Archivio mensile per dicembre, 2022

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8 azioni che promuovono l’attività motoria

Karen Milton et al. Eight Investments that Work for Physical Activity, 2021. Journal of Physical Activity and Health 18, 6.1. Programmi “a misura di scuola

L’approccio “whole-of-school” è un approccio multicomponente che si impegna a promuovere l’attività fisica a tutti i membri della comunità scolastica attraverso politiche di sostegno, ambienti e opportunità sostenibili. Esistono prove crescenti a sostegno dell’efficacia di una serie di strategie di promozione dell’attività fisica nelle scuole, tra cui i programmi di educazione fisica che sviluppano la fiducia, la competenza e la motivazione ad essere attivi; le classi attive; le opportunità di attività fisica dopo la scuola; le attività durante la ricreazione/intervallo; la promozione del trasporto attivo da e verso la scuola.

2. Trasporto attivo
Il trasporto attivo da e verso i luoghi è un modo pratico e sostenibile per aumentare l’attività fisica quotidiana per molte persone. Sono stati identificati otto interventi che, se combinati, hanno dimostrato di incoraggiare gli spostamenti a piedi, in bicicletta e con i mezzi pubblici, riducendo al contempo l’uso del veicolo a motore privato. Questi otto interventi comprendono il miglioramento dell’accessibilità delle destinazioni; la garanzia di un’equa distribuzione dell’occupazione nelle città; la gestione della domanda attraverso la riduzione della disponibilità e l’aumento del costo dei parcheggi; la progettazione di infrastrutture favorevoli ai pedoni e alle biciclette per sostenere le reti di movimento; il raggiungimento di livelli ottimali di densità residenziale; la riduzione della distanza dai mezzi di trasporto pubblico; l’aumento della diversità delle aree residenziali; il miglioramento dell’appetibilità delle modalità di spostamento attive.

3. Progettazione urbana attiva
Il modo in cui gli ambienti urbani e suburbani sono costruiti e progettati influenza molte delle nostre scelte comportamentali consapevoli e inconsapevoli. Ricerche condotte in città di tutto il mondo hanno dimostrato che gli adulti che vivono nei quartieri più attivi svolgono almeno un’ora (fino a un’ora e mezza) di attività fisica in più alla settimana rispetto a quelli che vivono nei quartieri meno attivi. È stato dimostrato che la creazione di quartieri che localizzano negozi, scuole, parchi, strutture ricreative, posti di lavoro e altri servizi vicino alle abitazioni, e che offrono una rete stradale altamente connessa che facilita gli spostamenti a piedi e in bicicletta verso le destinazioni, aumenta l’attività fisica e fornisce al contempo molti altri benefici per la salute e l’ambiente.

4. Assistenza sanitaria
Gli operatori sanitari entrano in contatto con un’ampia fetta di popolazione e sono una fonte affidabile di consigli sulla salute; pertanto, hanno un ruolo fondamentale nel promuovere l’attività fisica presso i loro pazienti. Le evidenze indicano che gli interventi basati sull’assistenza primaria che mirano all’attività fisica da sola o in combinazione con interventi per altri fattori di rischio modificabili, come l’uso di tabacco, l’uso nocivo di alcol e le diete non salutari, hanno dimostrato di essere efficaci e la maggior parte di essi sono anche efficaci dal punto di vista dei costi.27 Esistono forti evidenze a favore della fornitura di brevi consigli e consulenze, in particolare se collegati alle opportunità e al sostegno della comunità.

5. Educazione pubblica, compresi i mass media
L’educazione pubblica, compresi i mezzi di comunicazione di massa, può riguardare la stampa, i media audio ed elettronici, i media digitali e sociali, i cartelloni pubblicitari e i poster all’aperto, le pubbliche relazioni e i suggerimenti nei punti decisionali. Può aumentare la conoscenza, la consapevolezza e l’intenzione di incrementare l’attività fisica. Le campagne di comunicazione nazionali e comunitarie dovrebbero seguire i principi delle migliori pratiche, tra cui il framing positivo, la personalizzazione e il targeting, l’uso della teoria e della ricerca formativa. L’educazione pubblica dovrebbe essere combinata con infrastrutture di supporto e altre opportunità per l’attività fisica, compresi i programmi basati sulla comunità.

6. Sport e ricreazione per tutti
È sempre più evidente l’ampia gamma di benefici per la salute, la società e l’economia derivanti dallo sport; per molti, inoltre, praticare e impegnarsi nello sport ha un significato culturale significativo. La partecipazione allo sport e alle attività ricreative può essere incoraggiata attraverso la messa a disposizione di luoghi e spazi accessibili e appropriati, comprese le strutture e i servizi al chiuso e all’aperto, nonché le opportunità offerte da club e programmi formali e informali. Gli eventi di massa che coinvolgono l’intera comunità possono contribuire a creare una norma sociale per la partecipazione allo sport e alle attività ricreative.

7. Luoghi di lavoro
Il luogo di lavoro è uno dei contesti più opportuni per la promozione della salute, che può portare benefici ai datori di lavoro grazie alla riduzione dell’assenteismo e del burnout dei dipendenti. Le politiche e i programmi comprendono la progettazione di ambienti di lavoro che promuovano l’attività fisica; il sostegno al pendolarismo attivo; eventi educativi per informare i dipendenti sui benefici dell’attività fisica; l’incoraggiamento di una cultura lavorativa attiva (come le riunioni a piedi); l’offerta ai dipendenti di tempo retribuito e/o flessibile per l’attività fisica; l’incoraggiamento dell’automonitoraggio tramite dispositivi indossabili o applicazioni per telefoni cellulari.

8. Programmi a livello comunitario
I programmi a livello di comunità offrono più di un approccio per affrontare l’inattività fisica in una popolazione, poiché operano a più livelli (individuo, rete sociale, quartiere e società) per influenzare il comportamento. Questi programmi possono utilizzare approcci basati sui sistemi per creare politiche, ambienti e programmi di supporto per incoraggiare intere comunità a essere più attive fisicamente. I programmi a livello di comunità possono includere un mix di componenti identificati nelle precedenti 7 aree di investimento, con particolare attenzione ai programmi multicomponente e a un ampio raggio d’azione per la comunità.

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Leo Messi: il migliore di sempre

Il bello dell’universo sport è che si compone di molti mondi diversi. Sono tanti quante sono le discipline sportive. In queste settimane, abbiamo assistito da spettatori a quello che è successo nella galassia del calcio. Probabilmente la più seguita. I suoi eroi migliori hanno raggiunto le semifinali, giocando in due squadre europee la Francia e la Croazia, in una sudamericana, l’Argentina e in una africana, il Marocco. Pubblico ed esperti hanno decretato che il migliore è stato Leo Messi, che aveva già vinto quasi tutto, gli mancava la coppa del mondo che ora ha vinto con l’Argentina.

Il calcio ci entusiasma e la sua comprensione è immediata: salti l’avversario o vieni bloccato, tiri in porta e fai gol o vieni parato, vinci un contrasto o lo perdi, basta un solo gol per vincere. In realtà, è molto più complesso ma i bambini che lo giocano e noi che lo guardiamo non andiamo molto oltre queste semplici osservazioni. In questo contesto emerge il campione, colui che nei momenti decisivi non ti tradisce, che spesso determina il risultato, il giocatore che gli avversari temono di più e quello a cui tutti vanno addosso per limitarne l’azione con la consapevolezza che sarà molto difficile impedirgli di fare quello che vuole. Questo amiamo del calcio e con questo s’identifica ogni giovane che gioca con la maglia del suo campione preferito.

Chiedersi chi è il numero del calcio di tutti i tempi ha senso poiché il calcio è vissuto in questo modo molto affettivo. Non si tratta solo di parlare delle emozioni che suscita una partita, ma del legame affettivo, di amore, che ci lega al campione. In questo confronto, vince chi gioca nel presente, tutti lo possiamo vedere e siamo testimoni delle sue gesta, per cui il confronto non è più tra Pelè, passato remoto, e Maradona, passato prossimo, ma tra quest’ultimo e il dominatore di oggi, Messi, che rappresenta il presente. Così è probabile che fra qualche anno il paragone riguarderà Messi e Mbappé.   Ora però il migliore di sempre è Leo Messi, che per essere tale ha dovuto conquistare questo titolo superando un avversario del presente altrettanto vincente. La sfida di un decennio tra Cristiano Ronaldo e Leo Messi, a colpi di pallone d’oro e e di successi, ha rappresentato questa sfida. Ronaldo alla fine ha perso perchè come Ettore contro Achille è stato abbandonato dagli dei, rappresentati dal suo stesso narcisismo, che gli ha impedito di trovare altre soluzioni all’incidere perentorio dell’età. Non ha saputo mettersi al servizio della squadra, rinunciare a qualcosa di sé per un bene superiore e ne ha pagato il prezzo più alto. E’ morto il re, viva Messi.

Leggere è importante

By @Poesiaitalia

Come gestire il ritorno dal mondiale

Per molti giocatori il mondiale in Qatar è terminato mentre altri sono entrati nelle due ultime decisive partite per la vittoria finale o comunque per confermare un risultato prestigioso. Tutti stanno tornando o torneranno a giocare nei loro club. Molti saranno insoddisfatti, altri invece avranno realizzato il loro sogno. Tutti dovranno recuperare e ri-mettersi in clima campionato.

Questo periodo dovrebbe essere suddiviso in alcune fasi.

La prima corrisponde a una fase di recupero fisico e mentale dalle esperienze vissute durante il mondiale in Qatar. Dopo quasi un mese vissuto solo per essere pronti a giocare le partite ora si tratta di ri-amplare il proprio focus sul mondo esterno da quello più ampio al di fuori del sport a quello più personale relativo della propria cerchia familiare e di amici. Consapevoli di avere vissuto un’esperienza eccezionale ora si deve uscire dall’isolamento raggiunto con la propria squadra nazionale. Sono giorni in cui ci si dovrebbe rilassare e fare attività per il solo piacere di farle, fuori dagli orari e dalle regole rigide della vita abituale del calciatore. E’ un  momento necessario per raffreddare e dare un senso alle emozioni vissute in quei giorni, mettendo in evidenza cosa si è imparato per il futuro prossimo e riducendo il peso di ciò che si ritiene sia andato male o al di sotto delle proprie aspettative.

La fase successiva è quella del rientro in squadra e della ripresa della propria routine quotidiana in vista del campionato. Se la fase precedente di decompressione sarà stata svolta in modo ottimale, sarà più facile ritrovarsi con la motivazione richiesta per mantenere un ritmo partita efficace. Il ruolo dell’allenatore sarà indispensabile per guidare il suo gruppo di atleti a ricominciare con l’entusiasmo e l’intensità necessari a giocare al loro meglio. Il clima di squadra sarà decisivo nelle prime partite e le sostituzioni durante la gara saranno, a mio avviso, un parametro utile  per capire quanto ognuno è disposto a impegnarsi per il fine comune. Chi esce deve capirne e accettarne i motivi mentre chi entra deve sentirsi indispensabile per la squadra e giocare di conseguenze.

La questione morale nel calcio

La questione morale è un tema centrale in qualsiasi azione umana, figuriamoci quanto lo possa per le imprese dello sport che hanno la responsabilità di orientare le motivazioni dei giovani, in questo caso del calcio, e di ottemperare alla correttezza dei risultati sportivi, determinati non solo da quello che succede in campo ma anche da come queste stesse società realizzano i loro obiettivi.

Si può dire che per l’impresa sportiva la questione principale  non dovrebbe essere solo quella del profitto ma anche come produrre valore, giacché le azioni che permettono d’identificare comportamenti socialmente responsabili sono proprio quelli che hanno in se stessi una forte componente valoriale. A loro volta, per i manager si tratterà di comprendere quali siano le decisioni da prendere per il soddisfacimento di queste due esigenze.

In relazione a questi aspetti,  il costrutto di responsabilità sociale è poco permeato nelle società di calcio. Prova ne sia che la ricerca su internet effettuata con parole chiave che associano la parola sport ad altre quali appunto responsabilità sociale o reputazione società sportive evidenzia poche informazioni di rilievo. Risultato opposto lo si raggiunge invece se si digitano gli stessi termini ma associati al mondo delle imprese (su Google si trovano più di 3.000.000 di voci). Emerge, quindi, in tutta la sua evidenza l’arretratezza culturale del mondo dello sport e delle sue imprese, le organizzazioni sportive, che probabilmente potrebbero essere inserite nella categoria delle aziende scettiche. E’ possibile considerare lo scandalo del calcio italiano del 2006 come un esempio di applicazione negativa del concetto di responsabilità.

Al di là delle conclusioni a cui è giunta la giustizia sportiva, il primo risultato ottenuto da questa condotta è stato di tradire la fiducia che una componente rilevante della comunità sociale e in particolari i bambini avevano nelle squadre e nei loro idoli.

 

La Juventus deve ritrovare valori e responsabilità sociale

Gli atti di accusa contro la Juventus riguardano plusvalenze artificiali, notizie false sugli stipendi, false comunicazioni sociali, manipolazione del mercato e altre ancora. Queste accuse, ovviamente da dimostrare, riportano al concetto d’inganno che è alla base della frode.

L’inganno è un’azione condotta consapevolmente allo scopo di non fare avere ad altri informazioni vere e rilevanti, di cui questi ultimi ignorano la presenza. E’ un’azione che si caratterizza in termini di ricerca volontaria delle strategie d’inganno e dei modi per attuarle.

Inoltre, l’inganno e la frode sono azioni che assumono senso solo all’interno del contesto sociale nel quale sono attuate, rappresentano una violazione di diritti e si configurano come atti aggressivi, a loro volta finalizzati a ottenere un vantaggio ingiusto su un’altra entità a favore di una di un’organizzazione. Le frodi da parte delle imprese sono un fenomeno da sempre abbastanza diffuso che non riguarda solo gli ultimi 15 anni della storia sportiva e quelle promosse dal management o dalla proprietà della stessa azienda rappresentano una delle tipologie più frequenti.

Si forma così una subcultura deviante all’interno dell’organizzazione allo scopo di separare coloro che la perpetrano dalle altre persone dell’azienda che invece seguono le norme e le regole Nel caso della Juventus, i calciatori appartengono a questa seconda categoria di collaboratori. Cosa pensano è difficile immaginarlo e comunque è una loro questione privata. Certamente sono molte le situazioni che si trovano ad affrontare. Riguardano il futuro e l’immagine sociale del club, gli effetti della situazione attuale sui loro contratti,  quanto il loro personale senso etico e di responsabilità sociale peserà sul loro lavoro, gli eventuali danni alla loro immagine pubblica per giocare in un club accusato di brogli finanziari.

Mi sembra di potere affermare che, la squadra, dovendo in ogni caso continuare in modo efficace la stagione agonistica, può riuscirci se come gruppo rinnoverà i valori di coesione che le sono propri e quelli di responsabilità sociale che ha nei confronti delle altre squadre e del più ampio contesto sociale che rappresentano.

La preparazione psicologica nella pallavolo: era il 1984

 ”Le atlete devono avere la testa calma. E’ questo il vostro obiettivo”. Bu Quinxia, cinese, allenatore della nazionale juniores di pallavolo, non ha fatto altre raccomandazioni alla équipe di psicologi che sta seguendo da tempo campionato e manifestazioni internazionali. Il volley è uno sport di “situazione”, che richiede rapidissimi adattamenti al mutare del gioco. Uno sport che crea continue tensioni. “Giocare a pallavolo – dice Pittera, coordinatore delle nazionali – è come fare una partita a scacchi a 120 chilometri l’ ora”. Nel calcio è più facile respirare. In parte si spiega così il massiccio intervento degli psicologi. “Bisogna però chiarire il nostro ruolo – dice Alberto Cei – noi non abbiamo lavorato sulla patologia dell’ atleta. Nessuno stava male… Nella formazione di un gruppo squadra il controllo emotivo, la concentrazione sono fondamentali e vanno seguiti. Risultati? “Ottimi a livello agonistico, ma ovviamente il merito non è nostro. L’ Italia è arrivata seconda agli europei juniores dietro l’ Urss, ma soltanto per differenza set. Le due “under 17″ hanno vinto importanti tornei internazionali. A noi comunque interessa approfondire un altro discorso: l’ introduzione di tecniche di rilassamento subito prima della partita ha avuto ottimi effetti. E’ un lavoro lungo; questi atleti vanno seguiti fino alla Nazionale. Crescono giocando a pallavolo”. Un metodo quasi russo… “Forse sì, se il nostro lavoro significa seguire passo passo l’ evoluzione di un ragazzo. Ci sono ad esempio, com’ è chiaro, differenze fondamentali tra uomini e donne. I maschi partono già più motivati al successo sportivo. Le ragazze sono più attente invece ai rapporti interpersonali. Parlano di più tra di loro, si difendono da un ambiente che è ancora troppo maschile: hanno certamente più difficoltà a sentirsi brave”. E gli allenatori? “Gli allenatori – dice Davide Ceridono – ci hanno accolto bene. E’ ormai scomparsa la figura del tecnico unico responsabile della conduzione. Anche tra di loro tendono a completarsi a vicenda. Senza considerare che spesso la comunicazione non passa attraverso le parole. Bu Quinxia saprà in tutto trenta parole d’ italiano”. In generale è possibile parlare di disagio per certi atleti? “Si tratta di atleti che hanno molte gratificazioni. A parte quelle finanziarie, sono spesso piccoli eroi di provincia, girano il mondo a vent’ anni”. Come si potrebbe riassumere il vostro intervento? “Sono quattro gli obiettivi: 1) controllo emotivo, 2) concentrazione; 3) recupero dell’ energia; 4) intervento sul gruppo. Necessario sottolineare l’ importanza della coesione: la squadra è fatta da sei che giocano e quattro che stanno in panchina. Motivare anche chi resta fuori non è facile. Specialmente se si giocano trenta incontri internazionali in quattro mesi. Del resto anche Liedholm disse una volta che Superchi aveva avuto grandi meriti nello scudetto della Roma. Eppure Superchi non era mai entrato”. Ceridono e Cei hanno anche compiuto, insieme al prof. Scilligo, Chiara Bergerone e Franca Formica, una ricerca sulle “relazioni tra processi intrapsichici e interpersonali e prestazione sportiva”. Sono stati studiati i comportamenti di 255 atleti, appartenenti a 30 squadre di A/1 e A/2. I risultati sono interessanti. “I giocatori di alta classifica – ad esempio – hanno dimostrato una notevole capacità di proteggersi, di curare i propri interessi, di raccogliere informazioni ed esaminare realisticamente se stessi. In loro è stato individuato un minor grado di trascuratezza e rifiuto di sè. La stessa visione della vita viene fuori dai rapporti con la squadra. Nei loro confronti essa si pone in modo liberale, accogliente, premuroso e direttivo”. Al contrario, i giocatori di bassa e media classifica percepiscono nella maggior parte dei casi la squadra come punitiva, ostile o assente”. Un dubbio: e se fossero i risultati a influenzare tali comportamenti? “In parte è così: cambia però la reazione davanti alla sconfitta. Non si è mai primi per caso”.

Lo sport è emozione: insegnamo a viverle bene

Lo sport è un’attività emozionante per il ragazzo che deve fare la prima gara dopo un periodo di preparazione e già si chiede come andrà, mettendo le mani avanti chiedendosi come andrà  a finire, visto che è passato un po’ di tempo dall’ultima. Lo è anche per Modici e Neymar, i simboli di due squadre, la Croazia e il Brasile, che sono a giunte ai rigori per decidere chi passava il turno. Al termine, tutti a piangere chi di gioia e chi per il dispiacere.

Lo sport genera con facilità emozioni, tanto da considerare lo stress che determina come un privilegio. Sono emozioni che non nascono da guerre, disastri o fatti negativi ma dal sentirsi impegnati in qualcosa che piace fare. Lo sport è passione, che alcuni riescono a trasformare in un lavoro, senza però che vengano accantonate le emozioni che determina in ogni persona, campione planetario o giovane che vuole divertirsi.

Lo sport è collegato al benessere, quindi, permette lo sviluppo di molte abilità psicologiche e sociali che dovrebbero arricchire la vita quotidiana e non solo quella sportiva di una persona. Per realizzare questo scopo, lo sport si deve basare sui valori universali del rispetto dell’altro e delle regole, altrimenti diventa truffa o ricerca di scorciatoie per raggiungere il successo.

Ai giovani bisogna insegnare il valore delle emozioni, spiegargli che accompagnano ogni nostro pensiero e azione. Che non è sbagliato essere delusi o arrabbiarsi per una gara andata male, anzi le emozioni negative sono una dimostrazione del nostro interesse verso quell’attività. Dobbiamo però anche insegnargli a vivere le loro passioni e le delusioni in modo costruttivo. Insegnare loro che quando noi adulti diciamo che è dagli errori che s’impara, lo crediamo anche noi e non ci comportiamo invece nel nodo opposto, umiliandoli perchè sbagliano.

Gli insegnanti che sono i genitori, gli allenatori e gli psicologi devo fornire loro dei modi per gestire le difficoltà che incontrano e non lasciarli, invece, soli nel capire quello che è successo e nel trovare delle soluzioni.

 

I numeri dello sport per tutti

I numeri dello sport per tutti secondo un’indagine condotta dall’Osservatorio permanente dello sport di base – Eps, promosso dagli enti ACSI, AiCS, ASI, UISP, US Acli, in collaborazione con l’istituto di ricerca Swg e la società di consulenza Kratesis, e finanziato da Sport e Salute. L’obiettivo della ricerca è stato di determinare il peso della promozione sportiva nel contesto economico e sociale italiano.

300.000 eventi organizzati nel  2021 tra sport (oltre 180.000) e sociale (quasi 120.000).

2,3 miliardi di euro ogni anno sono i costi sanitari originati dal 30% d’italiani sedentari.

35% della dirigenza del sistema degli enti di promozione sportiva sono donne, il doppio rispetto alle federazioni sportive nazionali.

59% dei contratti delle donne negli enti dei promozione sportiva è a tempo indeterminato, mentre il 41% degli stessi riguarda gli uomini.

-6% di organizzazioni sportive dal 2019 e -17% di persone sono da attribuire alla pandemia.

+ 13%. d’iscritti alle federazioni sportive determinato dalla decisione di privilegiare lo sport agonistico a dispetto di quello di base.

60% delle entrate degli enti di promozione sportiva deriva dall’autofinanziamento, prima tra tutte il tesseramento.

+ 17%,  pari a 98 milioni, sono le maggiori spese per sostenere la ripresa post Covid.

Profili psicologici nelle diverse fasi del calcio giovanile

James Barraclough, David Grecic & Damian Harper (2022) Examining the psychological characteristics of developing excellence profiles of male English youth soccer players: differences across ages and performance levels, International Journal of Sport and Exercise Psychology.

Lo scopo di questo studio è stato quello di analizzare le differenze nei profili psicologici tra le diverse fasce di età (U13, U14, U15, U16 e squadre giovanili) e le categorie di partecipazione (categorie 1, 2 e 3 a livello di accademia e di base) nei giocatori di calcio giovanili inglesi (n = 375). I dati sono stati raccolti utilizzando il questionario PCDE versione 2 (PCDEQ2). Le differenze tra le fasce d’età e le categorie di partecipazione sono state analizzate con il test H di Kruskal-Wallis. Tra le varie fasce d’età, sono state registrate le maggiori differenze nelle tendenze perfezionistiche (d = .57, p = <0,01) e nella risposta avversa al fallimento (d = .49, p = <0,01), con i giocatori delle squadre giovanili che hanno riportato i punteggi più alti. Tra le categorie di partecipazione sono state osservate le maggiori differenze nei PCDE nelle tendenze perfezionistiche (d = .64, p = <0,01), nel controllo e nella gestione di sé (d = .63, p = <0,01) e nella risposta avversa al fallimento (d = .58, p = <0,01), con i giocatori della categoria 1 che hanno riportato i punteggi più alti. La squadra giovanile e i giocatori di categoria 1 hanno anche dimostrato i punteggi più alti nell’uso dell’immaginazione e della preparazione attiva, con i giocatori di categoria 1 che hanno anche dimostrato i punteggi più alti e più bassi nell’uso di strategie di coping attivo e nella presentazione degli indicatori clinici, rispettivamente. I risultati del presente studio hanno importanti implicazioni per i principali soggetti coinvolti nella pianificazione e nel monitoraggio dell’ambiente di sviluppo del talento di un giocatore. Occorre prestare attenzione all’identificazione e allo sviluppo delle caratteristiche psicologiche dei giocatori per garantire un’assistenza positiva durante il loro percorso.

Questa ricerca mostra quali dovrebbero le tipologie di ricerche da condurre nelle categorie dell’attività giovanile nel calcio e anche negli altri sport di squadra. Un tema che la maggior parte delle nostre società calcistiche non sanno affrontare.