Archivio mensile per giugno, 2012

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Quante medaglie vinceremo a Londra?

A poco più di un mese dall’inizio delle Olimpiadi di Londra si conta che saranno poco meno di 300 gli atleti e le atlete della squadra italiana e si cominciano a sentire ipotesi su quante medaglie potremo vincere. A Pechino con 346 partecipanti sono state 27; 32 a Atene 2004, 34 a Sydney 2000 e 35 ad Atlanta 1996. Nonostante questo trend negativo attualmente siamo al 9° posto nella classifica che prende in considerazione le medaglie ottenute agli ultimi campionati del mondo delle specialità olimpiche (http://www.coni.it/index.php?id=5165). Può essere un vanto fare parte di questa top ten ma  quattro anni fa, 2008, avevano ottenuto 44 medaglie (10 d’oro, 13 d’argento e 20 di bronzo) mentre ora siamo scesi a 32 (12 d’oro, 7 d’argento e 13 di bronzo).  A Pechino ne vincemmo solo 27.

Quindi complessivamente un calo costante negli ultimi 12 anni e il 25% in meno di medaglie se confrontiamo i risultati dei mondiali del 2008 rispetto a quelli del 2012. Va inoltre ricordato che il paese ospitante, in questo caso la Gran Bretagna, ha sempre avuto un incremento di medaglie vinte superiore al 30%, speriamo che alcune di queste non siano a nostro discapito.

Il ritorno di Zeman

Lo sport fa vivere a noi adulti quelle emozioni semplici e intense che i bambini vivono con molta più facilità Il ritorno di Zeman alla Roma, al grande calcio, è per me uno di questi momenti. Perché dice che vedremo di nuovo una squadra in cui tutti hanno lo stesso scopo, in cui si corre e si fanno molti goal, una squadra il cui leader è innanzitutto un uomo pulito. Non a caso anche il più importante giornale finanziario, il Wall Street Journal, ha pubblicato su Zeman un articolo intitolato: “Il ritorno dello Jedi del calcio.” A mio avviso non poteva scegliere un accostamento migliore, ancora una volta le emozioni riemergono con la citazione della saga di Guerre Stellari. In un periodo di truffe e scandali, sono notizie che fanno bene al calcio e a noi tutti.
Leggi l’articolo: http://online.wsj.com/article/SB10001424052702303830204577444361
592390248.html?KEYWORDS=GABRIELE+MARCOTTI&tw_p=twt#articleTabs%3Dcomments

Presentazione del libro “I Signori dei Tranelli”

I Signori dei Tranelli

Il mondiale di calcio del 1942

 

“Il Mondiale del 1942 non figura in nessun libro di storia ma si giocò nella Patagonia Argentina”. Lo scriveva il grande Osvaldo Soriano nel 1995 in “Pensare con i piedi”, lo conferma questo splendido documentario (che immaginiamo lo scrittore argentino avrebbe adorato) di Lorenzo Garzella e Filippo Macelloni , prodotto da Daniele Mazzocca e Pier Andrea Nocella, già ospitato dai Venice Days 2011. E’ Il mundial dimenticato , frutto di quattro anni di lavoro, viaggio nel tempo che riporta alla luce – anche grazie al ritrovamento di straordinari materiali filmici dell’epoca, alcuni conservati negli archivi di Cinecittà Luce – l’epica di un avvenimento fortemente voluto dal Conte Vladimir Otz, mecenate stravagante e visionario emigrato in Argentina negli anni ’30 che, in risposta agli orrori del cosidetto mondo “civilizzato”, organizzò in Patagonia un vero e proprio mondiale di calcio nel 1942 (anno in cui la FIFA, come per la successiva edizione del ’46, sospese la competizione “ufficiale” a causa della guerra in corso). Raccontato attraverso le parole del più esperto ricercatore sul tema, il giornalista argentino Sergio Levinsky , il film prende le mosse dal ritrovamento di uno scheletro con la macchina da presa negli scavi paleontologici di Villa El Chocon, nella Patagonia Argentina: i resti umani appartengono a Guillermo Sandrini, cineoperatore di origini italiane assoldato – come svela una lettera del conte Otz a Jules Rimet – per “filmare i Mondiali in modo memorabile e rivoluzionario”. Cosa che avvenne realmente, con tecniche che già 70 anni fa anticipavano le attuali “spider-cam” utilizzate sui campi di gioco da alcune emittenti satellitari: dalla “camera fluctuante” alla “trampilla”, fino alla “cine-pelota” e al “cine-casco”, Sandrini incarnò la risposta estetico-politica alla Leni Riefenstahl dei Giochi Olimpici di Berlino del ’36, trovando la morte proprio durante la finale del mundial, flagellata da un violento temporale e da una drammatica alluvione che, fino ad oggi, “congelò” nella memoria il risultato tra la rappresentativa tedesca (nazista) e gli indios Mapuche sull’1 a 1. Ma quel mondiale, caratterizzato non solo dalla partecipazione di giocatori non professionisti (operai, minatori, scavatori, ingegneri, militari, pescatori, esiliati e rivoluzionari in fuga) e dall’arbitraggio “con pistola” di personaggi che meriterebbero una letteratura a parte (il conte Otz assoldò addirittura William Brad Cassidy, figlio del più celebre Butch, che proprio come il padre dopo aver rapinato banche e assaltato treni, collezionando taglie in 5 diversi paesi dell’unione, si rifugiò in Patagonia), precursore se vogliamo della storica Italia-Germania del ’70 (anche se l’esito fu differente, 3 a 2 per i teutonici grazie ad un arbitraggio che, ancora oggi, il terzino destro Antonio Battilocchi – allora operaio alla diga che poi l’alluvione spazzò via – definisce “scandaloso”), non poteva finire così. Mai riconosciuto dalla FIFA, sepolto nella memoria del tempo (e del fango), il mundial – emblema di un calcio che a ncora profumava di leggenda – ebbe invece un vincitore: sepolto per decenni nella cinepresa di Sandrini, riportato in vita sul grande schermo di una saletta a Buenos Aires. (da il Cinematografo.it)

Trailer: http://www.youtube.com/watch?v=O5T1JDGJYu8

 

Prandelli e le sconfitte inutili della nazionale di calcio

L’esternazione di Prandelli ha fatto il giro del mondo e certamente questa attenzione non è stata positiva per una squadra che deve giocare un torneo importante da protagonista. Perché? Viene un momento prima dei grandi eventi in cui quanto è esterno al gioco deve essere tenuto fuori dalla mente ed è l’allenatore, il leader, che deve trasmettere che si è giunti su questa soglia e si dà addio a ciò che sta là fuori, si deve entrare in un altro mondo. La partita dell’Italia con la Russia giocata con scarsa determinazione è anche il frutto di questa situazione. In aggiunta l’Italia del calcio non gioca mai bene le amichevoli che precedono un torneo, quindi è dannoso farle incontrare avversari dello stesso livello, mentre bisognerebbe fare partite con avversari evidentemente di livello inferiore. In tal caso anche la sconfitta assume un significato meno negativo, mentre sconfitte contro avversari di pari livello possono generare stati d’animo d’insicurezza, inutili a una settimana dalla prima partita ufficiale.

Tolleranza zero ma non solo

Nel calcio si chiede di non avere tolleranza verso chi ha truffato ma non basta. E’ necessario sviluppare un modo diverso di vivere il calcio, perché i risultati combinati fra le squadre a fine campionato, i giocatori che hanno il vizio del gioco (anche se legale), la sudditanza nei confronti dei tifosi sono le situazioni su cui le organizzazioni illegali trovano un terreno culturale predisposto a fare il salto nel mondo della truffa. Bisogna insomma comprendere che gli scandali del calcio sono come il doping, distruggono lo sport e con esso le regole della convivenza civile. Il calcio, lo sport più praticato e popolare, ha questa responsabilità e le associazioni di categoria ( allenatori, calciatori e arbitri) non possono più continuare con la solita routine, reagire a cose fatte o affidarsi solo alla magistratura. Devono essere attive nel proporre il cambiamento necessario, altrimenti tutto continuerà come prima, uno scandalo via l’altro.