Archivio mensile per gennaio, 2021

Pagina 3 di 3

Gli atleti hanno bisogno di allenatori esperti

Talvolta nello sport di alto livello si fa strada l’idea che l’atleta forte quando va in gara e nei giorni precedenti la competizione ormai non ha più bisogno dell’allenatore perchè è pronto ed è l’atleta a quel punto che deve dimostrare il suo valore. Si pensa che l’aspetto psicologico dell’avvicinamento alla gara e la gestione della stessa sia un fatto privato, anzi è giunto il momento di dimostrare di “avere le palle”.

La mia esperienza professionale è assolutamente di tipo opposto: proprio perché possono fornire prestazioni eccezionali questi atleti hanno bisogno di persone qualificate al loro fianco che sappiano indirizzarli a vivere questa esperienza in maniera efficace e positiva.

Ho in mente atleti che ti chiedono cosa devono fare o più semplicemente hanno voglia di parlare con qualcuno che li conosce e che è disponibile ad ascoltarli. Senza quest’ultima fase, che può essere svolta dall’allenatore o dallo psicologo, è invece possibile  buttare via  mesi o anni di preparazione per non averne apprezzato l’importanza.

Ho davanti agli occhi atleti che prima della finale olimpica dicono che hanno la nausea e che non vogliono andare in campo o che tre ore prima ti dicono che non si ricordano cosa devono fare, o allenatori che si stupiscono di prestazioni insoddisfacenti senza però avere fatto nulla per prevenirle.

Oggi che tutti si sentono dei motivatori o mental coach questa carenza è ancora più paradossale, ponendo in evidenza che ci vogliono delle competenze professionali specifiche per esserlo e che non basta solo appiccicarsi addosso questa etichetta, senza capire che la allenamento e gara sono fondamentali nel consolidamento della conoscenza tra allenatore, psicologo e atleta.

Essere concentrati sulla prestazione e non sul risultato

Spesso mi chiedo se non sia ripetitivo continuare a parlare che bisogna pensare al gioco o alla prestazione piuttosto che pensare al risultato finale. Ciò nonostante mi trovo a ancora parlare di questo argomento con i giovani con cui lavoro, per la ragione che sono loro stessi a riproporlo. Qualcuno dice: “Penso sempre al risultato della partita, già dal giorno prima così divento teso e nervoso e questo non mi serve” o anche “Penso alla gara più importante anche se è fra un mese e non a quelle che vengono prima”. Un tennista mi ha detto: “Prima pensavo sempre al punto, ora penso di più a spingere”.

Diciamo pure che in massima parte gli atleti non sono allenati a pensare alla prestazione, che riguarda i comportamenti da mettere in atto per raggiungere gli obiettivi di risultato (vincere, fare il proprio tempo migliore, entrare in finale) bensì pensano con più facilità del risultato delle loro azioni, ho vinto/perso.

Molti giovani continuano a pensare che il risultato debba essere il loro pensiero principale.

Bisogna essere consapevoli che l’errore è sempre tecnico, se un tiro nel calcio va fuori anziché in porta vuol dire che si è colpita male la palla, ma questo è solo l’effetto, la questione a cui l’atleta e l’allenatore devono rispondere è:

l’errore è tecnico perchè il giovane ha provato un tiro che non possiede ancora completamente a causa di qualche limite tecnico.

l’errore è mentale perchè doveva passare la palla , dato che da quella posizione non avrebbe mai centrato la porta

Lo stesso errore può avere cause attribuibili a diversi fattori, se l’allenatore continuamente mette l’accento solo sulla tecnica o sulla tattica, l’atleta svilupperà una mentalità in cui ogni errore è sempre tecnico e quindi mai penserà ad allenare la mentalità.

 

La relazione fra obiettivi e insuccessi

“Quanto ti dai obiettivi troppo elevati e non sei in grado di raggiungerli [competenze], il tuo entusiasmo si trasforma in amarezza [motivazione]. Cerca una meta più ragionevole e poi gradualmente sorpassala [esperienza]. È il solo modo per arrivare in vetta” (Emil Zatopek).

Quanto succede nel mondo rivela che spesso le persone non sono in grado di accettare i propri limiti e i risultati negativi, quindi, alcuni abbandonano, altri perdono la fiducia in se stessi, qualcun altro cerca delle scorciatoie o si rivolge a dei guru che dovrebbero farli cambiare. Altri ancora senza saperlo seguono i consigli di Zatopek e continuano così il loro viaggio con rinnovato entusiasmo.

Questa frase dovrebbe essere presente in ogni classe scolastica, in ogni spogliatoio o luogo lavoro perchè spiega quale sia l’atteggiamento da avere di fronte agli errori e alle difficoltà. Fa vedere con chiarezza come non esistano scorciatoie ma solo impegno e dedizione (il sudore di cui parlava Hemingway). Ovviamente neanche l’allenatore o lo psicologo possono sostituirsi a questo atteggiamento, possono certamente spiegare che questo è il modo migliore di reagire, ma il vero lavoro per realizzare questo pensiero è quello svolto dalla persona che si trova in difficoltà per superarla, nessuno può sostituirsi a lui/lei.

Continua il declino dello sport per tutti

10 anni fa ho scritto questo blog e direi che le previsioni negative che facevo si sono avverate.

Non è un tema di attualità perchè è un fatto costante della nostra vita quotidiana. Si tratta dello sport per tutti. Quello che è stato chiamato: lo sport a misura di ciascuno. Gli anni 80 e 90 sono stati quelli dell’incremento degli sportivi attivi e le grandi associazioni di sport hanno raggiunto milioni di aderenti. Fu un successo incredibile e una grande esperienza sociale e di ricerca del benessere da parte degli italiani che erano sempre stati una popolazione di sedentari. Oggi però questa spinta si è ormai persa, il numero massimo di praticanti si ha nella scuola media e poi decresce costantemente: a 20 anni fanno sport, anche in modo irregolare, il 40% delle ragazze e il 60% dei ragazzi; a 30 anni il 30% circa delle donne e il 50% degli uomini, che a 50 anni si riducono al 20% e 30%.

Allora che fare?

Non basta evidentemente organizzare nelle nostre città migliaia di gare podistiche ogni domenica, perchè questo non aumenta la pratica fisica. Se non vogliamo trovarci tra pochi anni con una percentuale di obesi e di problemi sanitari crescenti è necessario che chi si occupa dello sport per tutti esca dai canoni tradizionali che sono stati così efficaci più di venti anni fa. Ci vogliono nuove idee, nuove forme di collaborazione tra le organizzazioni sportive per evitare di finire a condurre una vita divisa tra casa, mezzi di trasporto, scuola o lavoro, mezzi di trasporto e casa. Bisogna uscire dalla fase di denuncia e passare a quella delle scelte.

Perchè fai sport?

Spesso mi domando se parlare di sport non sia un modo di fuggire i problemi pù gravi della società in cui viviamo. Poi mi convinco che lo sport per tutti e quello di eccellenza sono manifestazioni significative della vita delle persone.

Lo sono tanto che già nell’antica Grecia le guerre erano sospese durante le olimpiadi. Non solo … lo sport in tutte le sue forme e a qualsiasi livello e età è un’espressione umana che ci consente affermare noi stessi per il piacere di farlo (una bella corsa in un prato) o perchè ci permette di autorealizzarci.

In questo modo c’è posto per tutti i desideri, per chi vuole camminare e vivere il proprio ambiente nel modo più naturale che gli è concesso e per chi vuole eccellere.

Spesso agli alpinisti viene chiesto “Perchè vuoi scalare l’Everest sapendo che è un’impresa pericolosa”. La risposta è sempre la stessa “Perchè è lì”. Così è lo sport, un’impresa che ognuno può scegliere come affrontare.

Italiani sempre più grassi e sedentari

La piaga della sedentarietà continua a perseguitarci siamo già da sempre fra gli europei meno attivi in termini sportivi e soprattutto in 17 anni la percentuale dei praticanti è aumentata solo del 5,7% mentre i sedentari sono diminuiti del 2%.

Non c’è alcuna speranza concreta che nei prossimi 10 anni s’inverta questa tendenza in modo positivo, in assenza di qualsiasi tipo di politica governativa.

L’anno che è appena iniziato non sarà di certo l’anno dello sport, quello che spingerà a intraprendere una qualsiasi attività motoria in modo continuativo.

L’unico dato che aumenta in Italia è la prevalenza di persone in sovrappeso e con obesità cresce al crescere dell’età, tanto che se l’eccesso di peso riguarda 1 minore su 4, la quota quasi raddoppia tra gli adulti, raggiungendo il 46,1 per cento tra le persone di 18 anni e oltre. La prevalenza maggiore si riscontra in entrambi i generi nella classe 65-74 anni (61,1 per cento) e, mentre la maggioranza degli uomini presenta un eccesso ponderale già a partire dai 45 anni, per le donne ciò si verifica dopo i 65 anni.

Negli ultimi 30 anni, inoltre, è stato registrato un aumento di incidenza dell’eccesso di peso pari al 30 per cento ed emerge prepotentemente il ruolo del territorio di origine.

Buon 2021

Per iniziare  un nuovo anno di sfide professionali leggi:

PSICOLOGO DELLO SPORT: NUOVE TENDENZE E SVILUPPI PROFESSIONALI

La psicologia dello sport è un contesto scientifico e professionale in continua espansione, come lo sono d’altra parte gli altri ambiti della psicologia e negli ultimi 10 anni si sono presentate diverse situazioni che hanno cambiato di molto questo tipo di lavoro. In questo contributo vengono descritte sette aree di sviluppo che sono state protagoniste di questi cambiamenti; riguardano:

  • psicologia dello sport e psicologia della prestazione
  • psicologia nell’attività giovanile
  • psicologia dello sport
  • prestazione e gestione dello stress
  • psicologia dello sport e salute mentale degli atleti
  • psicologia dello sport e disabilità
  • psicologia dello sport e stile di vita fisicamente attivo
  • psicologia dello sport 4.0.

Scopo di questo articolo è di approfondire le conoscenze in ambiti significativi della consulenza in psicologia dello sport, fornire spunti per la riflessione in relazione a dove si sta indirizzando e come si sta orientando questo ambito di lavoro e stimolare i professionisti a sviluppare programmi d’intervento sempre più adeguati alle nuove richieste del mondo dello sport.

Nel calcio per vincere non basta il talento

Nel calcio, come in tutti gli sport di squadra, è bene ricordare che per vincere «La squadra campione batte una squadra di campioni», a indicare che anche la squadra ideale composta da soli campioni deve comunque integrare le competenze di ognuno nonostante possegga a priori un migliore potenziale qualitativo a livello individuale.

Quindi con quale frequenza la squadra favorita vince?

Uno statistico Chris Anderson insieme a un economista comportamentale David Sally hanno studiato questo fenomeno [2016] e hanno scoperto che nei campionati europei di calcio ciò avviene in poco più del 50% della partite, la percentuale sale a circa i due terzi delle volte nella pallamano tedesca, nel basket e nel football americano mentre nel baseball si attesta sul 60% dei casi.Per comprendere le prestazioni di squadra si deve ridurre l’attenzione relativa al valore intrinseco delle squadre evidenziato principalmente dal livello dei singoli talenti e porre maggiore interesse allo studio delle competenze necessarie per lavorare insieme.

Cosa fare per aumentare la probabilità di vincere?

Un parametro importante per distinguere le squadre vincenti dalle altre riguarda la connotazione positiva/negativa e la frequenza del dialogo fra i giocatori in campo. E’ stato evidenziato che i tre effetti positivi più citati dai giocatori sono:

  • L’aumento della coordinazione dei giocatori che stimola la ripetizione mentale di situazioni critiche.
  • Il miglioramento della concentrazione e l’affinamento della precisione dei loro movimenti.
  • L’aumento della loro capacità di prendere decisioni corrette con precisione  e nel più breve tempo possibile [Farina e Cei, 2019].