Archivio mensile per maggio, 2011

Sport e età

Le scienze dello sport si occupano delle prestazioni di quei soggetti giovani, chiamati atleti, che devono fornire le cosiddette prestazioni eccellenti. In nome di questo risultato è previsto che qualsiasi forma legale di allenamento sia ricercata e giustificata. Si gioca sul concetto che lo sport è un’attività scelta volontariamente e che pertanto gli allenatori e gli scienziati sono nel giusto quando decretano allenamenti che a loro avviso dovranno produrre questi risultati eccezionali. Chi non vuole adeguarsi può fare solo della poesia ma non vincere.
Quando gli stessi scienziati e allenatori si interessano invece a coloro che non sono classicamente identificabili come atleti (definizione ottenuta principalmente guardando l’età cronologica) il paradigma precedente non vale più. L’ideologia dominante diventa quella del benessere (chi lo definisce?) che prevede un’attività moderata da svolgere al massimo a giorni alterni. Se poi si supera la mezz’età lo sport è spesso considerato come pericoloso.
Questa concezione dell’essere umano è per forza semplificata e ambedue sono sbagliate ma la scienza (psicologia compresa) partecipa a diffondere questa immagine riduttiva. Commenti?

100km dell Passatore

Si è appena corsa la la 39° edizione della 100km del Passatore (www.100kmdelpassatore.it/) e per la prima volta mi sono cimentato su questa lunghezza. Alla partenza tutti i partecipanti appaiono rilassati, si chiacchiera in attesa del via, probabilmente perchè per la maggior parte di noi non vi è il problema del tempo da realizzare. Si parte e subito dopo comincia la salita che porta a Fiesole e che continuerà per 48km con una decina di km di discesa nel mezzo. La corsa viene affrontata in modi diversi, c’è chi corre sempre, chi alterna la corsa alla camminata veloce. Inoltre vi sono molti in bicicletta che accompagnano i podisti. E’ uno spettacolo che è diverso anche perchè dal 35km vi sono le auto che seguono i corridori, che dal quel momento possono seguirli fino alla fine. E’ un aiuto psicologico e ovviamente pratico, ci si può cambiare. E’ una specie di carovana da corsa ciclistica, che insieme ai punti di ristoro non ti fa sentire da solo. La compagnia degli amici in questo lungo viaggio è essenziale, corrono conte anche dei lunghi tratti e questo ti permette di mantenere il tuo ritmo, di scambiare qualche parola, di correre quando viene notte e la strada è veramente buia con un’altra luce accanto a te. Durante la corsa se il fisico è abbastanza allenato, è come sempre decisiva la mente, non tanto per pensare qualcosa di particolare ma per evitare i pensieri negativi che nascono dalle sensazioni che provi e capire l’andatura che devi mantenere nelle diverse parti della gara. Gli ultimi 25km mi sono concentrato solo sulla luce riflessa sull’asfalto della mia lampadina senza preoccuparmi di null’altro neanche del percorso e in questo stato mentale sono giunto alla fine. E’ stata una bellissima esperienza di 13h5m.

Pep Guardiola

Guardiola è il quarantenne allenatore del Barcellona che alla sua prima esperienza con una grande squadra ha subito vinto scudetto e competizioni internazionali; in Spagna di lui si dice che è un po’ come Cervantes, che non inventò di certo lo spagnolo ma nessuno l’aveva mai usato così bene. Tiki-taka è lo stile di gioco della sua squadra, fatto di passaggi corti che producono anche il 70% di possesso palla. Quando gli altri sono stanchi o ipnotizzati da questa miriade di scambi, i suoi giocatori sono pronti sferrare il colpo decisivo. Giungere a questo obiettivo non è facile come potrebbe sembrare a prima vista e per ottenere questo risultato Guardiola impegna duramente i calciatori. Ha idee molto chiare e non accetta consigli. Al presidente del Barcellona disse che non avrebbe avuto le palle per mettere un giovane come lui alla guida della squadra e calciatori come Ibrahimovic sono andati via perché non corrispondevano alla sua filosofia di gioco. Si può dire che sia un perfezionista positivo che però ama i suoi talenti creativi, uno su tutti, Messi di cui non smette mai di lodare il carattere e la tenacia.

Alex Ferguson

Il Manchester United nella finale di Champions di questo sabato con il Barcellona ha la possibilità di vincere la sua quarta coppa, la terza dell’era Ferguson. Allenatore dal 1986 della squadra con cui ha vinto 12 campionati inglesi. Molti articoli su questo manager sono apparsi in questi giorni per spiegarne la figura e il successo. Intanto va detto che ha applicato quelle che per i tifosi del Manchester sono due regole d’oro: “Diamo un’opportunità ai giovani; noi attacchiamo”. Giggs che ora ha 37 anni esordì a 17, Charlton e Cristiano Ronaldo a 18 anni, Beckam e i fratelli da Silva a 19.  Segue i calciatori giovani con grande attenzione. Nel 2009 ha detto che le tre regole della leadership sono: controllo, gestione del cambiamento e osservazione. Quest’ultima abilità consiste nel mettere a fuoco ogni cosa, nell’analizzare ciò che è importante e vedere i pericoli e le opportunità che gli altri non scorgono. Non è un conservatore, è attento a qualsiasi innovazione metodologica e scientifica che possa essergli utile ma è anche famoso per le sue tirate furiose ai giocatori, chiamate “hair-dryer treatment”, in cui strilla sulla faccia del suo interlocutore a distanza ravvicinata. E’ considerato come una persona di molto fascino in grado di parlare di qualsiasi argomento ma le sue squadre sanno anche essere prepotenti e dure quando serve. Per la maggior parte degli inglesi è il migliore manager di sport di squadra nel mondo di sempre.

Psicologi e scuole calcio

In Italia abbiamo 7204 scuole calcio che si occupano della fascia di età 5-12 anni; di queste il 3% sono scuole di calcio qualificate, che per essere tali devono avere nel proprio organico uno psicologo. Quindi avremmo 216 psicologi che lavorano nel calcio giovanile. Sarebbe certamente un grande successo, ma di queste persone purtroppo non si ha traccia, nel senso che nella maggior parte dei casi sono accreditate solo in maniera formale o al massimo fanno 5 incontri in un anno (2 con i tecnici, 2 con le famiglie e 1 con i dirigenti). Il compenso per questo impegno è spesso pari all’invito alla cena di fine anno. Vi sono ovviamente lodevoli eccezioni a questa situazioni ma si contano sulla punta delle dita di una mano. Anni fa abbiamo fatto molto con il settore giovanile della FIGC per inserire lo psicologo e dal punto di vista formale è stato un importante riconoscimento, poi è successo che l’applicazione è stata “all’italiana” non si sono cercati professionisti in grado di fornire un servizio qualificato ma sono stati scelti giovani che ringraziavano per l’offerta che gli veniva apparentemente fornita o professionisti presi alla ASL che non avevano nessun interesse nello sport o ancora amici dei presidenti. Il vantaggio per le società di calcio era nell’avere la qualifica dalla Federazione senza fare ciò che veniva loro richiesto. Ora in alcune Regioni, ad esempio nel Lazio, questo approccio è stato cambiato e si prendono psicologi dello sport che svolgono realmente un lavoro professionale ma in molte altre continua come sempre. Naturalmente chiunque, società o professionista, fosse interessato a conoscere qual è il ruolo dello psicologo in una scuola calcio non deve fare altro che scrivermi e con piacere gli fornirò le informazioni che gli sono necessarie.

Tempo supplementare

E’ uscito un libro che credo per la prima tratta in Italia la questione del passaggio di carriera dell’atleta (calciatore) nella sua nuova vita sociale. E’ un percorso molto difficile e anche chi non è psicologo può immaginare che non è difficile cadere in depressione soprattutto se si ha avuto successo. Voglio qui sottolineare che in Italia non viene fatto a oggi assolutamente nulla per aiutare gli atleti in questa fase difficile della loro vita e riportare alcuni esempi di iniziative svolte in altri paesi in questo sicuramente più avanzati:

  • Olympic Atlete Career Centre, è stato lanciato in Canada nel 1985 per assistere gli atleti di alto livello nel preparare il passaggio a una vita professionale diversa.
  • US Olympic Committee ha sviluppato un Career Assistance Program for Athletes nel 1988.
  • Australian Institute of Sport ha promosso programmi del tipo Life Skills for Elite Athletes oppure Athlete Career and Education Program.
  • National Football League (come pure la NBA) fornisce programmi per lo sviluppo dei giocatori nella finanza, sviluppo di nuove carriere, acquisizione di titoli scolastici/universitari e per affrontare i problemi della vita quotidiana, a cui va aggiunto un network di aziende intenzionate a permettere una formazione on the job.

Allenatori a tempo: poco

Damiano Tommasi nuovo presidente dell’Associazione Italiana Calciatori: “… sono solamente due gli allenatori che hanno iniziato e concluso sulla stessa panchina gli ultimi due campionati in serie A. È il sistema che ha preso questa piega”. Brutta piega perchè questo approccio impedisce di costruire una squadra e richiede invece di produrre immediatamente dei risultati. Non è certo un problema di lavoro a tempo determinato quello che deve preoccupare poichè tutti guadagnano più che a sufficienza. La domanda è questa “Come si fa a porsi dalla parte dei calciatori, rispettando ad esempio i tempi di recupero dagli infortuni o promuovendo un processo di sviluppo se l’unica cosa che conta è il risultato immediato?”

E’ un modello contrario a ogni pianificazione che sia superiore a qualche mese, non permette d’inserire in squadra dei giovani con poca esperienza, non si ha tempo per conoscere i calciatori. Anche perchè se poi si perdono le prime partite o non si piace subito al presidente, c’è l’esonero dopo meno di tre mesi. Giacchè rischiano il tutto per tutto  mostrano un atteggiamento più rigido nel difendere le loro idee e a non accetarne di nuove, proprio perchè devono avere un approccio da assaltatori: vinci o muori. Credo che anche questo sia uno dei fattori che stanno determinando la sempre maggiore debolezza delle nostre squadre all’estero e la mancanza di giovani nelle squadre, meglio un usato sicuro.

Scene di stress

Guardate questa raccolta di scene di stress sportivo su youtube. Sono abbastanza divertenti:

C:\Documents and Settings\utente\Desktop\Top 10 – Stress release.mht

L’errore quando si gioca bene

Un errore tipico degli atleti e che ultimamente ho dovuto affrontare più volte, riguarda le aspettative generate durante la competizione dallo stare fornendo una buona o anche ottima prestazione, ma che a un certo punto, nella sua fase finale, invece, comincia a deteriorarsi sino a diventare insufficiente. Si può sintetizzare così: “sto facendo bene e poi apparentemente quasi di colpo ho fatto male e non mi sono più ripreso”. Questo risultato evidenzia la difficoltà a controllare le aspettative di concludere così come si è cominciato, si pensa che dovrà succedere proprio in questo modo e poi al primo errore si entra in uno stato mentale d’incredulità per l’errore commesso, incrementando la tensione in modo disfunzionale alla prestazione. Che fare. Il primo passo consiste nello spiegare a questi atleti che trovarsi in difficoltà è un fatto fisiologico e che soprattutto quando si sta facendo bene la pressione su di sè cresce e questa, se non controllata, aumenta di molto la probabilità di sbagliare. Si può fare molto, ma questo è il tema di una prossima volta.