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Il nuovo stile di leadership del calcio

La leadership trasformazione è il nuovo modello di guida che partendo dal mondo manageriale si è esteso negli ultimi anni a quello dello sport. Eccone le 4 caratteristiche principali e gli esempi di allenatori di calcio che la utilizzano

  1. Influenza idealizzata – Trasmette orgoglio ai collaboratori, rappresenta un buon esempio da seguire e permette al leader di guadagnarsi il rispetto dei collaboratori in un modo che incrementa la rilevanza dei valori. Ferguson: “Ho sempre molto orgoglio nel vedere i giocatori più giovani che si sviluppano”. In tal modo il lavoro di un allenatore è analogo a quello di un insegnante. Si formano le competenze tecniche, si costruisce una mentalità vincente e persone migliori.  Questo determina nei giovani fedeltà verso la Società, poiché sono consapevoli della opportunità che hanno ricevuto.
  2. Motivazione inspirazionale – Trasmette la visione di dove il gruppo sta andando motiva i membri del gruppo e li stimola nel contempo ad assumere compiti sfidanti. Comunica ottimismo ed entusiasmo e stimola l’auto-efficacia. Guardiola: “Io non voglio che tutti cerchino di dribblare come Leo Messi, bisogna passare la palla, passarla e passarla di nuovo…  Passare, muoversi bene, passare ancora una volta, passare, passare, e passare … Voglio che ogni mossa sia intelligente, ogni passaggio preciso, è così che facciamo la differenza dal resto delle squadre, è tutto quello che voglio vedere”.
  3. Stimolazione intellettuale – Incoraggia la soluzione dei problemi attraverso nuove e creative strategie. Klopp: ““Giocare partite indimenticabili, essere curiosi e impazienti di giocare la prossima partita per vedere cosa succederà, e questo è ciò che dovrebbe essere il calcio. Se fai tuo questo atteggiamento, avrai successo al 100%”.
  4. Considerazione individualizzata – Riconosce l’impegno  e i bisogni di ognuno all’interno del gruppo, attraverso l’empatia, l’ascolto, la compassione e il processo di coaching. Mourinho: “Ci sono molti modi per diventare un grande manager … ma soprattutto credo che la cosa più difficile sia di condurre gli uomini con differenti culture, cervelli e qualità”. All’Inter concesse una vacanza a Wesley Sneijder che era esausto. “Tutti gli altri allenatori hanno parlato solo di formazione”, ha detto Sneijder. “Mi ha mandato in spiaggia. Così sono andato a Ibiza per tre giorni. Quando sono tornato, ero disposto a uccidere e morire per lui”.

Storia del quarto d’ora granata

Durante le partite accadeva che il Grande Torino sembrava addormentarsi, probabilmente perché tutti si sentivano troppo forti rispetti agli avversari. In quei momenti quando anche il pubblico li fischiava, uno tra loro, Oreste Bolmida, capostazione di Porta Nuova, capiva che era venuto di suonare la carica e allora con la sua tromba si metteva a suonare. In quel momento, Valentino Mazzola sul campo da gioco si aggiustava i capelli e si rimboccava le maniche della maglia granata e dava inizia al quarto d’ora granata, in cui la squadra diventava irresistibile per gli avversari. Come quella allo Stadio Nazionale contro la Roma che fissò il risultato sullo 0 – 7, sei gol in 14 minuti. A Torino, in casa al Filadelfia, succedeva in questo modo. Mazzola e i suoi compagni nel primo tempo si riposavano e poi, nella seconda parte della partita il capitano tirava su le maniche della divisa e il Toro diventava travolgente.

Giovanni Arpino, molti anni dopo, nel 1972, usò la parola tremendismo, per spiegare questo approccio alla partita:

“Ma che cos’è il << tremendismo >>, tanto nominato quest’anno a proposito dei granata? Parafrasando Petrolini, si potrebbe dire: << Tremendismo è quella cosa / che divampa in stadii e piazze / piace tanto alle ragazze / perché è rossa e mai va giù … >> … Può indicare anche solo un quarto d’ora, in una partita, ma in quel quarto d’ora scarica tutta la sua forza trascinante”[1].

Il tremendismo è quello mostrato dal Manchester United di Ferguson:

“Se dovessi riassumere che cosa significa essere l’allenatore del Manchester United, direi che bisogna guardare gli ultimi 15 minuti: a volte è abbastanza misterioso, sembra che la palla venga risucchiata nella rete. Spesso i giocatori sembrano sapere che sarebbe successo, che avrebbero segnato; non succedeva sempre, ma la squadra non smetteva mai di crederci. Era un’ottima qualità, questa.

Ho sempre accettato il rischio. Il mio piano era: non preoccuparti e non perdere la pazienza fino all’ultimo quarto d’ora, poi attacca a testa bassa”[2].

 


[1]“Torino ‘72” [editoria – 40],  edito a supplemento della rivista “Piemonte sport e club” nel 1972, a cura di Giorgio Gandolfi e Bruno Perucca. https://toro.myblog.it/2009/04/19/il-tremendismo/

[2] Alex Ferguson (2014). La mia vita. Milano Bompiani, p.58.

Mai cedere il controllo

Se ci si domanda in relazione all’esonero di Carlo Ancelotti da allenatore del Napoli, dal di fuori appare evidente che sia stato schiacciato tra il narcisismo ferito del presidente De Laurentiis che si è vista rifiutata dai calciatori una sua decisione e la ribellione di alcuni giocatori che hanno partecipato con le loro scelte a rovinare la squadra. Non è chiaro come si sia sviluppato in questo periodo di tempo il rapporto tra il presidente e l’allenatore, e cosa ognuno si aspettava dall’altro.

Possiamo, però, riproporre il pensiero di un grande allenatore, Alex Ferguson, in relazione al tema del controllo sulla squadra che l’allenatore dovrebbe esercitare e su cosa fare secondo lui qualcuno un calciatore critica pubblicamente l’operato del manager o della Club.

“Non si può mai perdere il controllo, non quando si ha a che fare con 30 professionisti di alto livello che sono tutti milionari” … “E se qualche giocatore vuole … sfidare la mia autorità e il mio controllo, io mi occupo di loro”. Una parte importante del mantenimento di standard elevati su tutta la linea è stata la volontà di Ferguson di rispondere con forza quando i giocatori hanno violato tali standard. Se si sono messi nei guai, sono stati multati. E se sono usciti dalla linea in un modo che poteva compromettere le prestazioni della squadra, Ferguson li ha lasciati andare. Nel 2005, quando il capitano di lunga data Roy Keane ha criticato pubblicamente i suoi compagni di squadra, il suo contratto è stato rescisso. L’anno seguente, quando il capocannoniere dello United dell’epoca, Ruud van Nistelrooy, espresse apertamente il suo scontento dopo diverse panchine, venne prontamente venduto al Real Madrid. Rispondere con forza è solo una parte della storia. Rispondere rapidamente, prima che le situazioni sfuggano di mano, può essere altrettanto importante per mantenere il controllo”.

“Ho avuto la tendenza ad agire rapidamente quando ho visto che un giocatore aveva un’influenza negativa. Qualcuno potrebbe dire che ho agito impulsivamente, ma penso che sia stato fondamentale che io abbia deciso in fretta. Perché sarei dovuto andare a letto con dei dubbi? Mi sarei svegliato il giorno dopo e avrei preso le misure necessarie per mantenere la disciplina”.

Ognuno potrà così costruirsi una propria opinione anche se non sapremo come mai questo approccio non sia stato utilizzato o non sia servito nella gestione del Napoli.

Lo stile di leadership di Ferguson

Rene Meulensteen  was a key member of Sir Alex Ferguson’s first-team staff at Manchester United for six years. Here he talks about Ferguson’s leadership style

Vision

The ultimate aim was to win, but Sir Alex wanted to win in a certain style. I can remember him bringing me into his office when he’d made me first-team coach. He had a flipchart and said, ‘listen, Ren – I don’t need to talk to you about how to run your sessions, you know all that. But I’d like to reiterate what I want to see. Possession is important, but always possession with a purpose. When we attack I want to see pace, power, penetration and unpredictability. These are the four things you must instil in the team in every single training session.’

And he was always a big advocate of youth. That meant investing in youth facilities and policies, but also giving opportunities. If ever he had chance to bring a homegrown player into the first team, he would do it.

Delegating

The manager achieved the highest level of management – he delegated. He was overseeing it all, he always stayed in control, but he gave us the freedom to do our jobs as well as we could.

Creating the right environment

There was something else, which I only really realised afterwards: not once did I ever feel any level of pressure, not in the six years I worked for him. I never felt ‘I’m under the cosh here’ or ‘the manager’s not happy with this’. That takes top-drawer management, to make everyone feel that comfortable. We had some tough moments but never got carried away. We were able to very quickly see it in perspective and move on.

Always adapting

Things change … He had this ability to adapt and evolve, which is rare, maybe unique, when you think how long he had been there and how much success he had had.

Being decisive

If a difficult decision had to be made, he would make it … He was never afraid to make the big calls.

Belief

He always said, ‘our approach is 75/25 -75% about us, 25% about the opposition. Because we are Man United.’ It was about always reinforcing how good we were, how strong we were.

Humour

The key to working with such high-profile players is to inform and facilitate. In training, you’re not telling them every step they should make, you’re showing them the options. You back it up with video footage – ‘this is what I talked to you about, this is what I meant’. And you let them evolve it.

If one thing stands out from my time at Man United it was the amount of laughs we had. We laughed every single day. Sir Alex had an unbelievable sense of humour.

Alex Ferguson

Il Manchester United nella finale di Champions di questo sabato con il Barcellona ha la possibilità di vincere la sua quarta coppa, la terza dell’era Ferguson. Allenatore dal 1986 della squadra con cui ha vinto 12 campionati inglesi. Molti articoli su questo manager sono apparsi in questi giorni per spiegarne la figura e il successo. Intanto va detto che ha applicato quelle che per i tifosi del Manchester sono due regole d’oro: “Diamo un’opportunità ai giovani; noi attacchiamo”. Giggs che ora ha 37 anni esordì a 17, Charlton e Cristiano Ronaldo a 18 anni, Beckam e i fratelli da Silva a 19.  Segue i calciatori giovani con grande attenzione. Nel 2009 ha detto che le tre regole della leadership sono: controllo, gestione del cambiamento e osservazione. Quest’ultima abilità consiste nel mettere a fuoco ogni cosa, nell’analizzare ciò che è importante e vedere i pericoli e le opportunità che gli altri non scorgono. Non è un conservatore, è attento a qualsiasi innovazione metodologica e scientifica che possa essergli utile ma è anche famoso per le sue tirate furiose ai giocatori, chiamate “hair-dryer treatment”, in cui strilla sulla faccia del suo interlocutore a distanza ravvicinata. E’ considerato come una persona di molto fascino in grado di parlare di qualsiasi argomento ma le sue squadre sanno anche essere prepotenti e dure quando serve. Per la maggior parte degli inglesi è il migliore manager di sport di squadra nel mondo di sempre.