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Il rapporto allenatore-atleta è sufficiente per vincere?

Nel nostro paese vi è ancora una concezione artigianale dello sport di alto livello in particolare modo negli sport individuali. Nella maggior parte dei casi lo sviluppo e l’affermazione di un atleta si basa su una profonda relazione di collaborazione con il suo allenatore. Non è raro che l’allenatore sia il marito dell’atleta o il genitore (padre/madre). E’ evidente che questo sistema è soggetto a tutte quelle interferenze che sono tipiche dei rapporti di coppia. Le componenti psicologiche di ognuno hanno in queste relazioni una rilevanza incredibile, perchè l’allenamento consiste nel costruire situazioni con livelli di stress predeterminati che l’atleta deve affrontare con successo così da permettere un miglioramento delle sue prestazioni di gara. In questo contesto, gli allenatori hanno un ridotto scambio di idee e di confronto professionale con gli altri colleghi e l’uso delle innovazioni prodotte dalle scienze dello sport dipende solo dalla loro curiosità e dal desiderio di aggiornarsi. Il limite di questo approccio non consiste solo nel limitato uso dei contributi della scienza da parte degli allenatori ma anche della difficoltà dei ricercatori di ascoltare e comprendere quali sono le esigenze e le richieste degli allenatori. In altre parole, vi è necessità di parlare insieme, di condividere idee, di criticarsi reciprocamente in modo costruttivo e di costruire piani di lavoro basati sulla collaborazione.

Cambiare non è difficile ma ci vuole pazienza e applicazione

Imparare nuove abilità psicologiche per migliorare le proprie prestazioni non è difficile anzi è abbastanza facile. Nonostante sempre più atleti intraprendano la strada dell’allenamento mentale, molti dopo un breve periodo lo abbandonano pur continuando a pensare che vorrebbero essere più fiduciosi, più concentrati, più tenaci e così via. Ciò avviene perchè molti pensano che la preparazione psicologica sia qualcosa che si può imparare in qualche mese (pochi comunque) e che poi in modo spontaneo quando si andrà in gara si sarà mentalmente pronti. Infatti molti atleti hanno difficoltà a capire che la preparazione psicologica alla gara è una vera e propria forma di allenamento e che come avviene per l’allenamento fisico e quello tecnico che non hanno mai termine lo stesso vale per quello mentale. Significa che bisogna impegnarsi a migliorare mentalmente ogni giorno che si dedica al proprio sport, non ci possono essere scorciatoie.

Non bisogna mai subire l’allenamento o la gara

Fra le difficoltà che un atleta deve affrontare vi è quella di essere pronto a non subire un allenamento, un avversario o le situazioni che si presentano durante una competizione. Subire vuol dire rinunciare a esprimere il proprio valore mentre si entra in uno stato mentale fatto di lamentele, di sensazioni d’incapacità e di recriminazione. Ci si può lamentare nei confronti dell’allenatore che propone esercizi che non piacciono o perchè ci si sente sfortunati. Sono mille le ragioni a cui agganciarsi per entrare in questa condizione mentale negativa che per qualche istante allontana da sé la responsabilità di quanto è avvenuto, perchè la colpa è degli altri o della sfortuna. Questa soddisfazione è di breve durata perchè subito dopo l’atleta si sente dominato da una condizione di poca fiducia verso di sé.

Sono proprio questi i momenti in cui si deve reagire. La prima cosa da fare è essere consapevoli che ognuno è il padrone delle proprie azioni quotidiane e nessun altro. La seconda, riguarda il sapere che gli ostacoli rappresentano le uniche opportunità per migliorare e quindi vanno ricercati per potere imparare ad affrontarli. Terzo, si deve ripensare alle difficoltà che si sono vissute, sapere in che modo le si è affrontate e se si sarebbe potuto fare meglio. Quarto, bisogna pensare alle prossime giornate, verificare quali ostacoli potrebbero presentare e pianificare azioni più efficaci.

Allenare le sensazioni nel tennis

Ho assistito a una seduta di ‘allenamento di una giovane tennista basato sulla ricerca delle sensazioni connesse all’esecuzione ottimale del suo servizio. E’ stato un allenamento intenso in cui concentrazione sul gesto corretto, sensazioni e esecuzione sono state sollecitate in modo contemporaneo, per determinare un miglioramento di questo fondamentale. Nell’insieme è stata una sessione in cui la componente mentale e quella tecnica sono state impegnate in modo costante.

Un primo effetto di questo tipo di esercitazione risiede nel rendere consapevole la tennista delle sensazioni connesse al movimento sbagliato e a quello corretto. L’allenatore non ha mai detto all’atleta: “Fai così perché è meglio.” Al contrario l’ha guidata a provare nei due diversi modi e a valutare da sola quale determinava il servizio migliore. Lo sviluppo di una consapevolezza diversa da quella avuta sino a quel momento è stato il tema principale su cui questo allenamento si è sviluppato. La tennista ha potuto così sviluppare un’opinione personale su quale movimento era migliore, convincendo se stessa in funzione del risultato che otteneva.

E’ chiaro che in questo modo la memorizzazione degli elementi nuovi del gesto tecnico è stata molto più profonda poiché si è basata non tanto sul seguire le istruzioni dell’allenatore quanto piuttosto sulla presa di coscienza che il gesto suggerito era più vantaggioso. Allenamenti di questo tipo dimostrano quanto sia importante stimolare i processi mentali dei giovani atleti, servendosi delle sensazioni fisiche che provano nel fare in un modo piuttosto che in un altro e, successivamente,  della valutazione da parte della tennista dell’efficacia del tiro.

Dal doping della disperazione a quello scientifico

Le brutte notizie non vengono mai da sole, per cui in pochi giorni siamo passati dalla condanna del doping della disperazione, Schwazer a quella dell’inganno condotto in maniera scientifica, Amstrong. Il doping è un inganno per cui si fa sembrare vero (un risultato) che invece è falso, perché determinato dall’uso di sostanze artificiali. L’essere umano ha da sempre ingannato e, quindi, anche la forma che chiamiamo doping ci sarà sempre. La questione consiste nel chiedersi cosa fare, oltre l’inasprimento delle pene, per creare una cultura basata realmente sull’agonismo e non su una finzione. La domanda è: “Come si fa a recuperare quella forza che il doping fornisce attraverso il normale allenamento del fisico e della mente?” Se non c’impegniamo a lavorare in questa direzione avremo per sempre il dubbio su ogni vittoria. Bisogna imparare a padroneggiare il desiderio di vincere attraverso allenamenti senza trucchi.

L’allenamento mentale di un under15

Mi si è presentata l’opportunità di allenare mentalmente alcuni giovani under15 ed è molto interessante perché i ragazzi erano e sono  motivati a migliorare nel loro sport. Alla base del lavoro che abbiamo fatto insieme vi sono stati degli esercizi sul campo per fare capire qual è la differenza tra essere poco, abbastanza o molto concentrati su quello che si sta facendo. Esempio correre 30 metri alla massima velocità di cui si è capaci. Si può mettere i ragazzi su una linea e dargli il pronti.via, questa è una condizione in cui non si fornisce importanza alla concentrazione. Si può invece dire, “Ragazzi, sulla linea di partenza, concentratevi sui primi passi che farete e spingete più veloce che potete”, probabilmente in questo modo si alza la soglia attentiva a un livello almeno sufficiente. Se però si vuole che siano veramente concentrati si dirà ai ragazzi di immaginarsi la loro corsa, di sentire soprattutto la spinta del piede e di guardare solo davanti a sé, poi si farà praticare per qualche istante queste immagini mentali e subito dopo si darà il pronti-via. Ecco un esempio concreto di come allenare l’attenzione e si può adattare a qualsiasi sport. L’importante con i ragazzi così giovani è di fargli vivere delle esperienze pratiche in cui si evidenzi che l’attenzione, così come altre abilità mentali possono essere allenate direttamente sul campo.

A chi serve l’allenamento mentale?

Spesso sento ripetere che l’allenamento mentale è utile solo agli atleti/squadre che sono di alto livello, per il motivo che vivono situazioni di stress agonistico così intense per cui devono incrementare le loro abilità psicologiche. Mentre, invece, sarebbe poco utile per gli atleti/squadre di livello inferiore poiché questi devono lavorare ancora molto per migliorare le loro competenze tecnico sportive. Personalmente, sono convinto che superata la prima fase di apprendimento di una disciplina e non si è più un principiante, l’allenamento mentale diventa altrettanto necessario rispetto a quello tecnico. Ciò per un dato di fatto incontestabile: chi sa concentrarsi in modo più efficace, fornisce prestazioni che sono coerenti con il proprio livello tecnico quale esso sia. Infatti la ripetizione mentale del gesto sportivo prima della sua esecuzione reale mette l’individuo nella condizione di “pronti” e l’immediata esecuzione lo trova già concentrato sulla prestazione. Inoltre, la ripetizione mentale è anche utile al termine di un’azione, soprattutto nell’eventualità che questa sia stata molto efficace. In questo caso il ripercorrere mentalmente ciò che si è appena fatto permette di memorizzare ulteriormente il gesto, proprio come se lo si stesse facendo un’altra volta. Inoltre, un’altra componente mentale che va allenata è il dialogo con se stessi, ovvero le parole che ci diciamo durante l’attività. Imparare a essere positivi e affermativi è un aspetto psicologico estremamente importante anche se non si diventerà dei campioni. Infine svolgere un riscaldamento non solo fisico ma anche mentale è nella maggior parte degli sport essenziale per iniziare in modo soddisfacente. Ecco alcune ragioni per cui l’allenamento mentale è utile.

18 giorni alla romamaratona

Chi corre questa maratona è ormai al termine del suo allenamento e se è vero che il viaggio è altrettanto importante del fine è il momento di tirare le somme a riguardo dell’allenamento di questi mesi. Spesso invece i podisti giunti a questo punto cominciano a porsi dei dubbi: “mi sarò allenato abbastanza per il tempo che voglio fare?” Cominciano a vivere nell’attesa che venga il giorno della gara per scoprire se la loro preparazione va bene. In tal modo non si permettono di apprezzare il lavoro anche duro che ha svolto nei mesi precedenti. Maratone ne ho corso tante e sono caduto anch’io in questa trappola mentale. Ora noi corriamo per piacere e per sfidarci, lo facciamo per provare queste emozioni non solo le poche volte che si corre una maratona. Corriamo per avere questi stati d’animo ogni volta che ci alleniamo e, quindi, per noi deve essere quasi più importante il viaggio, perchè dura molto di più, mesi e non poche ore come la gara. Ecco perchè dobbiamo apprezzare e essere orgogliosi che oggi, a -18 dala maratona, stiamo concludendo il nostro viaggio.

Il calcio non allena la mente

Il calcio italiano non allena la mente: La psicologia è ancora un tabù. In questa intervista a Repubblica.it denuncio l’arretratezza delle nostre società sportive: Solo qualche richiesta dagli atleti che praticano sport individuali. Non serve terapia, ma training per la mente durante il percorso di allenamento. Leggi su: http://www.repubblica.it/rubriche/lastoria/2012/01/30/news/calcio_e_psicologo_dello_sport-28056538/

 

Nuvole e vento per essere bravi

In questi giorni lavoro con atlete/i che si lamentano di avere pensieri/emozioni che li ostacolano nelle loro prestazioni anche in allenamento e ciò accade proprio ora che si sentono in forma e che devono a breve affrontare appuntamenti agonistici per loro molto importanti. La difficoltà loro è quella di capire che è a causa del loro elevato livello di forma e della rilevanza delle gare che stanno per fare che si sentono in questo modo. Mi sono aiutato con la metafora delle nuvole, che non sappiamo quando vengono ma che un colpo di vento può allontanare. Quindi il loro impegno deve essere rivolto non tanto contro se stessi, accusandosi così di essere incapaci di non avere questi pensieri quanto piuttosto a attivare il loro vento interiore, che gli permetterà di esprimersi come sanno quali che siano le difficoltà che dovranno incontrare. Questo lavoro su se stessi è un pezzo fondamentale dell’allenamento mentale.