Archivio mensile per marzo, 2012

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Determinazione = Zanardi

Ritornando sulla questione della determinazione, Alex Zanardi è un’esempio vivente da prendere a modello. Ieri ha vinto la maratona di Roma su handbike in 1h11’46″ nuovo record di questo percorso e ha conquistato il pass per le Paralimpiadi di Londra. Sono passati 11 anni da quando ha perso le gambe in una gara automobilistica. Da sempre dimostra ogni giorno determinazione e passione per le sfide. Credo che se i ragazzi disabili, come ha detto al termine della gara, dovrebbero scoprire questo sport (handbike) anzichè stare sul divano davanti alla televisione, tutti noi, atleti e non, dovremmo imparare dalla sua forza. Leggi: www.maratonadiroma.it 

 

Impegnati ma non determinati

Non basta impegnarsi per vincere e quindi non basta dire ”che i giocatori ce l’hanno messa tutta”. Un esempio, il rigore che Milito ha sbagliato. Non parlo di tecnica che non mi compete, ma quando un giocatore sa che deve assolutamente mettere dentro quel pallone e avverte questa pressione non deve tentare il tiro di precisione ma deve calciare di forza. Perchè in questo modo dimostra e scarica tutta la sua rabbia su quel tiro, manifestando nei fatti di essere determinato. Una volta Gullit disse la stessa cosa: quando sei stanco non tentare di essere preciso ma tira una cannonata. In termini psicologici significa: sto mettendo tutta la mia forza mentale e fisica in questa azione perchè voglio sfondare la rete. Il tiro di Milito è solo un esempio e questo atteggiamento si può allenare, sostenendo i calciatori a tirare in questo modo. L’impegno non serve a niente se non è sostenuto dalla volontà di vincere.

Le storie + belle

 Insieme hanno scalato le più alte e infide montagne e insieme hanno sconfitto una grave e rara malattia. Gli alpinisti tarvisiani Nives Meroi e Romano Benet – la coppia che può vantare la più grande collezione di Ottomila metri – non finiscono di stupire e, «dopo due anni in giro per ospedali», sono pronti a tornar a respirare l’aria sottile.

Tutto è iniziato nel maggio del 2009 sul Kangchenjunga, 8.586 metri di gelo tra Nepal e India. Nives era sul trampolino di lancio per diventare la prima donna ad aver piantato i ramponi sulle cime dei 14 Giganti della Terra, Romano le apriva la strada in mezzo a ghiaccio e neve. Quel giorno lui, ex guardia forestale, era stranamente stanco e non riusciva a salire. Spronò la moglie a proseguire. Ma lei non ebbe alcun dubbio: «Niente vetta senza di te, si torna indietro». I successivi esami clinici evidenziarono una rara malattia. Prima una vana terapia farmacologica, poi un doppio trapianto di midollo.

Mesi difficili di cura. «Adesso va molto meglio – spiega Nives Meroi – e abbiamo già ricominciato ad andare in montagna. Pochi giorni fa siamo saliti sul Gran Paradiso e Romano è parso in gran forma. A ottobre andremo in Nepal per fare una cima di 6.500 metri e testare le sue reazioni in alta quota, poi potremo pensare di nuovo alle grandi montagne». «Sconfiggere il male – prosegue – è stato il nostro 15º Ottomila, il più duro. Ora non facciamo più programmi ma vogliamo continuare a frequentare l’alta quota»». Per mesi hanno fatto avanti e indietro tra Tarvisio e Udine, «in giro per ospedali». «Quello che abbiamo imparato in montagna – sottolinea – ci è servito tantissimo in questo frangente. Mettere un passo dietro l’altro, sempre in cordata. Abbiamo portato questo spirito nelle difficoltà della vita di tutti i giorni». Aggiunge: «Romano è stato 71 giorni in isolamento dopo il trapianto: lo ha vissuto con lo stesso approccio mentale di quando rimanevamo bloccati in tenda per la bufera. È una strategia che impari in montagna, essere responsabili e liberi nelle scelte». Da: http://messaggeroveneto.gelocal.it/cronaca/2011/08/12/news/romano-e-guarito-nives-meroi-pronta-a-tornare-sugli-8mila-1.769740

A aprile ritorneranno sul Kangchenjunga da cui tutta questa storia era cominciata. Una storia incredibile, da fare conoscere perchè abbiamo bisogno che queste persone continuino a farci amare la vita grazie alle loro esperienze. Guarda: http://www.ansa.it/web/notizie/photostory/curiosita/2012/03/17/visualizza_new.html_133726492.html

DUE TRAPIANTI E POI L'HIMALAYA,LA'RISALITA'DI ROMANO BENET

La mentalità vincente

Edgar Morin, maestro del pensiero, ci propone nel suo ultimo libro (La via, Raffaello Cortina editore) riflessioni e soluzioni per l’avvenire dell’umanità. Afferma che “all’origine dei grandi cambiamenti ci sono sempre delle singole azioni. Quello che occorre è la coscienza della crisi e la volontà del cambiamento. Se c’è tale volontà, allora si trovano i mezzi necessari per evitare la catastrofe”. Questo approccio mentale è applicabile non solo ai grandi sistemi sociali ma anche ai singoli individui. Può essere utilizzato per capire quale sia la via che porta al successo nello sport. Per cui è legittimo sostenere che alla base dei grandi successi ci sono le azioni degli atleti. L’allenamento non è altro che una serie di situazioni create per consentire loro di oltrepassare i propri limiti attraverso il vivere fasi di crisi; si basa sulla volontà di volerle superare e sul successivo affermarsi di livelli di prestazione superiori. Quindi per mentalità vincente si deve intendere: la consapevolezza della necessità di mettersi in crisi e la volontà di superarle attraverso l’azione.

Rugby, L’Italia vince

Il capitano della nazionale di rugby, Sergio Parisse, ha detto che combattività, aggressività e l’attaccamento alla maglia sono state le chiavi decisive di questa partita.  Per  sottolineare il valore di queste parole ha aggiunto che le maglie erano state date questa mattina da Massimo Mascioletti ex giocatore e allenatore della nazionale di qualche anno fa. Affettività e legame con la propria storia a indicare ciò di cui si è parte. La stessa affettività che Diego Dominguez, altro grande exgiocatore e ora commentatore sportivo, ha riconosciuto come principale valore che questa squadra ha dimostrato nel 2° tempo. La testa guida sempre ed è importante che il rugby ne riconosca la funzione  con queste parole così intense.

- 2 alla Maratona di Roma

Mancano solo due giorni alla maratona di roma e sono giorni di totale riposo fisico e mentale. E’ una prova molto impegnativa per chiunque corra questa distanza e c’è bisogno di avere con sè tutte le energie. Sono da vivere appieno anche le sensazioni e i pensieri di queste ultime ore perchè è importante conoscere le proprie reazioni prima della corsa. Soprattutto se si parla con gli amici ci si accorge che ognuno vive l’attesa a modo suo, c’è il tranquillo,il tranquilo per finta, il nervoso, il timoroso, quello che pensa “ma chi me l’ha fatto fare” e quello che non capisce come farà a correre tutti quei km perchè già adesso è stanco. Personalmente appartengo a quella categoria che la settimana precedente si riposa perchè mi sento stanco, non ho voglia di correre, le gambe mi fanno male. Poi tutto questo scompare la mattina della gara e di solito sono contento. Anni fa intervistando Laura Fogli anche lei mi disse che provava questi stati d’animo, che poi scomparivano quando faceva gli allunghi prima dalla partenza. Scoperto questo suo modo di vivere l’attesa, accettava quello che veniva durante la settimana perchè sapeva che non l’avrebbe danneggiata in gara. Quindi, che ognuno viva, questi attimi, li apprezzi e poi si goda domenica questa bellissima esperienza.

Chelsea-Napoli una lotta alla pari

Napoli e Chelsea è stata una bella partita per noi spettatori. Una partita vera in cui le squadre hanno lottato talvolta anche al limite del regolamento o sfruttando la furbaggine di alcuni nel cadere a terra quando serviva (vedi Drogba). I calciatori hanno giocato palla su palla senza mai risparmiarsi o dimostrare di avere paura degli avversari. La differenza a mio avviso è consistita nella maggiore freddezza del Chelsea nelle conclusioni che hanno determinato le quattro reti. Infatti, non bisogna farsi ingannare dal numero di goal messi a segno, non è stata una goleada,  poichè le reti sono state segnate a molta distanza le une dalle altre, a dimostrazione che non vi sono stati momenti di calo fisico o mentale del Napoli tali da determinare una evidente supremazia dall’avversario.  Questa situazione non si è realizzata. Le squadre hanno giocato alla pari, il Chelsea però è stato più abile nel chiudere il risultato. Peccato per il Napoli.

 

Messi o ?

A tutti noi piace fare classifiche e stabilire chi è il più bravo. La questione tra Messi e Maradona soddisfa questa esigenza. Prima di questa discussione, c’è stato il confronto fra Pelè e Maradona su chi fosse stato il migliore al mondo. Ora è d’attualità quest’altra coppia. Nella nostra mente i migliori giocatori sono quelli che ci hanno di più emozionato, coloro che sanno fare goal, toccare e distribuire la palla in modo magistrale e saltare gli avversari, per queste ragioni portieri e difensori raramente sono stati premiati, non hanno queste caratteristiche e una splendida parata non equivale nel nostro immaginario a un’altrettanta splendida rete. Di conseguenza la scelta del migliore giocatore al mondo si restringe a pochi ruoli. A mio avviso sarebbe più equo stabilire quale sia stata la più forte squadra al mondo, anche se pure in questa scelta il fattore tempo gioca un ruolo fondamentale. Come si fa a dire se il Real Madrid delle prime edizioni della Coppa Campioni è stato più o meno forte del Milan di Sacchi o del Barcellona odierno. Lo stesso vale per le nazionali. Alla fine le classifiche servono solo a semplificare la nostra vita, a darci qualche finta sicurezza e a parlare, parlare, parlare che a noi esseri umani piace così tanto.

Il movimento protegge il cervello

Attività’ fisica moderata e costante, dieta mediterranea e esercizi mentali. Sono questi, in ordine d’importanza, i fattori che conservando l’efficienza del cervello accrescono qualità e quantità della vita. Seguono, sempre in ordine decrescente, altri tre fattori, considerati separatamente perché di difficile definizione e misurazione. Sono: qualità del sonno, intensità dei rapporti sociali e livelli di stress cronico. L’elenco dei sei fattori è il frutto delle ricerche svolte sull’argomento negli ultimi anni sintetizzate da Stefano Cappa, docente di Neuroscienze Cognitive dell’Università Vita e Salute-San Raffaele di Milano, punto di riferimento della Società italiana di neurologia per questa disciplina, una delle protagoniste della Settimana mondiale del cervello, dal 12 al 18 marzo.
Rispetto al “mens sana in corpore sano” enunciato dai Romani oltre duemila anni fa non sembra un gran progresso. “Dal punto di vista pratico, non abbiamo ancora una ricetta rivoluzionaria di stili di vita salutari per la mente – commenta Cappa – Ma il lavoro sin qui svolto ha portato alcune scoperte sorprendenti, che stanno dando nuovo impulso alla ricerca sui fattori protettivi dell’efficienza mentale. Non a caso, il programma settennale di ricerca dell’Unione Europea che parte dal 2014 investirà moltissimo in questo settore della medicina. Ormai è chiaro che dalla farmacologia non arriverà una “pillola salva-memoria” mentre l’invecchiamento della popolazione moltiplica i casi di demenza che stanno portando al collasso i sistemi sanitari. Riuscire a prolungare anche di soli due anni una condizione di buona efficienza mentale porterebbe vantaggi sociali ed economici vitali”.
Attività fisica: “Bastano 30 minuti al giorno cinque volte a settimana – spiega Cappa – va bene camminare, pedalare o nuotare o qualunque altra attività, anche moderata. Si è sempre pensato che i benefici neurologici fossero la ricaduta di quelli sul sistema cardiovascolare. E invece cresce l’evidenza di un effetto protettivo dell’attività fisica direttamente sul cervello.” Da: www.repubblica.it/salute/?ref=HRHM1-10

 

Le emozioni del calcio

Orgoglio e determinazione chiedevano in settimana i due allenatori di Lazio e Udinese e ciò non è stato. La conseguenza è che le due squadre hanno meritatamente perso, perchè se è vero che tecnica e tattica sono indispensabili, se la testa della squadra non funziona non si può giocare per vincere. Questo è lo stress agonistico: dovere fare per forza il risultato quando si è stanchi e non abituati al vertice della classifica (Udinese) o troppo rilassati per avere vinto il derby (Lazio). Le squadre forti sono quelle che giocano per chiudere la partita (questo non implica che ci riescano sempre), le altre sono quelle che hanno questo atteggiamento in maniera alternata.

Le facce piene di umanità di Conte e Ranieri viste in questi due giorni raccontano di come anche questi allenatori-condottieri vivano in modo emotivamente intenso ed estremo le gesta dei loro giocatori. Vanno apprezzati per non volersi nascondere.