Archivio mensile per novembre, 2013

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Vincere o avere dei dubbi

Vincere è già abbastanza difficile quando credi in te

ma è impossibile quando cominci ad avere dei dubbi.

Il calcio si sviluppa adattandosi alle realtà ambientali in cui viene proposto

A Tehran per il 2nd International Congress in Football and Science alla presenza del presidente della FIFA Blatter e di molti grandi allenatori emerge con chiarezza la necessità che i sistemi di allenamento siano adeguatti alla realtà ambientale e organizzativa nella quale si lavora. Infatti, il principale errore da evitare è di copiare i modelli delle grandi squadre europee perchè le realtà in cui andrebbero a inserirsi sono molto diverse da quelle europee. A tale riguardo è stata ricordata una frase di Velasco che ben descrive l’approccio che gli allenatori e di dirigenti devono avere: “la realtà è quella che è e non quelle che si vorrebbe che fosse”.  Solo partendo da questa impostazione si può essere utili allo sviluppo del calcio in molti paesi dell’Asia.  Per quel che mi riguarda ho tenuto un workshop sul tema “The relation between coaches and players”. Domani altri due intitolati “The mental coaching for football players” e “Improving concentration in football teams”.

Problemi allenatori con atleti sono ovunque gli stessi

I problemi che incontrano gli allenatori sono in tutto il mondo gli stessi. Altro aspetto, rispetto a venti anni fa gli allenatori sono più competenti dal punto di vista psicologico è quindi una sfida maggiore per gli psicologi quella di essere in grado di rappresentare per loro un valore aggiunto. Si rende pertanto sempre più urgente che gli psicologi che vogliono orientarsi professionalmente nello sport siano realmente qualificati. D’altra parte nessuno va da un cardiologo quando gli serve un ortopedico, o da un ingegnere spaziale quando gli serve un ingegnere civile. Lo stesso deve valere per le diverse specialità della psicologia, altrimenti se tutti, solo perchè laureati, possono intervenire in qualsiasi situazione senza conoscerne i tratti distintivi, le necessità e quant’altro, forse allora va anche bene scegliere un motivatore laureato in scienze politiche per lavorare con una squadra.

Per non dimenticare mai la nostra storia

“I miei nonni arrivati in America dalla Sicilia all’inizio del NOvecento erano italiani. I miei genitori nati qui erano italoamericani. Io ero e ancora sono, americano italiano. E anche se so che non dimenticheranno mai le loro origini, le mie figlie sono americane. Con immagini e parole, questo magnifico libro delinea la nostra trasformazione attraverso le generazioni, quella della mia famiglia e di tante altre famiglie, sbarcate su queste rive a centinaia di migliaia per lasciare la loro impronta in questo luogo che chiamiamo America … Quando quelle prime ondate di immigrati arrivarono dall’Italia, ricostruirono il mondo che conoscevano. Crearono un luogo che venne chiamato Little Italy, che possedeva tutta la bellezza e il calore, tutto il dolore e le tensioni interne, del paese che avevano abbandonato. Mentre crescevo, Little Italy costituiva un mondo a sé stante, collocato in un angolino del lower east side di Manhattan – e sono certo che lo stesso può essere detto delle Little Italy in tutto il paese, da Boston a San Diego. Confinava con un altro mondo a sé, Chinatown. Le feste, i rituali, il cibo, le merci, i valori – tutto arrivava dal Sud Italia. Prima che io nascessi, le persone arrivate dallo stesso paese vivevano in un unico edificio e i matrimoni tra uomini e donne di edifici diversi erano una faccenda delicata. La famiglia di mia madre arrivava da Cimmina, la famiglia di mio padre da Polizzi Generosa e si sposarono solo dopo che gli anziani delle due famiglie si riunirono e diedero il loro assenso”. (Dalla prefazione di Martin Scorsese)

Per me, Little Italy sarà sempre "casa"

Il segreto di Nadia Comaneci

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Sappiamo ancora cosa è lo sport per tutti?

Parlando con gli allievi del Corso sul “Valore della differenza nella gestione dell’attività sportiva” mi sto rendendo conto giorno dopo giorno che abbiamo una diversa concezione di cosa sia lo sport per tutti. Anzi per loro è una cosa scontata, che consiste nel potere fare qualsiasi forma di attività fisica o sportiva. Probabilmente hanno ragione, ogni centro sportivo con le sue proposte di attività è un esempio di opportunità per tutti, dal nuoto, alla sala fitness, allo yoga e quant’altro. E lo stesso vale per le centinaia di corse podistiche che ogni fine settimana vengono organizzate nelle nostre città, corse di quartiere, corse per finanziare attività di charity di ogni tipo, maratone come quella di Roma che hanno 40.000 partecipanti e coinvolgono un’intera città. Cosa c’è di più diffuso della corsa che coinvolge decine di migliaia di persone e fornisce opportunità di lavoro per molti. E allora qual è la funzione degli enti di promozione sportiva il cui compito storico è stato di diffondere lo sport per tutti. A parte il termine obsoleto di “ente di promozione sportiva” continuano a essere una costola dei partiti politici? E’ un’idea bassa dello sport quella che ritiene che continui a esserci questa congiunzione fra politica e sport e che non dovrebbe più sussistere nel XXI secolo.

Non è questo il concetto di sport per tutti; certamente avere più palestre, più piscine e in termini globali più luoghi in cui fare del movimento e dello sport è importante ma è solo uno degli aspetti di questa idea di sport. Sport per tutti significa però un’altra cosa: praticarlo nel rispetto del proprio livello di capacità, del tempo dedicato, mantenendo ben presente che è un mezzo per migliorare il proprio benessere fisico, psicologico e interpersonale. Vuol dire porre l’individuo al centro del mondo dello sport e fornirgli opportunità di movimento. L’individuo, bambino, adolescente o adulto, deve essere il nostro interesse e non le sue prestazioni, questo è lo sport per tutti. Quante società sportive hanno questa finalità? La mission delle organizzazioni dello sport per tutti deve essere lo sviluppo e il mantenimento del benessere personale attraverso il movimento.  La ricerca del benessere deve servire ad abbattere la sedentarietà che è una delle principali cause di morte. Come ci ricorda il migliore dirigente dello sport per tutti che abbiamo avuto, Gianmario Missaglia “Viene acquisita dunque, nel 1990, una nozione particolare di sport per tutti: sport per tutti significa per l’UISP sport per ciascuno, sport per tutti significa non solo diritto formale di accesso al campo di gara, ma diritto ad una pratica permanente modellata sul soggetto. Lo sport per tutti è per l’UISP l’esatto contrario dello sport uguale per tutti. E’ solo con questa visione del diritto allo sport che si può affrontare l’irresistibile processo di pluralizzazione delle motivazioni e delle forme della pratica sportiva che abbiamo chiamato sport possibile”.

Pluralizzazione delle pratiche  e sport a misura di ciascuno. Ecco cosa unisce il fitness delle palestre allo sport come forma di inclusione sociale. Chi sta dentro questo flusso, quale sia il suo percorso, è nel grande fiume dello sport per tutti. Non è superiorità nei confronti della pratica dello sport come ricerca dell’eccellenza è semplicemente un’altra cosa, ognuna con la sua dignità e errori. Ciò che deve unire queste due forme di pratica sportiva è l’incontro con l’esigenza che l’attività sia svolta in modo etico, sappiamo che ciò spesso non avviene perchè la cultura della vittoria troppo spesso sovrasta la cultura di vinca il migliore o quella che esalta la partecipazione, l’essere parte parte di una storia, piuttosto che il risultato. La truffa si annida ovunque nello sport agonistico come in quello ricreativo perchè ingannare è parte dell’essere umano.

Nessuno racconta oggi questa storia, è un peccato che si perda, perchè viene a mancare una parte significativa della cultura dello sport italiano.