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Napoli: squadra che vince si cambia

Il detto “Squadra che vince non si cambia” non si applicherà di certo al Napoli di quest’anno, dominatore del campionato italiano. E’ da giorni ufficiale che Spalletti non ne sarà più l’allenatore ed è probabile che alcuni giocatori lasceranno la squadra.

Sono fatti difficili da comprendere per chi ha l’idea che l’obiettivo di un club di livello assoluto sia quello di migliorarsi costantemente. Quindi, di attrarre nel futuro immediato nuove risorse, servendosi dell’attrazione rappresentata dalla valorizzazione della rosa di calciatori che vi è stata durante il campionato e dalla qualità del lavoro svolto dallo staff guidato dall’allenatore.

Questo concetto è stato, invece, messo in discussione dall’abbandono dell’allenatore e dal fatto che si discuta del possibile trasferimento di calciatori importanti come Kim min-jae, Zielinski, Osimhen e Kvaratskhelia.

Spalletti ha elogiato i suoi giocatori per il percorso svolto in Champions League. “La qualità del nostro calcio ci ha permesso di distinguerci”, ha detto. “È stato motivante per i giocatori perché si sono trovati di fronte una meritevole finalista di Champions League e dovevano dimostrare tutto quello che avevamo ottenuto durante la stagione”. Però è andato via e le spiegazioni riguardano certamente lo stress accumulato durante il campionato, l’avere ricevuto la conferma via mail con una pec, l’estrema difficoltà rappresentata dal ripetere questa vittoria. La mia impressione è che non sia stato fatto il necessario per farlo restare alla guida del Napoli.

La gioia e l’entusiasmo dei tifosi continuerà per molto tempo, come è giusto che sia, quando un successo di questo tipo viene raggiunto dopo decenni dalle vittorie conquistate dalla squadra di Maradona. Se prima di oggi questo risultato così eccezionale era stato ottenuto solo grazie al ruolo svolto nel Napoli da una leggenda dello sport, non si potrà non mostrare gratitudine alla squadra di oggi che ha permesso di unire il presente al passato, facendo intravedere come potrebbe essere il futuro.

Le prime partite della nuova stagione saranno vissute con questo stato d’animo e sarà molto positivo per la città e i suoi tifosi. I giocatori e tutta la squadra dovranno, però, ringraziare di questo supporto entusiasta e fare proprie queste emozioni trasferendole nel gioco, dimostrando di volere continuare ad alimentarle attraverso la loro voglia di continuare a stupire il mondo.

La vittoria del Napoli: giocare per rendere felici

La qualità del gioco che il Napoli ha espresso per vincere lo scudetto è stata ampiamente analizzata nei commenti alle partite. Tuttavia è mia impressione che il successo sia stato anche determinato da due altri fattori che Spalletti ha voluto introdurre e che hanno valorizzato aspetti personali importanti per ogni essere umano e che riguardano il bisogno di felicità e il senso di appartenenza.

Infatti, ha detto: «Dobbiamo rendere felice qualcuno per essere persone felici. Da un punto di vista personale la famiglia, da quello professionale i nostri tifosi, non ce ne fregano i numeri individuali e chi fa gol, dobbiamo portare un risultato di squadra e di gruppo alla nostra città, che faccia sentire i tifosi orgogliosi di noi. Dobbiamo fare qualcosa per l’affetto del pubblico per la nostra maglia».

D’altra parte, come si fa a non sposare questo approccio al calcio in una città che ha intitolato lo stadio a Maradona, giocatore che ha rappresentato appieno il calcio come gioia e vincolo dell’appartenere a questa squadra e a Napoli. E allora, certo che si gioca per vincere ma si vince perché si vuole essere felici e fare felici. Non è un passaggio da poco, perché bisogna essere consapevoli di come giocare per raggiungere questo duplice obiettivo, che unisce il risultato all’entusiasmo nato dal fare il proprio gioco. Raggiungere questo obiettivo non è stato facile, poiché sappiamo che il calcio è uno sport molto emotivo. A causa del gol, che è un evento raro, non a caso i tre punteggi più abituali in Serie A in ordine di frequenza sono: 1-1, 2-1 e 1-0. Basta un solo episodio per cambiare le sorti di una partita. Questo non avviene negli altri sport di squadra come la pallavolo e il basket dove circa ogni minuto viene assegnato un punto.

Su queste basi, per evitare che l’elevato tasso di emotività diventasse per le squadra un carico negativo d’impulsività e di fallosità è stato necessario che trovasse il suo sbocco nella gioia che il gioco può trasmettere. Quando si usano parole come: “andiamo in campo per divertirci” non significa che si va a fare una scampagnata, non è un segno di superficialità. Comporta, invece, il desiderio di vivere appieno il piacere della sfida, e cioè la gioia di fare al meglio nei momenti difficili quello per cui ci si è preparati.

Maradona: il calcio in paradiso

Biografia di Diego Armando Maradona

Diego Maradona 1960-2020

Pelè: “Un giorno spero giocheremo insieme a pallone in cielo”.

 

I trabocchetti della vita colpiscono tutti

Era il 1986. La parola sulla maglietta di Maradona è “No droghe” e quella sulla maglietta di Platini è “No alla corruzione”.

Ci devono fare ricordare che ogni essere umano è un groviglio di contraddizioni, anche se è un campione, e che bisogna sempre fare attenzione ai trabocchetti che la vita ci presenta, riconoscendoli per evitare di caderci dentro e per rispettare il nostro benessere e le regole della convivenza sociale.

Tributo a Maradona in la Giovinezza di Sorrentino

Diego Maragona in boxer, enorme, obeso, che si regge a malapena in piedi, si esibisce con una palla da tennis in una scena di ‘Youth – La giovinezza’ di Sorrentino che e’ gia’ ‘cult’. Non e’ il pibe de oro, ovviamente, ma l’attore argentino Roly Serrano, identico a parte il fatto che e’ praticamente obeso. Sorrentino, da sempre innamorato calcisticamente di Maradona, leader del suo Napoli che ha vinto tutto nell’era Ferlaino, dopo avergli dedicato l’Oscar lo ha voluto ritrarre in ‘Youth’ con un omaggio sui generis. Una scelta che e’ piaciuta al vero Maradona che su Facebook ha ringraziato il regista.