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Gli spazi per camminare dal 1850 a oggi

Colin Pooley, Walking spaces: Changing pedestrian practices in Britain since c. 1850. Published July 13, 2020 Research Article.

Camminare è una delle forme più sostenibili e salutari di spostamento quotidiano su brevi distanze, ma la pedonalità è diminuita sostanzialmente in quasi tutti i Paesi nell’ultimo secolo. Questo articolo utilizza una combinazione di testimonianze personali e rapporti governativi per esaminare come gli spazi in cui le persone si spostano sono cambiati nel tempo, per tracciare l’impatto che tali cambiamenti hanno avuto sulla mobilità pedonale e per considerare i cambiamenti necessari per rivitalizzare gli spostamenti a piedi come forma comune di spostamento quotidiano. Nel XIX secolo, la maggior parte degli spazi urbani non erano particolarmente favorevoli agli spostamenti a piedi, ma molte persone camminavano perché avevano poche alternative e il numero di pedoni significava che potevano dominare lo spazio urbano. Nel XX secolo, le successive decisioni di pianificazione hanno rimodellato le città facendo apparire gli spostamenti a piedi più difficili e più rischiosi. Il trasporto motorizzato è stato normalizzato e la pedonalità emarginata. Solo un cambiamento radicale potrà invertire questa tendenza.

 

Esistono in lingua italiana diversi libri sull’importanza di camminare ma, a mia conoscenza, nessun articolo scientifico che descriva con chiarezza come sia cambiata questa pratica negli ultimi due secoli in virtù della diffusione del trasporto a motore. Questo articolo inglese ha, invece, questo pregio e per questa ragione mi è sembrato interessante proporlo sul blog.

Psicologia dello sport: conoscere il passato, impostare il futuro

Sta per iniziare il Master di Psicologia dello Sport a Roma. Il primo tema che verrà affrontato riguarda lo sviluppo della psicologia dello sport a partire dalla fondazione dell’International Society of Sport Psychology (ISSP) nel 1965. E’ la storia dei cosiddetti fondatori di questa disciplina nel mondo contemporaneo. Parleremo quindi di Ferruccio Antonelli ma anche di tanti altri studiosi di quei primi anni. E’ un aspetto importante quello che riguarda la conoscenza delle origini della professione nella quale si lavora e che è ignorata dalla maggior parte dei professionisti e ricercatori.

Ma non guarderemo solo al passato ma anche al presente e al futuro. Un tema molto attuale che stanno portando avanti l’ISSP e la Fepsac, l’associazione europea, riguarda la formazione continua degli psicologi. Si stanno definendo quali siano i percorsi non solo formativi ma anche di formazione continua nell’ambito della psicologia dello sport che siano riconosciuti a livello internazionale. La partecipazione a questo movimento mondiale di professionisti diventerà sempre più rilevante e permetterà con più facilità l’accreditamento dei professionisti che hanno svolto percorsi formativi diversi nelle varie nazioni ma uguali in termini di ore di formazione, di supervisione e di mantenimento nel tempo dell’aggiornamento richiesto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

50° Anniversario International Journal of Sport Psychology

In occasione del

50° anniversario dell’International Journal of Sport Psychology – 1970-2020

è uscito il primo numero speciale dedicato a come si è sviluppata la psicologia dello sport. 

Sidonio Serpa, Fabio Lucidi, Alberto Cei

For the second time in its history, the IJSP decided to mark its anniversary. Two special issues celebrate the 50 years of the journal, this being the first one, in a look at the History of sport psychology, while the second mostly looks into the future, identifying some new trends of research, as well as the reorientation of some classic topics according to the Society changes.

The purpose of the current issue is double. On one hand, to preserve the memory of the path taken by sport psychology so far, as well as paying tribute to those who contributed to its development. On the other hand, by reflecting on the History, to understand better the present situation and, thus, working more efficiently for the future applied and scientific developments.

Chi è interessato all’acquisto può scrivere attraverso l’indirizzo di questo blog.

Storia degli inizi della consulenza psicologica nello sport

I primi programmi di consulenza psicologica nell’ambito dello sport possono già essere rintracciati durante gli anni 20 del secolo scorso grazie al lavoro pionieristico di Coleman Griffith negli Stati Uniti e di Avksentii Puni in Unione Sovietica, ma bisogna giungere sino agli anni 70 perché le scienze dello sport siano riconosciute come un ambito conoscitivo in grado di fornire informazioni utili a migliorare l’allenamento e la prestazione sportiva e considerate ,nello stesso tempo, come un ambito di ricerca interessante per il mondo accademico (Weinberg e Gould, 2019; Ryba, Stambulova, e Wrisberg, 2005).

Nello sport di livello assoluto le prime esperienze codificate di preparazione psicologica risalgono al 1962 quando il comitato olimpico giapponese in preparazione delle Olimpiadi di Tokyo istituì al suo interno un settore dedicato ad affrontare la tematica dell’allenamento mentale degli atleti (Tomita, 1975).  La prima massiccia presenza di psicologi ai giochi olimpici si è avuta comunque solo a partire dalle Olimpiadi di Los Angeles dove per il Canada vi parteciperanno ben 20 psicologi dello sport. E’ dal 1988, Olimpiadi di Seul, che la maggior parte dei paesi industrializzati ma anche nazioni in via di sviluppo (Nigeria, Cuba, Colombia, e Algeria) ha iniziato a servirsi in maniera sistematica di servizi di consulenza psicologica (Salmela, 1992).

Inizialmente, a partire dagli anni 60, l’allenamento mentale si è prefigurato come sistema basato sull’uso di tecniche per la gestione dell’ansia agonistica e sull’utilizzo della ripetizione mentale per migliorare la prestazione sportiva. In Nord America i primi programmi sono stati realizzati a partire dal 1971 da Richard Suinn con la squadra di sci alpino, elaborando un programma di preparazione psicologica proprio basato sull’integrazione tra tecniche di rilassamento e d’immaginazione mentale.

In Europa, le ricerche iniziali relative all’allenamento psicologico sono state condotte, così come in Nord America, sul ruolo della ripetizione mentale a opera degli studiosi tedeschi, dandogli il nome però di allenamento ideomotorio, ed evidenziando che nella regolazione psicologica dell’azione sportiva questo tipo di attività svolge tre funzioni (Frester, 1985). La prima è una funzione programmante l’azione motoria che si manifesta attraverso le ripetizioni effettuate; la seconda è rappresentata dalla funzione allenante, poiché favorisce il processo di perfezionamento e stabilizzazione della prestazione; la terza è la funzione regolante che favorisce il processo di controllo e correzione dell’azione motoria. Viene riconosciuto, analogamente a quanto proposto da Suinn, che la riproduzione ideomotoria è migliore se la disponibilità alla rappresentazione mentale viene incrementata in precedenza con metodi di rilassamento.

Per non dimenticare mai la nostra storia

“I miei nonni arrivati in America dalla Sicilia all’inizio del NOvecento erano italiani. I miei genitori nati qui erano italoamericani. Io ero e ancora sono, americano italiano. E anche se so che non dimenticheranno mai le loro origini, le mie figlie sono americane. Con immagini e parole, questo magnifico libro delinea la nostra trasformazione attraverso le generazioni, quella della mia famiglia e di tante altre famiglie, sbarcate su queste rive a centinaia di migliaia per lasciare la loro impronta in questo luogo che chiamiamo America … Quando quelle prime ondate di immigrati arrivarono dall’Italia, ricostruirono il mondo che conoscevano. Crearono un luogo che venne chiamato Little Italy, che possedeva tutta la bellezza e il calore, tutto il dolore e le tensioni interne, del paese che avevano abbandonato. Mentre crescevo, Little Italy costituiva un mondo a sé stante, collocato in un angolino del lower east side di Manhattan – e sono certo che lo stesso può essere detto delle Little Italy in tutto il paese, da Boston a San Diego. Confinava con un altro mondo a sé, Chinatown. Le feste, i rituali, il cibo, le merci, i valori – tutto arrivava dal Sud Italia. Prima che io nascessi, le persone arrivate dallo stesso paese vivevano in un unico edificio e i matrimoni tra uomini e donne di edifici diversi erano una faccenda delicata. La famiglia di mia madre arrivava da Cimmina, la famiglia di mio padre da Polizzi Generosa e si sposarono solo dopo che gli anziani delle due famiglie si riunirono e diedero il loro assenso”. (Dalla prefazione di Martin Scorsese)

Per me, Little Italy sarà sempre "casa"