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Gli aspetti mentali dell’intensità

La componente mentale di un allenamento a intensità elevata si compone di almeno tre aspetti.

  1. Comprende le abilità mentali che l’atleta deve mostrare in quella determinata sessione e che deve avere e già sviluppate ad alto livello, altrimenti non potrà metterle in atto in modo continuativo nella sessione di allenamento che sta per cominciare.
  2. Comprende quelle esercitazioni  o loro parti in cui l’allenatore e l’atleta sono convinti che possono essere effettuate in maniera ottimale (ad esempio, per uno sprinter che deve correre 3x300m, probabilmente si prevede  che almeno il primo, pur se faticoso, sarà corso nel tempo previsto. Nel tiro a volo, un atleta esperto sa che 20 piattelli su 25 di solito li colpisce se mentalmente s’impegna al suo massimo. Lo stesso vale per il tennis, in cui una giocatrice sa come può giocare quando è totalmente concentrata sullo scambio che sta eseguendo).
  3. Comprende quelle esercitazioni o loro parti che determinano la qualità di quella singola seduta di allenamento. Ad esempio, sarà ottima se lo sprinter riuscirà a correre come previsto anche la terza ripetuta sui 300m, oppure se il tiratore colpirà più piattelli oltre ai 20 che sa colpire; per la tennista vale lo stesso discorso, si tratta di giocare bene anche se si sente stanca o se deve mantenere un livello elevato di qualità di gioco in una esercitazione più lunga e più impegnativa del solito.
Questi  sono a mio avviso gli aspetti psicologici che vengono messi in gioco quando l’allenamento richiede intensità fisica e mentale e si allenano solo in quei momenti.

L’allenamento calmo

L’allenamento calmo consiste in un nuovo tipo di allenamento olistico che promette di promuovere non solo il benessere fisico ma anche quello mentale. Ad esempio vi è una forma di attività fisica chiamata Psycle, spinning in cui le lezioni si svolgono in ambienti con luce soffusa, musica ispiratrice,  e con una parte dedicata alla meditazione. Altri allenamenti Zen includono Cardiolates, classi di spinning + Pilates.  Alcune palestre come Third Space, a Londra, hanno già dottori  in benessere , che offrono vari tipi di trattamento, compreso il counselling umanistico. Questo approccio al benessere si sta diffondendo, con classi in cui s’impara a rilassarsi, tra cui Spynga, spinning + yoga e SoulCycle , spinning olistico.

Bisogna ridurre lo stress quotidiano

Arianna Huffington su Repubblica.it di oggi pone l’accento sulla necessità di ridurre lo stress quotidiano derivato dal lavoro come necessità per migliorare la qualità della propria vita e mantenere una condizione di salute. A questo riguardo è bene ricordare quali sono gli atteggiamenti e i comportamenti che mettono a serio rischio la salute nonché il benessere delle persone:

  1. eccessiva competitività,
  2. accentuazione nel linguaggio quotidiano di parole chiave, senza che di ciò vi sia bisogno e tendenza a mangiarsi le ultime parole di una frase,
  3. preoccupazione di non rispettare i termini di consegna del lavoro,
  4. intolleranza verso gli altri ed i ritardi,
  5. desiderosi di ricevere rinforzi dagli altri e premi tangibili,
  6. condizione costante di allerta  fisica e psicologica che può sfociare in comportamenti aggressivi,
  7. abitualmente impazienti con persone e situazioni,
  8. poco orientati alla identificazione di obiettivi specifici, perché più orientati all’azione,
  9. sentimento di colpa mentre si rilassano o si riposano
  10. eccessivamente critici verso se stessi e gli altri.

Sono individui che abitualmente vivono la loro vita sempre con il piede sull’acceleratore e non frenano mai. Pur se dotati di molta energia, hanno sempre fretta, vanno a tavoletta e non si fermano mai. Questo è il loro problema: considerano ogni opportunità di rallentamento come una perdita di tempo, poiché hanno sempre la testa orientata sull’ostacolo successivo. L’accelerazione alla comunicazione che vi stata in questi ultimi anni grazie alla diffusione del cellulare e della posta elettronica, li ha resi ancora di più prigionieri di questo modo di vivere, poiché ora la reperibilità è h24 e ciò non fa altro che assecondare sempre di più questa fretta.

Nello specifico quali sono gli aspetti che maggiormente inficiano la loro salute? L’ambizione, l’impazienza o l’ostilità?  Ricerche longitudinali hanno rilevato che individui con elevati punteggi di ostilità, a distanza di 20 anni da questa valutazione avevano una più alta frequenza di morti dovute a problemi cardiovascolari rispetto a coloro che avevano ottenuto punteggi bassi di ostilità.

Inoltre è l’associazione fra ostilità e cinismo che sembra produrre effetti così negativi sul benessere personale. Il cinismo si spiega in termini di  sfiducia nella natura umana, negli ideali e nelle convenzioni sociali.

A conferma di questa interpretazione è stato evidenziato che è possibile lavorare in ambienti altamente stressanti, mostrare comportamenti come quelli descritti e mantenere un livello di salute adeguato. Questa condizione positiva la si può ottenere se le persone:

  1. sono impegnate non solo verso il lavoro ma anche verso se stessi, la famiglia e altri valori, evitando così di cadere in atteggiamenti cinici,
  2. sono convinti di esercitare controllo sulla loro vita professionale e privata,
  3. hanno la tendenza a considerare i cambiamenti della vita come una sfida da padroneggiare e non solo come problemi e preoccupazioni.

Special stress per i condottieri del calcio

Nel calcio si va diffondendo una generazione di allenatori condottieri, sempre protagonisti. La polemica fra Conte e Capello ne è un esempio. L’importante è non accettare le critiche, attaccare. “Gli allenatori oggi sono piccoli Cesari, per il grande potere ricevuto dai club e la voglia di essere protagonisti, anche quando non sarebbe il caso. Sposano il ruolo del condottiero sempre in guerra, sfoderano un’aggressività, una rabbia non controllata, vogliono il centro della scena, Trapattoni, Liedholm e Boskov, con uguale carisma, avevano quell’ironia di cui i tecnici di oggi difettano”. Credo che avere sempre bisogno di nemici per ricaricare se stessi sia un modo molto dispendioso di vivere; si può essere perfezionisti come richiede il ruolo di allenatore senza per forza essere contro il mondo. In ogni caso sono stili personali e ognuno deve sentirsi libero di esprimersi come ritiene meglio. (Da laRepubblica, Intorcia e Ormezzano)

 

Nel calcio i genitori mettono troppe pressioni

Cesare Prandelli ha affermato, in un convegno dedicato all’attività giovanile nel calcio, che  ”il vero problema non sono i bambini ma i genitori … Io i genitori ho provato ad allenarlì per otto mesi ma poi ho rinunciato: mettono troppe pressioni, quando invece bisogna sbagliare. Il bambino stesso è più attento a capire il proprio futuro, con l’assillo dei famigliari diventa tutto più difficile. E’ vero che nelle difficoltà si forma il carattere ma è anche vero che in tal modo è più dura emergere”. Purtroppo ha ragione e gli allenatori dei giovani sono tartassati da genitori che li accusano di non valorizzare i loro figli. Sappiamo che la fiducia in se stessi si sviluppa attraverso le reazioni che gli adulti hanno agli errori.  Se l’adulto comunica: “va bene, continua a impegnarti” il giovane capirà che gli errori sono un evento normale e fisiologico dell’allenamento e che ciò che conta è perseverare nel mantenere l’impegno. Questo è l’approccio che si deve avere per imparare qualsiasi cosa, dalla matematica al calcio. I genitori dovrebbero mostrare questo atteggiamento nei riguardi di ogni compito dei loro figli. Molti genitori, invece, sono preda delle loro insicurezze e quindi vorrebbero realizzarsi magicamente attraverso i successi dei figli ma senza insegnare quale sia il percorso per raggiungerlo e senza dare loro il tempo di crescere. E quando dico successo, intendo il sentirsi coinvolti in un’attività per il solo piacere di farla e perchè ci si diverte.

S-parlarsi addosso distrugge la prestazione

Durante una partita di tennis è molto facile vedere e sentire uno dei due avversari che comincia a parlare contro se stesso e a mostrare comportamenti (scuotere sconsolato la testa o agitare la racchetta come fosse un bastone) che denotano la presenza di una condizione emotiva negativa, esasperata e che danneggia il gioco nel game successivo. Queste scenette avvengono più raramente fra giocatori professionisti proprio perché sono stati allenati a gestire con efficacia i momenti di stress agonistico. Sono invece frequenti fra i giovani e soprattutto sono molto diffuse tra i tennisti magari anche dotati tecnicamente ma che non hanno capito che giocare un match non è solo una questione di forza fisica e di tecnica.

Per giocare bene a tennis, quale che sia il proprio livello, bisogna volere e sapere ragionare e questo diventa molto difficile se dominano stati d’animo di rabbia o di svalutazione di se stessi. Tutti vogliono vincere, consista il premio in centinaia di migliaia di euro o in un aperitivo al circolo, e nel momento in cui s’inizia il primo scambio la tensione emotiva comincia a crescere e se non si agisce per controllarla, già al primo 15-0 per l’avversario si avrà l’occasione di iniziare a tormentarsi. Il tennis mette a dura prova le convinzioni di ognuno: non si può pareggiare come nel calcio, non si può scaricare la responsabilità sui compagni di squadra, non si può incolpare il destino: gli errori sono i tuoi errori. Bisogna accollarsi la responsabilità di come si sta giocando e ragionare per fare qualcosa di diverso sin da subito.

La questione è, quindi, fare qualcosa diverso, facile a dirsi quando si guarda qualcun altro giocare ma più difficile quando si deve applicare questa semplice regola a se stessi. Questo atteggiamento positivo lo si costruisce innanzitutto diventando il principale tifoso di sé e non il principale denigratore. Il tennista dopo un errore deve fare sempre due cose: incoraggiarsi + darsi una semplice istruzione tecnica che permetta di evitare di ripetere l’errore precedente. La partita è come una battaglia, in cui per sopraffare il nemico bisogna avere fiducia nelle indicazioni ricevute dal proprio comandante, che in questo caso siamo noi stessi. Quindi incoraggiarsi è necessario per mantenere un livello elevato di fiducia e di controllo delle emozioni mentre l’istruzione tecnica serve a indicare al tennista cosa/come fare per ottenere un risultato migliore sin dal prossimo gioco.

Se in campo non si dimostra un atteggiamento di questo tipo, la mente del tennista sarà come una barca a vela senza il timoniere, preda cioè del gioco dell’avversario. AI tennisti suggerisco di stabilire a priori una checklist di cose da fare quando si trovano in difficoltà:

  1. Cosa fare quando la prima di servizio non entra.
  2. Cosa fare quando voglio concludere troppo in fretta il gioco.
  3. Cosa fare per ridurre la mia rabbia o delusione di quel momento.
  4. Cosa voglio dirmi per incoraggiarmi.
  5. Qual è il suggerimento tecnico per me più importante nei momenti di difficoltà.

Imparare a gestire le emozioni

Il tennis è uno sport che richiede continuamente un elevato controllo emotivo da parte del giocatore. Questa richiesta non riguarda solo i professionisti ma anche gli stessi bambini. Infatti è purtroppo un’esperienza molto comune vedere ragazzini tra 11-14 anni che dopo un errore cominciamo a parlarsi contro e ad avere comportamenti di rabbia/delusione. Già così giovani hanno difficoltà ad accettare i loro errori. Ignorano che l’apprendimento è in funzione della loro abilità di gestire le loro emozioni. I genitori sono spesso pessimisti a riguardo della possibilità dei loro figli di cambiare, perchè sono convinti “che si nasce così” e poi loro ci hanno provato a dirgli di non reagire in quel modo ma non hanno ottenuto alcun cambiamento a riprova ch è proprio questione di carattere. Per fortuna non tutti la pensano in questa maniera e in tutto il mondo sono attivi programmi per contrastare questo fenomeno a partire dalla scuola. Lo sport, e il tennis in questo caso, rappresentano un’importante situazione in cui i giovani possono imparare a gestire in maniera efficace le loro emozioni ed è un modo indiretto per insegnare ai genitori che si tratta di una competenza psicologica che può essere migliorata così come s’imparano i fondamentali del tennis e poi li si mette insieme per costruire il proprio gioco. Certamente i genitori devono sostenere l’attività dei propri figli non creandosi delle aspettative sul loro futuro tennistico ma sostenendo la loro motivazione a divertirsi attraverso lo sport. E’ molto difficile però che svolgano questo ruolo in questa maniera, perchè la vanità personale li porta a credere che il loro figlio possa diventare un campione. Come si fa ad accettare di portarlo a giocare tennis 3/4 volte la settimana, vederlo insultarsi dopo i primi errori e continuare a dire “ma gli piace tanto il tennis”. Non si può fare finta di niente, pensando che prima o poi passa. Invece non passa! A chi la pensa in questo modo consiglio di leggere il Edutopia, il cui scopo d’insegnare ai bambini e agli adolescenti a migliorare la gestione delle loro emozioni e delle relazioni sociali. In Italia ho scritto tempo fa di un programma analogo nato da una ricerca Dove, che promuoverà in 10 scuole secondarie di primo grado di Milano, un ciclo di 4 incontri, riservati a ragazze e ragazzi tra i 12 e i 14 anni.

Elimina il cattivo umore

Cosa facciamo per controllare lo stress?

Sappiamo che lo stress è qualcosa che prima s’insinua dentro di noi e poi esplode impadronendosi delle nostre emozioni e del nostro modo di pensare. Lo stress è dei campioni e degli allenatori ma anche di chiunque voglia migliorare e che ogni giorno vive lo stress della competizione quotidiana. Oggi non c’è tempo per rilassarsi siamo spesso arrabbiati, delusi o stanchi. Rilassarsi viene visto come un altro impegno, una fatica aggiuntiva; oppure come impossibile prima di avere risolto i problemi del momento, o ancora come qualcosa che può fare chi a tempo perdere. Non si capisce che è proprio nei momenti di difficoltà o d’impegno frenetico che è importante trovare del tempo per ridurre lo stress. Non basta l’esperienza per non essere stressati, bisogna agire attivamente per ridurlo. Questa idea non è invece diffusa e per questa ragione siamo sempre più stressati.

Il primo passo che chiunque può fare per ridurre il proprio stress consiste nel camminare mezz’ora tutti i giorni e trascorrere quando possibile del tempo a chiacchierare con persone amiche.