Archivio mensile per maggio, 2012

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Quanto dura un allenatore sulla stessa panchina?

Le squadre parlano di progetto e gli allenatori vengono mandati via anche dopo pochi mesi. Questa è l’esperienza attuale del nostro calcio e questi due dati di realtà ovviamente si contraddicono a vicenda. Un progetto richiede stabilità nell’impiego delle risorse (finanziarie, organizzative e umane) e ha senso solo se queste si coniugano insieme con un’altra variabile rappresentata dal tempo. Spesso gli allenatori vengono mandati via per le bizze dei presidenti e a questo non c’è rimedio. Altra volte perché s’incolpano della mancanza di risultati, come nel caso di Luis Enrique, che a mio avviso non ha compreso del tutto l’ambiente nel quale lavorava. Sbaglierò ma mi sembra si sia intristito strada facendo e questo non ha fatto bene a lui e alla squadra. Il Napoli ha chiuso un ciclo basato “sulla novità e entusiasmo” ora deve decidere (il suo presidente) se diventare una grande squadra o restare una buona squadra. L’allenatore sarà sempre lo stesso? In altre parole: è l’allenatore adatto per un livello superiore? Un’altra questione che influenza la durata riguarda lo stress percepito dall’allenatore: Guardiola se ne è andato per riposarsi. E poi ancora, mi sembra sia stato Trapattoni a dire che un allenatore non può restare più di cinque anni sulla stessa panchina, perché s’insinua una sorta di abitudine che deteriora la voglia di migliorarsi. Ovviamente vi è l’eccezione di Ferguson. In sostanza vi sono molti fattori che determinano la durata sulla stessa panchina e qualcuno dovrebbe studiare questi aspetti. Direi che gli allenatori hanno bisogno sempre di nuovi stimoli e così le squadre, quindi alcuni anni (5?) sono già un gran successo poi bisogna cambiare. Questo vale anche negli altri sport di squadra: Messina, Rudic e Velasco per ricordare solo tre nomi non allenano più in Italia da tempo.

I signori dei tranelli

Nell’ultimo decennio il mondo dell’economia  e quello dello sport sono stati segnati da un gran numero di scandali e fallimenti. Abbiamo assistito al crack di aziende come la Enron, quinto colosso finanziario americano e della Parmalat una delle imprese italiane di eccellenza, ma abbiamo vissuto anche la lunga stagione degli scandali sportivi da quelli del doping che hanno distrutto il ciclismo e hanno coinvolto atleti famosi in tutti gli sport sino a giungere al calcio in cui gli scandali sembrano non finire mai.  Viviamo in un periodo in cui vengono scoperte grandi truffe perpetrate da leader di successo e top performer sino a quel momento oggetto di ammirazione e adulazione da parte di tutti. L’inganno sistematico, diventato così condotta istituzionale, insieme all’avidità e all’arroganza dei leader ha rovinato grandi aziende e ridotto molte prestazioni sportive a espressione di trucchi farmacologici.

I signori dei tranelli

Questo mio nuovo libro costituisce una chiave di lettura di quali siano le ragioni per cui queste truffe abbiano trovato così grande spazio nel mondo attuale.   Vengono analizzate le cause che determinano il perseguimento consapevole di forme di fraudolenza e  come azioni isolate siano diventate modi standard di fare sport e business. Le vicende raccontate mettono in luce veri e propri sistemi di truffa, non interpretabili in termini di atleti o manager isolati con profili devianti. A condurre queste operazioni sono persone vincenti che hanno messo da parte ogni istanza morale per perseguire solo il potere e l’arricchimento, nella convinzione di restare impuniti. Nell’ultima parte del libro si sostiene che la guerra a questo sistema non deve essere condotta solo con l’inasprimento delle pene ma tramite la diffusione di una cultura fondata sulla responsabilità sociale, che evidenzi come integrare le richieste di essere al tempo stesso competitivi e etici.

Vai a: http://www.ceiconsulting.it/it/publications/books/

Testa, cuore, gambe

Testa, cuore e gambe. Ha detto Conte che sono queste e in questo ordine le caratteristiche della Juventus che ha vinto lo scudetto. E’ importante che un allenatore lo riconosca perché spererei diventi una moda a cui tutti gli allenatori dei giovani vogliano riferirsi. Abbiamo vissuto forse almeno 15 anni in cui ciò che contava era lo schema, la tattica insegnata già ai bambini e mai un esercizio per insegnargli a ragionare con la propria testa e farsi guidare dal cuore.

Non è un’idea certamente nuova, nel 1984 quando ho seguito per la prima volta una nazionale, quella femminile di pallavolo, l’allenatore cinese diceva le stesse cose: prima testa e cuore e poi la tecnica. La sua idea era che le riserve dovevano essere molto motivate e brave nell’impegnarsi a mettere in difficoltà le titolari, perché solo in questo modo chi avrebbe alla fine giocato sarebbe stata pronta a affrontare qualsiasi avversaria, proprio perché in allenamento avevano dovuto sempre usare la testa e il cuore.

Il calcio italiano malato

Approfondita sintesi sul calcio italiano di Luigi Manconi:

www.lavoro-ai-fianchi.comunita.unita.it/2012/05/08/la-patologia-del-football-di-casa-nostra/

 

 

 

 

Le regole delle squadre vincenti

Più di venti anni fa Dan Peterson, l’allenatore di basket, descrisse le regole che devono governare le squadre vincenti. Credo che siano assolutamente attuali e continuino a ispirare lo stile di comando dei migliori allenatori.

  • Favorire la partecipazione  - Dare a tutti l’opportunità di esprimere le loro idee, suggerimenti, preoccupazioni e critiche.
  • Trattare tutti con lo stesso metro - Significa usare sempre gli stessi criteri di valutazione, senza adottare favoritismi.
  • Premiare i comportamenti altruistici - Quando un giocatore fa un canestro, un altro si è sacrificato per metterlo in quella condizione di realizzazione. Questi comportamenti vanno apertamente riconosciuti: chi si è sacrificato ottiene una gratificazione e l’altro non si monta la testa; entrambi sono contenti.
  • Smorzare i comportamenti individualistici - Gli atleti che accentrano troppo su di sé il gioco tendono a creare malcontento da parte degli altri. E’ necessario trovare soluzioni tecniche per ridurre questa tendenza ed equilibrare l’apporto di ognuno al collettivo.
  • Parlare in termini di NOI - L’allenatore influenza notevolmente, con il suo atteggiamento il collettivo: “NOI abbiamo perso”, “NOI vogliamo fare questo”.
  • Utilizzare rinforzi positivi - Significa ridurre l’enfasi su cosa non va e concentrare l’attenzione su ciò che invece funziona bene. La critica costruttiva comporta evidenziare errori o mancanze specifiche, evitando osservazioni di tipo globale.
  • Fissare obiettivi - Il gruppo deve sapere dove vuole arrivare. Determinare mete precise è il elemento di coesione. E’ necessario che siano: chiari e precisi, realistici e condivisi.
  • Disciplinare - In un gruppo non tutti possono fare le stesse cose. E’ compito dell’allenatore definire per ogni atleta il suo ruolo e specificare le mansioni e le responsabilità che questo comporta.
(Da A. Cei, 1998)

Conte: martello-flessibile e direttivo-affettivo

La Juventus ha vinto e Conte è il suo leader. Conte è stato un insieme di molte abilità. Dirò qualcosa che può apparire scontato ma è alla base degli allenatori vincenti: sapere adattare le proprie convinzioni alle caratteristiche dei giocatori, che a loro volta devono avere fede nelle sue idee. Per me Conte è stato un martello-flessibile. Significa sapere battere ogni giorno con determinazione sul sistema che si vuole insegnare ma nel contempo sapere modificare le idee in funzione di come vengono giocate le partite e dei risultati. Secondo, non si può essere solo impositivi, bisogna entrare nel cuore dei giocatori. Anche in questo caso direttività e affettività si devono integrare, se prevale una dimensione a discapito dell’altra succedono disastri, la squadra percepirà l’allenatore come troppo distante o come un dodicesimo compagno. Non a caso Conte ha detto che per lui sono necessari in ordine d’importanza mente, cuore e gambe. I calciatori devono svolgere la loro parte ed è per questo che devono avere fede. All’inizio non hanno prove concrete che il loro gioco condurrà ai risultati sperati. Per questo chiamo questa fase “avere fede”, si basa sulla convinzione a priori che le scelte proposte dall’allenatore se applicate con determinazione permetteranno di sviluppare un gioco efficace.

Corri un po’ e vivi di più

Uno studio danese appena pubblicato e che ha preso in considerazione 20.000 cittadini ha dimostrato che la corsa allunga la vita e che non bisogna spendere molto tempo per raggiungere questo obiettivo:

1. I podisti hanno una riduzione del rischio di mortalità del 44% in confronto ai non podisti.

2. La corsa è correlata a un aumento di circa 6 anni della aspettativa di vita.

3.  E’ necessario dedicarvi da 1h a 2h30m la settimana suddivise in 2/3 sessioni.

4.  La corsa deve essere svolta a passo lento o moderato.

L’articolo è online: http://bit.ly/KenPopeJoggingAndLongerLife

Ancora sul caso Fiorentina

Ancora sul caso di Delio Rossi che sarebbe più corretto chiamare caso Fiorentina, stimolato dalla lettura sul web e su twitter dei tanti commenti a sostegno dell’allenatore. Si è detto molto, principalmente, che chiunque avrebbe reagito in quel modo se portato all’estremo da calciatori che ormai sono solo bambini viziati a cui è concesso tutto, rappresentati da quello reale che ha provocato Rossi diventando il simbolo negativo di una intera categoria professionale. Ha sbagliato chi ha provocato e altrettanto chi ha reagito, questa semplice verità va ribadita con chiarezza perché in caso contrario ogni forma di convivenza civile viene a meno.
1. Da parte dei calciatori vanno rispettate le regole e le persone, se ciò non avviene la società su indicazione dell’allenatore deve intervenire a punire chi vuole abbandonarle.
2. L’allenatore deve bloccare sin dall’inizio quegli atteggiamenti e comportamenti che prima ancora di disunire la squadra boicottano il suo lavoro.
3. L’applicazione di questo modo di agire è alla base della vita di qualsiasi gruppo: a scuola, a casa o nel lavoro.
4. Utilizzare come giustificazione la chiave interpretativa che addossa solo allo stress prolungato queste reazioni è inutile e fuorviante.
5. Non è esente da responsabilità neanche la società sportiva che non si accorta di quanto avveniva o forse ha deciso di lasciare solo l’allenatore.
Questa è a mio avviso la riflessione da fare, senza scendere invece nel moralismo di prendere le difese di qualcuno. La questione è che tutti: società, allenatore e giocatori hanno sbagliato, si pongano piuttosto la domanda riguardante come evitare che situazioni di questo tipo si ripropongano.

Ancora Juve-Milan

Tutte e due sono stanche. La Juve può avere l’ansia di dovere chiudere e finire come il Barcellona: tirare ma non segnare. Il Milan ha l’energia di chi di colpo crede che l’impossibile possa realizzarsi. Vediamo chi dei due sarà più bravo a gestire questa tensione che, siamone consapevoli anche noi, sarà pazzesca per i prossimi 10 giorni.