Archivio mensile per aprile, 2012

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Ma gli allenatori hanno un programma?

A leggere le dichiarazioni di questo periodo di alcuni allenatori mi viene il dubbio che non abbiamo formulato un programma di sviluppo della squadra, quando era il momento di farlo, cioè all’inizio dell’anno sportivo o, per coloro che sono stai chiamati nel corso del campionato, quando sono stati incaricati. La programmazione non è solo sapere quale gioco si vuole avere e stabilire sulla carta i compiti di ognuno. La programmazione è anche avere un piano in caso succedano eventi imprevisti ed è soprattutto condivisione e responsabilizzazione dei singoli giocatori. Solo chi ha previsto gli scenari negativi è in grado di affrontarli con fermezza e rapidità senza essere stupefatto che possa essere accaduto. Non è un caso che i vincitori di medaglie alle olimpiadi e i loro allenatori considerano che sia decisivo avere  pianificato in precedenza modi di agire per affrontare proprio gli eventi imprevisti. Cosa vuole dire Luis Enrique quando afferma che deve lavorare sulla personalità dei suoi atleti? Perchè non l’ha fatto dal primo giorno? Sono convinto che molti allenatori abbiano un approccio superficiale o presuntuoso alla comprensione della mente dei propri calciatori, perchè se si rimane stupiti, vuole dire che in precedenza si aveva preso illusioni per realtà. Forse un giorno gli allenatori capiranno (anche se ne dubito) che gli servirerebbe un consulente, che in maniera scientifica e professionale li aiuti a formulare programmi di sviluppo delle loro squadre basati non solo sulla tattica ma anche su cosa succede alle persone quando le cose non vanno come dovrebbero e su come allenare la resistenza a questi stress. Per ora è fantascienza e non a caso Sacchi era spesso criticato anche perchè si occupava di questi aspetti.

Lavorare sulla squadra e la personalità

Luis Enrique si trova a affrontare una situazione molto difficile e mi chiedo se per insegnare la sua idea del calcio non abbia poco responsabilizzato sin dall’inizio i singoli pensando invece che ciò che conta è solo il collettivo. Ma quando si sta affogando si ritorna a parlare dei singoli, forse è tardi, anche perchè nel caso della Roma si parte da una condizione di depressione agonistica e non certo di rabbia. La Roma è una squadra astenica che ad oggi non sa reagire alle difficoltà che le pongono gli avversari e un leader, che non c’è mai stato in questo periodo, non s’inventa in un weekend. La mia idea è che quale che sia il tipo di calcio che si vuole insegnare, bisogna sempre avere dei giocatori che, anche fuori dal campo, trascinino i compagni con i loro comportamenti, senza questi giocatori non ci sarà mai una squadra forte. Inoltre, imparare un modulo nuovo di gioco implica un periodo d’instabilità e di paure, senza leader che incitano a credere nel gioco qualsiasi squadra sbanda e non sa cosa fare.

Mettiamoci nei loro panni

Che effetto fa a Valentino Rossi arrivare 10°?
Cosa pensa dei suoi giocatori Luis Enrique?
Cosa pensa Balotelli dei suoi continui errori?
Che effetto fa essere Amanda Beard, che dopo tanti problemi è alla sua 5° olimpiade.
Che effetto fa essere Tiger Woods ma non più nel gioco?
Che effetto fa essere un atleta-truffatore per scelta?

Entusiasmo e depressione

Il bello dello sport, in questo caso del calcio, è l’alternanza fra due forme estreme di emozioni, entusiasmo e depressione. Questi stati d’animo possono colpire come un virus qualunque squadra. L’entusiamo è della Juventus e la depressione è del Milan. Quindi si può essere secondi e scontenti. L’entusiasmo è della Lazio e la depressione è del Napoli. L’entusiasmo è dell’Udinese e la depressione è del Parma. Questo per dire che emozioni positive e negative vanno di pari passo con quanto succede ogni domenica e con le aspettative delle squadre. Il Milan dopo la prima partita con il Barcellona era di ben altro umore poi in 8 giorni è scesa all’inferno. Ora tutto è però nuovamente ribaltabile sin dalla prossima partita. Credo che il calcio sia così seguito proprio per questa alternanza di emozioni che ci fa vivere.

I pregiudizi dei giornalisti

Nei giorni passati ho letto un articolo su  http://www.repubblica.it/sport/calcio/esteri/2012/04/05/news/top_players_intelligenti-32811905/index.html?ref=search    in cui si ironizzava sui risultati di una ricerca condotta da Torbjörn Vestberg e colleghi (Università di Stoccolma, Executive Functions Predict the Success of Top-Soccer Players http://www.plosone.org/article/info%3Adoi%2F10.1371%2Fjournal.pone.0034731) sulle abilità cognitive e decisionali dei calciatori che da questo studio sono risultate essere superiori rispetto a quelle di persone non-atleti. Ci si chiedeva come fossero credibili dati di questo tipo se li associamo a calciatori quali Balotelli o altri che con i loro comportamenti spesso dimostrano il contrario. In tal modo, l’effetto prodotto da questo articolo penalizza grandemente il significato della ricerca psicologica. La questione è stata posta in modo sbagliato, perchè si vuole semplificare il ragionamento, introducendo il principio che se una persona è dotata di livelli elevati di intelligenza debba di conseguenza agire in modo altrettanto intelligente. Questo è un mito della psicologia che si basa sul senso comune ed è falsa. E’ invece  assolutamente possibile che i calciatori (così come i giocatori di altri sport di squadra) mostrino ai test una migliore capacità di trattare più informazioni nello stesso tempo, una memoria di lavoro pù efficace o che sappiano adattarsi più rapidamente all’evoluzione delle situazioni. Questa indagine ha mostrato che i calciatori studiati hanno queste abilità non solo in riferimento al gioco del calcio ma che i loro processi cognitivi sono migliori anche quando le prove propongono situazioni diverse da quelle sportive. Di conseguenza i ricercatori suggeriscono che l’identificazione di queste caratteristiche in giovani (uomini o donne) che non sono ancora ffermati potrebbe essere considerato come un valido predittore del successo futuro negli sport di squadra. Ciò detto (e che magari verrà disconfermato in futuro ma solo da altre ricerche e non dal senso comune dei giornalisti) non vi è nessuna relazione tra la presenza di queste competenze e la capacità di saperle applicare nei comportamenti sociali della vita quotidiana, perchè in questo caso sono da prendere in considerazione molte altre competenze psicosociali come, ad esempio, l’abilità a condividere, gli streotipi sessuali, il senso di responsabilità sociale, la capacità di stabilire relazioni stabili e così via. Suggerirei di documentarsi prima di scrivere articoli che vogliono essere non solo sono un resoconto dei dati della ricerca ma anche espressione del proprio punto di vista puramente soggettivo.

E’ il momentum delle partite decisive

Siamo alla fine del campionato e lo si nota anche dalle parole degli allenatori che sono sempre più di carattere assoluto: “Lo scudetto non deve sfuggirci”, “Nessuna tabella, pensiamo a vincere”,”Ora conta solo vincere”, “Parma battibile ma solo se siamo perfetti”. In ogni competizione giungono le fasi decisive e spesso in queste situazioni il linguaggio si semplifica ed esprime senza mezzi termini il risultato che si vuole raggiungere. Dal mio punto di vista condivido questi atteggiamenti degli allenatori, perchè vi sono momenti in cui le squadre e i singoli giocatori devono sentirsi totalmente responsabili del risultato della partita. In altre parole, devono giocare con la consapevolezza che c’è un solo risultato utile e per ottenerlo devono essere disposti a oltrepassare i loro limiti. Uscirà vittorioso chi saprà vivere appieno ogni istante della partita, senza lasciarsi influenzare da un eventuale parziale negativo.

Bravo Conte

Il video di Conte che parla ai giocatori della Juve è stato visto da migliaia di persone (http://video.repubblica.it/sport/il-coach-carica-la-squadra-l-arringa-di-conte-e-un-cult/91946/90339). Bene. Conte in sostanza afferma che bisogna lottare per raggiungere i propri sogni e che non bisogna regalare agli altri delle occasioni che potrebbero essere le nostre. Questo vale per ogni persona, giovane o adulta, e non solo per i campioni. Sacrificio, impegno e rispetto delle regole questo è ciò che ci viene chiesto in questo periodo ma che a badare bene dovrebbe valere sempre, anche nei periodi delle vacche grasse. Quindi che lo guardino in tanti può servire a mettere dei semi positivi nella loro testa, l’importante è che non sia percepito come una semplice manifestazione di machismo maschile, un’eslosione di testosterone che alla prima difficoltà scompare e si ritorna a lamentarsi delle ingiustizie. Un po’ come fa Ibrahimovic quando afferma “Non capisco il perchè del secondo rigore, ma ora capisco perchè Mourinho si arrabbia sempre al Camp Nou”. Sul rigore è legittimo sostenere le proprie opinioni, ma non si può giustificare la propria grigia prestazione accusando gli altri.

21 tiri in porta del Barcellona

Sarà anche vero che il Barcellona è stato aiutato nell’occasione del secondo rigore, però oltre il solito possesso palla, che dimostra una convinzione collettiva che rasenta la sfacciataggine, ha tirato in porta ben 21 volte contro le 3/4 del Milan. Questa pressione continua determina sul campo la possibilità che si sviluppino molte situazioni di contrasto per contenere questo tipo di offensiva, da questo ampio numero di confronti possono scaturire con maggiore probabilità, rispetto a chi tira solo poche volte, falli da rigore.

Sportivi e sedentari

Nel 2011 siamo diventati nuovamente ultimi in termini di partecipazione sportiva fra i 27 Paesi della UE. L’aggiornamento 2012 dei dati ISTAT effettuata da Antonio Mussino dell’Università “La Sapienza” di Roma è lì a dimostrarlo. I praticanti aumentano solo in relazione a coloro che nell’adolescenza fanno sport in modo continuativo, ma i saltuari diminuiscono fra i bambini e gli adolescenti stessi, trasformandosi in sedentari. E’ la fotografia di un Paese in cui non è diffuso il valore dello stile di vita fisicamente attivo. Non l’ha lo Stato che pensa di sviluppare Licei Sportivi per gli atleti ma che non intende aumentare le ore di attività fisica nelle scuole di ogni ordine. Non l’hanno le società sportive che sono interessate a fare i campionati e  non ad ampliare le ore settimanali di attività fisica o sport , per cui è meglio giocare una partita di calcio o pallavolo durante il fine settimana, piuttosto che organizzare in queste giornate interi pomeriggi in cui fare per ore lo sport. Non l’hanno i genitori perchè molti sono a loro volta sedentari e portare i propri figli nei giardini a giocare è faticoso, mentre è meglio tenerli sul divano a guardare la tv o portarli a passeggiare per le vie del centro. Non è sempre e solo colpa della Crisi.

La foto della vergogna

 

 

La foto della vergogna: Andrea Masiello finge di disperarsi dopo avere fatto di proposito autogol durante Bari-Lecce del 15 maggio 2011. Un autogol che permise al Lecce di vincere 2-0 la partita e di non retrocedere in serie B. Nel filmato di quella partita  (http://www.youtube.com/watch?v=kMd6yaJ27tg) si vede chiaramente il portiere del Bari, Gillet  piegarsi e urlare accuse contro il difensore ormai stramazzato a terra dopo aver spinto nella propria rete un pallone che senza il suo intervento sarebbe andato fuori .