Archivio mensile per giugno, 2020

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Lo sport per i giovani con disabilità intellettiva non è al momento possibile

Anche prima della pandemia di coronavirus, le probabilità di accedere allo sport erano molto più basse per i giovani con disabilità rispetto alla popolazione generale. I US i livelli di attività fisica sono 4,5 volte più bassi per i giovani con disabilità e il tasso di obesità è del 38% più alto per questi bambini, secondo il National Center on Health, Physical Activity & Disability (NCHPAD).

Direi che queste limitazioni e problematiche sono comuni anche in Italia. Purtroppo non vi sono statistiche su questi temi.

Ora, con l’inizio del ritorno dello sport giovanile dal COVID-19 il divario di opportunità di accesso può aumentare ancora di più. La comunità dei disabili sta adottando un approccio più conservatore su quando e come fare sport a causa di problemi di salute.

Nell’ambito della disabilità intellettiva di cui mi occupo con il progetto Calcio Insieme, non siamo riusciti a organizzare i campi estivi proprio per la difficoltà a mantenere il distanziamento fisico con questi bambini.

“Le persone con disabilità sono molto più caute”, ha detto Bob Lujano, specialista dell’inclusione NCHPAD e ex atleta paralimpico di rugby. “C’è grande paura che, se vengo giù con (COVID-19) e vado in un ospedale con solo uno o due ventilatori, sarò scavalcato perché Joe Smith, un venticinquenne senza disabilità, verrà curato per primo”?

“Essere ‘primi’ nella vostra comunità dovrebbe essere evitato”, ha detto Move United nel suo ritorno alle linee guida per il gioco. “Prendetevi il beneficio di un po’ di tempo per imparare da altre strategie efficaci, pianificate con attenzione  e formate partenariati locali che aiutino a prepararsi per un ambiente il più sicuro possibile”.

Secondo i Centers for Disease Control and Prevention, la disabilità da sola non può essere correlata ad un rischio più elevato di contrarre COVID-19 o di contrarre una malattia grave. Tuttavia, CDC dice che alcune persone con disabilità potrebbero essere a più alto rischio a causa delle loro condizioni mediche. Secondo il CDC, gli adulti con disabilità hanno una probabilità tre volte maggiore rispetto agli adulti senza disabilità di avere malattie cardiache, ictus, diabete o cancro.

Una preoccupazione significativa per il ritorno allo sport è il mantenimento della sicurezza del personale e dei volontari nei casi in cui i giovani hanno bisogno di aiuto per giocare.

Gli esperti hanno detto al New York Times che un modo per insegnare nuovi concetti durante COVID-19 ai bambini con disabilità intellettiva è attraverso “storie sociali”. Si tratta di racconti personalizzati che abbinano un linguaggio semplice a immagini utilizzate per i bambini con disturbi come l’autismo. Consigliano anche di usare i cerchi colorati per insegnare la distanza sociale – come il rosso per gli estranei, l’arancione per le persone che normalmente si salutano, il verde e il giallo per gli amici occasionali e intimi, e il blu per le persone che si possono abbracciare, come i genitori o i fratelli.

Dobbiamo come viene detto essere cauti, con Roma Cares e Accademia di Calcio Integrato stiamo pianificando come potrà essere il ritorno al calcio per i nostri giovani con autismo a partire da settembre, inizio della stagione sportiva 2020/21. Non sarà facile ma è nostra volontà non fermare questa attività così importante per questi giovani, le famiglie e per noi che l’organizziamo da 5 anni.

Serviranno più spazi e più ore per coprire lo stesso numero di giovani, così da rispettare il distanziamento fisico e la possibilità di giocare a calcio che richiede uno spazio ampio e strutturato.

Anch’io sono tornato in campo

Questa fine settimana prima uscita post lockdowm a Marina di Massa presso l’Accademia Tennis Apuano. Due giorni intensi ma trascorsi rapidamente con allenatori e 8 ragazze/i. Cinque ore di allenamento in campo al giorno e due ore per parlare del lavoro svolto insieme sul campo e a guardare video sulla concentrazione in campo.

Si sono tutti impegnati molto e certamente lavorare con loro direttamente in campo durante l’allenamento permette d’integrare l’allenamento psicologico all’interno di quanto fanno quotidianamente, rendendoli consapevoli di come questo tipo di preparazione è inscindibile dalla pratica quotidiana del tennis.

Atletica e allenamento dopo coronavirus

Continua la diffusione dei 10 obiettivi per allenarsi con successo e piacere.

Ora è stato pubblicato sul sito online della FIDAL e Centro Studi.

 

Per ricordare che la vita è questione di cm

La squadra è di fronte all’impegno più difficile e importante di tutta la stagione agonistica e il suo allenatore (Al Pacino) è nella situazione di dovere trovare delle ragioni perché i suoi giocatori forniscono la prestazione di cui sono capaci. E’ ovviamente un discorso che simboleggia quelle situazioni della vita in cui vincere o perdere dipendono da pochi centimetri nel football, Ci sono quando si fa qualcosa in più o dall’avere semplicemente dedicato più tempo a un’attività. Quante volte in relazione ai sentimenti che si provano le persone si pentono per non avere detto quella parola in più, per non avere dedicato solo un po’ più di tempo a capire, per non avere parlato con quella persona che poi ha fatto un gesto disperato, per avere gettato via il proprio tempo. Ecco questi sono i centimetri di cui parla Al Pacino quelli che distinguono chi vuole vincere o perdere, chi vuole essere soddisfatto o chi invece vuole vestire i panni della vittima. Non dimentichiamolo, anzi ricordiamocelo sempre!

“Non so cosa dirvi davvero.
Tre minuti alla nostra più difficile sfida professionale.
Tutto si decide oggi.
Ora noi, o risorgiamo come squadra, o cederemo un centimetro alla volta, uno schema dopo l’altro, sino alla disfatta. Siamo all’inferno adesso, signori miei. Credetemi.
E… possiamo rimanerci, farci prendere a schiaffi oppure aprirci la strada lottando verso la luce.
Possiamo scalare le pareti dell’inferno un centimetro alla volta.
Io però non posso farlo per voi, sono troppo vecchio.
Mi guardo intorno vedo i vostri giovani volti e penso… certo che… ho commesso tutti gli errori che un uomo di mezza età possa fare. Sì perché io ho sperperato tutti i miei soldi, che ci crediate o no. Ho cacciato via tutti quelli che mi volevano bene e da qualche anno mi dà anche fastidio la faccia che vedo nello specchio.
Sapete col tempo, con l’età tante cose ci vengono tolte ma questo fa… fa parte della vita.
Però tu lo impari solo quando quelle cose le cominci a perdere e scopri che la vita è un gioco di centimetri. E così è il football.
Perché in entrambi questi giochi, la vita e il football, il margine d’errore è ridottissimo. Capitelo…
Mezzo passo fatto un po’ in anticipo o in ritardo e voi non ce la fate. Mezzo secondo troppo veloci o troppo lenti e mancate la presa. Ma i centimetri che ci servono sono dappertutto, sono intorno a noi, ci sono in ogni break della partita, ad ogni minuto, ad ogni secondo.
In questa squadra si combatte per un centimetro. In questa squadra massacriamo di fatica noi stessi e tutti quelli intorno a noi, per un centimetro. Ci difendiamo con le unghie e con i denti per un centimetro.
Perché sappiamo che quando andremo a sommare tutti quei centimetri, il totale allora farà la differenza tra la vittoria e la sconfitta, la differenza tra vivere e morire.
E voglio dirvi una cosa: in ogni scontro è colui il quale è disposto a morire che guadagnerà un centimetro.
E io so che se potrò avere un’esistenza appagante sarà perché sono disposto ancora a battermi e a morire per quel centimetro. La nostra vita è tutta lì. In questo consiste, e in quei 10 centimetri davanti alla faccia.
Ma io non posso obbligarvi a lottare! Dovrete guardare il compagno che avete accanto, guardarlo negli occhi. Io scommetto che ci vedrete un uomo determinato a guadagnare terreno con voi. Che ci vedrete un uomo che si sacrificherà volentieri per questa squadra, consapevole del fatto che quando sarà il momento voi farete lo stesso per lui.
Questo è essere una squadra, signori miei!
Perciò… o noi risorgiamo adesso, come collettivo, o saremo annientati individualmente.
È il football ragazzi! È tutto qui.
Allora, che cosa volete fare?

George Floyd protests

George Floyd: nelle sue ultime parole, il ricordo della madre ...

Le stelle nere dell’atletica parlano del razzismo in US

Gli atleti neri dell’atletica US  condividono i loro vissuti ed esperienze con il razzismo in America

Una tavola rotonda di stelle al centro dello sport racconta le loro esperienze con il razzismo, cosa significa essere neri in America e le loro speranze e paure per il futuro.

La violenta uccisione di George Floyd da parte di un agente di polizia di Minneapolis e le proteste che ne sono seguite in tutto il paese hanno spinto l’attivismo nazionale e l’amplificazione delle voci dei neri. Nell’ultima settimana e mezzo, la gente è entrata in un periodo di autoriflessione, lettura, conversazione e ascolto delle esperienze dei neri in America. Le conversazioni sono nuove (e a volte scomode) e si svolgono ovunque, anche in una casa di nove atleti professionisti che si allenano a Boulder, Colorado per le Olimpiadi del prossimo anno.

Incredibile interviste pubblicate da Sport Illustrated.

La gestione delle pause può determinare il risultato

In questo periodo lavoro molto con tiro a volo, tennis e tennis tavolo. Vi chiederete cosa hanno in comune: le pause tra un colpo e l’altro e tra i punti. Anche un’altra caratteristica unisce questi atleti, spesso non allenano questa fase della loro prestazione, e questo determina effetti negativi sui momenti immediatamente successivi. Non allenano la pausa perché per abitudine è considerata una fase non tecnica, quindi non è compito dell’istruttore quando si è bambini e successivamente dell’allenatore insegnare come gestirla.

La pausa è una fase di pausa, per cui non c’è niente da insegnare, magari si consiglia  di controllare la respirazione e di pensare all’azione seguente. Lo si dice a parole ma non lo si insegna.

Alcuni atleti ne capiscono l’importanza e anche per questo diventano dei campioni. La maggior parte la vive aspettando che passi, meglio se in fretta per ritornare alla gara. Infatti, questa idea “ritornare alla gara” è un altro pensiero comune fra gli atleti. Le pause rappresentano un’interruzione della prestazione e non sono parte della prestazione. Con questo non si va lontano, i fucili non si possono spaccare ma le racchette sì, costano anche molto meno. Molti atleti crescono con questa atteggiamento verso le pause, le considerano una fastidiosa parte della gara e, quindi, quando sono in agitazione o stanno perdendo accelerano questa fase per ritornare subito in gara e provare a riprendersi. Gli effetti in genere sono disastrosi e si convincono di non essere capaci a giocare, mentre invece non sanno solo gestire le pause.

10 idee per tornare in pedana

Gestione della vita extra-sportiva

Cristiano Ronaldo è come Michael Jordan

Intervenuto ai microfoni di Juventusnews24 Alberto Cei ha chiarito alcuni aspetti psicologici del mondo del calcio, tra vittorie e sconfitte, soprattutto alla vigilia della ripresa delle attività in Italia, fissata per il 12 giugno.

Leggi l’intervista.

Cristiano Ronaldo appunto, la personificazione del successo attraverso il lavoro costante sul campo e il sacrificio negli allenamenti. La sua etica ricorda un po’ quella del compianto Kobe Bryant, leggenda del basket e dello sport a livello globale. Sono nella stessa sfera di competitività?

«Secondo me qui si parla di voler eccellere. Si usa spesso a sproposito la parola eccellenza: l’eccellenza è una cosa rara, altrimenti non sarebbe tale. È un po’ come quando Sacchi dice che i giocatori che cercava lui dovevano avere una motivazione straordinaria. Secondo me quei livelli di professionismo, come quello di Cristiano Ronaldo e di tanti altri campioni, richiedono quell’approccio altrimenti non stai lì, puoi essere un professionista valido ma è diverso. Abbiamo tutti visto ultimamente “The Last Dance” con la storia di Michael Jordan: Cristiano Ronaldo mi sembra molto simile, ovviamente ci sono le differenze di carattere delle persone ma credo che l’approccio di chi vince le Olimpiadi, come ho potuto constatare nella mia esperienza, sia molto simile. In psicologia dello sport, questo atteggiamento si chiama “perfezionismo positivo” ed è la ricerca di tutto quello che può avvicinare alla perfezione, che è una cosa che ovviamente non esiste, però è positivo perché è funzionale al raggiungimento degli obiettivi, sennò sarebbe un disturbo psicologico».