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La rete di Milik: respirare, guardare e tirare

La rete di Milik contro il Cagliari al 90° minuto è un perfetto esempio di focus sul presente. Il giocatore infatti respira per decontrarsi fisicamente e guarda la porta per raggiungere il picco dell’attenzione, e dopo pochi istanti esegue il tiro con estrema efficacia. Con questo tiro il Napoli ha vinto la partita.

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Il miglioramento continuativo come obiettivo per l’atleta e l’allenatore

Il miglioramento è un processo continuo, che si sviluppa su base quotidiana e che richiede un impegno costante da parte dell’atleta e di coloro che seguono questa sua attività. L’obiettivo è l’incremento delle prestazioni agonistiche e delle competenze fisiche, psicologiche e tecniche. Il raggiungimento e il conseguente mantenimento dell’efficacia competitiva richiedono un continuo orientamento al miglioramento in tutte le aree che partecipano a determinare la prestazione finale.

Per un atleta è molto importante la qualità dell’ambiente sportivo in cui è inserito e gli atteggiamenti caratteristici di un ambiente positivo sono i seguenti:

  • Prevenzione e non reazione – bisogna agire per prevedere le cause potenziali di problemi, ragionando in termini di: “Cosa succede se…” allo scopo di formulare le risposte da fornire alle situazioni più critiche che potrebbero manifestarsi
  • L’attività di miglioramento deve essere incessante e modulata in termini di obiettivi difficili ma raggiungibili
  • L’atleta e l’allenatore devono collaborare nella scelta degli obiettivi di miglioramento dell’atleta stesso
  • L’atleta deve stabilire rapporti chiari e basati su obiettivi da raggiungere con ogni esperto coinvolto nella sua preparazione
  • L’atleta e l’organizzazione sportiva della quale fa parte devono considerare gli errori come la più importante opportunità di miglioramento e non come qualcosa da nascondere
  • L’atleta e la sua organizzazione sportiva possono identificare obiettivi a lungo termine apparentemente anche troppo ambiziosi ma devono stabilire obiettivi e breve e medio termine che siano specifici e percepiti come raggiungibili
  • La comunicazione interpersonale deve essere stimolata e favorita
  • Di ogni ciclo dell’allenamento deve essere percepito, da parte dell’atleta, il valore aggiunto teorico (quello che determina la ragione per cui vale la pena d’impegnarsi in un’attività) e quello realmente fornito all’acquisizione di competenze
  • Utilizzo dell’approccio basato non solo sull’identificazione dei problemi ma pure sulla contemporanea identificazione di soluzioni. Porsi problemi e non soluzioni serve solo ad affondare la stima personale, in ogni situazione bisogna sempre concentrarsi sulle vie d’uscita
  • Il problem solving è un sistema di metodi che quando vengono utilizzati in maniera sistematica durante il cammino di miglioramento, consentono di soddisfare gli obiettivi che si sono posti attraverso un uso efficace delle risorse di cui si dispone. Il problem solving si articola nel modo seguente:
  1. scelta del problema,
  2. individuazione delle cause reali,
  3. scelta della soluzione da attuare,
  4. accordo tra le parti nei riguardi della soluzione proposta,
  5. attuazione della soluzione,
  6. verifica dei risultati ottenuti,
  7. inserimento della soluzione nel programma di allenamento

La mentalità delle squadre secondo Desmond Morris

In questo mese è stato nuovamente pubblicato il libro del 1981 dell’antropologo Desmond Morris “La tribù del calcio”. Uno dei temi del libro riguarda il significato e la funzione dei goal, a cui ho dedicato un’indagine svolta su quattro campionati europei, di cui riporto parte dell’introduzione.

 

Nel gioco del calcio segnare o subire una rete rappresenta l’apice del gioco di una squadra e esercita una notevole influenza sulla fiducia e sulle emozioni delle due squadre. E’ l’evento più importante della partita. Già trenta anni fa l’antropologo Desmond Morris, nel suo libro dedicato all’analisi del calcio come fenomeno tribale, scriveva:

“Una delle qualità che rendono i goal tanto importanti è la loro rarità. Nel calcio professionistico moderno il punteggio più frequente di una squadra al termine dei novanta minuti di gioco è uno. O zero … ogni squadra ha poco più di un migliaio di contatti con la palla per partita. Il che significa che un giocatore che colpisce la palla ha meno di una possibilità su mille di segnare. Non c’è da stupirsi quindi se, quando questo accade, la reazione è così potente. Non c’è da stupirsi se quel raro esemplare che è il goleador o cannoniere venga elevato, nel folklore tribale, al piedistallo di un vero e proprio eroe” (1981, p.104).

Inoltre, analizzando i 9000 goal effettuati tra aprile 1978 e novembre 1980 in partite di campionato e di coppa inglesi, Morris trovò che la loro frequenza aumentava con il passare del tempo. Erano circa 5000 i goal segnati nel secondo tempo, di cui 1800 erano stati messi a segno negli ultimi 15 minuti della partita, evidenziando globalmente che la probabilità di segnare aumentava col procedere della partita.

In conclusione questa indagine è un omaggio alle idee innovative che Morris propose trenta anni fa e che restano attuali anche se le condizioni socioeconomiche che attraversa il gioco del calcio oggi sono diverse da quelle degli anni ’70. Il significato e la funzione dei goal sono rimasti comunque gli stessi, anzi l’importanza di vincere nonché le aspettative delle società e dei tifosi si sono fortemente ingigantite.

Pertanto studiare quando vengono segnate le reti, al di la del suo valore statistico, permette di aprire uno squarcio sulla mentalità delle squadre e sul loro modo di condurre la partita.

Infine, Morris evidenziò un altro fattore rilevante e cioè che le difese si erano nel tempo mostrate più efficaci nel fermare gli attaccanti, di quanto questi ultimi fossero progrediti nell’incrementare il numero di goal. A tale riguardo nella Lega inglese nel 1960 venivano segnate annualmente circa 7000 reti, nel 1965 scendevano a 5800, nel 1970 a 5100, e questo numero con fluttuazioni di anno in anno si mantenne stabile sino al 1979 (anno in cui venne svolta l’indagine).

Il significato del mettere a segno una rete ha molte spiegazioni:

-          “… i cacciatori diventano calciatori, l’arma è la palla e la preda è porta” (Morris, 1981, p. 15)

-          “immaginarla come una specie di guerra in miniatura … Quello che conta è proprio la differenza tra il numero di goal segnati dalle due squadre … il risultato finale si ricollega invece al simbolismo della battaglia” (p. 17-18).

-          “Se la squadra di casa vince una partita, i tifosi locali possono vantare un’importante vittoria anche in campo psicologico e sociale … Non c’è disgrazia peggiore per le tribù della retrocessione: in caso di retrocessione la perdita del prestigio sociale è talmente grande che la squadra si autopunisce con un sacrificio simbolico: in genere licenziando l’allenatore” (p. 22-23).

-          “E’ importante ripetere una volta per tutte che non esistono dubbi circa il significato religioso di una partita di calcio … il cittadino è sempre più affamato di occasioni di incontro di massa, in cui può vedersi o essere visto come facente parte di una comunità” (p.23).

-          “Ogni partita di calcio è un’impresa commerciale preceduta da molta pubblicità” (p.27).

In conclusione questa indagine è un omaggio alle idee innovative che Morris propose trenta anni fa e che restano attuali anche se le condizioni socioeconomiche che attraversa il gioco del calcio oggi sono diverse da quelle degli anni ’70. Il significato e la funzione dei goal sono rimasti comunque gli stessi, anzi l’importanza di vincere nonché le aspettative delle società e dei tifosi si sono fortemente ingigantite.

Pertanto studiare quando vengono segnate le reti, al di la del suo valore statistico, permette di aprire uno squarcio sulla mentalità delle squadre e sul loro modo di condurre la partita.

Osa e vinci

Dopo la vittoria della Italia sulla Francia del rugby, i giocatori italiani hanno detto che Brunel gli ha insegnato il significato dello sport, a entrare in campo con la voglia di vincere e che per raggiungere questo obiettivo bisogna osare. Osare significa avere il coraggio di fare qualcosa che sia rischioso. Voglio fare notare che questo approccio è alla base non solo della mentalità vincente ma anche della motivazione. Infatti gli esseri umani sono spinti da tre bisogni: competenza, socializzazione e eccitazione.

Quest’ultimo, l’eccitazione, è sostenuto dall’abilità a svolgere attività valutate come emozionanti, sapersi assumere dei rischi (calcolati) è il modo in cui si soddisfa questa necessità E’ un bisogno che è già presente nell’infanzia e il riquadro qui sotto ne illustra le ragioni.

Sapersi assumere dei rischi

Si collega al sapersi muovere pensando durante le attività svolte. Ad esempio, nel calcio sempre più spesso i tecnici affermano che i giovani calciatori tirano raramente in  porta o non sanno fare un dribbling. Tirare in porta è una situazione sportiva in cui è possibile sbagliare l’esecuzione ed essere tacciati dagli altri compagni di volere giocare da soli. Il giovane si assumerà questo rischio se sa che il tecnico apprezza questo modo di agire, se premia l’osare e non soltanto le azioni corrette o quelle che sono state preparate in precedenza insieme alla squadra.   Dal punto di vista cognitivo saper decidere rischiando e saper pensare durante il gioco in situazione di pressione competitiva sono due aspetti che favoriscono lo sviluppo dell’intelligenza motoria, che è molto sviluppata fra gli atleti.

Come si vede non bisogna arrivare in nazionale per imparare a osare, basta creare situazioni di allenamento in cui i giovani debbano assumere delle iniziative per soddisfare le esigenze dell’esercitazione.

Abilità di concentrazione sotto stress

Abilità di concentrazione sotto stress nel calcio

articolo pubblicato sulla rivista dell’Associazione Italiana Allenatori  Calcio di Alberto Cei e Stefano D’Ottavio

http://www.assoallenatori.it/aiacweb.nsf/WebviewAllenatorebyNumero/60ec3acb7b80a5cec12576c4007c378d

Quando vengono segnati i goal decisivi nel calcio

Una ricerca che ho condotto nei campionati di calcio italiani di Serie A  analizza il periodo in cui vengono segnati i goal decisivi, ad esempio se il punteggio finale è 1-1 o 2-2 il goal preso in considerazione è quello che ha determinato il pareggio finale. Analizzando l’ultimo goal effettuato, in tre campionati italiani di Serie A sono state così indagate tre tipologie di risultati: il pareggio, la vittoria con lo scarto di una rete e quella con lo scarto di due reti.

 

 

 

 

 

 

Da questi risultati emerge che l’ultimo periodo di gioco analizzato è quello in cui vengono messe a segno le reti decisivi quale che sia il risultato finale con il 44,2% di goal. L’altro periodo con maggiore frequenza di reti è quello immediatamente precedente con il 24,6%. L’ultima mezz’ora della partita è quella più importante per il numero di goal segnati che rappresentano il 68,8% dei goal. Solo 16,3% dei goal decisivi sono effettuati nel primo tempo, questo dato è molto vicino alla percentuale di goal messi a segno nei primi 15 minuti della ripresa (14,7%).

Chelsea-Napoli una lotta alla pari

Napoli e Chelsea è stata una bella partita per noi spettatori. Una partita vera in cui le squadre hanno lottato talvolta anche al limite del regolamento o sfruttando la furbaggine di alcuni nel cadere a terra quando serviva (vedi Drogba). I calciatori hanno giocato palla su palla senza mai risparmiarsi o dimostrare di avere paura degli avversari. La differenza a mio avviso è consistita nella maggiore freddezza del Chelsea nelle conclusioni che hanno determinato le quattro reti. Infatti, non bisogna farsi ingannare dal numero di goal messi a segno, non è stata una goleada,  poichè le reti sono state segnate a molta distanza le une dalle altre, a dimostrazione che non vi sono stati momenti di calo fisico o mentale del Napoli tali da determinare una evidente supremazia dall’avversario.  Questa situazione non si è realizzata. Le squadre hanno giocato alla pari, il Chelsea però è stato più abile nel chiudere il risultato. Peccato per il Napoli.

 

Situazione negativa a Novara

Il Novara squadra di cui si ammirava all’inizio del campionato l’ambiente sereno e la capacità di essere riusciti a emergere in pochi anni sino a raggiungere il traguardo del massimo campionato di calcio vive in questi giorni la situazione esattamente opposta. Squadra contestata dai tifosi, risultati negativi, fondo della classifica, ipotesi di cambio di allenatore. Si potrebbe dire dalle stelle alle stalle. Le spiegazioni riportate sui giornali riguardano problemi tecnici, preparazione fisica carente e mancanza di carattere: non si salva niente. Mi auguro che l’allenatore non la pensi in questo modo che è troppo generale e poco utile, ma abbia risposte specifiche e precise così da evitare che si diffonda la convizione di non essere capaci ad affrontare questo livello di campionato, poichè porterebbe ancor più in basso l’umore della squadra. Andando ad analizzare quando il Novara subisce i goal si può notare che sono distribuiti in modo abbastanza omogeneo lungo l’arco della partita, fatta eccezione per i primi 15 minuti in cui ha preso solo 2 reti delle 32. Nella successiva mezz’ora del primo tempo ne ha incassati 14, distribuiti in modo uguale nei due intervalli di quindici minuti. Nel secondo tempo ha preso 5 reti dal 46° al 60°, 4 dal 61° al 75° e 6 dal 76° al termine della partita. Questa distribuzione omogenea determina una condizione di insicurezza dovuta all’idea che il goal può arrivare in ogni istante e che non vi sono fasi della partita in cui abitualmente si è più sicuri. Se questa è la convinzione i giocatori vanno allenati a essere più attenti nella fase difensiva del gioco e a mantenere questo atteggiamento in modo continuativo. Oltretutto la squadra ha preso 16 goal nel primo tempo segnandone solo 4, per cui in ogni partita è quasi certo che termini la prima parte in svantaggio. migliorando in questa fase, il secondo tempo sarebbe più facile poichè la squadra lo inizierebbe con un’altro livello di sicurezza e inoltre dato che è riuscita a segnare 5 goal negli ultimi 15 minuti, questi sono inutili se sino già presi molti goal in precedenza ma al contrario sarebbero di grande sostegno se la squadra non chiudesse quasi sempre il primo tempo in svantaggio.

Primo: non prenderli

Questo è il principio base a cui si è sempre ispirato Trapattoni. Su questa base vorrei fare delle domande (virtuali perchè il destinario non le saprà mai) a Delneri relative alla preparazione della sua squadra. Primo, se la squadra  è così evidentemente debole (mentalmente? fisicamente? tecnicamente? tatticamente?) come mai non gioca per soddisfare questa regola trapattoniana? Secondo, ho letto sui quotidiani che avrebbe posto particolare attenzione, in questo periodo, alla condizione mentale dei calciatori, cosa ha fatto? Terzo, visto l’esito cosa ha sbagliato? Quarto, capisco che il gioco di una squadra è distribuito fra tutti i reparti, ma oltre a calciatori più talentuosi, non servirebbero anche altri, vogliamo dire, più volitivi? Quinto, giacchè siamo noi a guardarvi in Tv o sui media non sarebbe più intelligente dire quando si perde in maniera così vistosa “abbiamo un problema a difenderci” piuttosto che sostenere che si è giocato senza attaccanti? Sesto, una curiosità: avete mai chiesto ai vostri calciatori cos’è per loro “avere orgoglio” e come questo si dovrebbe manifestare in campo? Settimo, avete mai fatto allenamenti in cui si deve dimostrare l’orgoglio di appartenenza a questo club. Ottavo, ai giornalisti avete mai pensato che queste sono domande  che potrebbero interessare i lettori appassionati di calcio?

Quando si fa goal

Durante una partita di calcio la concentrazione deve essere mantenuta per l’intero periodo, ma vi sono momenti in cui questa sembra decrescere. A conferma di queste convinzioni, la Tabella 1 illustra che nel campionato italiano di Serie A di calcio del 2007/08 la maggior parte delle reti sono state segnate rispettivamente negli ultimi 15 minuti dell’incontro (22%), alla fine del primo tempo (18%) e all’inizio del secondo (17,2%). La rilevanza dell’ultimo quarto d’ora di gioco si riscontra anche se si confrontano i goal subiti negli scontri diretti tra le prime sei della classifica, fra le ultime sei e le partite fra questi due gruppi (Tabella 2). In queste fasi della partita la squadra che riuscisse a restare concentrata sul gioco in maniera più efficace incrementerebbe la probabilità di subire un numero minore di goal. Un’adeguata preparazione fisica associata a un programma di allenamento per l’incremento dell’attenzione in condizioni di elevato stress agonistico sono due soluzioni efficaci per evitare di subire il 27% circa delle reti negli ultimi minuti. (Fonte: Alberto Cei e Stefano D’Ottavio, 2010)

Tabella 1. Percentuale di goal effettuati nel campionato italiano di Serie A di calcio 2007/08 in diversi momenti della partita (Fonte:  http://www.livescores.it/calciostatistiche.html ).

Minuti Goal %
0-15 70 11,1 %
16-30 87 13,7 %
31-45 114 18,0 %
46-60 109 17,2 %
61-75 105 16,6 %
76-90 139 22,0%

Tabella 2. Percentuale di goal subiti nel campionato italiano di Serie A di calcio 2007/08

Periodo partita Goal subiti (in percentuale) negli scontri diretti fra le
in minuti prime 6 prime 6 vs ultime 6 ultime 6
0 – 15 7,5 11,1 11,7
16 – 30 17,5 15,6 11,7
31 – 45 13,7 11,9 22
46 – 60 17,5 15,6 13,2
61 – 75 17,5 18,6 14,7
76 – 90 26,2 26,8 26,4