Archivio mensile per marzo, 2022

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Segnaletica Di Luce Al Neon Sulla Parete

(Photo by Cristopher Farrugia)

Il costo della distrazione di Donnarumma

Avete mai sperimentato la frustrazione di volervi concentrare su qualcosa e non riuscirci, perchè la vostra mente va da tutta un’altra parte e non riuscite a riportarla indietro, all’idea, l’azione o il sentimento che volevate sperimentare.

Direi, che non ci si deve preoccupare troppo quando ciò succede. Distrarsi è infatti un’esperienza molto frequente e comune a tutte le persone. Tuttavia, ci sono delle volte in cui paghiamo un prezzo troppo elevato per una semplice distrazione. Pensiamo, ad esempio, al portiere del Paris Saint Germain, Gigi Donnarumma, che contro il Real Madrid ha fatto un passaggio che ha attraversato per tutta la sua lunghezza la porta che lui difendeva e su cui è piombato con facilità un calciatore avversario che la messa in rete.

Probabilmente Donnarumma non aveva mai fatto prima di quel momento un errore di quel genere, ma si era distratto e così ha fatto la cosa sbagliata nel momento sbagliato. Voi direte che uno dei portieri migliori al mondo non dovrebbe commettere errori così gravi dovuti a superficialità. Invece, come abbiamo visto è possibile.

Quindi, anche in persone così esperte le distrazioni sono sempre in agguato e maggiore è l’importanza della situazione più grave sarà l’effetto dell’errore. Donnarumma, ovviamente, sa bene che questi errori non devono mai accadere ma non basta la consapevolezza a evitarli. La sua spiegazione dell’errore è stata rivolta a convincere l’arbitro che aveva subito un fallo che gli aveva ostacolato il rinvio. In sostanza, un tentativo di spostare l’attenzione dalla superficialità con cui aveva affrontato quell’azione.  In una gara, la superficialità è sinonimo di scarso rispetto dell’avversario, che conduce a dare poca attenzione a ciò che sta realmente succedendo in quegli istanti. In quei momenti, il calciatore è distratto per diverse ragioni fra cui sottostimare la minaccia rappresentata dall’avversario e dall’errore, nella convinzione che tutto andrà bene.

E’ stato fatto invece un goal dal Real Madrid e questo ha portato anche alla contemporanea convinzione degli spagnoli di potere vincere e alla reazione depressiva del PSG, che non ha saputo ritrovare la fiducia perduta, a causa di una distrazione di un suo calciatore. Come dicono gli adolescenti che giocano a tennis di un avversario, quando a causa di un punto perso ne perde molti altri in modo consecutivo, il PSG ha sciolto.

 

Real Madrid-PSG: adulti vs adolescenti

La partita tra Paris Saint Germain e il Real Madrid è stata vinta dagli spagnoli grazie alla loro determinazione e qualità agonistica.

E’ stata la partita in cui è emerso in modo evidente che la qualità dei calciatori, se intesa solo in termini tecnici non è sufficiente a vincere le partite importanti, quelle decisive, quelle che valgono una stagione sportiva. Infatti, il PSG è composto da giocatori straordinari (Messi, Mbappé, Neymar, De Maria, Donnarumma) che messi insieme non hanno i comportamenti della squadra campione. Al contrario, il Real Madrid è una squadra che vuole vincere queste sfide, ne conosce i meccanismi e gioca come squadra, unita e decisa.

Quando il PSG ha subito il primo goal su errore grossolano e superficiale di Donnarumma, per dirla con le parole in uso fra gli adolescenti, si è sciolto. E’ in pratica scomparso il suo modo di giocare e le sue stelle non hanno fatto la differenza in campo, di colo sono diventati assenti. Soprattutto è mancata la coesione di squadra che manifesta in combattività sul campo. Il PSG si è comportato come se fosse un Flaneur, parola francese per indicare un borghese che bighellona per la città senza obiettivi. Il PSG è diventata una squadra di perditempo, non sapevano cosa fare perchè non l’avevano previsto e in ogni caso non è nella loro mentalità quello di avere un piano per i momenti difficoltà. Come gli ottimisti superficiali hanno pensato al match solo come a un evento che sarebbe andato come loro volevano.

E’ stata la partita fra la mentalità adulta di una squadra contro la mentalità adolescenziale dell’altra. Hanno vinto i grandi.

Quanto è difficile concentrarsi

Per un atleta concentrarsi è una delle attività mentali più difficili da sviluppare.

Nello sport la concentrazione deve essere totale, e il suo sviluppo non ha mai fine, poiché crescendo il livello di difficoltà della prestazione da fornire, crescono insieme anche gli ostacoli al mantenimento dell’attenzione necessaria.

Gli errori, inoltre, sono sempre in agguato e ognuno di loro  può togliere energia e convinzione alla capacità di rispondere con efficacia.

Abitualmente gli atleti non hanno consapevolezza del livello d’intensità della loro concentrazione: sono concentrato sulle cose giuste? Mi muovo con un adeguato grado d’intensità= sono consapevole del timing della mia azione (giusto, troppo lento o troppo rapido).

E’ possibile essere convinti di essere attenti e fare errori di concentrazione? Sì!

Lo sai che si commettono errori perchè: si agisce prima di pensare, si pensa troppo e che si fa la cosa giusta nel momento sbagliato.

L’allenamento dell’attenzione consiste nel dare risposte a queste domande.

Per saperne di più e acquisire gli strumenti per agire professionalmente come psicologo nel miglioramento delle prestazioni non solo sportive, iscriviti al Master di Psicologia dello Sport organizzato a Roma e Milano da Psicosport.

 

Sei veramente esperto?

Quanti leader-manager, allenatori, insegnanti ragionano in questo modo?

  • Sentirsi impegnati ad acquisire e ampliare nuove strategie e modi di lavorare.
  • Sempre auto-valutarsi e raggiungere nuovi adattamenti.
  • Maturare o cambiare richiede tempo. E’ necessario essere pazienti e onesti con se stessi.
  • Sapere che solo perché qualcosa ha funzionato negli ultimi due anni non fornisce garanzie che continui a farlo nel prossimo futuro. E’ necessario sapere valutare e adattare il proprio approccio e le strategie.
  • Bisogna lavorare duro e bisogna saperlo accettare.
  • Bisogna essere consapevoli che per diventare esperti ci vorrà molto più tempo di quanto si era previsto.
  • Restare esperti nel corso di una carriera richiede un impegno incessante.

Le adolescenti in UK lasciano lo sport

Uno studio condotto da Women in Sport, intitolato “Reframing sport for teenage girls: tackling teenage disengagement” ha messo in evidenza che più di 1 milione di ragazze che si consideravano sportive alle elementari perdono interesse nell’attività fisica da adolescenti.

Le ragioni dominanti sono da attribuire alla paura di essere giudicate, la mancanza di fiducia e l’antipatia degli altri.
Poco meno della metà (47%) ha detto di essere troppo impegnata con il lavoro scolastico per continuare a fare sport.

Il 78% delle ragazze che praticano sport dichiarano di astenersi dal praticarlo quando hanno le mestruazioni, per dolore e percezione di fatica.

Il sondaggio ha anche scoperto che la pandemia ha colpito le preoccupazioni delle ragazze adolescenti sul loro aspetto, così come i problemi di salute mentale, più dei ragazzi. Ha trovato che sono meno fisicamente attivi dei ragazzi in generale e sono molto meno propensi a partecipare a sport di squadra.

I dati di questa indagine mostrano una situazione in UK piuttosto grave, poiché solo il 37% delle ragazze dichiarava di praticare attività fisica rispetto al 54% dei ragazzi. Percentuali che peggiorano di molto fra 17-18 anni in cui solo 3 ragazze su 10 si descrivono come sportive, rispetto a 6 ragazzi su 10.

L’autostima e i problemi di immagine corporea sono stati trovati come problemi con cui tutte le ragazze hanno lottato, ma questo era particolarmente vero per le ragazze che avevano smesso di prendere parte allo sport e all’attività fisica quando sono cresciute.

 

 

Il rapporto ha mostrato che la maggior parte delle ragazze ha capito i benefici dell’essere attivi e che volevano aumentare i loro livelli di attività fisica, ma solo il 47% ha detto che hanno trovato facile motivarsi.

Stephanie Hilborne, l’amministratore delegato di Women in Sport, ha detto: “È una farsa assoluta che le ragazze adolescenti siano spinte fuori dallo sport su tale scala”. Ha aggiunto che perdere lo sport in questa fase formativa della loro vita equivale a una “perdita di gioia e di buona salute per tutta la vita”.

“Dobbiamo sfatare il mito che le ragazze adolescenti abbandonano lo sport semplicemente perché le loro priorità cambiano. La nostra ricerca ha scoperto che il 59% delle ragazze adolescenti che erano sportive amano lo sport competitivo, ma sono state bocciate a causa di stereotipi dei primi anni, opportunità inadeguate e una completa mancanza di conoscenza sulla gestione della pubertà femminile.

“Le ragazze adolescenti non stanno lasciando volontariamente lo sport, ma vengono spinte fuori come conseguenza di radicati stereotipi di genere. Dobbiamo tutti fare di più per invertire questa tendenza e non continuare ad accettare questo come inevitabile”.

L’associazione chiede alla scuola e alle associazioni sportive di mantenere le ragazze impegnate nello sport, soprattutto durante la transizione dalla scuola primaria alla scuola secondaria e durante la pubertà.

Tennis e gestione dell’ira e impulsività

Tennis - gioco in cui bisogna mostrare le emozioni utili per condurre il proprio gioco, che richiede: competenze tecnico-tattiche, esplosività e intenso agonismo.
Non scordiamoci che il tennis è una combinazione perfetta di gesti violenti inseriti in un contesto di totale tranquillità.
Tuttavia questo approccio non deve trasformarsi in impulsività e ira che hanno un impatto devastante sulla prestazione, nessuno è in grado di gestirle a proprio favore poiché bloccano la mente e qualsiasi forma di ragionamento.

A questo riguardo i tennisti emettono versi vocali o gridano nell’atto di colpire la palla. Perché?

  • Percepire di colpire più forte la palla. Attraverso l’urlo s’imprime più forza al colpo.
  • Scaricare la tensione emotiva del momento.
  • Alzare il volume della voce per impedire l’accumulo di stress.
  •  Affermare la propria dominanza su quel territorio. Vi ricordate il grido di Tarzan nella foresta?
  • Spaventare l’avversario. L’oggetto della propria aggressività è l’altro che va emotivamente dominato.

 

La filosofia di Toni Nadal

In questa intervista Toni Nadal descrive quale è stata la filosofia che lo ha guidato nell’allenamento di Rafael Nadal.

Sono idee molto utili a chiunque voglia indirizzarsi nella guida di un giovane.

I principi e i valori - “In un passaggio del saggio La civiltà dello spettacolo, Mario Vargas Llosa scrive – Cosa significa civiltà dello spettacolo? Quella di un mondo in cui il primo posto nella scala dei valori attuale è l’intrattenimento e dove divertirsi, sfuggire alla noia, è la passione universale – in questo modo, non annoiarsi, evitare ciò che disturba, preoccupa e angoscia è diventato sempre più per i settori sociali dall’apice alla base della piramide sociale, un mandato generazionale. Aggiungerei che ciò ha conseguenze contrarie, se non devastanti, per una buona formazione del carattere”.

Valore delle difficoltà - “Non mi piace che le cose siano troppo buone. Come disse Quevedo (uno scrittore e poeta spagnolo): “Chi si aspetta che nella sua vita sarà tutto di suo gradimento, avrà parecchi problemi” e io penso che sia così. Inoltre, credo che le persone imparino molto più nella difficoltà che nella facilità, quindi questa è stata la mia idea. Soprattutto che fosse capito anche da Rafael”.

Vincere e continuare a lavorare duramente -  “Quando ti abitui a vincere molto, a volte dimentichi i tuoi principi, dimentichi ciò che ti ha fatto vincere. Ecco perché penso che tu debba sempre prestare attenzione a queste cose. Quando Rafa ha guadagnato molto, ricordo che gli ho sempre detto di lavorare maggiormente per prolungare il momento positivo. Poi quando le cose sono andate un po’ male, gli ho detto di allenarsi di più per uscire da questo tunnel il più presto possibile”.

Volere sempre fare bene e migliorarsi - “Per tutta la vita ho pensato che se non avessimo fatto le cose bene, gli altri sarebbero stati abbastanza bravi da superarci. Il momento storico è stato altissimo, in ogni momento siamo stati molto vicini alla vittoria ma anche molto vicini alla sconfitta “,

Rispettare gli avversari - “La prima cosa è che il rispetto non è solo con Federer, è un rispetto per tutti. Non capisco un altro modo di intendere il tennis e la vita se non si ha il rispetto per gli altri. Poi, quando sono arrivati ​​i brutti momenti, li abbiamo superati sempre nello stesso modo, attraverso la riflessione e l’accettazione delle avversità “.

Vivere la vita fuori dal tennis con semplicità -“Rafa ha vissuto quella maturità emotiva come qualsiasi altro tennista. Quando è su un campo da tennis e ci sono 25.000 persone che guardano, è chiaro che si tratti di qualcosa di molto speciale. Ma quando lascia la pista, è una persona totalmente normale. Non ho mai provato a fare di Rafael un esempio, ho solo provato a non renderlo mai un cattivo esempio“.

Accettare gli errori e le sconfitte -  Capire e accettare che anche se facessimo tutto questo, non necessariamente le cose andrebbero bene. È cresciuto ascoltando e soprattutto assimilando tutta una serie di frasi che gli ho ripetuto instancabilmente: se non sei in grado di sconfiggere il tuo rivale, almeno non aiutarlo a sconfiggerti.  Fare tutto ciò che tocca non ci garantisce il successo; non farlo quasi certamente ci garantisce il fallimento. Quando combattiamo in una situazione del tutto avversa, quasi sempre finiremo per perdere; ma ci sarà un giorno in cui riusciremo a girare la situazione. E quel giorno giustificherà tutti i precedenti. È molto difficile dominare la palla se non sei in grado di dominare la tua volontà”.

Cos’è l’allenamento?

Vi ritrovate in questa definizione di allenamento? E per quali ragioni?

Quanto sei orientato al cambiamento?

Se l’orientamento al cambiamento di un leader è uno atteggiamento base da assumere gli altri due sono rappresentati dal desiderio di assumersi nuove responsabilità e di attribuirne ai collaboratori.

  • Sentirsi responsabili significa  essere consapevoli di aver agito esattamente come si sarebbe dovuto con la scrupolosità e la velocità necessarie, considerandosi totalmente coinvolti nei risultati raggiunti. La domanda a cui rispondere è si deve dare una risposta è:  “Ho fatto proprio tutto quello che era in mio potere di fare?” Quando la risposta è affermativa significa che si era accettato pienamente l’incarico ricevuto, che lo si condivideva, che si era stati motivati a portarlo a termine nel modo migliore, servendosi delle risorse necessarie e che ci si sente responsabili di quanto ottenuto.
  • Altro aspetto fondamentale riguarda l’attribuire responsabilità ai propri collaboratori. Ad esempio, in situazioni di stress organizzativo prolungato nel tempo accade che un manager sia convinto di voler attribuire maggiore delega ai suoi collaboratori perché sentendosi pressato da troppe richieste, ha difficoltà a gestirle e questo determina una riduzione del tempo dedicato alle attività pianificate e un conseguente incremento di quello dedicato alle attività di pronto intervento. L’attività quotidiana scorre così veloce per lui che poco per volta alla consapevolezza di dover cambiare subentra l’assuefazione a  questa condizione di non governo della situazione.
  • D’altro canto anche i collaboratori, a loro volta estremamente abituati a questo modo di agire, appena hanno un problema corrono dal capo a sottoporglielo, aspettando soluzioni. Questo circolo vizioso viene spesso anche incoraggiato da una condizione di reciproca soddisfazione tra manager e collaboratori. Infatti, il primo è comunque gratificato dal percepirsi indispensabile e dalla sua capacità di guidare gli altri fornendo soluzioni tecniche. I secondi sono soddisfatti di non dover prendere decisioni che potrebbero essere sbagliate e di agire sotto una guida che gli risparmia di assumersi delle responsabilità.

Insomma, è diffusa la convinzione che per aver successo non è sufficiente possedere il know-how o avere le competenze professionali e l’esperienza. La validità di questa opinione è da tempo largamente dimostrata nello sport. David Hemery, vincitore di una medaglia d’oro nei 400m ostacoli nelle lontane olimpiadi del 1968 intervistando 63 atleti di élite di 20 sport differentimostrò che la consapevolezza e la responsabilità erano i due atteggiamenti più importanti che questi atleti riconoscevano essere stati alla base dei loro successi. Lo psicologo canadese Terry Orlick (1992), che ha avuto una esperienza quarantennale con atleti, manager e astronauti, nel suo modello sull’eccellenza umana ha evidenziato che l’impegno e la fiducia erano le abilità psicologiche più importanti mostrate dai top performer, altri hanno aggiunto a queste due abilità il goal setting, che corrisponde all’abilità di stabilire obiettivi chiari, specifici e sfidanti e di perseguirli attraverso una pianificazione articolata nelle settimane e nei mesi (Durand-Bush, Salmela, e Green-Hemers, 2001).

Da questi dati emerge, con chiarezza, che se le competenze professionali e le esperienze non sono sostenute da un approccio mentale adeguato ci si trova nella condizione di chi pur possedendo una Ferrari ma non sapendola guidare, corre il rischio di essere superato da un’auto meno potente ma meglio guidata.

Chi desidera avere informazioni su come sviluppare queste competenze mi può direttamente contattare tramite questo blog.