Archivio mensile per ottobre, 2011

Stress dei calciatori e non solo

Lo stress consiste in “reazioni fisiche ed emotive dannose che si manifestano quando le richieste lavorative non sono commisurate alle capacità, risorse o esigenze del lavoratore” (fonte: National Institute for Occupational Safety and Health, NIOSH). Lo stress sul lavoro può colpire chiunque, a qualsiasi livello, in qualsiasi tipo di organizzazione. Sono sempre più numerose le persone colpite da problemi di stress sul luogo di lavoro. Le cause sono da ricercare: innovazioni apportate alla progettazione, organizzazione e gestione del lavoro, precarietà del lavoro, aumento dei carichi di lavoro e dei ritmi, pressione emotiva esercitate sul lavoratore, violenza e molestie di natura psicologica, scarso equilibrio tra lavoro e vita privata. Proviamo applicare questi stessi parametri anche allo sport agonistico, allenatori inclusi.

Infortuni alle ginocchia nei bambini

Negli USA sono in aumento nei bambini gli infortuni al legamento crociato anteriore, che svolge la funzione di stabilizzare i movimenti del ginocchio, patologia che di solito non colpisce questa fascia di età. Gli effetti sono gravi e studi condotti su calciatori svedesi adulti dimostrano che 12/14 anni dopo l’infortunio il 51% delle donne e il 41% degli uomini sviluppano gravi forme di artrite alle ginocchia (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21330645). Altri, più giovani, non sono in grado di tornare a giocare (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/213306459). Ciò avviene probabilmente perché i bambini si allenano per troppe ore con sistemi che non sono adatti alla loro età e perché lo sport è cambiato notevolmente tanto che vi sono squadre di giovani calciatori di 5 anni. La soluzione è di incoraggiare i bambini ma soprattutto convincere i genitori a fare praticare più sport diversi durante l’anno e seguire programmi adeguati alla età dei loro figli.

La fiducia di una squadra

La Fiorentina ha perso la fiducia è quanto si legge sui giornali di oggi. E’ un tema ricorrente nelle spiegazioni di prestazioni negative di una squadra di calcio. Posta in questo modo la questione sembra anche difficilmente risolvibile nel breve tempo ed è un concetto che è utile per spiegare qualcosa che non si capisce o che non si sa come risolvere. Se invece si capisce di cosa è composta la fiducia probabilmente ci si sta già avvicinando alla cura. Un primo ingrediente della fiducia è la competenza, il sapere fare. La domanda è quindi: “I calciatori e la squadra sanno cosa sanno fare?” Secondo: “Sono concordi su come devono giocare nelle varie fasi della partita o hanno dubbi/timori?” Terzo: “Sanno mantenere con coerenza questo tipo gioco durante l’incontro?” Quarto. “La squadra ha un piano per reagire a situazioni di gioco impreviste?” Se non si risponde a queste quattro domande non si potrà migliorare, perchè non si è consapevoli di cosa manca, l’allenatore per primo. Non ci si può nascondere dietro la frase: “La squadra non ha seguito le mie indicazioni” oppure “La squadra non ha personalità”, bisogna conoscere cosa ha determinato questi effetti altrimenti si continuerà a perdere.

Il valore dell’amicizia

Un amico che ha corso e concluso domenica scorsa una maratona mi ha detto che giunto agli ultimi e fatidici chilometri il compagno con cui correva si è trovato in difficoltà e lui ha scelto di stare con lui anzichè continuare con il proprio ritmo per terminare con il tempo che si era proposto. La maratona di noi amatori è anche questa, sacrificare se stessi per l’amicizia. Sono piccoli gesti ma dimostrano come la prestazione non sia l’unica cosa importante ma che la condivisione con è un altro aspetto che anche in gara non viene dimenticato. E’ espressione di un modo di essere, che va oltre il tempo e che corrisponde a uno stile di vita che valorizza non solo il tempo ma l’amicizia. Evviva.

L’autostima dei campioni del rugby

Partite come la finale della coppa del mondo di rugby fra Nuova Zelanda e Francia mostrano quanto pesi la componente mentale anche fra squadre di altissimmo valore. La nuova Zelanda nel primo tempo ha sbagliato ben tre calci consecutivi sempre con lo stesso giocatore, Piri Weep,  e nel secondo tempo ha subito i francesi per un lungo periodo senza riuscire a andare in attacco. Il peso psicologico sarebbe potuto essere devastante e per Piri Weep lo è stato, tanto da essere sostituito. Pure Thrin-Duc ha messo fuori il calcio che avrebbe portato in vantaggio i francesi. Sono momenti questi, in cui l’unica cosa che conta è mantenere la fiducia nel proprio gioco e continuare a fare quello per cui ci si è preparati. Non è affatto facile neanche se sei la squadra predestinata a vincere, quella che per tutta la stagione ha sempre vinto. La finale è una cosa diversa, bisogna essere consapevoli che si ricomincia, non conta cosa si è stati sino all’istante prima, perchè è un capitolo del tutto nuovo e se hai dei fantasmi nell’armadio (le precedenti sconfitte con i francesi) verranno fuori nei momenti decisivi dell’incontro e saranno le risposte che si sarà capaci di dare a determinare la squadra che vince.

Pratica sportiva e abbandono

Negli Stati Uniti si calcola che il 70% dei giovani abbandoni lo sport fra 13-15 anni. Le ragioni sono molte e così suddivise: infortunio, noia, allenamento eccessivo, limitato sviluppo delle abilità, stress e ansia, specializzazione precoce, allenatori troppo critici, genitori che vogliono realizzarsi attraverso i figli, mancanza d’interazione sociale fra gli atleti. Sono dati negativi, ma almeno negli USA si hanno dati certi mentre da noi queste stesse considerazioni possono solo essere supposte, poichè nessuno si occupa della questione dell’abbandono o di come incrementare la partecipazione allo sport. Noi ci limitiamo a dire che lo Stato non fa nulla e che i giovani di oggi sono pigri. In ogni caso è necessario che gli allenamenti siano basati sul divertimento, l’impegno, la collaborazione, la diversificazione delle esercitazioni e l’atteggiamento entusiasta e dinamico dell’allenatore.

La “seconda onda” nella corsa di lunga distanza

La “seconda onda” è un fenomeno tipico della corsa di lunga distanza, ma che è applicabile a ogni situazione della vita. Si manifesta nelle situazioni in si ritiene di avere consumato tutta l’energia di cui si disponeva e , invece, improvvisamente si trova la forza per continuare. E’ certamente qualcosa che è capitato anche a me quando durante la 100km del Passatore, di colpo a partire dal 75km ho avuto la certezza che avrei terminato la corsa e ho trovato l’energia per correre il più veloce di cui ero capace sino al traguardo, senza preoccuparmi più del percorso. La “seconda onda” è stata per la prima volta descritta nel 1906 William James nel discorso tenuto all’American Philosophical Association e intitolato “L’Energia dell’Uomo”:
“L’esistenza di una riserva di energia che abitualmente non è disponibile ci è molto familiare nel fenomeno della “seconda onda.” Di solito ci fermiamo quando incontriamo questa bugiarda, chiamata, fatica. Abbiamo camminato, giocato o lavorato abbastanza e desistiamo. La quantità di fatica è un ottimo ostacolo … Quando invece una necessità inusuale ci pressa a continuare, succede qualcosa di sorprendente. La fatica cresce sino a un certo punto, poi gradualmente o improvvisamente scompare e noi siamo più freschi di prima. Abbiamo evidentemente stappato un livello nuovo di energia …”

Bamboccio bloc

Riprendo il titolo dell’articolo di Gramellini sulla Stampa di oggi, in cui si ribella all’idea che “il ragazzo che ha lanciato l’estintore per spegnere l’incendio … diventi il simbolo della generazione degli indignati”. Sono assolutamente d’accordo e voglio aggiungere che fra i tanti ragazzi che studiano o cercano lavoro, vi sono anche gli atleti, non solo i campioni che tutti conosciamo, ma quelle migliaia che ogni giorno si allenano per ore, molti dei quali non diventeranno mai dei fuoriclasse ma sono coinvolti perchè lo sport lo praticano non per guadagno o per fama ma perchè gli piace, per passione, per sentirsi bravi o per la voglia di confrontarsi con gli altri. Sono tanti e non pochi, ma nessuno mai ne parla eppure sono loro che stanno alla base dello sport italiano.

Calcio e autostima

Sempre più di frequente si sente parlare da parte degli allenatori che la loro squadra soffre di problemi di autostima; altrettanto spesso terminano l’intervista dicendo che chiedono ai giocatori di mostrare la prossima partita più grinta, determinazione o coraggio. Ovviamente non è certo questa la soluzione altrimenti l’allenamento consisterebbe nel chiedere a chi corre poco, di correre di più; a chi è indeciso di essere deciso; a chi è lento di essere veloce e così via. Insomma, non si cambia di certo dicendo a qualcuno di fare ciò che di solito non fa. Si cambia innanzitutto analizzando come ci si allena: si lavora con il pilota auomatico o con lo stato d’animo di chi vuole fare bene? I giocatori di solito fanno ciò che dice l’allenatore, raramente questo è un problema. La questione è un’altra e riguarda “come si sta sul campo”, si è presenti solo con il corpo o anche con la mente? Agli atleti con cui lavoro dico sempre che bisogna allenarsi con l’anima altrimenti è meglio stare a casa. Significa che per prima cosa è importante l’atteggiamento con cui ci si dispone all’allenamento, subito dopo viene la concentrazione totale su quanto si deve fare. Solo in questo modo si ottiene il meglio da sè. Con questo approccio la partita diventa una situazione in cui ri-attivare questa condizione psicologica, solo raggiunto lo stato mentale ideale entrano in gioco gli schemi e la tattica. Come dire, anche chi possiede una ferrari, prima di pensare a come guidarla deve accendere il motore; altrimenti questa bella macchina resta ferma e anche chi guida una cinquecento può superarla.

Correre la maratona a 100 anni

Cosa serve per correre una Maratona a 100 anni: dedizione, determinazione e una buona dose di coraggio. Infatti Fuja Singh sarà oggi il primo centenario a correre su questa distanza, l’ultima volta l’ha fatto a 92 anni sempre alla maratona di Toronto, impiegandoci 5h40m. Ha iniziato a correre venti anni fa dopo la morte della moglie e un figlio. Ha scritto un libro “The turbaned tornado”.  A Toronto è una star, sostiene che correre gli dà piacere, raccoglie soldi per beneficenza, e segue una dieta a base di tea, toast e curry. Correre questa maratona è un grande sfida che gli auguro di vincere.