’80, la comprensione implicita si è spostata da quella dei bambini come competenti, responsabili e resilienti a quella opposta, poiché i consigli si sono concentrati sempre di più sulle esigenze di supervisione e protezione. Quello che è diminuito in particolare è la libertà dei bambini di partecipare ad attività che comportano un certo grado di rischio e responsabilità personale lontano dagli adulti.

Chudacoff (2007) descrive la prima metà del XX secolo come “l’età dell’oro del gioco non strutturato” e mostra come il gioco libero dei bambini, soprattutto all’aperto, sia diminuito a partire dal 1960. Mintz (2006) sostiene le premesse secondo cui “i bambini contemporanei sono più regolamentati e vincolati che mai” e hanno “meno modi socialmente valorizzati per contribuire al benessere della loro famiglia o partecipare alla vita comunitaria”.

E’ aumentato il tempo che i bambini devono trascorrere a scuola e nel fare i compiti a casa. Tra il 1950 e il 2010, la durata media dell’anno scolastico negli Stati Uniti è aumentata di cinque ore a settimana. I compiti, che erano una volta rari o inesistenti nelle scuole elementari, sono ora comuni persino all’asilo. Uno studio ha rivelato che la quantità media di tempo trascorso a scuola e nei compiti a casa dagli studenti delle scuole statunitensi, di età compresa tra 6 e 8 anni, è aumentata di 11,4 ore a settimana tra il 1981 e il 2003, equivalente a un giorno e mezzo di lavoro per un adulto.

Un sondaggio, condotto dal Sistema di Sorveglianza dei Comportamenti a Rischio per i Giovani, condotto annualmente dai Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (CDC), ha rivelato che nel 2019, il 36,7% degli studenti delle scuole superiori di età compresa tra 14 e 18 anni ha segnalato sentimenti persistenti di tristezza o disperazione nell’ultimo anno.

Una delle principali categorie di attività indipendente, soprattutto per i giovani, è il gioco. Le prove indicano che sembra essere più soddisfacente quando avviene lontano dalla supervisione e dall’intervento degli adulti. I bambini intendono il gioco come un’attività “che avviene con altri bambini con scarsa o nessuna partecipazione degli adulti”.

Studi osservazionali in ambienti naturali hanno anche documentato un effetto inibitorio della presenza degli adulti sul gioco dei bambini. Oltre a promuovere il benessere mentale immediato, l’attività indipendente dei bambini potrebbe anche contribuire a sviluppare capacità e atteggiamenti mentali che favoriscono il benessere futuro. Uno dei modi per pensarci riguarda il concetto del locus di controllo interno ed esterno (LOC). LOC interno si riferisce alla tendenza di una persona a credere di avere il controllo sulla propria vita e di poter risolvere i problemi man mano che sorgono, in contrasto con il LOC esterno, che è una tendenza a credere che le esperienze siano governate da circostanze al di fuori del controllo personale. Molte ricerche, principalmente trasversali ma anche longitudinali, hanno dimostrato che un LOC interno basso è altamente predittivo di ansia e/o depressione sia nei bambini che negli adulti.

Oltre a documentare un aumento drammatico di ansia e depressione tra i giovani nel corso degli ultimi quattro decenni del XX secolo, Twenge e i suoi colleghi hanno anche documentato un drammatico declino del LOC interno nello stesso periodo. Logicamente, sembra probabile che un declino del LOC interno sia stata una causa mediatrice del declino del benessere mentale. L’aumento del tempo e della pressione scolastica nel corso dei decenni potrebbe aver influenzato la salute mentale non solo diminuendo il tempo e l’opportunità per le attività indipendenti, ma anche perché la paura del fallimento accademico o della mancanza di successo è una fonte diretta di angoscia.

(Sintesi di: Gray P, Lancy DF, Bjorklund DF. Decline in Independent Activity as a Cause of Decline in Children’s Mental Well-being: Summary of the Evidence. J Pediatr. 2023 Sep; 260:113352)

Ian Thorpe e la depressione dei campioni

Ian Thorpe, 30 anni, uno dei più grandi nuotatori di tutti i tempi, ha scritto nella sua autobiografia di essere stato depresso, ma di non averne mai parlato apertamente. “Nemmeno la mia famiglia è consapevole del fatto che ho speso un sacco della mia vita combattendo quello che posso solo descrivere come una depressione paralizzante”.   Thorpe, 30 anni,  ha detto di aver cercato di essere perfetto … Dopo le Olimpiadi di Sydney e durante la preparazione per Atene, Thorpe decise di ottenere risposte e “visitò clandestinamente” un medico, da cui ha ottenuto “una mano”, servendosi anche di farmaci. “Ho anche usato l’alcol come un mezzo per liberare la testa di pensieri terribili, come un modo di gestire i miei stati d’animo – ma l’ho fatto a porte chiuse, pensando così come molti depressi di combattere i propri demoni, prima che di rendersi conto che non possono fare a meno di aiuto “. “Ci sono state numerose occasioni, in particolare tra il 2002 e il 2004, mentre mi allenavo per difendere i miei titoli olimpici ad Atene, che ho abusato di me in questo modo -. Sempre solo e in una nebbia di vergogna”.
Viviamo nel periodo in cui la depressione è il disturbo mentale più diffuso. Depressione che è stimolata dalla percezione di non controllare più la vita e dalla convinzione che nessuno ci possa aiutare. Ne soffrono anche i campioni e non solo le persone che si sentono disperate perché vivono la loro vita come un fallimento o un tentativo fallito di realizzare i propri sogni. I campioni possono venirne intrappolati in quanto sono alla ricerca della perfezione che non si potrà mai raggiungere e dalla necessità di ripetere i loro successi, in un ambiente che li considera eroi solo se continuano a vincere altrimenti con la stessa facilità diventano qualcosa da eliminare. La caducità del successo, nonostante la fama e il riscontro economico, può distruggere delle vite se chi vive questa condizione non elabora dei modi per uscirne vivo e felice. Non tutti vogliono imparare, non tutti vivono in un ambiente che li mette in guardia e li sostiene, e così si diventa depressi. Anche perché se mai provassero a parlare, troverebbero molti amici pronti a dirgli che loro hanno avuto tutto e non possono lamentarsi.