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Maledetti rigori

Ancora una volta sono stati i rigori a decidere il risultato di una partita importante come quella a eliminazione diretta tra Atletico Madrid e Inter.

La storia del calcio ad altissimo livello è costellata di fallimenti clamorosi, come fu ad esempio l’errore compiuto da Roberto Baggio nella finale della Coppa del Mondo con il Brasile e di altri meno conosciuti che si compiono continuamente sui campi da calcio di tutto il mondo. Il risultato vincente di questo tipo di esecuzioni è dato dall’insieme di due fattori: la concentrazione totale sulla prestazione e il timing.

Il primo fattore comporta da parte del calciatore il sentirsi focalizzato sull’esecuzione ottimale di quel gesto sportivo. Prima di partire per la rincorsa il giocatore è concentrato sulle sensazioni relative al gesto, sapendo che quando ciò avviene anche il risultato è positivo.

In questo modo, prima dell’azione,  dovrebbe effettuare la ripetizione mentale del tiro così da avere in primo piano esattamente ciò che farà nel giro del prossimo minuto. Con questa immagine nella mente il calciatore si prepara all’esecuzione vera e propria.

Il secondo elemento essenziale che ogni giocatore dovrebbe rispettare è il timing previsto per effettuare l’azione. E’ un tempo che tiene in considerazione le preferenze individuali e quelle previste dalle regole del calcio. Spesso si sbaglia un rigore poiché non si è corrisposto a queste esigenze. Si può commettere un errore accelerando troppo la preparazione del tiro, agendo in modo più impulsivo che controllato. Altre volte la preparazione può, invece, risultare troppo lunga, quasi a volere allontanare da se stessi il momento dell’esecuzione.

Un aspetto essenziale di questi compiti di precisione e che è parte del timing e della ripetizione mentale dell’azione di tiro, riguarda l’orientamento dello sguardo del calciatore in quei momenti, poiché è probabile che dove fissa lo sguardo, lì sia rivolta l’attenzione.

Dove guarda un calciatore mentre sta per eseguire un calcio di rigore? Lo ha illustrato in modo letterario ed elegante Eduardo Galeano parlando di un famoso rigore calciato da Meazza:

“Accadde nel Mondiale del 1938. Nelle semifinali, Italia e Brasile giocavano il loro destino, o la va o la spacca. 

L’attaccante italiano Piola crollò all’improvviso, come fulminato da un colpo di pistola, e col suo unico dito ancora vivo indicò il difensore brasiliano Domingos de Guia. L’arbitro svizzero gli credette, soffiò nel fischietto: rigore. Mentre i brasiliani lanciavano grida al cielo e Piola si rialzava scrollandosi la polvere, Giuseppe Meazza collocò la palla sul punto dell’esecuzione. 

Meazza era il bello della squadra. Un piccoletto elegante e innamorato, elegante esecutore di penalty, alzava la testa invitando il portiere come il matador col toro nell’assalto finale. E i suoi piedi, flessibili e sapienti come mani, non sbagliavano mai. Ma Walter, il portiere brasiliano, era bravo nel parare i rigori e aveva fiducia in se stesso. 

Meazza prese la rincorsa, e nel preciso momento nel quale stava per assestare il colpo, gli caddero i pantaloni. Il pubblico restò stupefatto e l’arbitro quasi si ingoiò il fischietto. Ma Meazza, senza fermarsi, afferrò con una mano i pantaloni e vinse il portiere, disarmato da tanto ridere.  Questo fu il gol che lanciò l’Italia verso la finale del campionato”.

Comunque che il rigore rappresenti anche una difficoltà sempre pronta a presentarsi, è confermato dall’analisi delle percentuali di realizzazione dei rigori calciati dalla nazionale italiana nel corso della sua storia. Infatti, i rigori eseguiti dagli azzurri in tutte le competizioni sono stati 86, di cui 67 sono quelli segnati e 19 quelli falliti. Pertanto quelli sbagliati rappresentano il 22% di quelli eseguiti.

 

Higuain: come la mente fa sbagliare i rigori

All’indomani della finale di Coppa America e del rigore fotocopia calciato alto da Gonzalo Higuain, parliamo di tiri dagli undici metri con un esperto di psicologia dello sport. Alberto Cei insegna Coaching all’Università di Tor Vergata e svolge l’attività di mental coach con diversi atleti olimpici, squadre sportive o allenatori.

Un rigore rappresenta un momento particolare per un atleta, che sia definito un campione o meno?
Il rigore è il massimo momento di solitudine e di pressione per un calciatore, va detto che di solito i rigori li tirano i migliori, infatti esistono i rigoristi in ogni squadra. Parto dall’idea che è la testa che guida, non il piede o la gamba. Puoi avere la macchina migliore ma poi ci vuole il pilota, quindi occorre una preparazione psicologica e mentale per questi momenti.

De Gregori ha torto o ha ragione: è da questi particolari che si giudica un giocatore?
Un campione resta un campione anche se ha commesso un errore o più di uno. Perché nel tirare un rigore non si mette in discussione la capacità tecnica del giocatore ma la sua capacità mentale. Il percorso che si compie dal centro del campo fino al dischetto è fondamentale, come ciò che si pensa prima di tirare. Ricordo che tanti anni fa Gullit disse che se sei molto stanco l’importante è che tiri forte perché se cerchi il gesto tecnico è più facile che sbagli. Ciò che conta è essere decisi e creare mentalmente un legame tra te e dove vuoi che finisca il pallone. E’ come tirare una freccia, devo prefigurare dove voglio che finisca.
Noi perdemmo un mondiale per un rigore sbagliato di Baggio, non si può mettere in discussione un campione per questo. L’importanza la dà solo il significato che quel tiro ha in quel determinato momento.

Dopo quell’errore Baggio disse «I rigori li sbaglia solo chi ha il coraggio di tirarli», è questo il modo giusto di reagire?
È un buon modo per rispondere a un momento di difficoltà, con un attacco. Poi magari nei mesi successivi quell’errore ti resta dentro ma è importante aver dato questa risposta che sottolinea la stima verso te stesso e l’orgoglio che hai per averlo fatto.

Higuain si è da poco reso colpevole di un errore nella finale di Coppa America e precedentemente aveva sbagliato un rigore nel Napoli contro la Lazio in un’altra partita che potremmo definire fondamentale. Due rigori fotocopia e due errori, ci può essere un legame?
Commettere due errori uguali è possibile perché talvolta noi ci fissiamo sull’errore: prima di tirare magari ti ritorna in mente che avevi sbagliato proprio in quel modo e non vuoi ripeterti. La conseguenza, invece, è che ti esce lo stesso tiro.

Cosa passa per la testa di un atleta quando si avvicina al dischetto?
Non possiamo prevedere cosa ci verrà in mente mentre tiriamo, per questo c’è bisogno di allenarci mentalmente a questi momenti. Higuain avrebbe dovuto pensare che nel momento in cui si apprestava a calciare quel rigore sbagliato sarebbe potuto tornargli in mente, e quindi avrebbe dovuto lavorare su questo. Magari lo ha fatto ma non è che sempre si riesce a metterlo in pratica nel momento giusto. Occorrono costanza e lavoro, allenandoti a cambiare quell’idea che potrebbe ritornare. Certo è un lavoro sulle possibilità ma dal momento che sbagliare un rigore può risultare fondamentale, lo devi fare.

Accade anche negli altri sport, immaginiamo.
Tutti gli atleti che praticano sport di precisione, come il golf, il tennis, lavorano su questi aspetti mentali, lo stesso Federer per mettere dentro l’82% di prime di servizio si allena tutti i giorni. Ma non sull’abilità tecnica, bensì su quella psicologica perché ti alleni mentalmente a metterla sempre dentro.

Higuain ha comunque dimostrato coraggio nel tornare sul dopo gli errori commessi in questa stagione?
Aver sbagliato e tornare sul dischetto significa sicuramente aver coraggio, ma riprendersi dipende dalla voglia di allenarsi per non ripeterlo.
Il concetto fondamentale, e anche la difficoltà per un campione, sta nel mettere insieme il coraggio con l’umiltà. Bisogna avere il coraggio di tirare un calcio di rigore ma anche l’umiltà di allenarsi per fronteggiare questi momenti, mettersi lì giorno dopo giorno senza pensare che basta essere un campione per fare sempre bene. È utile pensare “sono un campione” ma non basta, devo anche saper fare il campione quando sono in campo nei momenti giusti. L’abilità è essere pronto quando devi esserlo. Le faccio due esempi.

Prego.
LeBron James non era abile nei tiri da tre e si arrabbiava perché sbagliava tanto. Sa come hanno risolto? L’allenatore gli ha preparato un video di dieci minuti in cui gli mostrava tutte le volte in cui faceva canestro col tiro da tre. Doveva guardarlo tutti i giorni e contemporaneamente si allenava tutti i giorni sui tiri da tre. Esistono delle tecniche per migliorare, non basta la forza di volontà del giocatore. Vale anche per il rugbista Jonny Wilkinson. Ha un sistema di allenamento anche mentale per avere la più alta media realizzativa nei tiri e il suo metodo è lo stesso che usa Cristiano Ronaldo. Allenarsi, non significa che non sbaglierai mai ma che avrai più fiducia in te stesso e quindi saprai gestire la tensione emotiva in quei momenti.
(Intervista di Francesca  Leva da Il Napolista)

21 tiri in porta del Barcellona

Sarà anche vero che il Barcellona è stato aiutato nell’occasione del secondo rigore, però oltre il solito possesso palla, che dimostra una convinzione collettiva che rasenta la sfacciataggine, ha tirato in porta ben 21 volte contro le 3/4 del Milan. Questa pressione continua determina sul campo la possibilità che si sviluppino molte situazioni di contrasto per contenere questo tipo di offensiva, da questo ampio numero di confronti possono scaturire con maggiore probabilità, rispetto a chi tira solo poche volte, falli da rigore.