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La combattività è la chiave per vincere gli Europei di calcio

Vincere è un frullato d’ingredienti tra loro diversi che nel calcio riguarda la qualità dei calciatori, la loro capacità di restare uniti nelle situazioni di maggiore difficoltà agonistica, è influenzata dall’allenatore e naturalmente dal gioco degli avversari e molti altri aspetti, fra cui la fortuna.

E’ probabile che le squadre sulla carta più forti che sono state eliminate da questo Europeo abbiano peccato in qualcuna di queste variabili. Non ho le informazioni per potere analizzare il match esaminando questa variabili, però c’è una caratteristica che a mio avviso fa da collante a questa variabili e che spesso è decisiva nel favorire la vittoria finale.

Quando Mourinho afferma che vuole “11 bastardi”, Conte vuole in squadra giocatori aggressivi come Vidal, Ferguson aspettava il 75° minuto perchè sapeva da quel momento la sua squadra si sarebbe scatenata, lo stesso ha dichiarato Tuchel dicendo che i suoi calciatori sono predisposti a combattere perchè questa è la loro natura.

Queste diverse parole affermano l’idea che la combattività è l’ingrediente che deve mostrare una squadra che vuole vincere e che senza questo atteggiamento anche la migliore per qualità non raggiungerà mai questo risultato.

Quindi non stupiamoci se molte delle squadre migliori sono state eliminate, evidentemente non hanno giocato con questo approccio. Combattività non significa essere fallosi ma volere vincere i contrasti, alzarsi immediatamente quando si cade, non protestare con l’arbitro, calciare per fare gol, mantenere l’intensità di gioco per tutta la partita. Il ruolo dell’allenatore è decisivo per stimolare questo tipo d’impegno.

 

Francia in crisi: manca la coesione

Ungheria-Francia 1-1.

Ancora una volta abbiamo assistito al verificarsi di un concetto semplice: non vince la squadra composta da campioni ma quella che resta unita attorno al suo gioco per 90 minuti.

E’ un’idea che nonostante tutti la conoscano, succede che le star di una squadra se lo dimentichino, pensando che prima o poi qualcosa succederà per consentirgli di fare un gol e vincere. Le squadre meno forti non si possono permettere questo atteggiamento superficiale, consapevoli (sempre se allenati a questo concetto) che la loro unica chance di vincere proviene dalla coesione in campo guidata da idee tattiche.

Nel calcio è quindi possibile più che in ogni altro sport di squadra che la squadra sfavorita possa mettere in difficoltà quella avversaria e quando va in vantaggio può avere molte chance di concludere la partita con un risultato non sperato.

Per la squadra dei campioni che subisce questa situazione non è mai facile cambiare mentalità a partita iniziata, spesso prevale lo stupore e la ricerca della soluzione individuale e non di squadra.

W l’Ungheria che ci ha dato il piacere di vedere questa partita, a dimostrazione che il valore si deve acquisire ogni volta sul campo e non a parole.

L’impegno francese per rendere lo sport un diritto di tutti e tutte

La nuova ministra dello sport francese Roxana Maracineanu ha presentato un barometro nazionale delle attività sportive che sarà aggiornato ogni due anni

Secondo il primo barometro nazionale delle pratiche sportive il cinquantadue per cento dei francesi sopra 15 anni praticano sport almeno una volta alla settimana: la ricerca è sviluppata da Injep-Istituto nazionale della gioventù e dell’istruzione popolare e Credoc-Centro di ricerca per lo studio e l’osservazione delle condizioni di vita. La percentuale dei praticanti sale al 75% tra i 16-25 anni secondo un’altra indagine, presentata al Ministero dello sport dall’associazione UCPA. Se i giovani preferiscono il body building e il fitness, di fronte al calcio e alla corsa, sono la corsa e la camminata le più amate dai francesi (40%), davanti alle “attività di fitness” e alla palestra (32%), seguite da sport acquatici e nautici (27%).

“Questo barometro è uno strumento che ci permetterà di valutare la pratica sportiva dei cittadini francesi ogni due anni, non ogni dieci anni come prima – ha detto Roxana Maracineanu, ministra dello sport francese - Sarà una bussola per guidare le nostre politiche pubbliche e intercettare le popolazioni più lontane dagli sport, come le donne o le persone con disabilità”.

Nella sua tabella di marcia, l’ex campionessa mondiale di nuoto, diventata ministra dello Sport lo scorso settembre, si è posta l’obiettivo di coinvolgere tre milioni di praticanti in più, cercando di far muovere il 20% dei non praticanti che dichiarano di voler praticare uno sport. Anche il primo ministro, Edouard Philippe, ha parlato di “sviluppo di pratiche sportive per tutti, ovunque, per tutta la vita”. (per approfondire clicca qui)

La precedente ministra dello sport francese, Laura Flessel, durante il suo mandato ha lanciato un bando per la creazione di ”liv-lab”, luoghi in cui le persone che non sono abituate a praticare sport vengono incoraggiate a muoversi attraverso l’uso della realtà virtuale. La Flessel è stata anche coinvolta nella lotta contro la discriminazione: è stata protagonista insieme a dieci atleti di una campagna di comunicazione contro il sessismo, il razzismo, l’omofobia e lo stigma della disabilità. In un contesto inedito per lo sport francese, dove la nuova governance, insieme ad una politica di austerità, incoraggia una privatizzazione dello sport e dunque un rafforzamento delle disuguaglianze, la FSGT-Fédération sportive et gymnique du travail è molto attiva per rendere effettivo il diritto allo sport per tutti e sui temi della disabilità con numerosi progetti. In particolare a Saint Denis, banlieu di Parigi, ha messo a disposizione a persone con disabilità e ai giovani frequentatori del quartiere uno spazio sportivo gratuito. Questa iniziativa permette di avvicinarsi e di svolgere una pratica sportiva regolare e duratura alle persone del quartiere e non solo: una pratica che mette insieme persone con disabilità e senza, dando vita ad un incontro sportivo che alimenta le relazioni umane e supera le diversità, contribuendo alla costruzione di una società inclusiva e ugualitaria. (Per approfondire clicca qui)

(Source UISP Massimo Tossini)

La faccia di chi vuole vincere

Questa è la faccia di chi vuole uscire da un brutto momento e vincere la partita. (L’italia di pallavolo stava perdendo 2-0 contro la Francia, poi è riuscita a ribaltare il risultato vincendo 3-2, grazie all’inserimento di giocatori che volevano vincere come l’alzatore Baranowicz).

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Helena Costa: Una donna alla guida di una quadra di calcio

Per la prima volta una donna allenerà una squadra di Ligue 2, la Serie B francese: si tratta della portoghese Helena Costa, 36 anni, scelta per la prossima stagione dal Clermont-Foot, squadra della città di Clermont-Ferrand. La Costa ha allenato la squadra femminile iraniana, dopo aver guidato quella del Qatar. Nel suo curriculum anche un incarico di talent-scout per gli scozzesi del Celtic. “Questa nomina – si legge nel comunicato della società – è destinata a portare il club in una nuova era”.

Tifosi scontenti mangiano più grassi e zucchero

Essere tifosi di una squadra che vince può rappresentare un vantaggio per la salute. Quindi quest’anno i tifosi della Roma dovrebbero sentirsi più sani e in salute. E’ quanto emerge da due studi condotti su tifosi di calcio nordamericani e francesi che ha evidenziato che se la propria squadra perde il lunedì si mangiano più cibi grassi e più dolci allo scopo di mitigare la frustrazione conseguente al risultato negativo, mentre ciò non avviene in caso di vittoria. Dai dati non emerge cosa succeda ai tifosi della squadre che retrocedono: sono tutti malati di fegato o dopo un certo numero di sconfitte ci si mette l’anima in pace e il lunedì si rinuncia alle lasagne?

Sono i primi studi di questo tipo, in passato si era indagato sulla relazione fra sconfitta e attacchi di cuore, atti criminali, violenza e alcool. Condotti da Yann Cornil e Pierre Chandon, dell’INSEAD Business School di Fontainbleau.

L’intensità della morale individuale

“Dignità. Chissà se il significato di questa parola riuscirà mai a fare breccia nello sport dei dannati dell’epo”  (Eugenio Capodacqua) che l’indagine della Commissione del Senato francese sul Tour de France del 1998 ha rivelato e fra cui si trovano anche Marco Pantani (vincitore di quell’edizione della corsa) e Mario Cipollini. La mia idea è che non ci può essere dignità se non in presenza di un certo grado d’intensità morale personale. Può essere così descritta:

“Un’ulteriore dimensione psicologica che è emersa come rilevante per spiegare le condotte illegali riguarda lo sviluppo morale, inteso come l’abilità a riconoscere un dilemma etico ed a fronteggiare situazioni etiche. L’intensità della morale individuale influenzerebbe le quattro fasi del ciclo decisionale morale: il riconoscimento dell’esistenza di un problema morale; il formulare un giudizio morale, il formare azioni morali  e l’agire seguendo queste intenzioni. Queste fasi interagiscono pure con le sei dimensioni che costituiscono l’intensità morale:

  1. la rilevanza dei risultati – si riferisce alla somma dei benefici determinati dall’avere portato a termine un’azione;
  2. il consenso sociale – si riferisce all’estensione dell’accettazione riguardante l’eticità dei comportamenti;
  3. la probabilità – si riferisce a quanto percentualmente si ritiene  ipotizzabile che le  conseguenze abbiano un effetto positivo;
  4. l’immediatezza temporale – consiste nella quantità di tempo che trascorre tra il termine dell’azione e l’inizio delle conseguenze;
  5. la prossimità – definisce in che misura chi usufruirà delle conseguenze potrà venire identificato come beneficiario o vittima;
  6. l’effetto di concentrazione – si riferisce al numero di persone interessate ai risultati ottenuti”.

L’autostima dei campioni del rugby

Partite come la finale della coppa del mondo di rugby fra Nuova Zelanda e Francia mostrano quanto pesi la componente mentale anche fra squadre di altissimmo valore. La nuova Zelanda nel primo tempo ha sbagliato ben tre calci consecutivi sempre con lo stesso giocatore, Piri Weep,  e nel secondo tempo ha subito i francesi per un lungo periodo senza riuscire a andare in attacco. Il peso psicologico sarebbe potuto essere devastante e per Piri Weep lo è stato, tanto da essere sostituito. Pure Thrin-Duc ha messo fuori il calcio che avrebbe portato in vantaggio i francesi. Sono momenti questi, in cui l’unica cosa che conta è mantenere la fiducia nel proprio gioco e continuare a fare quello per cui ci si è preparati. Non è affatto facile neanche se sei la squadra predestinata a vincere, quella che per tutta la stagione ha sempre vinto. La finale è una cosa diversa, bisogna essere consapevoli che si ricomincia, non conta cosa si è stati sino all’istante prima, perchè è un capitolo del tutto nuovo e se hai dei fantasmi nell’armadio (le precedenti sconfitte con i francesi) verranno fuori nei momenti decisivi dell’incontro e saranno le risposte che si sarà capaci di dare a determinare la squadra che vince.

Razzismo e calcio

Al di là dei tanti commenti che evidenziano il razzismo insito nelle possibili scelte del calcio francese e di quanto questo sia la dimostrazione di una società alla deriva culturale e sociale voglio sottolineare un altro aspetto. Si riferisce al fatto che il calcio è per sua natura uno sport assolutamente democratico o che comunque fornisce pari opportunità a tutti indipendentemente dallle loro caratteristiche fisiche e psicologiche. Infatti a differenza degli altri sport di squadra, è un gioco a cui può partecipare chi è basso ma anche chi è alto, chi corre veloce e chi è più lento, chi ama i contrasti fisici e chi invece preferisce saltare gli avversari, chi ama ragionare e fare correre la palla e chi è più abile nel gioco d’interdizione, chi è più abile a attaccare e chi a difendere. E con tutte queste differenze si vuole selezionare sulla base del colore della pelle, che non è certamente un’abilità?