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E’ possibile divertirsi quando si fa qualcosa di difficile in cui si è competenti?

E’ possibile divertirsi quando si fa qualcosa di difficile in cui si è competenti. In effetti, molte persone trovano grande soddisfazione e divertimento nelle sfide che richiedono le proprie abilità e competenze. Ecco alcune ragioni per cui ciò è possibile:

  1. Senso di realizzazione - Superare una sfida difficile e completare un compito complesso può portare a un forte senso di realizzazione e orgoglio personale. Questo senso di successo può essere molto gratificante e divertente.
  2. Flusso - Le persone si divertono di più quando sono nel cosiddetto “stato di flusso”. Questo stato si verifica quando si è completamente immersi in un’attività impegnativa che richiede abilità e concentrazione. In questo stato, il tempo sembra scorrere più velocemente, e si può sperimentare una sensazione di piacere profondo.
  3. Competizione - Se si partecipa a una gara o a una competizione, il desiderio di vincere o migliorarsi può essere molto motivante e divertente. La competizione può aggiungere un elemento di eccitazione e adrenalina all’esperienza.
  4. Crescita personale - Affrontare sfide difficili può contribuire alla crescita personale e al miglioramento delle proprie abilità. Questo senso di progresso può essere estremamente gratificante e divertente.
  5. Passione e interesse - Quando si è appassionati e interessati a ciò che si sta facendo, anche le sfide difficili possono essere divertenti. La passione può alimentare la motivazione e rendere l’intera esperienza più appagante.
  6. Connessione sociale - Partecipare a una sfida o a un progetto complesso con altre persone può creare un senso di comunità e connessione sociale. La collaborazione e la condivisione delle sfide possono aumentare il divertimento e la soddisfazione dell’esperienza.
  7. Apprendimento continuo - Affrontare situazioni difficili può comportare un apprendimento continuo e la scoperta di nuove abilità. Questo processo di apprendimento può essere emozionante e gratificante, poiché si acquisiscono conoscenze e competenze sempre nuove.
  8. Creatività - La risoluzione di problemi complessi richiede spesso pensiero creativo e innovativo. Trovare soluzioni uniche e creative può essere un aspetto molto divertente di affrontare sfide difficili.
  9. Senso di scopo - Lavorare su progetti impegnativi e significativi può dare un senso di scopo e significato alla propria attività. Sapere di contribuire a qualcosa di importante può aumentare la soddisfazione e il divertimento nell’effettuare il lavoro.
  10. Esperienza personale - Ogni sfida difficile è un’esperienza personale unica. Il processo di superare queste sfide può portare a ricordi preziosi e avventure emozionanti, che possono essere fonte di divertimento e gratificazione quando vengono ricordati in seguito.

In sintesi, il divertimento nel fare qualcosa di difficile in cui si è competenti può derivare da una combinazione di realizzazione personale, crescita, connessione sociale, apprendimento continuo e scoperta di nuove possibilità. Questi elementi contribuiscono a rendere l’esperienza gratificante e appagante per molte persone.

Tuttavia, è importante sottolineare che non tutte le persone trovano divertente affrontare sfide difficili. Alcuni potrebbero sentirsi stressati o ansiosi in tali situazioni. La chiave è trovare un equilibrio tra la sfida e la competenza personale in modo da poter godere appieno dell’attività. Inoltre, è importante gestire lo stress e l’ansia in modo sano per garantire che l’esperienza rimanga divertente e soddisfacente.

La motivazione alla competenza

Per conoscere quale sia la concezione dell’errore di un individuo, bisogna capire cosa s’intende per motivazione alla competenza. Si tratta di un desiderio interno rivolto ad acquisire ed esercitare delle abilità, per cui un bambino s’impegna a sviluppare gli schemi motori di base allo scopo di rispondere in modo adattato alle richieste dell’ambiente. Per un atleta gli apprendimenti sportivi diventano un modo consapevole per valutare se stessi e la propria crescita personale. Pertanto, il concetto di Sé si plasma su queste valutazioni e su quelle che si riferiscono alle altre aree significative di apprendimento della vita di un giovane.

Sulla base di queste esperienze “la motivazione alla riuscita è alimentata dalla valutazione relativa all’acquisizione delle competenze (obiettivi di apprendimento) e alla validazione delle competenze (obiettivi di prestazione)” (Dweck e Molden, 2005, p.122). Dal punto di vista applicativo diventa necessario comprendere in che misura le persone usano questi due approcci e se danno maggior importanza a uno rispetto all’altro.

Questo modo di ragionare dipende dalla concezione che si sviluppa in relazione alle proprie qualità personali. L’individuo le considera fisse o modificabili? Ad esempio, l’intelligenza è un tratto fisso? (“Ce l’ho o non ce l’ho”) o invece è modificabile tramite l’apprendimento? (“Non importa il livello di partenza, si può modificare con l’allenamento”). Se si è in accordo con la prima affermazione si utilizza la concezione della fissità di questa qualità, mentre se si concorda con la seconda affermazione si ritiene che le abilità possono essere migliorate attraverso l’impegno personale. Gli effetti di questo diverso approccio si evidenziano in particolare in quattro aree: gli obiettivi, le convinzioni sull’impegno, la spiegazione della difficoltà e gli effetti sulle strategie (Dweck e Molden, 2005).

Ferrari: una vittoria di squadra

Competenza, aggressività e condivisione. E’ stato questo il mix vincente della Ferrari e di Vettel.

  • La squadra – In questi mesi, è stata calma e concentrata sul valorizzare le proprie competenze. “Ci siamo concentrati su quello che dovevamo fare di volta in volta senza guardarci intorno…specie negli ultimi due mesi siamo rimasti calmi e abbiamo lavorato”.
  • Il pilota – Vettel è stato aggressivo nei riguardi di Hamilton, lo pressato e lui ha ceduto. Emanuela Audisio ha scritto che ha seguito il consiglio che Rocco dava ai suoi difensori: “Seguilo anche in bagno”.
  • La squadra e il pilota – In tutto questo periodo Vettel e la squadra si sono ascoltati, hanno condiviso le idee e questo atteggiamento comune. Vettel ha detto: “La felicità in particolare. A Maranello la gente era felice di lavorare insieme. Gli uni con gli altri. Non c’erano scorciatoie del resto, bisognava lavorare tanto, pensare tanto a quello che si faceva; e tutto quel sacrificio lo sai fare solo se ti spinge la passione, la voglia”.

Bravura e fortuna nel backgammon

Il backgammon è un dei giochi più antichi e ha origine più di 5000 anni fa nell’attuale Iraq. Vista la sua antichissima origine è facile comprendere come siano potute nascere col tempo anche numerose leggende sulla sua paternità: Egitto, nella tomba di Tutankamen furono ritrovate tavole con disegni simili, Grecia con Sofocle che ricorda come durante l’assedio di Troia i soldati ci giocassero per passare il tempo, gioco citato anche nell’Odissea di Omero. Gioco assai diffuso in tutte le caste sociali si espande in tutta Europa e resiste ancora oggi in molte parti del mondo.  Curioso e singolare vedere come il backgammon si sia evoluto nel mondo occidentale, dove ha trovato spazio come gioco raffinato e passatempo colto, mentre in Medio Oriente rimane una competizione popolare come la briscola o il tresette.  E perfino oggi in Italia, tra i profughi che arrivano sulle nostre coste o durante le lunghe attese nei punti di frontiera, si vedono persone improvvisare partite di backgammon.

Una partita di backgammon può rappresentare una metafora della vita poiché serve bravura e fortuna. Un po’ come nel calcio dove basta anche solo un tiro in porta per vincere una partita, pur se la squadra che perde si era mostrata sul campo più forte delle sua avversaria. Quindi anche se è un gioco che necessita dell’applicazione di una strategia, che richiede intuizione e creatività, è un gioco che si fonda sulla probabilità e non sulla certezza che agendo in una determinata maniera si vincerà la partita. Naturalmente la fortuna va cercata con l’allenamento, perché è vero che il giocatore migliore può perdere una partita ma, se non perde la fiducia in se stesso, su una serie di partita la sua competenza lo premierà con il successo sugli avversari.

Chi è curioso e vuole conoscere il backgammon se si trova a Roma dall’11 al 13 settembre potrà andare al  Circolo Antico Tiro a Volo,  dove si svolge l’11° Torneo Roma Open di Backgammon a cui parteciperanno i migliori giocatori del mondo.

La motivazione del giovane atleta tra divertimento, agonismo e competenza

Gli allenatori sono fortemente consapevoli della stretta interazione tra motivazione e apprendimento. La motivazione è però un concetto teorico  che non può essere direttamente osservato e che può` essere  solo ipotizzato sulla base del comportamento degli atleti. In ogni caso,  la conoscenza del processo motivazionale è un fattore cruciale per ogni allenatore, che voglia  insegnare in modo efficace.

 Le motivazioni più importanti riconosciute dai giovani atleti  sono relative a:

  • competenza (imparare e migliorare le proprie abilità sportive)
  • divertimento  (eccitamento, sfida e azione)
  • affiliazione (stare con gli amici e farsi nuovi amici),
  • squadra (essere parte di un gruppo o di una squadra),
  • competere (gareggiare, avere  successo, vincere)
  • forma fisica (sentirsi in forma  o  sentirsi più forti)

Viceversa, le cause principali della diminuzione della motivazione o dell’abbandono della pratica sportiva sono da ascriversi a: mancanza di divertimento,  mancanza  di successo, stress da competizione,  assenza  di appoggio da parte dei genitori, incomprensioni con l’allenatore, noia e incidenti sportivi.

In sintesi sono i tre principali bisogni che l’atleta vuole soddisfare per mezzo dell’attività sportiva:

  •  divertirsi, soddisfa il bisogno di  stimolazione  ed   eccitamento;
  • dimostrare competenza, soddisfa il bisogno di acquisire  abilità e di sentirsi autodeterminati  nelle  attività  svolte
  • stare con gli altri, soddisfa il bisogno di  affiliazione con gli altri e di stare in gruppo.

Con riferimento al bisogno di stimolazione si può affermare che:

  •  Il successo va costruito calibrando il programma  da svolgere con le abilità e l’età dell’atleta.
  • L’allenamento deve essere mantenuto stimolante e  vario.
  • Ogni atleta deve essere attivo; non bisogna  lasciare agli atleti il tempo di annoiarsi.
  • Durante l’allenamento è necessario fornire agli  atleti l’opportunità di svolgere esercizi stimolanti.
  • Bisogna insegnare agli atleti a identificare obiettivi realistici.
  • Durante l’allenamento è utile stabilire dei  momenti in  cui  gli atleti si esercitano senza  essere  valutati dall’allenatore.

Per quanto riguarda il bisogno di competenza, è compito  dell’allenatore stimolare sia il bambino che il giocatore evoluto non solo ad imparare specifiche  tecniche sportive ma, anche, a sviluppare  il desiderio di progredire e  la  curiosità verso se stessi e l’ambiente in cui agiscono.

A tale proposito l’allenatore dovrà rammentare che:

  • Obiettivi specifici, difficili e  che  rappresentano una  sfida sono più efficaci di obiettivi specifici  ma facili,  di  obiettivi  definiti in termini di fai-del-tuo-meglio  e  di   non-obiettivi.
  • Gli atleti devono possedere un numero sufficiente  di abilità per raggiungere i loro obiettivi.
  • Gli obiettivi sono più efficaci quando sono definiti in  termini comportamentali, specifici  e  quantitativi, rispetto a quando sono definiti in maniera vaga.
  • Vanno definiti obiettivi intermedi che devono interagire con quelli a lungo termine.

Quanto al Bisogno di affiliazione esso si fonda sull’esigenza di appartenere  ad un gruppo e di esserne accettati,  stabilendo così con gli altri membri della squadra rapporti  significativi. Soddisfacendo il bisogno di  affiliazione  e di stima, l’atleta sperimenta  maggiore  fiducia verso  se stesso e maggior controllo nei riguardi  delle situazioni che si presentano. In effetti ogni atleta  e allenatore sa per esperienza che quando vi sono fra loro problemi  di comunicazione è difficile seguire il  programma di allenamento che è stato prefissato.

I punti chiave per soddisfare  il bisogno di affiliazione e di stima  degli  atleti possono essere così riassunti:

  •  Ascoltare le richieste degli atleti.
  • Comprendere i bisogni espressi, orientandoli  all’interno del programma annuale di allenamento.
  • Stabilire il ruolo di ogni atleta, definendo per ciascuno obiettivi realistici.
  • Riconoscere apertamente l’impegno posto nel  collaborare a obiettivi di gruppo.
  • Insegnare ai giocatori a correggersi reciprocamente.
  • Fornire istruzioni tecniche e incoraggiare  l’impegno personale.
  • Ridurre lo stress agonistico rinforzando l’importanza di gareggiare  dando il meglio di sé e riducendo l’importanza  attribuita al risultato.

In altri termini, l’allenatore per sviluppare nei suoi atleti i il senso di appartenenza a quel particolare gruppo, deve mostrarsi credibile e costante nei suoi atteggiamenti e comportamenti.

Per essere  credibili  bisogna essere sinceri con tutti i propri atleti: giovani  e adulti,  esperti e meno esperti, titolari e riserve. A  tale proposito è necessario:

  •  Condividere con gli atleti il programma tecnico, evidenziando le loro abilità e le aree da migliorare.
  • Spiegare le ragioni di tecniche e strategie:  saranno così ricordate meglio.
  • Non far promesse, personalmente o indirettamente, che si potrebbe non riuscire a mantenere.
  • Rispondere alle domande con competenza, sincerità, sensibilità.
  • Evitare di pronunciare frasi che potrebbero ledere la stima dell’atleta (es: “Non farai mai parte del gruppo dei migliori). Come indicazione ci si chieda: “Se fossi  l’atleta, vorrei sentirmi dire questo dall’allenatore?”.

Lo sport eretico

Lo sport eretico riguarda quel tipo di prestazioni che non vedremo mai alle olimpiadi ma che richiedono un analogo livello di ratabilità e di dedizione da parte di chi le pratica. Guarda questo video.

Come motivare gli atleti è un tema sempre di attualità per gli allenatori

Tutti gli allenatori sono fortemente consapevoli della stretta interazione tra motivazione e apprendimento. La motivazione è però un concetto teorico  che non può essere direttamente osservato e che può` essere  solo ipotizzato sulla base del comportamento degli atleti. In ogni caso,  la conoscenza del processo motivazionale è un fattore cruciale per ogni allenatore, che voglia  insegnare in modo efficace.

Le motivazioni più importanti riconosciute dai giovani atleti  sono relative a:

  1. competenza (imparare e migliorare le proprie abilità sportive),
  2. divertimento  (eccitamento, sfida e azione)
  3. affiliazione (stare con gli amici e farsi nuovi amici),
  4. squadra (essere parte di un gruppo o di una squadra),
  5. competere (gareggiare, avere  successo, vincere)
  6. forma fisica (sentirsi in forma  o  sentirsi più forti)

Viceversa, le cause principali della diminuzione della motivazione o dell’abbandono della pratica sportiva sono da ascriversi a: mancanza di divertimento,  mancanza  di successo, stress da competizione,  assenza  di appoggio da parte dei genitori, incomprensioni con l’allenatore, noia e incidenti sportivi.

In sintesi sono i tre principali bisogni che l’atleta vuole soddisfare per mezzo dell’attività sportiva:

  1. divertirsi, soddisfa il bisogno di  stimolazione  ed   eccitamento,
  2. dimostrare competenza, soddisfa il bisogno di acquisire  abilità e di sentirsi autodeterminati  nelle  attività  svolta,
  3. stare con gli altri, soddisfa il bisogno di  affiliazione con gli altri e di stare in gruppo.

Con riferimento al bisogno di stimolazione si può affermare che:

  1. Il successo va costruito calibrando il programma  da svolgere con le abilità e l’età dell’atleta.
  2. L’allenamento deve essere mantenuto stimolante e  vario.
  3. Ogni atleta deve essere attivo; non bisogna  lasciare agli atleti il tempo di annoiarsi.
  4. Durante l’allenamento è necessario fornire agli  atleti l’opportunità di svolgere esercizi stimolanti.
  5. Bisogna insegnare agli atleti a identificare obiettivi realistici.
  6. Durante l’allenamento è utile stabilire dei  momenti in  cui  gli atleti si esercitano senza  essere  valutati dall’allenatore.

Per quanto riguarda il bisogno di competenza, è compito  dell’allenatore stimolare sia il bambino che il giocatore evoluto non solo ad imparare specifiche  tecniche sportive ma, anche, a sviluppare  il desiderio di progredire e  la  curiosità verso se stessi e l’ambiente in cui agiscono.

A tale proposito l’allenatore dovrà rammentare che:

  1.  Obiettivi specifici, difficili e  che  rappresentano una  sfida sono più efficaci di obiettivi specifici  ma facili,  di  obiettivi  definiti in termini di fai-del-tuo-meglio  e  di   non-obiettivi.
  2. Gli atleti devono possedere un numero sufficiente  di abilità per raggiungere i loro obiettivi.
  3. Gli obiettivi sono più efficaci quando sono definiti in  termini comportamentali, specifici  e  quantitativi, rispetto a quando sono definiti in maniera vaga.
  4. Vanno definiti obiettivi intermedi che devono interagire con quelli a lungo termine.

Quanto al Bisogno di affiliazione esso si fonda sull’esigenza di appartenere  ad un gruppo e di esserne accettati,  stabilendo così con gli altri membri della squadra rapporti  significativi. Soddisfacendo il bisogno di  affiliazione  e di stima, l’atleta sperimenta  maggiore  fiducia verso  se stesso e maggior controllo nei riguardi  delle situazioni che si presentano. In effetti ogni atleta  e allenatore sa per esperienza che quando vi sono fra loro problemi  di comunicazione è difficile seguire il  programma di allenamento che è stato prefissato.

I punti chiave per soddisfare  il bisogno di affiliazione e di stima  degli  atleti possono essere così riassunti:

  1. Ascoltare le richieste degli atleti.
  2. Comprendere i bisogni espressi, orientandoli  all’interno del programma annuale di allenamento.
  3. Stabilire il ruolo di ogni atleta, definendo per ciascuno obiettivi realistici.
  4. Riconoscere apertamente l’impegno posto nel  collaborare a obiettivi di gruppo.
  5. Insegnare ai giocatori a correggersi reciprocamente.
  6. Fornire istruzioni tecniche e incoraggiare  l’impegno personale.
  7. Ridurre lo stress agonistico rinforzando l’importanza di gareggiare  dando il meglio di sé e riducendo l’importanza  attribuita al risultato.

In altri termini, l’allenatore per sviluppare nei suoi atleti i il senso di appartenenza a quel particolare gruppo, deve mostrarsi credibile e costante nei suoi atteggiamenti e comportamenti.

Per essere  credibili  bisogna essere sinceri con tutti i propri atleti: giovani  e adulti,  esperti e meno esperti, titolari e riserve. A  tale proposito è necessario:

  1. Condividere con gli atleti il programma tecnico, evidenziando le loro abilità e le aree da migliorare.
  2. Spiegare le ragioni di tecniche e strategie:  saranno così ricordate meglio.
  3. Non far promesse, personalmente o indirettamente, che si potrebbe non riuscire a mantenere.
  4. Rispondere alle domande con competenza, sincerità, sensibilità.
  5. Evitare di pronunciare frasi che potrebbero ledere la stima dell’atleta (es: “Non farai mai parte del gruppo dei migliori). Come indicazione ci si chieda: “Se fossi  l’atleta, vorrei sentirmi dire questo dall’allenatore?”.

Le frasi che contano

Josefa Idem è un mito e una leggenda dello sport mondiale. E questo senza retorica. Questa è una delle frasi di sport più belle che abbia mai letto alla domanda “Si vince con lo spirito?” “Serve ma non basta, il resto è soprattutto fatica. E’ l’altro messaggio che mi onoro di potere diffondere: noi siamo orgogliosi di svolgere bene il nostro lavoro. Ecco, penso che oggi ci sia una mancanza di filosofia del fare al meglio le cose, si sia persa quella fierezza della competenza e dell’impegno di una volta. Inutile rassegnarsi alla crisi economica, meglio attrezzarsi e diventare più bravi degli altri. Etica del lavoro, dico troppo?” (Dall’intervista di A.Retico, la Repubblica, 22/08/2011)

Precarietà e competenza

Il lavoro precario di cui ancora oggi sui quotidiani si parla molto, non solo è un dramma perchè obbliga i giovani a continuare a dipendere dalle famiglie e a continuare a vivere insieme ai genitori ancora a 30 anni. Voglio infatti sottolineare un aspetto di cui poco si parla e che ha a che fare con ciò di cui mi occuppo e cioè il miglioramento delle prestazioni. Oggi sappiamo bene come si diventa esperti nello sport come nel lavoro, nelle arti o nell’artigianato. E’ ormai consolidata e dimostrata l’idea che la maestria è un processo a lungo termine e per meglio definirlo è stata coniata la regola dei 10 anni e  10.000 ore necessari per potere essere definiti “esperti”. La precarietà di cui soffrono in particolare i giovani italiani rispetto a molti coetanei europei mina proprio questo processo: non solo non guadagnano in maniera dignitosa ma i continui e ripetuti periodi di interruzione tra i lavori impediscono  di sviluppare le competenze necessarie, per cui rischiano seriamente di non diventare mai competitivi perchè non avranno lavorato per un tempo sufficiente. Sembra un aspetto secondario ma non lo è, poichè il laureato non potrà mai esercitarsi a diventare esperto, forse lo sarà nel cercare il lavoro ma non in quello per cui ha studiato. Inoltre, dato che in Italia si trova lavoro solo per conoscenze familiari, questo approccio rappresenta un limite non solo per chi non le ha (!) ma anche per chi ottiene il lavoro poichè sa benissimo che sapere lavorare non è il fattore su cui sarà valutato, perchè l’unica competenza richiesta sarà quella del conformismo mentale.