Archivio mensile per maggio, 2022

Sei fiducioso delle tue competenze agonistiche?

Nello sport un pensiero degli atleti che dimostra la loro insicurezza è quando dicono che il loro avversario è più forte e, in tal modo, prima della gara stanno già preparandosi a spiegare perchè hanno perso: “è più forte”. Se poi trovano un ambiente sportivo e familiare che li giustifica affermando a loro volta: “E’ stato proprio sfortunato a gareggiare con un avversario così superiore”.

Dal punto di vista logico sono ragionamenti ingiustificabili, che delineano il profilo di una vittima e di un carnefice e non di una competizione fra due atleti.

Le classifiche sono un artificio per identificare la posizione di ognuno all’interno del proprio sport. E’ certamente vero che i migliori atleti sono posizionati nella parte alta della ranking. Tuttavia è anche vero che in ogni competizione è il campo che definisce i migliori. Chi si sofferma sul ranking è probabile che perda se non è il migliore. Chi, invece, attribuisce importanza alla gara è più probabile che giocherà al suo meglio, aumentando così in modo evidente la possibilità di vincere.

Tu da quale parte vuoi stare?

 

La gestione delle emozioni è un apprendimento indispensabile

Ho sempre pensato che l’abilità principale che una persona deve possedere riguarda il controllo delle emozioni. Un autocontrollo positivo e non creatore di ulteriori tensioni mentali e fisiche. Per raggiungere questo obiettivo ho orientato la mia vita allo studio delle emozioni, tanto che a 24 anni ho tenuto il mio primo seminario all’università proprio sulla psicofisiologia delle emozioni. Nel contempo avevo iniziato un lungo percorso psicoterapeutico durato 7 anni. E nel contempo dopo avere condotto una tesi sperimentale sulla regressione ipnotica di età, ho imparato gli esercizi del training autogeno e di meditazione, che a distanza di molti anni continuo a praticare.

Molto del lavoro che svolgo con gli atleti si fonda su questi temi e sull’educarli a gestire gli stress della loro vita quotidiana. Oggi, a mio avviso, c’è la tendenza a banalizzare questo lavoro su di sé. La cosa peggiore è pensare che si tratta d’imparare a fare degli esercizi, come se la meditazione o la concentrazione fossero raggiunte  semplicemente tramite l’apprendimento di tecniche psicologiche.

Non è così. Sono insegnamenti che per essere utili a migliorare la vita sportiva degli atleti devono essere vissuti come profondi cambiamenti esistenziali. Sun Tzu ha scritto una frase che a me piace molto e che sintetizza bene cosa intendo dire:

“Attraverso l’ordine affrontare il disordine; attraverso il silenzio, affrontare il clamore: è questo il metodo per controllare la prontezza mentale. Trasformare la distanza in vicinanza; il disagio, in comodità; la fame, in sazietà: è questo il metodo per controllare il vigore”.

Quindi, bisogna ricercare dentro di noi cosa ci limita o ci dà fastidio o non ci permette di migliorare le nostre performance agonistiche. Se abbiamo disordine nella mente, dobbiamo capire che dobbiamo ricercare l’ordine. Solo a questo punto intervengono le tecniche psicologiche che sono gli strumenti di cui possiamo servirci per raggiungere questo obiettivo. Prima però dobbiamo avere capito cosa ci limita. Spesso agli atleti non piace gareggiare su un determinato campo o contro un avversario, o comunque in determinate situazioni di gara si trovano scomodi. Con questa consapevolezza ci si deve allenare a stare comodi nelle situazioni scomode.

Con questo breve blog spero di essere riuscito a spiegare cosa intendo per preparazione mentale alla gara.

L’umiltà della leadership di Carlo Ancelotti

In questi giorni si parla molto dello stile di leadership di Carlo Ancelotti e di come lui e la squadra, il Real Madrid, siano giunti a questa ulteriore vittoria in Champions. Non erano partiti bene a inizio anno, perdendo contro lo Sheriff ma poi strada facendo, da sfavoriti hanno sconfitto il Chelsea, il PSG, il Manchester City e il Liverpool. Lui stesso ha dichiarato di avere detto al presidente del Real Madrid, quasi scherzando, che avrebbero vinto Liga e Champions. Tuttavia è proprio ciò che è accaduto. Paolo Condò ha scritto che una spiegazione risiede nell’umiltà che ha mostrato facendo giocare la squadra con una difesa bassa contro il Liverpool, impedendo così le sfuriate di cui è famosa la squadra inglese. L’umiltà non è certo una dimensione psicologica della leadership così ben riconosciuta e apprezzata nello sport, ancor più quando si è alla guida del Real Madrid.

Infatti, abitualmente i modelli tradizionali di leadership pongono il leader in cima alla piramide e pretendono che i subordinati seguano le sue direttive. Il leader che lavora al servizio della squadra, invece, capovolge la piramide e si colloca alla base della gerarchia. In un ambiente di questo tipo ai giocatori vengono fornite chiare descrizioni del lavoro del loro ruolo e il compito del leader è di “servire” o di aiutarli  a svolgere questi compiti. Questa struttura non implica che le norme diventino permissive o che i leader siano i giocatori. Al contrario, sono responsabili dell’esecuzione efficace dei loro ruoli. Il risultato finale, è un ambiente di lavoro in cui si coltivano le relazioni, si valorizzano tutti, si rispettano gli standard e si aumenta la produttività di squadra. È importante sottolineare che l’umiltà intellettuale, mostrata da Ancelotti, è un modo di mantenere le proprie convinzioni con un atteggiamento di studio verso il prossimo avversario e di rispetto dei punti di vista dei giocatori. Si attenuano, inoltre, gli effetti negativi del narcisismo del leader e si promuove l’impegno e il coinvolgimento attivo dei calciatori.

Carlo Ancelotti è un allenatore che ha vinto in ogni squadra europea che ha guidato, servendosi di questo approccio centrato sul coinvolgimento di tutto l’ambiente e alla cura delle relazioni interpersonali. In tal modo, esalta e continuamente alimenta i valori del gruppo, intesi come principi e identità del Club, coesione di squadra e senso di responsabilità dei calciatori e dello staff. Le sue parole chiave sono: educare, ambiente, spirito, responsabilità, tradizione Club, identità, rapporti, lavorare e competere.

Questo stile di lavoro non per lui una novità lo aveva già stato ben descritto 10 anni fa nel suo libro intitolato Il mio albero di Natale:

  1. Educare la squadra a perseguire la vittoria attraverso un gioco offensivo e creativo
  2. Favorire lo sviluppo di un ambiente di lavoro positivo
  3. Costruire un forte spirito di squadra stimolando una grande capacità di sacrificio e un impegno reciproco
  4. Favorire in ogni singolo il senso di responsabilità (valutato sulla base delle sue azioni e dei suoi comportamenti)
  5. Proteggere la tradizione e i principi del Club
  6. Lavorare per dare continuità ai successi del Club
  7. Competere per tutti i più grandi trofei
  8. Costruire una chiara identità e uno stile di gioco che tengano conto della tradizione del Club
  9. Costruire buoni rapporti tra i vari team di lavoro

 

Cambiare

(Foto di Akil Mazumder)

Quanti sono gli italiani che leggono e chi sono?

I dati ISTAT del 2020 aiutano a costruire una fotografia della situazione.

  1. I lettori sono in calo dal 2010, nel 2020 solo il 41,4% della popolazione ha letto almeno un libro nell’ultimo anno.
  2. La popolazione femminile mostra una maggiore propensione alla lettura già a partire dai 6 anni di età: complessivamente il 47,1% delle donne, contro il 33,5% degli uomini, ha letto almeno un libro nel corso dell’anno.
  3. Leggono di più i giovani tra gli 11 e 14 anni (58,6%) rispetto a tutte le altre classi di età.
  4. Leggono di più le donne (46,4%) rispetto agli uomini (36,1%).
  5. Il pubblico più affezionato alla lettura è rappresentato dalle ragazze tra gli 11 e i 24 anni (oltre il 60% ha letto almeno un libro nell’anno). La quota di lettrici scende sotto la media nazionale dopo i 60 anni, mentre per i maschi è sempre inferiore al 50% tranne che per i ragazzi tra gli 11 e i 14 anni di poco superiore.
  6. La lettura è legata al livello di istruzione: legge il 72,8% dei laureati, il 49,1% dei diplomati e solo il 26,8% tra chi possiede la licenza elementare.
  7. Persistono i divari territoriali: legge meno di una persona su tre nelle regioni del Sud (29,2%) mentre in quelle del Nord-est si raggiunge la percentuale più elevata (44,3%) e nel Nord-ovest il 48,5 e il 44,3% nel Centro.
  8. Meno della metà dei lettori (44,6%) dichiara di aver letto al più tre libri nei 12 mesi precedenti l’intervista; sono i così detti “lettori deboli” tra i quali si ritrovano poco meno della metà dei lettori maschi (48,5%) e delle persone tra 11 e 14 anni (47,2%). Il 15,2% si annovera tra i “lettori forti” (con almeno 12 libri letti nell’ultimo anno). La maggiore propensione delle donne alla lettura si ritrova anche nell’intensità della lettura: il 16,7% dichiara di leggere in media un libro al mese contro il 13,3% degli uomini.
  9. Nel 2016 circa una famiglia su dieci non aveva alcun libro in casa, dato ormai costante da quasi un ventennio.
  10. Tra chi ha entrambi i genitori lettori è pari al 78,1% la quota di ragazzi di 6-18 anni che legge; si attesta al 64,5% se è solo la madre ad avere l’abitudine alla lettura e al 63,8% se è solo il padre. La percentuale di lettori di 6-18 anni scende, invece, al 36,3% se entrambi i genitori non sono lettori di libri.

Ricordiamoci perchè leggere è importante

Se vuoi che i tuoi figli siano intelligenti, leggi loro delle fiabe. Se vuoi che siano più intelligenti, leggi loro più fiabe” (Albert Einstein).

Leggere aiuta il cervello a conservare le informazioni e allena anche le abilità cognitive: migliora le capacità attentive e la concentrazione. Al giorno d’oggi, la velocità con cui arrivano gli stimoli legati alla tecnologia al nostro cervello, i numerosi input anche in parallelo, l’assenza del concetto e della capacità di attendere a discapito dell’immediatezza, stanno andando ad intaccare le nostre capacità attentive che si stanno riducendo drasticamente e si stanno adattando all’ambiente in cui viviamo, sempre più smart. La lettura può essere un’attività che aiuta a contrastare o contenere questo processo. In un’epoca in cui siamo sempre più “smemorati” in quanto deleghiamo tutti i nostri ricordi e tutto ciò che non ci dovremmo dimenticare al telefonino, leggere aiuta a favorire i processi legati alla memoria, a ricordare e a richiamare i contenuti che abbiamo acquisito attraverso la lettura e ad apprendere nuovi vocaboli.

Leggere migliora anche la nostra intelligenza emotiva: aiuta a comprendere che esiste un altro diverso da noi e sviluppa o incrementa la capacità di immedesimarsi nell’altro e di capire che non esiste solo il proprio punto di vista. Chi legge quindi, attiva un processo di mentalizzazione che lo porta a comprendere le intenzioni, gli obiettivi, le emozioni e altri stati mentali dei personaggi che vengono narrati nel racconto. In effetti, una storia narrata è un insieme di rappresentazioni di eventi e personaggi. Leggere è anche un’attività che arricchisce anche la proprietà di linguaggio e la costruzione narrativa.

Tantissimi autori concordano sul fatto che la lettura per e con i bambini sia una pratica fondamentale non solo per lo sviluppo ma anche per la condivisione di emozioni con i genitori, di opinioni, di interscambio reciproco e di insegnamento: favorisce la creazione di un legame affettivo o il suo rinforzo. Non significa che il digitale vada eliminato dalla vita dei bambini e degli adolescenti, significa che gli input provenienti dalla tecnologia attivano reti neurali diverse e che quindi, in un mondo in cui non si può più prescindere dall’evoluzione tecnologica, dobbiamo creare un equilibrio tra le due parti. Non ci dobbiamo dimenticare che leggere allena anche le funzioni cerebrali che stimolano un pensiero critico e riflessivo e quindi favorisce un’autonomia da un punto di vista psicologico.

Si deve educare anche alla lettura

Per queste ragioni è fondamentale educare alla lettura facendo arrivare ai bambini la magia nascosta nel leggere un libro. Si deve leggere in classe, portarli man mano a farlo non per obbligo scolastico ma per piacere anche di condivisione con gli adulti e con i compagni. Per stimolare gli adolescenti, invece, è importante incuriosirli, loro amano leggersi e questo lo dimostrano per esempio la viralità che acquisiscono i libri – e spesso le rispettive serie in streaming- nei quali si rivedono e si riconoscono.

Il problema è che oggi anche tanti adulti non danno più il buon esempio perché relegano la lettura ad una attività più marginale o secondaria rispetto a tutti gli altri impegni: c’è troppa fretta e troppo poco tempo per dedicarsi ad un libro, dimenticandosi che per i bambini è più importante l’esempio delle parole.

Nadal mindset

Nadal mindset

1 “Perdere non è il mio nemico, la paura di perdere è il mio nemico” .

2. “Il successo non è la vittoria, ma tutto ciò per cui hai lottato.”

3. “Ammiro la mentalità nello sport più dell’aspetto fisico perché la prestazione fisica è molto più facile da praticare che mentale”.

4. “Le cose non cambiano da sole, devi farle cambiare.”

5. “Quando vuoi qualcosa con abbastanza intensità, nessun sacrificio è troppo grande.”

6.”Lavori mentalmente quando esci in campo tutti i giorni e non ti lamenti. Quando giochi male hai problemi o soffri… Metti l’atteggiamento giusto, la faccia giusta e non ti senti negativo nonostante problemi che ti stanno accadendo”.

7. “La famiglia è molto importante, mi fanno stare bene ogni giorno, perché se ho vinto, quando ho iniziato a diventare famoso, il rapporto con i miei amici e la mia famiglia non è cambiato”.

(Frasi raccolte da Lluis Crespo Casado)

8. “Sostenere significa accettare. Accetta le cose come sono e non come vorresti che fossero, e poi guarda avanti, non indietro”.

9. “Ci sono momenti in cui le cose vanno bene e altri in cui non vanno così bene. La sconfitta e la vittoria fanno parte della nostra vita. Ci conviviamo quotidianamente e dobbiamo accettare entrambe le cose allo stesso modo”.

10. “Realizzare ciò che hai sognato ti rende felice, ma soprattutto ti rende felice ricordare lo sforzo impiegato per raggiungerlo”.

Perchè è necessario leggere i libri

Il 23 aprile è la data scelta dall’UNESCO per celebrare il libro, infatti coincide con il giorno di morte, nel 1616, di tre scrittori pilastri della cultura universale: Miguel de Cervantes, William Shakespeare  e il poeta spagnolo Garciloso de la Vega.

Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è un’immortalità all’indietro”

Così scriveva Umberto Eco ed è una frase che racchiude il senso della lettura. Perchè leggere significa entrare nella vita di altri, immedesimarsi, scoprire e conoscere. Ridere e piangere attraverso gli occhi di quei personaggi che hanno vissuto in un’altra epoca, in un altro mondo. Ma significa anche ritrovarsi e riconoscersi in storie e racconti. Significa soprattutto conoscere e imparare.

Susanna Tamaro ha scritto

“Leggere, in fondo, non vuol dire altro che creare un piccolo giardino all’interno della nostra memoria. Ogni libro porta qualche elemento, un’aiuola, un viale, una panchina sulla quale riposarsi quando si è stanchi. Anno dopo anno, lettura dopo lettura, il giardino si trasforma in parco e, in questo parco, può capitare di trovarci qualcun altro”

Ogni anno a questa giornata viene designata una capitale mondiale. Quest’anno la scelta è ricaduta su una città malese, Kuala Lampur, che si è impegnata fortemente per rendere la cultura un bene di tutti i cittadini, accessibile come l’acqua potabile.

L’emergenza sanitaria, le restrizioni e il lockdown hanno incentivato ancora di più la lettura. Tanti libri sono stati ripresi dagli scaffali e riletti in quei giorni in cui ognuno è stato costretto a restare a casa. Tanti libri cartacei e tanti altri digitali. Secondo i dati restano sempre i cartacei, però quelli preferiti dagli italiani che per  l’89,83% li preferiscono agli ebook.

Poter sfogliare le pagine di un testo, sottolineare o semplicemente sentire l’odore dei fogli per molti, incentiva di più la lettura. Il profumo irrinunciabile della carta e il piacere nello sfogliare fisicamente le pagine sono essi stessi parte integranti dell’atto di leggere.

“Leggere molto è uno dei cammini che conducono all’originalità; uno è tanto più originale e peculiare quanto più conosce ciò che gli altri hanno detto”. Miguel de Unamuno

Iga Swiatek mindset

Iga Swiatek, n.1 del tennis, 20 anni, imbattuta da febbraio, ha dichiarato:

“Ricordo quando riuscivo a concentrarmi solo per 40 minuti e improvvisamente la mia testa diventava come quella di un piccione … Guardavo ovunque, ma non dove avrei dovuto guardare”. Possiamo considerare questo come il punto di partenza da cui è partita per migliorare e diventare una campionessa.

E’ molto importante per lei di non bruciarsi: “Devi ricordare a te stessa che vuoi farlo per molti anni in tour”.

Swiatek,  si autodefinisce perfezionista, e insieme al suo team è consapevole che questo atteggiamento è certamente utile ma può anche diventare molto dannoso. La perfezione non esiste e con questo approccio si rischia di incolparsi per ogni errore che si commette e distruggere il proprio tennis.

Per questa ragione ha iniziato a lavorare mentalmente con la psicologa Daria Abramowicz, che la segue a tempo pieno, poiché la psicologia dello sport è più efficace se applicata durante la quotidianità e non durante le visite nello studio di Varsavia. “Per me è molto, molto più facile fidarmi di qualcuno che mi sta vicino tutto il tempo”.

Uno suo obiettivo importante è mantenere un equilibrio tra lavoro e vita privata. Per questa ragione ha ridotto le partite di doppio e si concede più tempo per il turismo nelle città che visita.

La sua routine è il suo sistema di supporto. “Non importa quanta tempesta ci sia intorno, c’è sempre un occhio del ciclone che deve essere calmo; questo nucleo che deve essere sempre lo stesso”.

Si serve anche di esercizi di visualizzazione e respirazione, che esegue durante i cambi con un asciugamano sulla testa.

Per il suo 20° compleanno, il suo team le ha regalato 20 libri, tutti in polacco, e gli argomenti dei 20 libri variano molto: da libri sul talento a i classici della letteratura. “A volte mi sento strana quando non leggo per qualche giorno. Lo vivo come un segnale che non ho l’equilibrio che dovrei avere nella mia vita”.

Swiatek analizza le sconfitte per imparare dai suoi errori. Ha insistito per guardare anche le vittorie per concentrarsi sui suoi punti di forza. “Questo tipo di atteggiamento mi ha aiutato a credere di poter essere più aggressiva in campo e a sfruttare i miei punti di forza”.

La motivazione del giovane atleta tra divertimento, agonismo e competenza

Tutti gli allenatori sono fortemente consapevoli della stretta interazione tra motivazione e apprendimento. La motivazione è però un concetto teorico  che non può essere direttamente osservato e che può` essere  solo ipotizzato sulla base del comportamento degli atleti. In ogni caso,  la conoscenza del processo motivazionale è un fattore cruciale per ogni allenatore, che voglia  insegnare in modo efficace.

Le motivazioni più importanti riconosciute dai giovani atleti  sono relative a:

  1. competenza (imparare e migliorare le proprie abilità sportive),
  2. divertimento  (eccitamento, sfida e azione)
  3. affiliazione (stare con gli amici e farsi nuovi amici),
  4. squadra (essere parte di un gruppo o di una squadra),
  5. competere (gareggiare, avere  successo, vincere)
  6. forma fisica (sentirsi in forma  o  sentirsi più forti)

Viceversa, le cause principali della diminuzione della motivazione o dell’abbandono della pratica sportiva sono da ascriversi a: mancanza di divertimento,  mancanza  di successo, stress da competizione,  assenza  di appoggio da parte dei genitori, incomprensioni con l’allenatore, noia e incidenti sportivi.

In sintesi sono i tre principali bisogni che l’atleta vuole soddisfare per mezzo dell’attività sportiva:

  1.  divertirsi, soddisfa il bisogno di  stimolazione  ed   eccitamento;
  2. dimostrare competenza, soddisfa il bisogno di acquisire  abilità e di sentirsi autodeterminati  nelle  attività  svolte
  3. stare con gli altri, soddisfa il bisogno di  affiliazione con gli altri e di stare in gruppo.

Con riferimento al bisogno di stimolazione si può affermare che:

  1.  Il successo va costruito calibrando il programma  da svolgere con le abilità e l’età dell’atleta.
  2. L’allenamento deve essere mantenuto stimolante e  vario.
  3. Ogni atleta deve essere attivo; non bisogna  lasciare agli atleti il tempo di annoiarsi.
  4. Durante l’allenamento è necessario fornire agli  atleti l’opportunità di svolgere esercizi stimolanti.
  5. Bisogna insegnare agli atleti a identificare obiettivi realistici.
  6. Durante l’allenamento è utile stabilire dei  momenti in  cui  gli atleti si esercitano senza  essere  valutati dall’allenatore.

Per quanto riguarda il bisogno di competenza, è compito  dell’allenatore stimolare sia il bambino che il giocatore evoluto non solo ad imparare specifiche  tecniche sportive ma, anche, a sviluppare  il desiderio di progredire e  la curiosità verso se stessi e l’ambiente in cui agiscono.

A tale proposito l’allenatore dovrà rammentare che:

  1. Obiettivi specifici, difficili e  che  rappresentano una  sfida sono più efficaci di obiettivi specifici  ma facili,  di  obiettivi definiti in termini di fai-del-tuo-meglio  e  di   non-obiettivi.
  2. Gli atleti devono possedere un numero sufficiente  di abilità per raggiungere i loro obiettivi.
  3. Gli obiettivi sono più efficaci quando sono definiti in  termini comportamentali, specifici  e  quantitativi, rispetto a quando sono definiti in maniera vaga.
  4. Vanno definiti obiettivi intermedi che devono interagire con quelli a lungo termine.

Quanto al bisogno di affiliazione esso si fonda sull’esigenza di appartenere  ad un gruppo e di esserne accettati, stabilendo così con gli altri membri della squadra rapporti  significativi. Soddisfacendo il bisogno di  affiliazione  e di stima, l’atleta sperimenta  maggiore  fiducia verso  se stesso e maggior controllo nei riguardi  delle situazioni che si presentano. In effetti ogni atleta  e allenatore sa per esperienza che quando vi sono fra loro problemi  di comunicazione è difficile seguire il  programma di allenamento che è stato prefissato.

I punti chiave per soddisfare  il bisogno di affiliazione e di stima  degli  atleti possono essere così riassunti:

  1. Ascoltare le richieste degli atleti.
  2. Comprendere i bisogni espressi, orientandoli  all’interno del programma annuale di allenamento.
  3. Stabilire il ruolo di ogni atleta, definendo per ciascuno obiettivi realistici.
  4. Riconoscere apertamente l’impegno posto nel  collaborare a obiettivi di gruppo.
  5. Insegnare ai giocatori a correggersi reciprocamente.
  6. Fornire istruzioni tecniche e incoraggiare  l’impegno personale.
  7. Ridurre lo stress agonistico rinforzando l’importanza di gareggiare  dando il meglio di sé e riducendo l’importanza attribuita al risultato.

In altri termini, l’allenatore per sviluppare nei suoi atleti i il senso di appartenenza a quel particolare gruppo, deve mostrarsi credibile e costante nei suoi atteggiamenti e comportamenti.

Per essere  credibili  bisogna essere sinceri con i propri atleti: giovani  e adulti,  esperti e meno esperti, titolari e riserve. A  tale proposito è necessario:

Condividere con gli atleti il programma tecnico, evidenziando le loro abilità e le aree da migliorare.

  1. Spiegare le ragioni di tecniche e strategie:  saranno così ricordate meglio.
  2. Non far promesse, personalmente o indirettamente, che si potrebbe non riuscire a mantenere.
  3. Rispondere alle domande con competenza, sincerità, sensibilità.
  4. Evitare di pronunciare frasi che potrebbero ledere la stima dell’atleta (es: “Non farai mai parte del gruppo dei migliori). Come indicazione ci si chieda: “Se fossi  l’atleta, vorrei sentirmi dire questo dall’allenatore?”.