Archivio mensile per maggio, 2023

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I diritti dei giovani e i compiti degli allenatori

Spesso mi chiedo perché continuare a parlare di sport e di prestazioni sportive quando viviamo un periodo in cui domina l’incertezza. Inoltre, lo stesso sport e il calcio non sono immuni da problemi gravi in cui sono coinvolti gli atleti e le loro organizzazioni, dal doping alle partite truccate, dai falsi in bilancio alle truffe connesse all’acquisizione delle manifestazioni sportive di importanza mondiale. Se ci fermiamo solo a questi aspetti della nostra società non dovremmo ovviamente occuparci di sport, ma probabilmente non dovremmo più occuparci di nulla se pensassimo che “tutti sono dei ladri”.

Poi ci sono i giovani con le loro aspettative e motivazioni di riuscire a realizzare i propri sogni, ed è proprio questo che mi spinge a parlare di sport. Non possiamo lasciarli soli nel cercare la loro strada, non possiamo di certo lasciarli preda dei tanti che li vogliono consigliare solo per soddisfare il loro narcisismo. Dobbiamo invece trasmettergli:

  • la consapevolezza nelle proprie qualità e nella necessità del miglioramento continuativo
  • la capacità di accettare gli errori e le sconfitte, vivendoli come le uniche esperienze che permettono di migliorare
  • il piacere d’impegnarsi per raggiungere i loro sogni
  • la convinzione che il potere dell’atleta si esercita al 100×100 nel fornire le migliori prestazioni di cui si è capaci e non nel vincere
  • la convinzione che le esperienze emotive provate in allenamento e in gara sono un modo per imparare a gestire se stessi nei momenti di maggiore intensità e stress della loro vita
  • la capacità di gioire e di essere orgogliosi di se stessi
  • la capacità di rispettare gli avversari  e i giudici di gara
  • la capacità di accettare le difficoltà come una parte essenziale e presente in ogni prestazione anche quando si è veramente ben preparati a gareggiare

Per queste ragioni, insegnare ai giovani che vogliono diventare bravi in quello che fanno è un’esperienza molto impegnativa e diversa dal lavorare insieme ad atleti adulti o che già hanno raggiunto visibilità a livello internazionale. Sono giovani adolescenti, ragazzi e ragazze, che s’impegnano per scoprire se hanno le qualità per emergere nello sport e per tramutare la loro passione in una carriera sportiva di alto livello.

Negli sport individuali, per alto livello dobbiamo intendere un atleta capace di gareggiare in modo competitivo a livello internazionale. Negli sport di squadra, ci si riferisce al giocare almeno a livello dei due campionati nazionali di massimo livello (dove lo spazio per giocare è troppo spesso occupato da giocatori stranieri).Sappiamo che una volta stabiliti, questi obiettivi a lungo termine, vanno comunque messi da parte perché ci si deve concentrare su quanto serve fare per migliorare e perseguire quotidianamente questo obiettivo. Sappiamo anche che non è facile acquisire questa mentalità, a causa degli errori che si commettono continuamente. Mettono alla prova le convinzioni personali che devono sostenere l’atleta nel reagire immediatamente a un singolo errore così come a una prestazione di gara insoddisfacente.

Insegnare ai giovani ad acquisire questa mentalità aperta verso gli errori, interpretandoli come unica occasione, dovrebbe essere l’obiettivo di ogni allenatore. Dobbiamo insegnare quello che affermava Aristotele e cioè che:

“Noi siamo ciò che facciamo costantemente. L’eccellenza quindi non è un atto ma una abitudine”.

Infatti, lo sport è pieno di storie di giovani che sono stati rovinati dal loro talento (fisico e tecnico), perché hanno pensato che questo dono fosse sufficiente per avere successo e quando poi la vita li ha messi di fronte alle prove decisive non sono stati capaci di fronteggiarli. Perché noi siamo ciò che facciamo quotidianamente, studio, lavoro e per gli atleti allenamento. Bisogna essere consapevoli che l’eccellenza nasce dall’abitudine ad allenarsi con dedizione e intensità. Chi non capisce che questa è la strada da percorrere quotidianamente, crede di sopperire con il proprio talento naturale; purtroppo è solo un’illusione che alle prime asperità verrà demolita. A controprova dell’importanza di questo approccio mentale, si può riportare quanto ha detto Roger Federer all’età di 38 anni:

“Per poter affrontare i più giovani ho dovuto reinventare il mio gioco, il tennis è in costante evoluzione”.

Coaching alle nuove sfide

Molti parlano di Coaching e lo fanno spesso in modo urlato, promettendo la luna dopo una passeggiata sui carboni ardenti. Il Coaching è un processo di cambiamento e richiede del tempo. Non si cambia in un fine settimana ma si possono avere delle intuizioni su come saremmo ed è già molto.  Bisogna sapere che tutti possiamo migliorare, anche se nessuno dice che sarà facile. Se siamo disposti ad accettare questo approccio allora possiamo incamminarci su questa strada guidati da un coach.  Il Coaching così inteso permette di trovare una soluzione concreta alle principali domande che pongono dirigenti e giovani talenti, atleti e allenatori, capi e collaboratori, professionisti e imprenditori. Sono queste:

  • Voglio fare meglio anziché bene
  • Voglio fare di più con meno
  • Voglio realizzare idee nuove anziché sempre ripetere
  • Voglio trasmettere energia e non rassegnazione
  • Voglio esplorare nuove strade senza fare sempre la stessa
  • Voglio equilibrare lavoro e vita privata
  • Voglio delegare anziché fare tutto da solo
  • Voglio stimolare curiosità e non noia verso il lavoro
  • Voglio ascoltare senza pregiudizi anziché pensare di avere sempre ragione
  • Voglio sentirmi in movimento e non in una palude
Se sei interessato a conoscere questo approccio al cambiamento scrivimi e ti darò più informazioni.

Si vince o si perde sempre per un niente

Spesso mi viene chiesto a cosa serve lo psicologo a un’atleta che è già forte se non addirittura fra i primi del ranking mondiale. Si possono fornire diverse risposte a questa domanda ma per me la più significativa riguarda l’aiuto dato al raggiungimento del l’obiettivo della sua gara. Partecipare a una competizione in cui vuole fornire il massimo di cui di cui è capace, confrontandosi con altri avversari che hanno la stessa preparazione, lo stesso livello e la stessa volontà.

Quindi non solo correre 100metri il più veloce possibile ma farlo in competizione con altri che sono altrettanto capaci. La situazione è poi ulteriormente resa complessa dal contesto in cui la gara si svolge: l’importanza della gara, il numero di spettatori (che talvolta sono decine di milioni se non di più), le aspettative che il paese ripone sull’atleta, la sua popolarità, le aspettative dei finanziatori, degli amici, della famiglia e di tutti i sostenitori. Restiamo però a ciò che avviene sul campo : l’atleta e gli avversari.

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Competizione    Differenza percentuali nei tempi    Differenza percentuali nei tempi

fra primo e quarto posto                  fra primo e quarto posto
Uomini                                                        Donne
Sprints                                     1.83%                                                          1.70%
Distance                                  1.09%                                                             .98%
Throws                                     3.07%                                                          5.35%
Jumps                                     1.98%                                                            3.21%

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Fonte: R. Chapman, E-Magazine, Comitato Olimpico Stati Uniti.

Per quel che mi riguarda l’allenamento della concentrazione deve essere l’obiettivo essenziale dell’allenamento mentale e i dati qui sopra riportati ne sono una conferma. La loro rilevanza è tale che sono stati discussi durante un workshop dell’atletica leggera USA allo scopo di fornire indicazioni su come migliorare le prestazioni dei loro atleti. I temi affrontati hanno riguardato la biomeccanica, la psicologia dello sport e la nutrizione. Il dato evidente è che il 2% di miglioramento in uno sprinter porta al 75% di probabilità di vincere contro tre avversari che hanno le stesse abilità. Lo stesso è valido in senso inverso la riduzione del 2% elimina ogni opportunità di vittoria. La ricerca su questo tema mostra che variazioni dello 0,3%-0,5% incrementano/riducono drasticamente la possibilità di salire sul podio.

Quindi cambiamenti molto piccoli nella prestazione hanno un impatto rilevante sul risultato che si ottiene. Gli psicologi americani si sono orientati nel fornire indicazioni su come ridurre le distrazioni e allenare la concentrazione sulla prestazione da effettuare poichè è una abilità allenabile come le abilità fisiche e tecniche. Questo è valido in tutti gli sport. Giovanni Pellielo, nel tiro a volo, non è andato in finale agli europei e ai mondiali perché ha preso solo 122 su 125 piattelli anziché 123 (differenza di 0,8%) e Josefa Idem è arrivata seconda a Pechino per meno di 1cm dalla prima.

Ci avevate mai pensato?

 

8 anni di Calcio Insieme per giovani con disabilità intellettiva

Si sta concludendo l’ottavo anno di attività del progetto “Calcio Insieme”. E’ un progetto complesso rivolto ai giovani con disabilità intellettiva, con particolare riferimento ai giovani con autismo. E’ un periodo di tempo lungo in cui molti dei partecipanti sono passati dall’essere degli adolescenti con autismo a giovani adulti.

E’ un progetto della AS Roma in collaborazione con l’Accademia di Calcio Integrato, che ha l’obiettivo di promuovere una metodologia innovativa di allenamento del calcio fra questi giovani, partendo dall’età della scuola calcio 6-12 anni per arrivare all’attività più centrata sul gioco delle partite nelle età successive dai 13 anni e oltre.

474 sono stati i giovani coinvolti in 8 anni - Ogni anno il numero di giovani con disabilità intellettiva è aumentato. Inizialmente il progetto ha riguardato le fasce di età della scuola calcio, andando avanti si è arricchito della fascia di età superiore da noi chiamata “Lupetti crescono”, che ora comprende anche giovani che hanno raggiunto la maggiore età.

80 sono i giovani con autismo coinvolti nell’attività 2022-23 - Attualmente i giovani sono divisi in tre gruppi in base all’età e alle loro competenze motorie e psicologiche. Il gruppo composto da giovani con un livello grave di autismo sono seguiti ognuno da un singolo professionista (istruttore o psicologo). Il gruppo dei giovani più piccoli (6-9) anni e con un livello di funzionamento medio svolgono attività in gruppo e giochi con la palla. Il gruppo di adolescenti over14 di medio-alto funzionamento seguono un programma di allenamento di calcio e giocano partite di calcio5 fra di loro, in modo integrato con giocatori della scuola calcio della AS Roma e partecipano a eventi organizzati da altre società o FIGC.

30 sono stati i giovani con autismo nel primo anno - Calcio Insieme è iniziato a settembre 2015 con la collaborazione di alcune scuole di Roma che hanno promosso tra le famiglie degli alunni con disabilità intellettiva la conoscenza di questa iniziativa, organizzato incontri informativi con lo staff di Calcio Insieme per iniziare a costruire una Community sul territorio in cui scuola, famiglia, soggetti sportivi promotori, e staff potessero sentirsi parte di un progetto comune al cui centro vi sono i bambini con disabilità intellettiva e in particolare quelli con disturbo dello spettro autistico (ASD).

28 sono state le ore di formazione dello staff - Nel 2015 lo staff ha partecipato, prima dell’inizio dell’attività a un Corso di formazione della durata di 28 ore a cura di “Calcio Insieme” che ha avuto come docenti esperti nei vari ambiti della disabilità intellettiva e interventi di genitori, operatori della scuola e società sportive. All’inizio di ogni anno lo staff è coinvolto in un’attività di aggiornamento.

24 sono i professionisti - Lo staff è composto da 10 istruttori di calcio, 6 psicologi dello sport, 1logopedista, 3 medici, 1 responsabile dei rapporti con la scuola e i genitori,1responsabile dell’area tecnica, 1responsabile scientifico e 1 responsabile dei rapporti istituzionali.

20 sono le scuole coinvolte - I giovani con disabilità intellettiva coinvolti provengono da 20 scuole del territorio romano. Con ognuna di queste scuole è stato stabilito un rapporto di collaborazione tramite la preside, l’insegnante di sostegno e le famiglie.

9 sono i video per parlare di Calcio Insieme - Sono stati realizzati 6 brevi video didattici della durata ognuno di pochi minuti, finanziati dalla presidenza della Regione Lazio. Sono stati realizzati altri 3 video per presentare l’attività svolta e i risultati raggiunti.

7 sono i contributi scientifici pubblicati - 3 sono gli articoli scientifici pubblicati su riviste internazionali. E’ stato pubblicato un numero speciale della rivista “Movimento” e un articolo sulla rivista della Scuola dello Sport. Durante il Covid l’attività svolta online con questi giovani ha prodotto un libro tecnico di esercizi da svolgere a casa. L’attività è stata presentata al convegno nazionale della società italiana di disprassia, a un seminario svolto all’Istituto di neuropsichiatria dell’Università Sapienza di Roma ed è parte integrante del Corso di IV Livello per allenatori organizzato dalla Scuola dello Sport di Roma.

3 sono i campus estivi - Sono stati realizzati campi estivi per: rispondere ai bisogni espressi dalle famiglie con figli con disabilità intellettiva, offrendo settimane di campo estivo, gratuito; creare un modello di campus estivo e di giornata tipo, basato sul movimento, declinato nelle diverse espressioni ludico-motorie e sportive; costituire un concreto modello d’integrazione grazie alla presenza al campo estivo anche dei fratelli e sorelle o compagni di classe, loro coetanei con sviluppo tipico. Ogni settimana di camp era distribuita su 5 giornate per un totale di 25 ore settimanali.

3 sono i giovani che hanno svolto il ruolo di assistenti istruttori - Questi giovani hanno compiuto 18 anni e sono con noi da alcuni anni, la loro passione per il calcio è a tutto tondo.  Hanno svolto il ruolo di assistente istruttore durante le settimane dei campi estivi. In futuro potrebbero mettere a frutto le competenze sportive acquisite e fare dello sport il loro ambito lavorativo, ma la loro disabilità intellettiva risulta un ostacolo. L’obiettivo è di  abbattere questo ostacolo e costruire un percorso formativo per rendere accessibile a queste ragazze e ragazzi il calcio anche come possibile ambito lavorativo.

2 sono le aree indagate: motoria-sportiva e psico-sociale - Sono state proposte e sperimentate differenti prove motorie-sportive prima di giungere a quella finale che si avvale di una descrizione comportamentale su 5 livelli delle competenze motorie di base, ripetuta due volte l’anno, all’inizio del percorso didattico e al suo termine. Durante i colloqui con i genitori è stato chiesto loro di compilare schede informative sui comportamenti, a inizio e fine anno, per valutare la loro percezione di miglioramento sulle aree psicologiche e sociali indagate. Analoghe valutazioni psicologiche hanno condotto gli psicologi di questi giovani, esaminando  nei giovani più gravi anche la durata del loro impegno attivo durante ogni seduta di allenamento.

L’influenza di messaggi motivazionali digitali sull’incremento dell’attività motoria

Lee, A. M., Hojjatinia, S., Courtney, J. B., Brunke-Reese, D., Hojjatinia, S., Lagoa, C. M., & Conroy, D. E. (2023). Motivational Message Framing Effects on Physical Activity Dynamics in a Digital Messaging Intervention: Secondary AnalysisJMIR Formative Research7(1), e41414.

Abbiamo condotto un intervento di 6 mesi per promuovere l’aumento del numero di passi in giovani adulti non sufficientemente attivi attraverso messaggi digitali. Questa analisi secondaria ed esplorativa ha confrontato le risposte all’intervento con messaggi con cornice affettiva, con cornice cognitiva sociale e con citazioni ispirate, per identificare se un tipo di messaggio suscitasse una risposta all’intervento costantemente maggiore dopo la consegna di un messaggio.

Abbiamo generato modelli dinamici dell’attività fisica specifici per ogni persona e abbiamo scoperto che le risposte ai passi non differivano in modo statisticamente significativo in base al tipo di messaggio, ma la velocità e l’entità momentanea dell’intervento e della risposta ai passi era maggiore nei fine settimana rispetto ai giorni feriali per tutti i tipi di messaggio. Abbiamo anche osservato un’eterogeneità significativa tra i partecipanti, per cui alcuni sono stati più attivi con i messaggi affettivi (nei giorni feriali: 35,6%, nei fine settimana: 37,8%), altri con i messaggi socio-cognitivi (nei giorni feriali: 26,7%, nei fine settimana: 35,6%) e altri ancora con le citazioni ispirazionali (nei giorni feriali: 35,6%, nei fine settimana: 26,7%). Pertanto, questa analisi esplorativa suggerisce che la personalizzazione dei tipi di messaggi per i partecipanti a un intervento può essere un’impresa degna di nota per generare un incremento di attività motoria.

L’effetto mediano (in una successione finita di valori è il valore intermedio fra gli estremi di tale successione) degli interventi di attività fisica digitale negli adulti è di 943 passi al giorno; quindi, se un futuro intervento includesse più messaggi al giorno, la conoscenza della risposta ottimale dei partecipanti potrebbe diventare significativa, poiché circa un terzo di questo campione ha mostrato una differenza minima di 250 passi tra i vari tipi di messaggio. Questa eterogeneità tra i partecipanti indica che gli interventi futuri possono trarre vantaggio da metodi in grado di esplorare gli effetti di più tipi di messaggi sull’attività fisica e di sfruttare i tipi di messaggi più efficaci per un individuo una volta identificati. Dato che i messaggi hanno effetti prossimali sul comportamento nei minuti e nelle ore successive alla consegna del messaggio, l’uso di dispositivi indossabili per misurare il comportamento nell’attività fisica fornisce una ricca fonte di informazioni sulle dinamiche comportamentali. Sfruttando questa tecnologia, l’identificazione del sistema e la modellazione dinamica possono informare il lavoro futuro che regola continuamente gli interventi in base alle risposte dei partecipanti nel tempo.

10 ragioni per cui i giovani con disabilità intellettiva traggono beneficio dal gioco del calcio

  1. Il calcio è lo sport più amato dai giovani di tutto il mondo: si può giocare ovunque, al chiuso e all’aperto, ogni luogo si può trasformare in un campo di calcio e chiunque indipendentemente dalle sue capacità può giocare una partita.
  2. Il pallone è un strumento sportivo senza rivali: lo puoi calciare con i piedi o con le mani e colpire con ogni parte del corpo; tutti possono passare la palla, tirare in porta o provare a parare un tiro. Dai un pallone a un gruppo di bambini e non si stancheranno di rincorrerlo.
  3. Il calcio favorisce l’inclusione di tutti, ogni ragazzo o ragazza può correre dietro una palla, toglierla a un altro, tirare, passare e parare.
  4. I giovani con disabilità intellettiva sono di solito esclusi dal gioco del calcio, perché sono rare le opportunità che gli vengono offerte.
  5. Giocare a calcio e con il pallone gli permette di stare con i compagni di classe, con i loro amici e di conoscerne di nuovi.
  6. Calcio è stare all’aria aperta, vedere le stagioni anche se si vive in città e imparare a muoversi con gli altri quando fa freddo o caldo o quando tira vento.
  7. Calcio è partecipare a un allenamento centrato su apprendimenti nuovi che determinano il miglioramento delle abilità motorie di base, coordinazione, abilità tecnico- tattiche, abilità di comunicazione, collaborazione e cognitivo-affettive.
  8. Calcio è stare in gruppo insieme durante l’allenamento, condividere gli stessi spazi, esercitandosi da soli ma anche con un altro compagno o in piccoli gruppi.
  9. Calcio è vestire la divisa della propria squadra, la Roma, andare allo stadio insieme a tutto il gruppo a vedere le partite e andare a scuola con questa uniforme, essere riconosciuti dai compagni come allievi della scuola calcio della Roma.
  10. Calcio è integrazione, allenandosi e partecipando a tornei e giocando partite di calcio integrato 5vs5 composte da tre giovani con disabilità intellettiva e due giovani della AS Roma.

 

La vittoria del Napoli: giocare per rendere felici

La qualità del gioco che il Napoli ha espresso per vincere lo scudetto è stata ampiamente analizzata nei commenti alle partite. Tuttavia è mia impressione che il successo sia stato anche determinato da due altri fattori che Spalletti ha voluto introdurre e che hanno valorizzato aspetti personali importanti per ogni essere umano e che riguardano il bisogno di felicità e il senso di appartenenza.

Infatti, ha detto: «Dobbiamo rendere felice qualcuno per essere persone felici. Da un punto di vista personale la famiglia, da quello professionale i nostri tifosi, non ce ne fregano i numeri individuali e chi fa gol, dobbiamo portare un risultato di squadra e di gruppo alla nostra città, che faccia sentire i tifosi orgogliosi di noi. Dobbiamo fare qualcosa per l’affetto del pubblico per la nostra maglia».

D’altra parte, come si fa a non sposare questo approccio al calcio in una città che ha intitolato lo stadio a Maradona, giocatore che ha rappresentato appieno il calcio come gioia e vincolo dell’appartenere a questa squadra e a Napoli. E allora, certo che si gioca per vincere ma si vince perché si vuole essere felici e fare felici. Non è un passaggio da poco, perché bisogna essere consapevoli di come giocare per raggiungere questo duplice obiettivo, che unisce il risultato all’entusiasmo nato dal fare il proprio gioco. Raggiungere questo obiettivo non è stato facile, poiché sappiamo che il calcio è uno sport molto emotivo. A causa del gol, che è un evento raro, non a caso i tre punteggi più abituali in Serie A in ordine di frequenza sono: 1-1, 2-1 e 1-0. Basta un solo episodio per cambiare le sorti di una partita. Questo non avviene negli altri sport di squadra come la pallavolo e il basket dove circa ogni minuto viene assegnato un punto.

Su queste basi, per evitare che l’elevato tasso di emotività diventasse per le squadra un carico negativo d’impulsività e di fallosità è stato necessario che trovasse il suo sbocco nella gioia che il gioco può trasmettere. Quando si usano parole come: “andiamo in campo per divertirci” non significa che si va a fare una scampagnata, non è un segno di superficialità. Comporta, invece, il desiderio di vivere appieno il piacere della sfida, e cioè la gioia di fare al meglio nei momenti difficili quello per cui ci si è preparati.

L’importanza dell’umore nelle prestazioni degli atleti

La prestazione agonistica è molto influenzata dalle variabili emotive percepite dagli atleti che praticano sport di squadra o individuali. L’umore è quella condizione emotiva fluttuante che è associata a qualsiasi azione umana. Ogni atleta sperimenta stati d’animo dominati da vigore, rabbia, depressione, fatica, confusione e tensione che possono succedersi durante una competizione. Alcune di queste emozioni sono utili mentre altre altre ostacolo la prestazione.

Un studio recente ha indagato su come questi stati d’animo si manifestano n giovani atleti adolescenti che praticano sport di squadra e individuali, di seguito riporto in sintesi i risultati e le raccomandazioni per gli allenatori.

Ladiun, S.D., Abu Talip, N.K., Nikol, L., Kram, S., Mon, D.D. Comparison of Mood State between Team Sports and Individual Sports among Young Athletes. Jurnal Psikologi Malaysia. 2021; 35(2):23-33.

La rabbia è uno degli stati più frequenti negli sport agonistici. In questo studio, non è stata riscontrata una differenza significativa tra la rabbia negli sport di squadra e negli sport individuali. La rabbia provoca negli atleti fastidio, amarezza e malumore. I risultati ottenuti sia negli sport individuali che in quelli di squadra, causati dagli spettatori e dal forte tifo dei sostenitori della squadra rivale, sono gli stessi tra i due sport.

Nonostante la differenza non significativa di rabbia tra i due tipi di sport, gli sport di squadra hanno mostrato una media superiore dello 0,02% rispetto agli sport individuali. Si può concludere che gli sport individuali utilizzati nel presente studio (tiro con l’arco e il bowling) probabilmente richiedono maggiore concentrazione e precisione con un livello di rabbia più basso per ottenere prestazioni ottimali, mentre gli sport (rugby, karate e taekwondo) che richiedono maggiore forza fisica possono avere dei vantaggi se gli atleti hanno un punteggio più alto di rabbia prima della competizione.

Alcuni studi hanno rilevato che gli atleti di sport con maggiore contatto fisico tendono a essere più aggressivi. L’aggressività può portare alla rabbia, che può migliorare la forza fisica dell’atleta. La rabbia può portare a un aumento del vigore e quindi a una maggiore motivazione. Ad esempio, nel rugby, la rabbia può portare all’aggressività. quindi, aumenta la forza fisica e può aumentare anche le prestazioni. Ad esempio, la rabbia nelle karateka vincenti viene utilizzata per aumentare la fiducia in se stesse.

Quando gli atleti sperimentano la confusione, si percepiscono anche incerti. Vi è una differenza significativa di confusione tra gli sport di squadra e gli sport individuali. Ciò può essere dovuto alla mancanza di riconoscimento degli atleti nei confronti degli avversari. Gli atleti di sport individuali tendono a sentirsi più nervosi e incerti nell’esecuzione perché non conoscono le prestazioni degli avversari. Pertanto, questo rende più difficile per i singoli atleti pianificare una strategia per la competizione. D’altra parte, i membri di uno sport di squadra riconoscono con più facilità le strategie tattiche e tecniche più appropriate e migliori per affrontare i rivali in gara. Questo può spiegare la sensazione di confusione che provano gli atleti individuali rispetto agli sport di squadra.

Quando gli atleti sperimentano fatica, si sentono esausti, esausti, assonnati e stanchi. I risultati hanno mostrato una differenza significativa tra i due tipi di sport. Gli sport individuali hanno mostrato una percezione più alta di fatica rispetto agli sport di squadra. Gli atleti individuali sentono significativamente la fatica perché si allenano da soli con gli allenatori e lottano individualmente con altri atleti.

La tensione è legata alla sensazione di panico, ansia, preoccupazione e nervosismo. I risultati hanno mostrato che non c’è una differenza significativa nella tensione tra gli sport di squadra e gli sport individuali. Ciò dimostra che tutti gli atleti, indipendentemente dal tipo di sport, sperimentano la stessa quantità di tensione. Oltre a ciò, è emerso anche che gli allenatori e i preparatori mettono la stessa quantità di concentrazione e attenzione sia per gli atleti degli sport di squadra sia per quelli degli sport individuali, poiché lo scopo della partecipazione a una competizione è quello di dare il meglio personale dell’atleta o di vincere. Questo produce una grande tensione negli atleti.

E’ stato riscontrato che la media tra confusione, stanchezza e depressione è più alta negli sport individuali. Nel frattempo, lo sport di squadra permette agli atleti di condividere, discutere i problemi e sostenersi a vicenda all’interno della squadra, con il risultato di una minore confusione, stanchezza e depressione. Ciò contribuisce a rafforzare la fiducia e lo spirito di squadra.

Vigore e rabbia erano più alti negli sport di squadra perché la rabbia può aumentare il vigore e quindi produrre una migliore forza fisica negli sport di squadra.

E’ fondamentale valutare gli stati d’animo degli atleti prima della gara. Gli allenatori dovrebbero concentrarsi sulla psicologia degli atleti oltre che sulla preparazione fisica, perché si ritiene che la psicologia includa il 10% dell’allenamento, mentre in gara la psicologia dichiarata può influenzare il 90% della prestazione.

Raccomandazioni

I futuri ricercatori dovrebbero approfondire l’argomento integrando l’effetto degli stati d’animo con i risultati (vittoria o sconfitta). Questo aiuterà a indagare o a rivedere l’effetto e la relazione tra gli stati d’animo e il risultato della prestazione (vincere/perdere). Ciò sarà significativamente utile per gli allenatori, gli atleti e gli scienziati dello sport per regolare e impostare l’umore appropriato prima e durante la competizione.

I risultati dello studio possono essere applicati come riferimenti dello stato d’animo prima della gara. Pertanto, i risultati presentati consentono agli allenatori, agli psicologi dello sport e agli atleti di riconoscere gli stati psicologici degli atleti prima della partita e di preparare i metodi o le soluzioni psicologiche necessarie, tra cui l’immaginazione, il self-talk e il peep-talk, al fine di regolare lo stato d’animo appropriato per migliorare le prestazioni/la forza fisica dell’atleta nello sport.

Questi risultati possono contribuire ad allenare gli atleti con una migliore capacità di controllare le emozioni, soprattutto prima e durante la competizione.

Immaginazione e realtà

“Soffriamo molto di più per la nostra immaginazione che per la realtà.” Seneca

Lucio Anneo Seneca: vita, opere, pensiero e rapporto con il potere

Trovarsi comodi in situazioni scomode

Periodo di gare, dagli Internazionali di tennis donne alla preparazione ai mondiali di tennis tavolo. Quindi poco tempo da dedicare a scrivere blog. Molte partite, alcune vinte altre perse. Stress alle stelle, chi lo gestisce con efficacia vince.

La parola più sentita in questi giornate è continuità di gioco, spesso non bisogna fare cose eccezionali ma mostrarsi continui nel gioco a prescindere dal risultato di quel momento. Questa è la condizione mentale più difficile da mantenere, poichè quando si subisce l’avversario è facile rispondere con un approccio mentale depresso o troppo aggressivo. Sono ambedue stati mentali che bloccano l’espressione sportiva. Tuttavia in questi sport individuali di opposizione  è molto frequente che gli atleti reagiscano alle difficoltà in questa maniera.

In questi momenti la lotta si sposta da un piano tecnico-tattico a uno puramente psicologico in cui chi riesce a mantenere un adeguato livello di autocontrollo, con probabilità esce vincente dal match.

La questione diventa a mio avviso quella dell’allenamento ad affrontare queste situazioni con un approccio costruttivo, certamente non è facile ma bisogna orientare gli atleti in questa direzione: trovarsi comodi in situazioni scomode.