Archivio mensile per novembre, 2012

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Nuovi orientamenti: Il programma P.A.C.E per l’allenamento mentale

Il Programma P.A.C.E. :  Integrazione dellaPsicologia dello Sport nei programmi di allenamento

Alex Cohen, Ph.D., CC-AASP, psicologo dello sport senior, Comitato Olimpico Stati Uniti

Dopo gli spettacolari successi del Team USA ai Giochi Olimpici e Paralimpici di Londra 2012, gli allenatori e gli atleti si stanno già preparando per la prossima stagione di gare. Quali sono i prossimi passi da compiere nella preparare i tuoi atleti all’eccellenza delle prestazioni? Dopo i Giochi Olimpici, gli atleti hanno sempre riferito che, per la loro prossima esperienza Giochi, s’impegnerebbero a : a) concentrarsi maggiormente sulla psicologia dello sport e la preparazione mentale, b) evitare sovrallenamento/poco-recupero e ottenere più riposo, c) lavorare con i loro allenatori per ottimizzare il loro allenamento fisico e d) trovare il modo di essere meglio preparati ad affrontare le distrazioni … Il programma P.A.C.E. risolve questi problemi consentendo agli allenatori di migliorare  nei loro atleti lecompetenze psicologiche nel momento stesso in cui stanno migliorando le competenze fisiche, tecniche e tattiche sportive. Integrare il programma P.A.C.E. con l’allenamento periodizzato può aiutare gli atleti sul sapere concentrarsi sulle cose giuste, al momento giusto, ogni volta.

Ciascuno degli allenatori d’elite con cui ho avuto la fortuna di lavorare per integrare gli aspetti della psicologia dello sport nei loro programmi di allenamento, facevano riferimento a questo tipo di formazione con molti nomi diversi. Il programma P.A.C.E.  è stato progettato avendo questi allenatori in mente, come un semplice acronimo per organizzare e insegnare le tecniche psicologiche durante l’allenamento. P.A.C.E. si riferisce a “Percezione, Attivazione, Concentrazione, Esecuzione”.

(leggi l’articolo: 2012 Fall Olympic Coach in  http://www.teamusa.org/About-the-USOC/Sport-Performance/Coaching-Education/Coach-E-Magazine.aspx)

Tanto vinco io

“Tanto vinco io” non sono le parole di un campione dello sport. Lo sono invece di Federica una donna di 30 anni che lotta contro il cancro e che lo vuole raccontare e farcene parte per dirci che non bisogna nascondersi ma condividere e fare tutti i giorni qualcosa per vincerlo. E’ una storia incredibile quella di chi deve fare la chemioterapia, che cura ma esaurisce fisicamente e mentalmente chi ci si sottopone. Parlarne non è mai abbastanza, serve a noi che non abbiamo il cancro e serve a chi ce l’ha per condividere la propria lotta. Questa è una gara di valore assoluto perchè in palio c’è la vita.

(Leggi: http://www.tantovincoio.com/Tanto_Vinco_Io_IT/Home_IT.html)

L’allenamento mentale degli adolescenti

In questo ultimo anno ho ricevuto molte richieste di lavorare con adolescenti per prepararli dal punto di vista mentale ad affrontare le gare. Mi sembra uno sviluppo positivo, poichè sta a indicare che in alcuni sport individuali vi è la consapevolezza dell’importannza dell’allenamento mentale anche nell’attività giovanile. Questo è avvenuto in relazione a tre sport: il tiro a volo, il golf e il tennis; discipline in cui i genitori devono per forza investire economicamente sui loro figli se vogliono che facciano esperienze agonistiche e di allenamento efficaci. Basti pensare ai 30 tornei di tennis annuali a cui un giovane deve partecipare, piuttosto che al costo di fucile, cartucce e piattelli nel tiro a volo o al costo per partecipare ai tornei di golf e per allenarsi con un bravo maestro.

Diventa così evidente che percepita da parte dei gentirori l’esigenza del mental coaching, l’investimento economico diventa una delle voci di spesa che i genitori devono affrontare. Dico questo perchè è molto raro che una federazione sportiva, invece, investa sull’allenamento mentale nella fascia d’età juniores (che sarebbero i suoi talenti). Mental coaching che quando si ha 14-17 anni equivale alla formazione di quell’approccio mentale che è utile per fare bene. Ad esempio, imparare in questa età ad avere un dialogo positivo con se stessi è assolutamente più facile che quando si sarà adulti, ed educa mentalmente il ragazzo o la ragazza a sapersi incoraggiare, ad affrontare le difficoltà con maggiorer serenità, o a correggersi in modo positivo e senza insultarsi.

Mi chiedo perchè questa abilità psicologica così importante nella vita di ogni essere umano debba essere insegnata solo in età adulta, e molti poi neanche la imparano. E’ possibile che il limite dei ragazzi sia rappresentato da coloro (dirigenti e allenatori) che dovrebbero essere i loro insegnanti?

Il sole dentro

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Il film, in sala dal 15 novembre, racconta la storia di due lunghi viaggi che si intrecciano lungo un percorso che unisce l’Europa all’Africa in entrambe le direzioni.
E’ la storia di Yaguine e Fodè, due adolescenti guineani che scrivono, a nome di tutti i bambini e i ragazzi africani, una lettera indirizzata “alle loro Eccellenze, i membri responsabili dell’Europa“, chiedendo aiuto per avere scuole, cibo e cure, così “come i vostri figli. Inizia così il loro straordinario viaggio della speranza che si incrocia con un altro viaggio, questa volta dall’Europa all’Africa, che avviene dieci anni dopo, fatto da altri due adolescenti ed il loro pallone. E’ la storia di Thabo che ha tredici anni, viene da N’Dola, un villaggio africano che nemmeno lui sa dove si trovi esattamente, e dove cerca di tornare, accompagnato dal suo amico Rocco, quattordici anni, di Bari. Entrambi provengono dal Sud di quell’Europa piena di contraddizioni, che attira e respinge i popoli, con questo moto così simile alle onde del mare che unisce e divide. Con la preziosa lettera in tasca Yaguine e Fodè si nascondono nel vano del carrello di un aereo diretto a Bruxelles. Entrambi i ragazzi sono vittime del mercato di bambini calciatori dal quale riescono a fuggire. Giocando con un pallone, loro unico compagno di viaggio, Thabo e Rocco attraversano l’Africa a piedi, percorrendo in senso opposto uno dei tanti “sentieri delle scarpe” tracciati nel corso degli anni, da migliaia di uomini, donne, bambini, in fuga dalle carestie, dalle guerre, dal lento spegnersi della dignità della vita di un intero continente.Quando l’airbus 300 della Sabena conclude il suo lungo volo atterrando a Bruxelles, un tecnico scopre abbracciati i corpi assiderati di Yaguine e Fodè. Accanto, la lettera indirizzata “ Alle loro Eccellenze”. Il lungo viaggio di Thabo e Rocco, invece, si conclude, con l’arrivo a N’Dola, dove, in un campo di calcio dedicato a Yaguine e Fodè, si gioca una partita a ritmo incalzante di tamburi…

(da www.ilsoledentro.it Leggi la lettera di Yaguine e Fodè)

 

La lotta di Chuck Pagano contro la leucemia

Chuck Pagano, allenatore degli Indianapolis Colts, malato di leucemia, esce dall’ospedale e si presenta negli spogliatoi per parlare ai suoi giocatori. E’ un breve discorso in cui parla dei suoi sogni: accompagnare le sue figlie all’altare e vincere il Super Bowl con i suoi Colts. Le frasi evidenziano la sua forza nel lottare contro il male terribile che l’ha colpito. http://www.youtube.com/watch?v=baQE_3yHPl4

Il calcio femminile

La diffusione del calcio femminile italiano non decolla perchè chi lo organizza continua a tenere alzate le barriere di entrata anzichè abbassarle. Per primo, continua a essere diffusa l’idea che il calcio è uno sport adatto solo ai maschi: gonfia i polpacci alle ragazze ed è poco estetico da guardare. Quindi solo donne-uomini lo potrebbero giocare e non donne-donne. Secondo, per le ragazze sono da preferire sport senza contatto fisico o sport più aggraziati. Terzo, i genitori sono così convinti di queste idee che portano alle scuole calcio solo i figli maschi, anche perchè loro possono diventare ricchi mentre per le ragazze non c’è questo premio così importante. Oggi queste idee non reggono più alla prova dei fatti, costituita dai milioni di ragazze che felicemente giocano a calcio in tutto il mondo ma purtroppo in Italia continuano a essere dominanti. Mantenere alzate le barriere come avviene in Italia significa continuare a alimentare tre aspetti: non investire economicamente, nell’organizzazione e nelle persone; non ricercare le ragazze dotate di talento e mostrare intolleranza e poco rispetto verso la richiesta e la scelta di un calcio femminile.
Calcio che risulta essere poco attraente anche per le ragazze stesse da noi, perchè non vedono quasi mai squadre di donne o bambine giocare nei campi. Ricordiamoci che il boom delle pallavolo femminile si ebbe quando i cartoni animati giapponesi, che tutte le bambine guardavano alla televisione, fecero vedere per la prima volta storie che raccontavano la vita quotidiana di giovani pallavoliste, nonchè le loro partite con le amicizie e antipatie che si accendevano sul campo. In Germania invece le barriere sono state abbassate, la federazione tedesca ha investito e sono nate 5486 società di calcio femminile (contro le 300 che vi sono in Italia).  Inoltre, maggiore è l’emancipazione femminile in un paese, maggiore è  la tolleranza/rispetto verso la scelta di uno sport, il calcio, che sino a poco tempo prima era praticato quasi esclusivamente solo da maschi. Non è certo un caso che da un certo momento in poi, in quasi tutte le nazioni del Nord Europa le ragazze non sono state più discriminate. Questo significa che le barriere di accesso sono state aperte e il capitale umano è stato valorizzato indipendentemente dall’appartenenza di genere.  Noi non ci siamo ancora arrivati.

 

Catania-Lazio

La Lazio è stata travolta dal Catania.  Il giocatore Stefano Mauri ha scritto sul suo sito: “Non siamo scesi in campo e questo non va bene. La squadra non è mai stata in partita, a parte i primi minuti.” Sarò retorico ma la mia domanda è sempre la stessa perchè la Lazio non si serve di uno psicologo per evitare di commettere questi errori. Errori che sono dovuti all’atteggiamento dei giocatori. Naturalmente l’allenatore è responsabile di questo modo di affrontare la partita e credo che anche a lui servirerebbe un consulente psicologo.

Murray-Lendl

Leggendo le interviste a Ivan Lendl e a Andy Murray troviamo confermate alcune semplici regole che sono alla base di qualsiasi successo.

  • Lendl ha accettato di allenare Murray, per la disponibilità al sacrificio del tennista
  • Murray riconosce a Lendl. oltre le qualità tecniche, di avergli insegnato come giocare gli Slam e anche come vanno affrontati fuori dal campo, senza specare inutili energie
  • Lendl si diverte a allenare Murray perché ha tanta voglia di migliorarsi
Murray è un talento, era già fra i primi al mondo, ma grazie a questi insegnamenti su come usare la sua mente può realisticamente giocare per diventare il numero 1.

Juventus-Inter

Nel calcio le prestazioni sportive di alto livello si sviluppano lungo due strade, una perdente  e una vincente, riguardano il subire il gioco degli avversari o imporre il proprio. Juventus- Inter ha seguito lo stesso schema, all’inizio la Juventus ha imposto il proprio gioco per 10 minuti, poi in prevalenza ha dominato l’Inter. Se ha questo si aggiungono il nervosismo non controllato di Lichsteiner, le corse egoistiche di Giovinco, la pressione degli attaccanti dell’Inter sui difensori e non viceversa, si può capire perché la Juventus abbia perso.

La sfida impossibile di Phelps

La sfida impossibile per Phelps è andare alle prossime olimpiadi come golfista. E’ questa l’ultima battuta dell’atleta che ha vinto più medaglie ai giochi olimpici. Non credo che Phelps  voglia veramente sfidarsi su questo terreno. L’impresa potrebbe comunque essere non impossibile. Infatti se Phelps volesse potrebbe allenarsi  e giocare complessivamente per 1500 ore all’anno per il prossimo quadriennio.  Come sappiamo per diventare un atleta di alto livello servono 10.000 ore di allenamento, ma a Phelps potrebbe essere sufficiente un numero minore di ore poiché la sua preparazione fisica e l’abilità a fronteggiare lo stress delle competizioni fanno parte del suo bagaglio di nuotatore e che dovrebbero essere mantenute ma non certo acquisite come novità. In altri termini, il trasferimento di talento da uno sport all’altro consente all’atleta di risparmiare quelle migliaia di ore che sono state necessarie per imparare a allenarsi, per accettare la monotonia di alcuni allenamenti, per imparare a sentirsi fiduciosi anche in situazioni di elevato stress agonistico o per essere in grado di ripetere in gara quello che si è fatto in allenamento. Phelps conosce bene tutto queste situazioni. Il problema è un altro e riguarda la sua motivazione: dopo tutto quello che ha fatto nel nuoto ha ancora voglia di spendere 1500 ore all’anno all’allenamento. Non ultima questione riguarda la concorrenza degli altri golfisti americani, in primis Tiger Woods, riiscirà Phelps a trovare un suo spazio fra questi campioni?