Archivio mensile per dicembre, 2011

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Il calcio ci continua a distruggere

Il calcio ci continua a distruggere con i suoi scandali e ci dice che seguire le regole e rispetto degli altri sono sempre più dei fattori rari. Il calcio per noi italiani non è uno sport come gli altri, è lo sport e queste truffe ci colpiscono di più del doping o degli altri scandali, perchè è il nostro sport nazionale. Perchè è da sempre quello praticato dalla maggior parte dei bambini, una volta per strada e negli oratori ora nelle scuole calcio; è quello delle figurine Panini della nostra infanzia; il lunedì mattina ci dà modo di sfottere i colleghi e gli amici le cui squadre hanno perso e a noi di essere allegri; permette ai padri di giocare a pallone con i figli, sognando per loro un futuro da campione; la domenica pomeriggio sappiamo da sempre cosa fare e nessuno si permette in famiglia di ostacolare questo bisogno; tutti capiamo di calcio, non è complicato come la pallacanestro, è immediatamente intuitivo; tutti siamo stati bambini e il tifo per la squadra del cuore appartiene alle scelte di quegli anni e non cambierà mai; quando siamo stanchi e frustrati possiamo scaricare le nostre tensioni sui giocatori che non sono più quelli di una volta e non mostrano attaccamento alla maglia; viviamo nel mito dei cicli vittoriosi delle grandi squadre del passato e quando sono italiane ne siamo orgogliosi come se ne facessimo parte; su Italia-Germania 4-3 hanno addirittura realizzato dei film; il calcio annulla le differenze sociali e siamo tutti accomunati dalla stessa passione infantile. Questo stanno distruggendo anche se noi resistiamo.

Tutto il calcio minuto per minuto

Ricevo da Angelo Petrelli e pubblico con piacere questa recensione .

Il fascino senza tempo delle partite alla radio rivive in un libro davvero gradevole in cui l’autore, Giovanni Scaramuzzino, una delle voci attuali della storica trasmissione di Radio Rai “Tutto il calcio minuto per minuto”, in un’azzeccata alternanza tra storia, sentimento e ricordi, traccia un suggestivo percorso attraverso una serie di racconti dall’intensa umanità. Nell’epoca in cui a dominare sono i diritti, a cominciare dalla sfrenata corsa per acquisire quelli televisivi, non è male che qualcuno si ricordi anche dei doveri. Quando la parola sciopero associata al calcio pareva utopia, quando lo sport in genere era un piccolo mondo a portata di mano e non un universo caotico… le partite si ascoltavano sempre alla radio. La narrazione prende vita in un teatro di una città di provincia, in una serata dedicata alla premiazione di campioni e personaggi del mondo dello sport. È da qui che partono le coinvolgenti storie dei vari protagonisti capaci di intrecciarsi e interagire una insieme all’altra proprio come una serie contemporanea di partite ascoltate alla radio. “Come quando ascoltiamo le partite alla radio. Storie di sport minuto per minuto” di Giovanni Scaramuzzino, edito da SEI – Società Editrice Internazionale, Euro 12 in libreria, scontato via Internet – non è solo un’opera che permette di viaggiare all’interno della radiocronaca sportiva in Italia, dalla nascita alla sua affermazione e poi al suo consolidamento. Ma c’è dell’altro, anzi c’è di più: l’esaltazione del suo effetto primario, l’emozione. E poi, l’aspetto psicologicamente più rilevante, ma spesso trascurato: quando cioè un atleta sceglie di smettere o peggio è costretto a lasciare l’attività agonistica. L’opera viaggia in parallelo tra la ricostruzione dell’evoluzione della radiocronaca sportiva in Italia dal 1928 (prima partita di calcio trasmessa alla radio) agli avvenimenti odierni attraverso l’intreccio di fatti e protagonisti di partite ascoltate direttamente alla radio a partire dagli Anni Settanta. Vi trovano perciò spazio i campioni o i comprimari di allora: dal portiere della Juventus e della Nazionale Dino Zoff al suo collega comasco Antonio Rigamonti che tirava i rigori, fino agli attaccanti: da Beppe Savoldi a Giuliano Musiello, reso celebre da una canzone di Rino Gaetano, da Massimo Palanca a Paolo Rossi e tanti altri. E poi da Italia-Francia, amichevole al “San Paolo” di Napoli del febbraio 1978, (gara in cui si manifestò per la prima volta anche da noi la classe di Michel Platini) fino all’interminabile semifinale di Rotterdam Italia-Olanda agli Europei del 2000, vissuta da una “postazione” tutta particolare, per farci capire come sia unica e indimenti  cabile l’esperienza di “vedere” una partita alla radio. Il calcio e lo sport in genere si fondono qui in una dimensione nuova e affascinante che fa a meno di coppe, scudetti e trofei, del culto della vittoria a ogni costo. Nell’albo d’oro di quest’opera c’è anzi posto per le “medaglie invisibili”, c’è finalmente spazio per le vicende, davvero toccanti, di chi ascolta lo sport alla radio, di chi lo pratica da protagonista, di chi lo descrive, di chi lo vede, di chi lo vive, di chi lo soffre. Una scrittura coinvolgente sempre capace di condurre il lettore sulle ali della fantasia: come il racconto di una partita alla radio ovvero come un rarissimo balocco, un regalo di Natale con cui non si smetterebbe mai di giocare. “Come quando ascoltiamo le partite alla radio. Storie di sport minuto per minuto” di Giovanni Scaramuzzino, SEI, Torino (tel. 011-52.271), distribuzione Promedi (tel.051-344.375). Euro 12; scontato su Internet.

Campionato di calcio e carattere delle squadre

1. Il Palermo continua a perdere in trasferta ma peggio ancora non ha ancora fatto un goal.
2. La Juve continua con cattiveria a vincere.
3. La Roma comincia a mettere in pratica gli insegnamenti del nuovo allenatore a dimostrazione che ci vuole tempo per cambiare mentalità di gioco e non basta affatto essere dei professionisti, serve capire, agire e memorizzare.
4. Praticando il concetto “primo non prenderle” l’Inter procede e per il gioco c’è tempo. Cambiamento di mentalità anche per questa squadra, anche se diverso rispetto alla Roma, che sta avendo l’umiltà di togliersi dalla testa il recente felice passato e buttarsi nell’agone come una qualsiasi.
5. Il Parma ha giocato come una squadra inglese, con la convinzione di riuscire a cambiare il risultato negativo e questa volta c’è riuscito. E’ importante mostrare questo atteggiamento mentale perché la maggior parte dei goal decisivi vengono messi a segno negli ultimi 15 minuti (+ recupero) delle partite.
6. I giocatori del Napoli mostrano crepe evidenti nella gestione dello stress da squadra che “deve vincere”, già in Champions sono stati salvati da uno scossa provocata volutamente da loro allenatore. Non basta essere bravi, bisogna sapere gestire le aspettative della Società, dei tifosi e di se stessi senza affogare nello stress
7. A Cavani non è sfiorita l’ispirazione e Lavezzi non divora le occasioni, piuttosto dovrebbero maturare mentalmente e allenarsi per avere sempre lo stesso atteggiamento in campo.

Scandalo nel calcio: “solo 1 su 30.000 diventa truffatore”

Potrebbe essere questo in un domani non lontano lo scandalo del calcio. Tutti quei bambini s’impegnano ma solo 1 su 30.000 sarà baciato dalla fortuna e diventerà un truffatore. Infatti, anche se le scuole calcio si stanno impegnando a insegnare già a 5 anni di età a cadere simulando un fallo, a aggredire l’arbitro con parolacce, a prendere di mira le caviglie degli avversari e nonostante lo zelo educativo dei genitori che rimproverano i figli che non seguono queste direttive, nonostante tutto ciò e poi … i soldi, i soldi facili guadagnati già da adolescenti e l’impegno di tutti, amici e parenti, a premere perchè non studino e lascino la scuola, nonostante tutto questo moltissimi giovani si ribellano a queste giuste idee degli adulti. Per fortuna nonostante ciò qualcuno ce la fa a diventare un truffatore e a associarsi con altri malavitosi e a rovinare il calcio.

Il Barcellona ha di nuovo vinto

1. Il Barcellona ha vinto anche il mondiale per club. Il secondo goal è venuto dopo 90 secondi di possesso palla e 33 passaggi, tutto questo dando un’impressione di facilità e normalità. 80% di possesso palla a suo favore.
2. I giocatori del Barcellona sono sempre gli stessi, come mai non subiscono vistosi cali  di prestazione dovuti alle numerose partite; cosa che invece viene continuamente ripetuto per le squadre italiane? Essere dei fuoriclasse non implica per forza giocare bene sempre.
3. Una spiegazione: forse si divertono giocando? Forse sono così concentrati sul loro mantra “Prendi la palla, passa la palla” che non hanno altri pensieri inutili.
4. Forse quando il goal non è tutto e ci si prende del tempo per aspettare il momento per provarci, domina la ricerca della migliore posizione per prendere e passare la palla, in tal modo il tempo trascorre con un’unica idea per la mente e tutti si muovono in modo sincrono, cosicchè la stanchezza viene condivisa e 45minuti sembrano più corti e meno stancanti.                                                                                                                                                                                                                                5. In una finale di mondiale di club come si fa a pensare e, soprattutto a agire, spostando dalla mente l’idea che il goal non è tutto e che bisogna invece aspettare il momento e nel frattempo “prendi la palla, passa la palla”  in modo incessante?                                                                                                                                                                                                                             6. Il Barcellona è la dimostrazione provata di cosa voglia dire, per una squadra che gioca per vincere, essere concentrati sulla prestazione da fornire, come si gioca e non sul risultato da ottenere.

Il problema degli arbitri di calcio

Leggo che l’arbitro Rocchi, come altri colleghi in passato, potrebbe avere “problemi di gestione della partita”? Forse la subisce troppo, almeno in alcune occasioni? Ciò anche se in altre partite recenti ha fatto bene come in Chievo-Bologna, Novara-Roma e Lazio-Juventus o in Champions League (Chelsea-Valencia). Quindi non si discute la competenza arbitrale ma altro che a che fare con la gestione della partita. Ho lavorato molti anni con Casarin e Agnolin e so bene che l’ostacolo principale che gli arbitri devono risolvere consiste nella gestione psicologica e relazionale dell’incontro. Non basta essere tecnicamente competenti, questa è la condizione per essere lì, serve poi la capacità di sapere cosa fare in ogni momento. Si dice che rispetto al passato il designatore ha a disposizione meno uomini e quindi non può farli riposare o spostarli su partite più semplici (ammesso che ve ne siano). Questi aspetti influenzano di certo l’arbitraggio ma direi che oggi ciò che manca è la preparazione psicologica degli arbitri, vige “il fai da te” e non vi è nessuno sforzo sistematico per incrementare le loro abilità psicologiche. Fino all’avvento di Pairetto e Bergamo agli arbitri veniva invece data questa opportunità di miglioramento, che poi invece gli è stata vietata e solo in seguito ne abbiamo capito le ragioni. Complimenti continuate a reagire in modo indignato quando si dice che gli arbitri soffrono di “sudditanza psicologica”, che ovviamente è la reazione migliore per dimostrare che invece è proprio vero.

Anche gli esploratori polari hanno paura

Gro Mjeldheim Sandal è una psicologa norvegese che studia da anni gli stati mentali degli esploratori polari. Attraverso lo studio dei loro diari e le interviste ha evidenziato che queste persone provano spesso elevati livelli di ansia alla partenza della spedizione. In altre parole non sono immuni dalla paura anche se hanno probabilmente un livello di soglia più elevato della maggior parte delle altre persone. Usano inoltre strategie mentali per non essere prigionieri delle loro paure, una delle quali consiste nell’accentuare nelle situazioni stressanti i lati positivi rispetto a quelli negativi. Ad esempio l’esploratrice Liv Arnesen scrive nel suo libro “Nice girls don’t walk to the South Pole” di essersi seentita impreparata a affrontare le vaste aree di neve alta sino a due metri. Sono impossibili da superare con gli sci e s’immaginava giorni e giorni di battaglia. Gradualmente, invece, riuscì a accettare la natura del terreno e cominciò a focalizzarsi sull’estetica dell’ambiente. “Se al contrario avessi continuato a concentrarmi sui cumuli di neve non sarebbe stato un viaggio piacevole e poi è meglio cercare qualcosa di positivo”.

Prendi la palla, passa la palla

Uno dei principi ispiratori del Barcellona, squadra di cui tanto si parla per il suo gioco particolare e per la qualità che esprime, si può riassumere in poche parole: prendi la palla, passa la palla. Questo è il loro mantra, l’ idea del gioco del calcio, il principio su cui poi s’inserisce la tecnica individuale e la tattica di squadra, le esercitazioni in allenamento e il comportamento in partita. E’ una regola a cui i calciatori si sono autodisciplinati che hanno imparato nel settore giovanile e che continuano ad applicare in maniera raffinata anche nelle situazioni di maggiore stress agonistico. Prendi la palla, passa la palla non è solo un comportamento ma è un vero e proprio stato mentale, proviamo a ripeterlo mentalmente ci accorgeremo subito che si aprono quegli schemi mentali che ci permettono di agire in quel modo, saprò sempre cosa fare: muovermi per prendere e muovermi per dare. Come insegnamento per i giovani è decisamente positivo e efficace per costruire la coesione di gruppo. Le esercitazioni da effettuare sono pressochè infinite con o senza avversari, con uno o più avversari, con un tocco di palla o con più tocchi di palla, con pochi compagni o con più compagni. Possono giocare in questo modo principianti o fuoriclasse. In questo approccio anche il fcampione gioca per la squadra, perchè questa regola vale per tutti.

Le facce di Barcellona e Real Madrid in un minuto

http://www.fcbarcelona.com/

 

 

Mancanza di personalità

Il Palermo ha due personalità: con una fa goal e vince in casa mentre con l’altra non segna e perde fuori casa. In casa in sette partite ne ha vinte 6 e ha segnato 16 goal, subendone 7. Fuori casa ha perso 5 partite e 2 le ha pareggiate; ha subito 9 goal e non ne ha segnato nessuno. In casa fa almeno 2 goal a partita a dimostrazione che i suoi attaccanti e la squadra tutta sanno come devono fare, ma ciò non avviene in trasferta. Fuori casa ha fatto 2 punti e in casa 18. Non so dire nulla sui singoli ma questa sindrome da trasferta è evidente e dimostra una condizione d’inferiorità psicologica abbastanza grave, che si ripete da maggio, mese in cui è stata vinta l’ultima partita non casalinga. E’ un tempo sufficiente per sviluppare credenze negative e d’incapacità a giocare così come in casa. Le credenze si eliminano lavorando sulla conviznione collettiva di essere in grado di affrontare questa difficoltà e ottenendo il sostegno dei giocatori più significativi della squadra.