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Ma quale ricerca del talento!

Se questo è vero, come credo che sia, siamo spacciati:

Cosa si dovrebbe fare invece?
Gli uffici delle risorse non fanno più cultura del lavoro. Noi siamo diventati della fabbriche di collocamento. Le aziende non ci chiedono più una bella consulenza dove per un profilo potevamo andare a dire che quel profilo non era quello giusto. Adesso chiedono solo nomi, nomi, nomi. Sanno che il primo non accetta, il secondo dubita, il terzo prende. Le aziende devono cominciare a fare girare offerte di lavoro etiche, concrete opportunità, e non delle prese in giro che per ovvi motivi molti sono costretti a accettare. Dobbiamo tornare a costruire dei canali dove filtrano solo offerte etiche. Noi dobbiamo cominciare a fare di nuovo un po’ di cultura del lavoro, proprio dove non ce n’è più. (da: http://miojob.repubblica.it/notizie-e-servizi/notizie/dettaglio/confessioni-di-un-recruiter-stiamo-rovinando-il-lavoro/4236839?ref=HREC2-1)

Questo avviene anche nello sport, se si scrive una email al presidente piuttosto che al segretario non ottieni mai una risposta. La risposta l’avrai se qualcuno ti presenta a queste persone. E’ il sistema italiano basato sulla cooptazione per conoscenza diretta e non per competenza. A pochi interessa il tuo curriculum, quello che serve è l’amicizia perché non si è interessati alla funzione (in questo dello psicologo dello sport) ma si stabilisce un rapporto di lavoro per fare un piacere a un amico. La guerra dei talenti di cui tanto si parla in Italia non esiste, domina la cultura del familismo o del prenderti per fame, tanto gli psicologi che hanno bisogno di lavorare sono tanti. Quando dal mondo del lavoro a quello sport si diffondono queste modalità d’impiego si può solo andare via.

 

Trasferimento del talento

La Federazione Italiana Badminton promuove un progetto per giovani atleti che vogliono provare a praticare uno sport diverso da quello in cui sono attualmente impegnati. E’ un approccio già in atto da anni in paesi come l’Australia e la Gran Bretagna e per la prima volta viene proposto da una federazione italiana. Possono aderire coloro che praticando con successo uno sport vogliono comunque provare  a utilizzare il loro talento in un’altra disciplina. Può essere che la motivazione non sia più quella di una volta, che infortuni impediscano di continuare, che si voglia estendere la propria carriera sportiva o che per qualche altra ragione si senta il desiderio di cambiare. Questa è un’opportunità. Per ora l’esperienza inizierà a Roma, ma chiunque sia interessato può ricevere informazioni anche se vive in altre regioni. Per saperne di più: federazione@badmintonitalia.it

Considero questa notizia importante poichè rappresenta un modo nuovo per realizzare la ricerca del talento, perchè il talento grezzo non è solo identificabile nei bambini o nei più giovani, ma anche nelle età superiori in persone che hanno dimostrato grande padronanza di abilità sportiva in altre discipline.

Le nuove sullo sviluppo del talento

In questi giorni ho partecipato a due incontri dedicati al talento nello sport e voglio riassumere in alcuni punti quanto è emerso:
1. Si evidenzia in quelle persone che forniscono prestazioni al di sopra della media o di carattere eccezionale.
2. Il talento non ha nessuna relazione con la personalità delle persone.
3. Individui psicologicamente molto diversi tra loro, come Tomba e Thoeni, Federer e McEnroe, Maradona e Platini possono fornire prestazioni eccezionali.
4. Le abilità psicologiche sono decisive nel favorire prestazioni eccezionali, in particolare: la motivazione, l’impegno e la volontà.
5. Lo sviluppo del talento è un processo a lungo termine che richiede almeno 10 anni.
6. Nella maggior parte degli sport lo sviluppo sportivo precoce svolge un’influenza negativa sull’affermazione sportiva.
6. E’ necessario dedicare molte ore all’allenamento, ma questo incremento deve avvenire soprattutto a partire da 15/16 anni ma non prima.
7. Nei giovani va preferito (e insegnato) l’orientamento al miglioramento piuttosto che l’orientamento alla vittoria.
8. Il ruolo della famiglia è decisivo nello sviluppo del talento.
9. Non tutti gli atleti dotati di talento riescono a emergere come sportivi di successo a causa delle difficoltà di gestione delle situazioni agonistiche più importanti.
10. Le scuole dello sport per lo sviluppo del talento sono utili se rispettano quanto elencato.

Impegno o intelligenza

La questione di come le persone acquisiscono livelli elevati di competenza è un tema ancora oggi dibattuto. Quanto pesano le caratteristiche innate, i doni genetici, rispetto a quelle acquisite? Le ricerche di Ericcson sembravano avere dimostrato che ciò che conta fosse la quantità di tempo dedicata. Studiando un gruppo di giovani violinisti di 20 anni aveva evidenziato che “i migliori” si erano applicati per 10.000 ore, mentre “i bravi” si erano fermati a 8.000 ore di pratica e i meno bravi a 5.000 ore.
Questa e molte altre ricerche hanno portato a formulare la regola delle 10.000 ore in 10 anni per chi vuole eccellere in una qualsiasi attività. Secondo questo approccio l’intelligenza viene considerata come un fattore importante solo fino al punteggio di 120 dopo di che non è di alcuno aiuto nel migliorare le prestazioni.
Altre indagini scientifiche hanno contestato questo approccio sottolineando al contrario il ruolo decisivo dell’intelligenza. Ad esempio gli studi sui giovani intellettualmente precoci di di Lubinski e Benbow hanno dimostrato che i giovani che sono al 99,9 percentile di intelligenza rispetto a quelli che sono “solo” al 99,1 hanno da tre a cinque più probabilità di pubblicare un articolo scientifico, di prendere un dottorato, di pubblicare un lavoro letterario o di depositare un brevetto. Quindi un livello intellettuale molto alto sembra invece fornire un enorme vantaggio nel proprio sviluppo personale. Analogamente Hambrick e Meinze hanno scoperto che possedere una elevata capacità di memoria di lavoro è predittivo del successo in una vasta serie di attività. Per cui se si prendono in considerazione due pianisti con lo stesso numero di ore di pratica quello che avrà più memoria di lavoro avrà più successo nel leggere uno spartito mai visto sino a quel momento. Il pensiero in questi casi corre a Mozart che scriveva brani musicali già a 6 anni, è però altrettanto vero che in realtà sembrano essere stati scritti dal padre e che anche nella prima adolescenza le sue creazioni non fossero altro che adattamenti di musiche già composte da altri, mentre il suo primo capolavoro l’avrebbe scritto a 20 anni e quindi dopo 10 anni di formazione musicale. La questione su quanto pesi la genetica o l’apprendimento resta ancora una volta aperta.

Talent transfer

Sta per partire anche in Italia un programma di ri-assegnazione di un atleta, uomo o donna, a un sport diverso da quello praticato sino a oggi ma che possiede caratteristiche simili e trasferibili. I selezionati seguiranno un programma che in breve tempo, circa quattro anni, li porterà a gareggiare ad alto livello. Questa proposta è rivolta a coloro che stanno ripensando alla propria carriera agonistica e che avvertono la necessità di orientarsi verso nuove sfide sportive. L’esperienza precedente verrà assolutamente valutata in tutti i suoi aspetti positivi. Chiunque possa essere interessato può scrivermi e verrà personalmente contattato.

Impegno e dedizione

Ieri ho dato i numeri per il successo. Partendo da quelli voglio mettere in evidenza che sono 817 gli atleti USA che hanno fatto parte della squadra olimpica che hanno identificato questa dimensione come quella decisiva per il loro successo. Ed è giusto che questa scoperta l’abbia commissionata il comitato olimpico della nazione da battere nello sport. Perchè? Perchè i forti sviluppano attività efficaci come quella d’intervistare i loro campioni e di domandargli quali sono i fattori alla base del loro successo. In Italia questo non è mai stato fatto perchè le ricerche sul talento prevedono solo la ricerca di dati antropometrici o fisiologici, siamo dominati da queste figure professionali. Peccato perchè resteremo indietro.

Il talento assoluto di Jessica Rossi

Jessica Rossi, 19 anni, ha vinto ieri a Pechino la prova di Coppa del Mondo di tiro a volo, specialità fossa olimpica. Non c’è questa notizia sui giornali di oggi che sono allietati invece dalle multe e dagli scherzi di Balotelli. Questa atleta, che ha già vinto un mondiale senior quando era minorenne, è sicuramente uno dei giovani talenti sportivi italiani insieme a Manassero e alla Pellegrini (mi scuso se non conosco altri che non cito).

Era ora: la speranza

Era ora che qualcuno osasse parlare di speranza, giacchè siamo in Italia. Lo ha fatto Emanuela Audisio su Repubblica di oggi, un articolo da conservare perchè non è rivolto al presente ma parla del futuro e cioè dei nuovi talenti dello sport italiano. Dalle dichiarazioni di questi ragazzi appare evidente che non sono degli sfaticati, come spesso si sente dire dagli allenatori, al contrario hanno idee chiare e precise e conoscono molto bene cosa vuole dire sacrificarsi per un obiettivo. Diciamolo: sono giovani che coltivano il loro sogno e non credo che nella vita di una persona vi sia qualcosa di più coinvolgente del poterlo fare. Giovani così praticano golf, tennis, ginnastica artistica, scherma, nuoto, tiro a volo, salto in alto e calcio. Sono ragazze e ragazzi tra 14 e 20 anni. Dalle frasi dei ragazzi riportate nell’articolo si evidenzia ciò che le ricerche sullo sviluppo dei talenti hanno evidenziato. Il primo aspetto è il ruolo decisivo dei genitori nel sostenere i loro figli  in termini di stabilità psicologica (e ovviamente economico) e nel farli continuare negli studi. Il secondo aspetto è avere allenatori di alto livello “nonostante” la loro giovane età. Il terzo aspetto è l’elevato grado di consapevolezza che questi giovani hanno già sviluppato in relazione alla loro vita quotidiana extrasportiva e agli obiettivi sportivi che si pongono. Quarto, sanno che lottano per il vertice sportivo assoluto e ne sono contenti.

Lo sviluppo del talento

In questi giorni si parla molto in relazione al calcio di come sviluppare i giovani talenti, anche se è una questione che può riguardare tutti gli atleti e non solo i calciatori. Va detto che è una questione discussa in tutto il mondo e spesso ogni nazione ha proposto le sue soluzioni. Nel calcio, ora si parla molto della Spagna e di come abbia saputo valorizzare il suo patrimonio di talenti, ma la risposta non consiste certamente nel copiare sistemi propri di altre culture. La soluzione passa invece attraverso l’identificazione di alcune linee guida che hanno a che fare con lo sviluppo del giovane nelle varie fasi evolutive e che si riferiscono ad alcuni principi generali ispiratori su cui, in seguito le organizzazioni sportive interverranno a formulare programmi sulla base dello sport praticato e delle loro esigenze. Diversi studiosi si sono trovati d’accordo nel sostenere che lo sviluppo dell’atleta è un processo a lungo termine all’interno del quale vi sono alcune tappe significative che tutti attraversano e che favoriscono quindi lo sviluppo dei talenti. Questo approccio allo sport è stato denominato Sviluppo a Lungo Termine dell’Atleta (Canadian Sport for Life, 2005) ed è stato adottato da importanti organizzazioni sportive, fra cui lo stesso comitato olimpico inglese in preparazione delle prossime olimpiadi del 2012. E’ un modello suddiviso in sette fasi che includono l’intero sviluppo della vita dell’essere umano e che sono state così definite (per ognuna delle fasi vengono riportati sinteticamente solo alcuni degli obiettivi):
1. Fase dell’Inizio Attivo – 0-6 anni – Divertimento e attività fisica su base quotidiana, non più di un’ora consecutiva di attività sedentaria nell’arco della giornata.
2. Fase dei Fondamentali e del Divertimento – 6-9 anni – Divertimento e apprendimento di movimenti globali e di base, semplici regole di etica, attività su base giornaliera.
3. Fase dell’Imparare ad Allenarsi – 9-12 anni – Sviluppo abilità sportive specifiche, sviluppo abilità psicologiche e interpersonali, 3 giorni alla settimana allenamenti sport specifici altri 3 giorni partecipazione ad altri sport.
4. Fase dell’Allenarsi all’Allenamento – 12-16 anni – Sviluppo abilità sport specifiche, sviluppo forma fisica e abilità psicologiche, allenamento sport specifico da 6 a 9 volte la settimana.
5. Fase dell’Allenarsi a Competere – 16-18 – Sviluppo e perfezionamento forma fisica, competenze tecniche e tattiche, abilità psicologiche, programmi di preparazione mentale, allenamento sport specifico da 9 a 12 volte la settimana.
6. Fase dell’Allenarsi a Vincere – + di 18 anni – Sviluppo e perfezionamento forma fisica, competenze tecniche e tattiche, abilità psicologiche, programmi di preparazione mentale per l’alta prestazione, allenamento sport specifico da 9 a 15 volte la settimana.
Le denominazioni di queste fasi illustrano in poche parole quello che dovrebbe essere lo scopo prioritario di ogni periodo di sviluppo del giovane. Naturalmente su queste linee guida ogni organizzazione sportiva sarà ampiamente libera di formulare i propri programmi di allenamento e il calendario delle competizioni nelle forme che riterrà per sé migliori.
Per ulteriori approfondimenti vedi: Alberto Cei, Nuovi orientamenti nello studio del talento,
Atletica Studi, FIDAL, n. 3-4/2006, luglio – dicembre 2006, anno 37, pp. 53-68.