Archivio mensile per settembre, 2012

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Juve: qualità e combattività

La Juve ieri sera contro il Chelsea avrebbe potuto subire una sconfitta molto dura dopo i due goal messi a segno in pochi minuti e invece è riuscita a ribaltare il risultato. Questa partita insegna che la qualità del gioco senza la combattività della squadra serve a poco.  Combattività non è un termine scientifico ma a mio avviso indica con chiarezza la capacità di giocare palla su palla in modo costante per tutta la partita. La seconda caratteristica della combattività è la capacità di giocare in questo modo indipendentemente dal risultato della partita, si gioca palla su palla quando si vince 2-0 ma anche quando si sta perdendo 2-0. Esprime la convinzione di stare in campo con questo atteggiamento sino al fischio finale dell’arbitro. Le squadre poco combattive possono sopperire a questa carenza con azioni individuali dei loro calciatori migliori e in questo modo possono anche vincere una partita. Difficilmente possono ripetere risultati di questo tipo con continuità, perché nel calcio per vincere un campionato o un torneo internazionale conta la reazione della squadra non solo l’estro del fuoriclasse.

Mental coaching in Italia

E’ di oggi la notizia pubblicata dalla Gazzetta dello Sport che molti allenatori delle squadre nazionali mettono in evidenza l’importanza della componente mentale della prestazione sportiva e richiedono l’utilizzo dello psicologo dello sport. Affinché questa richiesta non resti appesa nel vuoto è necessario che il Coni e le Federazioni si decidano a promuovere azioni che prevedano questo servizio alle squadre. E’ chiaro che la scelta migliore sarebbe quella di un intervento progettato dalla preparazione olimpica con la messa in atto non di tanti progetti separati ma di un unico programma nazionale centrato sulla realizzazione di programmi di coaching mentale per atleti e allenatori. La Società Italiana di Psicologia dello Sport di cui sono presidente è ovviamente disponibile a collaborare alla realizzazione di questo progetto

Il Milan non ha pazienza

L’allenatore del Milan, Allegri, è messo in questi giorni fortemente in discussione perché la squadra non segna e ha perso due delle prime tre partite di campionato. E’ una squadra che ha mandato via 5/6 giocatori giocatori importanti senza averli sostituiti con altri top player. Il Club si associa così alle altre società di calcio nel pensare che l’allenatore che nelle due stagioni precedenti ha vinto il campionato ed è arrivato secondo, dopo appena tre partite può essere licenziato. Se questo è il sistema per superare le difficoltà si può dire che il calcio italiano è ormai perso.

Offerta lavoro psicologo dello sport

La professione di psicologo dello sport in Italia non è così diffusa come ci si aspetterebbe per molte ragioni legate alle nostre arretratezze culturali sia in ambito sportivo che in quelle del mondo universitario. Fra queste ragioni ve ne è una che riguarda la non conoscenza da parte dei dirigenti e degli allenatori di dove e a chi indirizzare le loro offerte di consulenze di psicologia dello sport per la loro società sportiva. Spesso quindi la scelta dello psicologo dello sport avviene attraverso la conoscenza personale diretta o indiretta. Tutti conoscono medici ma nessuno penserebbe di andare da un ortopedico quando gli serve invece un cardiologo o viceversa. Nella mente di molte persone dello sport è dominante l’idea  che per lavorare nello sport sia sufficiente essere psicologi e non psicologi dello sport. La reazione dello psicologo a cui viene offerta questa opportunità è immediatamente positiva ma poco dopo inizia la sua spasmodica ricerca di un collega che sia psicologo dello sport con cui parlare per chiedergli dei consigli su cosa deve fare. Risultato: lo psicologo presenterà alla società un programma che prevede la messa in atto di competenze che non possiede e porterà discredito alla figura professionale dello psicologo dello sport. Personalmente mi è capitato spesso di parlare con allenatori che mi dicevano: “Prima di te c’è stato un tuo collega che ha passato il tempo a fare osservazione e non abbiamo mai saputo a cosa è servita”; “Basta che non dobbiamo più mettere delle crocette e compilare dei test, che non servono a niente”;”Faceva sempre domande ma non ha mai dato una risposta”. Queste sono i commenti più frequenti che ho sentito e di certo iniziare a lavorare in un contesto dove è questa la percezione dello psicologo da parte degli allenatori non è affatto facile.

Pertanto consiglio ai dirigenti e agli allenatori di servirsi di internet per cercare professionisti che possano anche indirizzarli verso colleghi della loro area geografica, contattare le Scuole dello Sport del Coni per avere delle indicazioni, sentire la Società Italiana di Psicologia dello Sport, contattare i docenti universitari di psicologia dello sport. Se si crede che questa sia una professionalità utile a migliorare aspetti di un’organizzazione sportiva, non si può scegliere il primo che passa per strada, perché difficilmente sarà quello giusto. Viviamo in un periodo di alta specializzazione in tutti gli ambiti professionali, compresa la psicologia. Sfruttiamolo perché solo così acquisiremo come società sportive un vantaggio competitivo nel nostro ambiente sportivo in termini di servizi e programmi offerti agli allenatori, al team tecnico, agli atleti e alle famiglie.

Stress e calcio

E’ iniziato da tre giornate il campionato di calcio e c’è già chi sorride (Juve, Lazio e Napoli) e chi ha problemi (Roma, Milan). Tutti però avranno problemi di stress. La Juve, il Napoli  e il Milan perché giocheranno tante partite fra campionato e Champions League. La Roma, la Fiorentina, l’Udinese e la Lazio perché vogliono vincere o e essere tra le prime quattro del campionato. La maggior parte delle altre perché dovrà lottare per restare in Serie A anche nel prossimo campionato. Ci sarà quindi stress per tutti, per chi vince e per chi perde, per i primi e gli ultimi, per chi raggiungerà i suoi obiettivi e per chi fallirà. Verranno come al solito cambiati molti allenatori? E’ probabile. Il calcio crea stress per la visibilità dei protagonisti, per la competitività delle partite, per l’elevato livello di responsabilità di giocatori e allenatori, per le aspettative degli sponsor, dei Club e dei tifosi. Eppure è l’unico ambiente professionale in cui non si fa nulla per ridurre lo stress  di chi vi lavora. In questa fase di avvio del campionato il mio consiglio agli allenatori e ai giocatori è di impegnarsi nel seguire un programma per ridurre i loro stress professionali, perché sono convinto che questo permetterà agli allenatori di essere dei leader migliori e ai calciatori di rilassarsi e rinforzarsi mentalmente per reggere mentalmente al meglio una nuova stagione agonistica.

Sai respirare?

Mi viene spesso chiesto di dare qualche suggerimento pratico per ridurre lo stress e l’ansia prodotti da allenamenti faticosi, dal desiderio di primeggiare o dalle aspettative del proprio ambiente sportivo e famigliare. Lo farò in questo blog e in altri che seguiranno e voglio partire da un’azione che ogni essere umano fa continuamente senza interruzioni: respirare. In genere gli atleti come molte altre persone non sanno effettuare un respiro profondo e soprattutto ignorano le ragioni per cui dovrebbero farlo. Per primo, bisogna dire che una respirazione addominale profonda può permetterci sia di ridurre il livello di tensione che si prova in quel momento così come può aumentare il livello di attivazione.

Per respirare bisogna prendere l’aria dal naso, inizialmente si riempie la parte inferiore dei polmoni, così facendo il diaframma si abbassa ed è questo il motivo per cui l’addome viene in fuori. Successivamente, l’aria occupa la parte media dei polmoni, in tal modo le costole inferiori e lo sterno si alzano; il torace si dilata immediatamente dopo, quando l’aria invade anche la parte superiore dei polmoni. Naturalmente, non esistono tre fasi distinte ma un unico movimento ritmico di respirazione. Trattieni l’aria per qualche secondo in modo da permettere ai polmoni di assorbire l’ossigeno che hai appena introdotto. Infine, fai uscire l’aria gradualmente dalla bocca. Si può partire dall’esecuzione di 3 respiri profondi per giungere a farne 7/8. Questo esercizio va svolto durante il riscaldamento e quando si fa lo stretching. Lo scopo è di abituarsi a effettuare in modo corretto e sempre più automatizzato questo esercizio. Va ricordato che un respiro di questo tipo deve avere la durata di circa 20 secondi, per cui si faranno 3 respiri in circa 1 minuto.  Se si vuole incrementare lo stato di calma mentale mentre si respira si possono ripetere mentalmente delle parole come “calmo … rilassata” oppure si possono immaginare delle esperienze passate in cui si era calmi.  Naturalmente sto parlando di esercizi da svolgere per ora in allenamento allo scopo di aumentare la propria condizione di auto-controllo.

Al contrario si avrà una condizione di maggiore attivazione mentale se si esegue la respirazione così come è stata ora descritta ma con una piccola variante. Quando si è conclusa la fase d’inspirazione bisogna trattenere il fiato e con le braccia aperte bisogna flettere gli avambracci per 5 volte (corrispondenti a circa 5 secondi) e solo al termine iniziare la fase d’espirazione. In tal modo il movimento delle braccia funge da pompa che spinge con più rapidità l’ossigeno in tutto corpo e al termine di alcuni respiri si percepirà nettamente una sensazione di maggiore attivazione mentale.

 

C’è bisogno di calma

Per sette anni, un numero crescente di lavoratori della General Mills ha praticato la meditazione, lo yoga e la cosiddetta “consapevolezza” sul posto di lavoro. E quello che era iniziato come un progetto parallelo di un dirigente ha trasformato la cultura di una fra le prime 200 multinazionale. ”Si tratta di addestrare la nostra mente ad essere più concentrata, a vedere con chiarezza,  a avere spazio per la creatività e a sentirsi collegati”, dice Janice Marturano che ha fondato il programma. “Quella compassione per noi stessi, per tutti intorno a noi – i nostri colleghi, clienti -. Questo è ciò che la formazione della consapevolezza è veramente”.

L’iniziativa della General Mills è l’avanguardia di un movimento che sta rimodellando certi angoli del mondo aziendale. William George,  membro del consiglio Goldman Sachs è uno dei principali sostenitori del portare la meditazione nella vita aziendale. “Il principale business per la meditazione  è che se si è completamente presenti sul posto di lavoro,  si sarà più efficaci come leader, si prenderanno decisioni migliori e si lavorerà meglio con gli altri … tendo a vivere una vita molto impegnata. Questo mi tiene concentrato su ciò che è importante “. Non ci sono statistiche attendibili sul numero di aziende che offrono la meditazione sul posto di lavoro, ma un quarto dei grandi datori di lavoro statunitensi hanno lanciato iniziative ”di riduzione dello stress”  e questo numero è in costante crescita.

Insomma sembra per fortuna esser finito il periodo dei predicatori urlanti e dei corsi di sopravvivenza per imparare a sconfiggere la concorrenza. Si ritorna a noi stessi, al miglioramento basato sulla comprensione. Non vuole dire rallentare, ma essere consapevoli che nella vita quotidiana ci sono momenti per spendere e altri per recuperare. I programmi per la riduzione dello stress hanno questa funzione rigenerativa  e mantengono l’attenzione sulle cose che veramente contano in quel momento. C’è bisogno di calma anche perché la frenesia non stimola l’ottimismo anzi lo deprime, conducendo a sentirsi sempre in ritardo o in difetto per qualcosa. In questo periodo così difficile abbiamo bisogno di essere ottimisti e di ridurre lo stress causato dalle paure. Impegniamoci quindi a trovare il tempo per ridurre il nostro stress e allargare i nostri limiti mentali.

Dallari, 1° donna presidente di federazione

Si parla sempre del contributo che le donne possono fornire alla leadership dello sport. In Italia qualche giorno fa si è rotto un tabù e per la prima volta a capo di una federazione sportiva, quella degli sport equestri, è stata eletta una donna, Antonella Dallari, titolare di un’azienda agricola, 47 anni di Modena. Era ora, complimenti.

Coaching alle nuove sfide

Molti parlano di Coaching e lo fanno spesso in modo urlato, promettendo la luna dopo una passeggiata sui carboni ardenti. Il Coaching è un processo di cambiamento e richiede del tempo. Non si cambia in un fine settimana ma si possono avere delle intuizioni su come saremmo ed è già molto.  Bisogna sapere che tutti possiamo migliorare, anche se nessuno dice che sarà facile. Se siamo disposti ad accettare questo approccio allora possiamo incamminarci su questa strada guidati da un coach.  Il Coaching così inteso permette di trovare una soluzione concreta alle principali domande che pongono dirigenti e giovani talenti, atleti e allenatori, capi e collaboratori, professionisti e imprenditori. Sono queste:

  • Voglio fare meglio anziché bene
  • Voglio fare di più con meno
  • Voglio realizzare idee nuove anziché sempre ripetere
  • Voglio trasmettere energia e non rassegnazione
  • Voglio esplorare nuove strade senza fare sempre la stessa
  • Voglio equilibrare lavoro e vita privata
  • Voglio delegare anziché fare tutto da solo
  • Voglio stimolare curiosità e non noia verso il lavoro
  • Voglio ascoltare senza pregiudizi anziché pensare di avere sempre ragione
  • Voglio sentirmi in movimento e non in una palude
Se sei interessato a conoscere questo approccio al cambiamento scrivimi e ti darò più informazioni.

Km contro Kg?

Credo che questa sia una delle sfide più importanti che deve porsi chi si occupa di benessere dei cittadini. I Km sono la mancanza di movimento che colpisce circa il 40% degli italiani e che è molto maggiore se si considerasse solo gli adulti. I Kg è il peso in più che molti già da bambini si portano dietro.

Numeri:

21,9% degli italiani fa sport in modo continuativo e 10,2% in modo saltuario. Il 27,7%  è fisicamente attiva. Il 39,8% è sedentaria. Dal 1997 a oggi vi è stato un incremento del 5% di persone attive.  La frequenza dei ragazzi in sovrappeso e obesi è più elevata a 11 anni (29,3% nei maschi e 19,5% nelle femmine) che a 15 anni (25,6% nei maschi e 12,3% nelle femmine). i giovani di 15 anni (47,5% dei maschi e 26,6% delle femmine) fanno meno attività fisica rispetto ai ragazzi di 13 (50,9% dei maschi e 33,7% delle femmine. Minor consumo quotidiano di verdura nel  Sud e tra i maschi.  La quota di popolazione in condizione di sovrappeso cresce  con l’età, passando dal 19% tra i 18 e i 24 anni a oltre il 60% tra i 55 e i 74 anni, per poi ridursi di poco nelle età più anziane (55,9% tra le persone con più di 75 anni). Sovrappeso e obesità sono più diffuse tra gli uomini che tra le donne: il 45,2% degli uomini è in sovrappeso e l’11,3% è obeso rispetto al 27,7% e al 9,3% delle donne.

Chi si occupa di cambiare questa situazione? Qualche idea per non finire come nel film WALL.E?