Archivio mensile per marzo, 2022

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Barcellona: posizione, intensità e rapidità

Xavi è tornato a Barcellona con diverse ossessioni tecnico-tattiche, due su tutte: individuare l’uomo libero e ridurre al minimo le palle perse. Recuperando il gioco di posizione e il livello di intensità necessaria a riprendersi il pallone nel minor tempo possibile, Xavi ha schiantato il Real di Carlo Ancelotti che, se non fosse stato per le parate di Thibaut Courtois, sarebbe andato a dormire con un risultato ancora più pesante sulla coscienza: “Perché chiedevo ai ragazzi di correre anche quand’eravamo in vantaggio di quattro gol? Perché se è vero che oggi stavamo vincendo 4-0, è altrettanto vero che quando saremo in vantaggio di una sola rete, per non perdere, dovremo continuare a correre e pressare, ad aiutare i terzini… Perdere una palla ci deve far imbufalire, a me dà molto fastidio quando succede. E se non siamo esigenti i risultati non arriveranno”.

Come spiegavo agli psicologi del Master di psicologia dello sport, una partita si gioca su alcuni fattori tecnico-tattici ma che hanno nel contempo un forte significato psicologico: posizione, intensità e rapidità.

Questo è ciò che Xavi ha allenato e chiesto di fare al Barcellona. Quante squadre italiane giocano con questo tipo di volontà?

Gli adolescenti sono un nuovo problema di questi anni?

Gli adolescenti sono un nuovo problema di questi anni? No è un modo di dire tipico di ogni generazione di adulti.

Ecco un esempio di un seminario svoltosi nel 1965, 56 anni fa, durante il 1° Congresso Mondiale di Psicologia dello Sport.

Sport and psycho-social integration
in Proceedings, Roma, 1965

Topic: Progressive maladaptation of young at the development of our society. In a period typically social, the anti-social character of young is growing up.

Main themes: Adolescents are under pressure by the tension between speed of knowledge, pleasure to consume and fast exploitation of the things and the delay to have a stable professional and economical position in the society

Sport roles

  • Break the psycho-social boarders
  • Allow the personal realization
  • Permit to play a relevant social function
  • Determine the dialogue with the other generations
  • Allow a collective affirmation at regards of the authoritarian society, as positive actors of the society

10 regole di una mentalità orientata alla crescita

Psicologia dello sport: conoscere il passato, impostare il futuro

Sta per iniziare il Master di Psicologia dello Sport a Roma. Il primo tema che verrà affrontato riguarda lo sviluppo della psicologia dello sport a partire dalla fondazione dell’International Society of Sport Psychology (ISSP) nel 1965. E’ la storia dei cosiddetti fondatori di questa disciplina nel mondo contemporaneo. Parleremo quindi di Ferruccio Antonelli ma anche di tanti altri studiosi di quei primi anni. E’ un aspetto importante quello che riguarda la conoscenza delle origini della professione nella quale si lavora e che è ignorata dalla maggior parte dei professionisti e ricercatori.

Ma non guarderemo solo al passato ma anche al presente e al futuro. Un tema molto attuale che stanno portando avanti l’ISSP e la Fepsac, l’associazione europea, riguarda la formazione continua degli psicologi. Si stanno definendo quali siano i percorsi non solo formativi ma anche di formazione continua nell’ambito della psicologia dello sport che siano riconosciuti a livello internazionale. La partecipazione a questo movimento mondiale di professionisti diventerà sempre più rilevante e permetterà con più facilità l’accreditamento dei professionisti che hanno svolto percorsi formativi diversi nelle varie nazioni ma uguali in termini di ore di formazione, di supervisione e di mantenimento nel tempo dell’aggiornamento richiesto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Juventus: una partita di adrenalina e ambizione

Massimiliano Allegri dice che alla Juventus per vincere stasera contro il Villa Real servono adrenalina, divertimento e ambizione.

Detto in altre parole, afferma la necessità di motivazione, piacere della sfida e intensità emotiva e di gioco.

Infatti, il controllo e la qualità delle azioni in campo si basa su questo mix emotivo guidato dalla ragione. Giocare una partita con questo approccio mentale non è facile e richiede che l’ambizione (motivazione) continui a essere elevata indipendentemente dal risultato. la squadra deve sapersi dare delle istruzioni se trovandosi in vantaggio tenderà a ridurre l’adrenalina, per difendere il risultato, giocando così per non perdere e non per vincere. L’adrenalina e quindi le emozioni va comunque gestita per evitare che porti a giocare senza pensare. Un problema quest’ultimo che la Juventus ha mostrato di meno mentre con più frequenza è caduta nel primo caso. Quello in cui rallentando il gioco passa da un atteggiamento orientato a vincere a uno centrato sulla difesa del risultato positivo.

Vedremo cosa succederà.

Le ragioni di Tom Brady per continuare a giocare

Leggendo del ritorno di Tom Brady nell’agone del football viene da chiedersi come sia possibile che un Campione di oltre quaranta anni pensi realmente di poter continuare a mantenere questo standard elevato. La maggior ha già smesso da molti anni ma lui vuole continuare. Dobbiamo accettare questa scelta di vita, esistenziale, senza mettergli addosso delle etichette come highlander, narcisista e così via. Ognuno è molto di più di quello che appare in pubblico e probabilmente Tom Brady soddisfa suoi bisogni profondi che non sonore noi  facili da comprendere ma che per lui esistono.

Il concetto da sviluppare è che non esiste la persona a un’unica dimensione, in questo il Campione ma la persona con le caratteristiche del campione o che gareggia da campione. Questa idea è analoga al concetto di disabilità, non si dice “è un disabile” ma è “una persona con disabilità, un bambino con la syndrome Down”.

Lo stesso ripete Amartya Sen quando spiega “non sono mai esistiti uomini e donne che potessero essere ricondotti a un’unica appartenenza culturale, politica o religiosa, «la stessa persona può essere, senza la minima contraddizione, di cittadinanza americana, di origine caraibica, con ascendenze africane, cristiana, progressista, donna, vegetariana, maratoneta, storica, insegnante, romanziera, femminista, eterosessuale, sostenitrice dei diritti dei gay e delle lesbiche, amante del teatro, militante ambientalista, appassionata di tennis».

Il concetto esistenziale è che ognuno vale più dell’attività con cui viene abitualmente identificato e che il riconoscimento di questo status dovrebbe fornire una visione complessa e articolata dell’atleta stesso nei suoi confronti.

 

Allenare emotivamente i giovani

Simeone, l’allenatore dell’Atletico Madrid, dopo la finale di Champions League persa ha dichiarato che “si può vincere perdendo se dai tutto te stesso”. E’ un concetto chiave per lo sviluppo di un atleta e dovrebbe venire insegnato sino dal primo giorno che un bambino o una bambina entrano su un campo da gioco. Al contrario si vedono giovani che appena commettono un errore si arrabbiano con se stessi o si deprimono. Sappiamo che ciò succede per la congiunzione di motivi diversi:

  • i genitori spesso non riconoscono il valore dell’impegno e pensano che conti solo vincere, pertanto si arrabbiano con i figli per gli errori commessi e vorrebbero sostituirsi all’allenatore per dargli indicazioni tecniche,
  • gli allenatori sono più concentrati a insegnare la tecnica e non allenano emotivamente gli atleti,
  • i giovani stessi non sono capaci a esprimere le loro emozioni in modo costruttivo e mancano di auto-controllo.

E così si vedono giovani tennisti che sbattono la racchetta a terra dopo un errore alternando stati d’animo di rabbia e depressione contro di sé o in altri sport commesso un errore ne conseguono quasi rapidamente altri, perché negli atleti domina la frustrazione dovuta dal primo sbaglio.  Per cambiare questo modo di vivere le sconfitte e gli errori servono genitori e allenatori più consapevoli che il loro ruolo prevede anche l’insegnamento dell’auto-controllo, lavorando con i propri figli e atleti per modificare questi comportamenti distruttivi. Non bisogna di certo imporre le nostre soluzioni di adulti ai loro problemi.

Bisogna ascoltare in modo empatico e non per giudicare, così che i giovani si sentano sostenuti e rispettati nei loro stati d’animo. Solo dopo questa fase si dovrebbe iniziare a parlare di cosa si potrebbe fare di diverso, dando tempo ai ragazzi di esprimere le loro idee e a noi di stimolare la loro consapevolezza nei riguardi del loro modo di agire e d’identificare le possibili soluzioni. Agire in questo modo richiede tempo e spesso è per questa ragione che gli adulti non seguono questa strada. Bisogna però essere consapevoli che se spesso si rinuncia a intervenire, i giovani cominceranno a pensare che le loro reazioni non interessano a genitori e allenatori e, peggio ancora, continueranno a comportarsi con se stessi in modo negativo. Se vogliamo che i nostri ragazzi sviluppino l’abilità di gestire con efficacia e soddisfazione i loro stress quotidiani dobbiamo spendere del tempo a insegnare loro come comportarsi, sentire e pensare in quei momenti.

Master Psicologia dello Sport: 40 anni dopo

Parte questa settimana il nuovo Master in Psicologia dello Sport organizzato da Psicosport a Roma.

Sono contento perchè questo nuovo Master inizia esattamente 40 anni dopo che ho ottenuto la specializzazione in psicologia dello sport con un corso di formazione svolto nel 1982 alla Scuola dello Sport a Roma sotto la direzione di Ferruccio Antonelli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’approccio sbagliato alla partita nel calcio

Nel nostro campionato di calcio, emerge chiaramente che un problema che condiziona il gioco della squadre e, quindi, il risultato è l’incapacità di mantenere uno standard di continuità di gioco. Anche questa settimana, abbiamo sentito dire da Inzaghi, allenatore dell’Inter, che la squadra era entrata in campo per giocare la partita con il Torino con la mentalità sbagliata. Significa iniziare una gara con superficialità nella speranza che prima o poi un goal avrebbe deciso la partita a loro favore.
Mentalità sbagliata significa condurre un riscaldamento giusto per non farsi male,  avere la mente occupata anche da altri pensieri che non riguardano il gioco o assentarsi da ciò che avviene in campo.
Quando questo approccio pigro colpisce una squadra è molto difficile modificarlo durante lo svolgimento del gioco: all’inizio domina la presunzione che il risultato cambierà a loro favore, quasi fosse scontato, mentre alla fine può subentrare uno stato di apatia con un gioco quasi fermo o di parossismo agonistico, dominato da uno sterile agonismo.
E’ un problema che ha avuto la Juventus nelle prime partite di campionato, in modo più evidente, e che è stato grave tanto da compromettere l’intero campionato. Le altre squadre pretendenti al titolo lo hanno manifestato maggiormente in questa seconda fase della stagione con una serie di inutili pareggi con squadre di livello inferiore.
Sono questi punti persi che decideranno il campionato, fatto salva la possibilità di crolli o ritorni clamorosi e che comunque ci daranno sempre una dimostrazione della mentalità di squadra.