Archivio mensile per gennaio, 2013

Cavalca un’onda di 30 metri

U.S. surfer Garrett McNamara cavalca un onda di 30m a Praia do Norte beach in Nazaré, Port0gallo

Leggi: http://www.thedailybeast.com/articles/2013/01/30/surfer-garrett-mcnamara-conquers-his-100-foot-wave.html

Perché il tennis lo ha inventato il diavolo

Il tennis lo ha inventato il diavolo” ha detto Adriano Panatta perché ti spinge in errore, a  pensare, ad esempio, che oggi giochi proprio bene e … di colpo cominci a sbagliare; oppure che vuoi fargliela pagare al tuo avversario con quelle pallette che ti mette sempre lì … e così ti arrabbi e non ne prendi più nessuna. O ancora che vuoi tirare forte la prima, vuoi osare … e ti trovi ad avere difficoltà sulle seconde.

Perché è sbagliato pensare in questo modo?

Perché il diavolo ti ha portato a pensare solo al risultato che stai ottenendo (quanto gioco bene oggi) o a quello che vuoi ottenere (tirare forte, fargliela pagare). D’accordo sono pensieri legittimi che passano nella mente di tutti. Solo che quelli bravi li allontanano mentre gli altri ci si soffermano un bel po’. L’effetto è che anziché essere concentrati su cosa bisogna fare per forzare il servizio o su come bisogna rispondere alle pallette, ci si accontenta di pensare a cosa si vuole ottenere.

Pensare di fare un punto non serve a niente, anzi è dannoso.

Bisogna concentrarsi sull’azione da fare per mettere in difficoltà l’avversario e spingerlo a sbagliare. Talvolta non bisogna fare nulla di particolare ed è sufficiente mandare la palla oltre la rete, perché poi ci penserà l’altro a commettere un errore.

La mente è tutto nel tennis, anche i fuoriclasse devono guidarsi attraverso ogni game in modo da esaltare il loro gioco, non è un caso che le pause si siano allungate oltre i secondi consentiti proprio per permettere al giocatore di svolgere questo lavoro mentale di recupero e concentrazione sullo scambio successivo.

La sindrome di Highlander

Si chiama sindrome di Highlander, o dell’immortalitá, riprendendo il titolo del celebre film degli anni ’80 che ranconta le gesta di un immortale. A soffrirne sono gli adulti over50. Colpisce più facilmente gli atleti che continuano l’attività dopo l’agonismo giovanile, o che, interrotta l’attività sportiva, la riprendono in età avanzata, oppure sedentari che pretendono di diventare atleti. Troppo spesso questi atleti sono erroneamente convinti che l’esercizio fisico preservi da qualsiasi stato patologico e così  minimizzano sintomi e fattori di rischio pregressi o attuali. Le conseguenze sono spesso serie: da problemi al sistema scheletrico a cardiopatie.

Alcuni semplici suggerimenti: farsi seguire da un allenatore qualificato ( e non un praticone) per decidere il programma di allenamento che si intende seguire, ascoltare le proprie sensazioni per non allenarsi quando si hanno dei dolori, essere consapevoli che il recupero è parte dell’allenamento, imparare a essere soddisfatti per quello che si fa e non per i risultati.

Vedi: http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-e77ee750-4412-43d6-8d99-dac70d018b64-raisport.html#set=ContentSet-1142e8eb-ec5b-4ece-bceb-72db5410e0f0&page=0

 

 

Attività fisica e benessere

La terza puntata dello speciale del Giornale Radio Sociale è stata dedicata al voto e ai protagonisti dell’associazionismo, della cooperazione e delle organizzazioni sociali che hanno deciso di candidarsi negli schieramenti politici. Perché tanti rappresentanti del Terzo settore e della società civile in campo per le prossime elezioni? Otto puntate speciali in cui chiederemo ai candidati di rispondere sui temi dell’economia sociale, del welfare, dei diritti, della cultura, dello sport per tutti e della lotta alle mafie. Insieme a loro ogni puntata darà voce anche ai protagonisti delle organizzazioni di volontariato e della cooperazione sociale per aprire un dibattito vero sui contenuti. Ai microfoni: Stefano Milani ed Elena Fiorani (redazione sport del GRS) per parlare di sport come diritto per tutti i cittadini, insieme a Filippo Fossati, presidente Uisp e candidato con il PD in Toscana; Bruno Molea, presidente AICS e candidato con Agenda Monti per l’Italia in Emilia Romagna; Alberto Cei, psicologo dello sport e blogger.

Il problema della Juventus sono gli attaccanti

La Juventus segna poco anche se crea molte occasioni da rete. Molti dicono che il problema sono gli attaccanti che hanno difficoltà a fare a goal. Leggendo le statistiche dei goal delle passate stagioni  dei quattro attaccanti si evidenzia che la percentuale di reti fatte nelle loro annate migliori è più o meno la stessa di quella attuale, anzi vi è qualche leggero miglioramento. Infatti, Vucinic è passato da una media di 0,4 goal a partita a quest’anno 0,38, Quagliarella da 0,36 a 0,7, Matri da 0,34 a 0,4 e Giovinco da 0,4 a 0,5. Pertanto, sono tutti in media con le loro prestazioni passate, la questione è un’altra è che ora giocano in una squadra che vuole vincere campionato e champions league e la loro media è troppo bassa, perchè non assicurano quel numero di goal che servono per vincere tanto spesso è necessario. Inoltre andrebbe analizzato quante sono le reti decisive che hanno realizzato, cioè quelle che hanno permesso di vincere la partita. A mio avviso il problema è anche mentale, poichè giocando in una squadra il cui scopo è vincere ogni partita dovrebbero trovarsi con più frequenza in situazioni da goal. Forse non si sentono pronti a svolgere questo ruolo e così ogni partita diventa un test per dimostrare se sono atleti da squadra di seconda fascia da cui provengono e non di prima. In altre parole, qual è il percorso mentale che dovrebbero intraprendere per essere più convinti e decisivi sul campo? Il club ha già dato la sua risposta prendendo un giocatore (Anelka) per il finale di stagione e ne ha acquistato un altro per il prossimo anno. Come verranno digerite queste scelte? Non basta nascondersi dietro la frase “siamo dei professionisti, rispettiamo gli impegni”, queste scelte sono vissute come stimolo o come ulteriore fonte di pressione e di sfiducia?

Calcio e fair play

“E’ rigore quando arbitro fischia” diceva Boskov e con umorismo chiudeva sul nascere la polemica che spesso sorge in relazione alle decisioni arbitrali (it.wikipedia.org/wiki/Vujadin_Boškov). Alla Juvenus è stato negato un rigore al 93° nella partita contro il Genoa ma la reazione di Conte e di alcuni giocatori contro l’arbitro è da condannare. Il presidente della Juventus, Andrea Agnelli, ha detto che non ci si può comportare da Lord di fronte a errori così evidenti e che danneggiano la squadra. Vorrei sapere quand’è allora che ci si deve comportare da Lord, qual è la scala di comportamenti per cui a un certo punto il Lord esce di scena e entra il bullo. Si ha questo comportamento quando si vuole intimidire il giudice di gara e lanciare nel contempo  un’avvertimento al settore arbitrale. Ma il comportamento di Conte è stato analogo a un fallo di reazione di un giocatore e va ugualmente sanzionato. La Juventus ha naturalmente il diritto di esprimere le sue ragioni in relazione ai fatti avvenuti durante la partita, chiedere spiegazioni e più chiarezza in relazione a regole che appaiono ambigue. Questo non vuole dire accettare passivamente quanto accade ma agire nel rispetto delle regole. Altrimenti sembra ferma alla cultura dominante nel calcio italiano secondo cui “prima mena e ragiona solo se sei costretto”.

Come motivare gli atleti è un tema sempre di attualità per gli allenatori

Tutti gli allenatori sono fortemente consapevoli della stretta interazione tra motivazione e apprendimento. La motivazione è però un concetto teorico  che non può essere direttamente osservato e che può` essere  solo ipotizzato sulla base del comportamento degli atleti. In ogni caso,  la conoscenza del processo motivazionale è un fattore cruciale per ogni allenatore, che voglia  insegnare in modo efficace.

Le motivazioni più importanti riconosciute dai giovani atleti  sono relative a:

  1. competenza (imparare e migliorare le proprie abilità sportive),
  2. divertimento  (eccitamento, sfida e azione)
  3. affiliazione (stare con gli amici e farsi nuovi amici),
  4. squadra (essere parte di un gruppo o di una squadra),
  5. competere (gareggiare, avere  successo, vincere)
  6. forma fisica (sentirsi in forma  o  sentirsi più forti)

Viceversa, le cause principali della diminuzione della motivazione o dell’abbandono della pratica sportiva sono da ascriversi a: mancanza di divertimento,  mancanza  di successo, stress da competizione,  assenza  di appoggio da parte dei genitori, incomprensioni con l’allenatore, noia e incidenti sportivi.

In sintesi sono i tre principali bisogni che l’atleta vuole soddisfare per mezzo dell’attività sportiva:

  1. divertirsi, soddisfa il bisogno di  stimolazione  ed   eccitamento,
  2. dimostrare competenza, soddisfa il bisogno di acquisire  abilità e di sentirsi autodeterminati  nelle  attività  svolta,
  3. stare con gli altri, soddisfa il bisogno di  affiliazione con gli altri e di stare in gruppo.

Con riferimento al bisogno di stimolazione si può affermare che:

  1. Il successo va costruito calibrando il programma  da svolgere con le abilità e l’età dell’atleta.
  2. L’allenamento deve essere mantenuto stimolante e  vario.
  3. Ogni atleta deve essere attivo; non bisogna  lasciare agli atleti il tempo di annoiarsi.
  4. Durante l’allenamento è necessario fornire agli  atleti l’opportunità di svolgere esercizi stimolanti.
  5. Bisogna insegnare agli atleti a identificare obiettivi realistici.
  6. Durante l’allenamento è utile stabilire dei  momenti in  cui  gli atleti si esercitano senza  essere  valutati dall’allenatore.

Per quanto riguarda il bisogno di competenza, è compito  dell’allenatore stimolare sia il bambino che il giocatore evoluto non solo ad imparare specifiche  tecniche sportive ma, anche, a sviluppare  il desiderio di progredire e  la  curiosità verso se stessi e l’ambiente in cui agiscono.

A tale proposito l’allenatore dovrà rammentare che:

  1.  Obiettivi specifici, difficili e  che  rappresentano una  sfida sono più efficaci di obiettivi specifici  ma facili,  di  obiettivi  definiti in termini di fai-del-tuo-meglio  e  di   non-obiettivi.
  2. Gli atleti devono possedere un numero sufficiente  di abilità per raggiungere i loro obiettivi.
  3. Gli obiettivi sono più efficaci quando sono definiti in  termini comportamentali, specifici  e  quantitativi, rispetto a quando sono definiti in maniera vaga.
  4. Vanno definiti obiettivi intermedi che devono interagire con quelli a lungo termine.

Quanto al Bisogno di affiliazione esso si fonda sull’esigenza di appartenere  ad un gruppo e di esserne accettati,  stabilendo così con gli altri membri della squadra rapporti  significativi. Soddisfacendo il bisogno di  affiliazione  e di stima, l’atleta sperimenta  maggiore  fiducia verso  se stesso e maggior controllo nei riguardi  delle situazioni che si presentano. In effetti ogni atleta  e allenatore sa per esperienza che quando vi sono fra loro problemi  di comunicazione è difficile seguire il  programma di allenamento che è stato prefissato.

I punti chiave per soddisfare  il bisogno di affiliazione e di stima  degli  atleti possono essere così riassunti:

  1. Ascoltare le richieste degli atleti.
  2. Comprendere i bisogni espressi, orientandoli  all’interno del programma annuale di allenamento.
  3. Stabilire il ruolo di ogni atleta, definendo per ciascuno obiettivi realistici.
  4. Riconoscere apertamente l’impegno posto nel  collaborare a obiettivi di gruppo.
  5. Insegnare ai giocatori a correggersi reciprocamente.
  6. Fornire istruzioni tecniche e incoraggiare  l’impegno personale.
  7. Ridurre lo stress agonistico rinforzando l’importanza di gareggiare  dando il meglio di sé e riducendo l’importanza  attribuita al risultato.

In altri termini, l’allenatore per sviluppare nei suoi atleti i il senso di appartenenza a quel particolare gruppo, deve mostrarsi credibile e costante nei suoi atteggiamenti e comportamenti.

Per essere  credibili  bisogna essere sinceri con tutti i propri atleti: giovani  e adulti,  esperti e meno esperti, titolari e riserve. A  tale proposito è necessario:

  1. Condividere con gli atleti il programma tecnico, evidenziando le loro abilità e le aree da migliorare.
  2. Spiegare le ragioni di tecniche e strategie:  saranno così ricordate meglio.
  3. Non far promesse, personalmente o indirettamente, che si potrebbe non riuscire a mantenere.
  4. Rispondere alle domande con competenza, sincerità, sensibilità.
  5. Evitare di pronunciare frasi che potrebbero ledere la stima dell’atleta (es: “Non farai mai parte del gruppo dei migliori). Come indicazione ci si chieda: “Se fossi  l’atleta, vorrei sentirmi dire questo dall’allenatore?”.

Il finto infortunio della Azarenka

Nella semifinale degli Australian Open, l’Azarenka sul 5-3 per lei al secondo set ha sbagliato 5 match point. Tornata a sedersi per il cambio campo ha accusato un dolore al collo, è interventuo il medico e l’incontro è ricominciato solo dopo 10 minuti. La sua avversaria Sloane Stephens si è lamentata dicendo che l’Azarenka non è contravvenuta alle regole ma certamente le ha piegate a suo favore. Nella dichiarazione subito dopo la partita, che poi ha vinto, ha detto che aveva avuto un blocco mentale. Nella conferenza stampa successiva ha sostenuto che aveva male al collo e che per questo ha chiesto le cure mediche che le hanno permesso di rientrare in campo e vincere. La cultura della vittoria a ogni costo determina questi comportamenti anche da parte dei campioni. Infatti, usufruire nei momenti di maggiore stress di una pausa lunga aiuta a ritrovare il self-control e impedire all’avversario di continuare a esercitare pressione. Non credo sia un modo corretto di agire, perchè manca di rispetto verso l’avversario e fornisce un lungo extra time a chi si trova in difficoltà per riprendere in mano la propria mente e quindi la partita.

In pochi istanti e a un passo dalla porta il PSV Eindhoven perde tre opportunità di fare goal

http://www.guardian.co.uk/sport/video/2013/jan/23/psv-eindhoven-miss-video

Proposta nel parlamento inglese per diffondere la cultura della bici

E’ stata presentata al parlamento inglese  la proposta per diffonderein tutto il paese la cultura della bicicletta “Il governo deve dare prova di leadership a lungo termine e impegnarsi a livello molto più alto se la Gran Bretagna vuole diventare una nazione di ciclisti”.

Se il paese vuole iniziare a mettersi al passo dei vicini continentali sui livelli di ciclismo – attualmente circa il 2% dei britannici utilizza una bicicletta come principale mezzo di trasporto, è uno dei livelli più bassi di tutti i 27 Paesi EU – bisogna sviluppare un approccio che preveda progetti di pianificazione dei trasporti come è stato fatto per le linee ad alta velocità ferroviaria.

L’impegno che deve essere messo è analogo a quello realizzato alcuni decenni fa in paesi come la Danimarca e i Paesi Bassi , in cui il ciclismo è stato trattato come una parte importante e integrante di tutta la pianificazione dei trasporti.

La proposta intitolata Get Britain Cycling è stata formulata  dai parlamentari di vari partiti nel tentativo di trasformare l’entusiasmo generalizzato per il ciclismo dopo le Olimpiadi e la vittoria di Bradley Wiggins al Tour de France in un aumento del numero di chi si serve della bicicletta come mezzo regolare di trasporto. Un altro impulso chiave è stato condotto dalla campagna per la sicurezza del ciclo istituito prodotta dal Times, dopo che uno dei suoi reporter è stato gravemente ferito e in modo permanente da un camion mentre andava in bicicletta.

I livelli di ciclismo aumenterebbero in modo rilevante con significativi investimenti in infrastrutture ciclo dedicati, in particolare corsie separate e incroci più sicuri, così come luoghi per conservare le bici nelle case e al lavoro.

Un altro argomento chiave riguarda la diffusione della cultura della bicicletta, che potrebbe essere visto come un’attività quotidiana, “una forma potenziata di camminare,”  piuttosto che uno sport. Tra le idee suggerite per diffondere questa mentalità è un test di guida in bicicletta e incoraggiare più donne e bambini a andare  in bicicletta. Inserendola per i più giovani nel sistema di formazione del curriculum scolastico regolare, come il nuoto.

Il progetto è ambizioso perchè non si tratta solo di ciclismo per tutti ma di programmare in quale tipo di strade, città e comunità vogliamo vivere.

(Di Peter Walker, from http://www.guardian.co.uk/lifeandstyle/2013/jan/23/uk-cycling-culture-commitment-government)