Archivio mensile per settembre, 2012

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Cosa ho imparato?

Le Paralimpiadi mi hanno insegnato che abbiamo tutti una seconda vita davanti.

Nessuno ha detto che sarebbe stato facile.

Nobody said it was easy,
It’s such a shame for us to part.
Nobody said it was easy,
No one ever said it would be this hard.

Avete visto che roba?

L’arrivo della brasiliana Terezinha Guilhermina vincitrice dei 100m a Londra e della sua guida Guilherme Soares de Santana.

Gestione dell’ansia e rilassamento

L’ansia agonistica è uno stato d’animo che vive qualsiasi atleta prima e durante la competizione e non solo coloro che lottano per ottenere risultati di livello assoluto. E’ sufficiente partecipare a una gara cittadina o essere uno dei tanti che corrono una maratona per provare quelle stesse emozioni che sembrano proprie solo degli atleti di livello internazionale. L’ansia la provano tutti quelli che attribuiscono importanza alla competizione che devono affrontare, è una condizione psico-fisiologica che ci ricorda che siamo pronti a gareggiare e serve a incrementare questa condizione di prontezza ad agire. Quando questa condizione diventa eccessiva per l’individuo, ponendolo, come è stato detto, al di fuori della sua condizione emotiva ottimale avrà l’effetto di inibire le sue prestazioni.  Per dirla con le parole della psicologia quotidiana: “Va bene essere tesi ma non bisogna mai perdere l’autocontrollo”.

Scopo dell’insegnamento dell’abilità a rilassarsi è di sviluppare nell’atleta una migliore capacità di autocontrollo, al fine di ridurre quelle emozioni che ostacolano l’apprendimento e agiscono negativamente sulle prestazioni. In tal modo l’atleta acquisisce comportamenti, modi di pensare e sentimenti adeguati alle attività da svolgere. Inoltre, le esperienze di autocontrollo agiscono indirettamente nello stimolare la fiducia personale e favoriscono la concentrazione. Ad esempio, l’associazione tra un respiro profondo e la ripetizione mentale di un’azione tecnica, quale potrebbe essere l’esecuzione di un salto in alto, mettono l’atleta in una condizione di maggiore calma e nel contempo favoriscono la sua concentrazione su quanto dovrà eseguire dopo pochi istanti.

Il rilassamento è una condizione che ogni individuo conosce e che aiuta a recuperare non solo dall’ansia ma anche dalla stanchezza  fisica e mentale, ciò attraverso la realizzazione di una condizione di calma.

Il rilassamento:

  1. E’ un processo definibile di lasciarsi andare – L’atleta si guida, attraverso la ripetizione mentale di brevi formule verbali, a raggiungere una condizione fisica e psicologica di rilassamento.
  2. Rappresenta l’opposto dell’azione – Gli atleti traggono maggiore beneficio dagli esercizi di rilassamento nei periodi di allenamento di maggiore intensità, per recuperare giornalmente l’energia necessaria per condurre gli allenamenti.
  3. Si acquisisce attraverso l’allenamento quotidiano – Tutti possono imparare a rilassarsi, devono solo allenarsi in modo costante e regolare. Il processo di apprendimento di questa abilità richiede di esercitarsi quotidianamente  per 10 minuti.
  4. Determina una condizione di benessere – L’atleta impara a ottenere una condizione di benessere che perdura anche al termine degli esercizi, così da affrontare con maggiore calma le sue giornate.
  5. Favorisce il recupero rapido dalla fatica – Gli sport che si basano su prove ripetute nella stessa giornata richiedono di recuperare rapidamente dalla fatica al termine di ogni prova. Molti atleti si servono delle tecniche di rilassamento come sistema per non continuare a restare agganciati alla prestazione appena conclusa e recuperare dallo stress agonistico.

Paralimpici – foto giorno 9

Elexis Gillette and his guide Wesley Williams of the United States compete in the Men's 100m    T11 heats.

Vai a http://www.guardian.co.uk/sport/2012/sep/07/paralympics-2012

Le regole per riprendere l’attività fisica

Ripreso il lavoro si comincia nuovamente a pensare a riprendere l’attività fisica che la maggior parte delle persone abbandona durante il periodo estivo. Per chi ha non ha fatto moto, il segreto sta nella gradualità. E’ come se il corpo si destasse dal sonno, per questo motivo non bisogna avere fretta e tanto meno stressarlo con sforzi in questo momento estenuanti. E’ molto meglio iniziare con allenamenti brevi e non intensi. Ciò che conta è la continuità nel tempo dell’attività fisica sia essa corsa, nuoto, bici o altro. Non è importante correre oggi 1 ora ma raggiungere questo obiettivo magari fra due mesi. La gradualità è il principio base da rispettare. Vale per gli adulti che passano dalla condizione di sedentarietà a quella di attività fisica, che devono essere consapevoli che non è importante “fare tanto” la prima settimana per dimostrare a sé e agli altri che in fin dei conti non si era poi così fuori forma ma conta invece continuare a essere ancora attivi dopo sei mesi. Lo stesso concetto vale però anche per gli individui allenati. Ormai lo sport in Italia lo praticano solo più gli adulti da 40  a 60 anni. Non siamo adolescenti, i tempi di recupero sono molto più lenti e il corpo sta invecchiando. Pertanto l’inizio graduale consente all’apparato fisico di riappropriarsi giorno per giorno dei movimenti conosciuti e di raggiungere quell’attivazione specifica per l’attività che si svolge. Questa semplice cosa è la più difficile da fare. Direi anzi che non la fa nessuno, me compreso. Ciò è possibile perché bisognerebbe ragionare ma invece non lo facciamo e ci lasciamo dominare dalla passione. Corriamo o nuotiamo o giochiamo a tennis perché ci piace, spinti dall’amore per il movimento, senza essere obbligati dagli allenatori a seguire un programma ben preciso come invece devono fare gli atleti, e pensando che “tanto ho sempre fatto in questo modo”.  per molti problema non è la prestazione, sappiamo che potremmo allenarci meglio, ma siamo contenti di quello che facciamo. Il problema è l’età che a un certo punto ti chiede il conto e allora se vuoi continuare devi fare come hai sempre saputo che avresti dovuto. Se intraprendi questa strada a qualcuno sembrerai più saggio, ma tu sai che è solo per necessità e non certo per scelta.

L’importanza dell’autocontrollo

L’unica cosa che puoi controllare è la tua prestazione.

(guarda: http://www.youtube.com/watch?v=vA3zbCsR8vA)

Mitico Alex Zanardi

L’ex-pilota della Formula 1 ha vinto la cronometro H4 su handbike. “Ho dato il massimo ed è bastato per regolare tutti quanti”, ha affermato Zanardi commentando la gara. “Se continuerò? Innanzitutto fra due giorni c’è la gara in linea poi non so vedremo – ha aggiunto – Io in ogni caso senza sport non so vivere. Mi considero una che ha avuto tantissimo nella vita e continuo ad aggiungere. Di questo non posso che ringraziare la Dea bendata”.

Possiamo imparare molto da queste sue parole.

Benessere o …

Ogni giorno sui quotidiani vi sono informazioni importanti su quale sia lo stile di vita migliore da condurre per migliorare il nostro livello di benessere. Inoltre è sempre più evidente come questo stile di vita sia collegato in modo positivo alla cura dell’ambiente naturale.  Parliamo di atteggiamenti e comportamenti che anche in Italia sono già attuati da milioni di persone, ad esempio vi sono più di 5 milioni di vegetariani e il 25% della popolazione pratica qualche forma di attività fisica.  La questione è che sono gruppi troppo poco numerosi, mentre al contrario gli obesi sono in costante aumento e non diminuisce il numero di fumatori. In sostanza, sappiamo tutti cosa bisognerebbe fare per vivere meglio ma non lo facciamo. Lo Stato non si occupa di questi aspetti e l’unico suo intervento è di aumentare il prezzo dei tabacchi ed è intenzionato a farlo anche con le bibite che contengono troppi zuccheri. A mio avviso il movimento dello “sport per tutti” dovrebbe occuparsi di questo fenomeno in modo primario, poiché “più movimento per tutti” comporterebbe anche un incremento degli altri fattori positivi che determinano il benessere. E’ una questione che non riguarda solo le organizzazioni sportive ma deve coinvolgere anche quelle dei medici e degli psicologi. In Italia ci sono già state esperienze di questo genere ma non si tratta di continuare in questo modo bisogna diffondere ovunque questo modo di essere. Altrimenti, come sempre, chi può investire economicamente  sulla propria salute continuerà a frequentare circoli sportivi e SPA, mentre la maggioranza continuerà a essere preda delle pubblicità e dei propri stress che li porteranno a stare sempre peggio.

La battaglia delle lame

La vittoria di  Alan Oliveira nei 200m, ha innescato da parte di Oscar Pistorius, predestinato a vincerla una discussione sulla correttezza della lunghezza delle lame del suo avversario. Il brasiliano ha infatti usato lame di qualche centimetro più lunghe rispetto a quelle di cui si era servito sino a poco tempo fa, pur restando nei limiti previsti dal regolamento paralimpico. Pistorius sostiene che la maggior lunghezza delle lame ha fornito un vantaggio significativo a Oliveira.

Al di là dell’opportunità di queste dichiarazioni che sembrano più dovute alla non accettazione della sconfitta e di non essere più l’unico atleta al mondo a ottenere questi tempi, riemerge la questione sul valore delle lame. Se forniscono realmente un vantaggio non si dovrebbe permettere di fare gareggiare coloro che le usano con gli atleti normodotati e tanto meno con quelli che corrono con un’unica protesi. Sono temi che dovrebbero esseri affrontati al di fuori delle polemiche agonistiche e nell’ambito della ricerca scientifica applicata al movimento umano.

Cecilia Camellini la star italiana del nuoto

Cecilia Camellini: due ori paralimpici con altrettanti record mondiali nei 50 (30”94) e 100 stile libero (1’07”29) non vedenti. Un  bronzo nei 100 dorso (1’19”91), con una grinta dimostrata nel finale di gara che le ha insegnato sin dagli inizi Ettore Pacini, suo primo allenatore e scopritore. «Le ho trasmesso la cattiveria giusta – racconta il presidente della società Asd Tricolore di Reggio Emilia -. In gara è come un pugile sul ring: le altre nuotatrici non sono avversarie, ma nemiche».
Come spiegare il nuoto a chi non ha mai potuto vederlo con i propri occhi? «Guardavo alla tv il gesto tecnico dei campioni e cercavo di spiegarglielo attraverso una spiegazione logica – aggiunge -. Non è stato difficile per me dato che sono ipovedente e ho lavorato molto con i non vedenti». Un idillio cominciato nel settembre del 2003, quando Cecilia aveva appena 11 anni e mezzo. Differenze negli allenamenti dai normodotati? «Macché, lei nuota tutte le mattine per due ore e mezza, poi fa altri quattro doppi allenamenti al pomeriggio e quattro ore di palestra a settimana. In totale, si allena per circa trenta ore». Un carico che verrà ridotto dopo Londra: «Si è diplomata l’anno scorso al liceo classico Muratori di Modena con il massimo dei voti e quest’anno si è iscritta a Psicologia presso l’Università di Cesena. Per cui darà la precedenza allo studio per i prossimi tre anni, poi torneremo a caricare in vista di Rio de Janeiro».
(da: http://www3.lastampa.it/sport/sezioni/articolo/lstp/467197/)

«Ho iniziato piccolissima. Nuotava mio fratello e ho voluto provare anch’io: non ho più smesso. Con il nuoto ho imparato a conoscere il mio corpo ed è l’unico sport che mi rilassa e mi fa sentire in un ambiente protetto. Ho provato anche l’atletica, lo sci, e l’equitazione e posso dire che se proprio dovessi lasciare il nuoto, forse andrei a cavallo. Ma quando sto solo tre giorni senza nuotare impazzisco e faccio impazzire chi ho attorno».

«I tecnici hanno creduto in me e mi hanno spronata. Ed oggi eccomi qui a Londra, alla mia seconda Paralimpiade. È un’emozione così forte che a volte ancora non ci credo. Penso ci siano ancora dei pregiudizi sulla disabilità anche tra gli stessi disabili: fa paura pensare che se non sei vedente o hai qualche disabilità puoi comunque fare le cose che fanno gli altri».

(da: http://corrieredibologna.corriere.it/bologna/notizie/altrosport/2012/3-settembre-2012/cecilia-vola-buio-l-acqua-mi-protegge-2111666219364.shtml)