Archivio mensile per dicembre, 2010

Era ora: la speranza

Era ora che qualcuno osasse parlare di speranza, giacchè siamo in Italia. Lo ha fatto Emanuela Audisio su Repubblica di oggi, un articolo da conservare perchè non è rivolto al presente ma parla del futuro e cioè dei nuovi talenti dello sport italiano. Dalle dichiarazioni di questi ragazzi appare evidente che non sono degli sfaticati, come spesso si sente dire dagli allenatori, al contrario hanno idee chiare e precise e conoscono molto bene cosa vuole dire sacrificarsi per un obiettivo. Diciamolo: sono giovani che coltivano il loro sogno e non credo che nella vita di una persona vi sia qualcosa di più coinvolgente del poterlo fare. Giovani così praticano golf, tennis, ginnastica artistica, scherma, nuoto, tiro a volo, salto in alto e calcio. Sono ragazze e ragazzi tra 14 e 20 anni. Dalle frasi dei ragazzi riportate nell’articolo si evidenzia ciò che le ricerche sullo sviluppo dei talenti hanno evidenziato. Il primo aspetto è il ruolo decisivo dei genitori nel sostenere i loro figli  in termini di stabilità psicologica (e ovviamente economico) e nel farli continuare negli studi. Il secondo aspetto è avere allenatori di alto livello “nonostante” la loro giovane età. Il terzo aspetto è l’elevato grado di consapevolezza che questi giovani hanno già sviluppato in relazione alla loro vita quotidiana extrasportiva e agli obiettivi sportivi che si pongono. Quarto, sanno che lottano per il vertice sportivo assoluto e ne sono contenti.

2010 per immagini

Le immagini più belle dello sport 2010 proposte dai giornali di culture diverse:
http://sportsillustrated.cnn.com/multimedia/photo_gallery/1012/pictures-of-the-year.1/content.13.html

http://www.lequipe.fr/Aussi/breves2010/20101223_195310_ce-qui-nous-a-marques.html

http://www.gazzetta.it/Calcio/SerieA/27-12-2010/i-gol-piu-belli-20-a-712281627453.shtml

Tiger Woods e reputazione sociale

Tiger Woods ha perso anche il contratto che aveva con Gillette. I suoi continui tradimenti  che sono all’origine della crisi matrimoniale hanno avuto effetti devastanti sulla perdita di appeal del golfista nei riguardi delle aziende. Si può pensare ciò che si vuole del conformismo di queste imprese che vogliono legare la propria immagine a personaggi di rilevanza planetaria, trasformandoli in ideali di perfezione, forza o tenacia che vanno oltre le loro performance sportive perchè si estendono a tutta la loro vita. Dovrebbe essere abbastanza evidente che le prestazioni eccezionali dei campioni non hanno nessuna relazione con la loro vita privata. Ma noi esseri umani non basiamo le nostre scelte sulla ragione, mentre spesso ci basiamo esclusivamente sul loro appeal emotivo (in questo caso riguardano le emozioni positive verso l’azienda, l’ammirazione e rispetto, la fiducia nell’impresa). Per cui quali emozioni positive può trasmettere un traditore, che proprio a causa di questo suo ripetuto comportamento non può essere associato a un’azienda che, a sua volta, se non molla il fedifrago subirà una perdita di reputazione sociale e, quindi, di profitti.

Auguri a tutti gli psicologi

Buone Feste psicologi, che il 2011 sia un anno di rinnovata intraprendenza professionale. Auguro ai giovani che ognuno possa trovare la sua strada, anche inboccando percorsi non previsti in precedenza o non compresi negli studi universitari. Abbiate idee nuove partendo dalle vostre competenze, senza restare prigionieri nei lavori e modi di pensare tradizionali. Auguro a tutti di non avere timore di formarsi in ambiti innovativi e non nella solita formazione psicoterapeutica. Auguro a noi che abbiamo già molti anni di professione sulle spalle di continuare a viaggiare, di non fermarsi e di rinnovare continuamente la nostra curiosità umana e professionale. Buon Anno a tutti.

La cultura del lavoro: che sia NBA o greco

Leggo sulla Stampa l’intervista a Marco Belinelli, giocatore NBA, in cui spiega come ha fatto a conquistare un posto nel quintetto degli Hornets (New Orleans): “Semplice, si chiama extrawork: arrivi prima agli allenamenti e te ne vai dopo, per essere sempre pronto. Come dicono qui sono uno che – ha fame -, che vuole vincere e dare tutto e mi alleno sempre, la squadra lo ha capito subito.” Retorica no: l’insegnante di greco della classe di mia figlia il primo giorno di scuola spiegò come dovevano fare per imparare: oltre le ore di scuola, dovevano fare una versione al giorno e prima di tutto scrivere e poi riscrivere l’alfabeto sino a quando non l’avessero imparato. In questo modo sono circa 500 ore di greco all’anno; corrispondono allo stesso numero di ore che dovrebbe dedicare all’allenamento sportivo un giovane sedicenne che volesse emergere nel suo sport. In sostanza vi è un solo metodo per giocare in NBA o imparare il greco: impegno e dedizione sostenuti da insegnanti/allenatori bravi.

L’Iran in cerca di nuovi successi nello sport

L’esperienza in Iran è stata sicuramente molto positiva. Una settimana di corso di formazione con 15 allenatori, di cui tre donne, motivati a capire cosa e come fare per migliorare. Hanno un progetto che ha lo scopo di diventare più competitivi a livello dei Giochi Asiatici e di aumentare il numero di partecipanti alle Olimpiadi. In questo corso di 48 ore i temi dell’allenamento e della preparazione alla gare sono stati trattati sotto tutti i punti di vista (tecnico, mentale, fisico, giovani e atleti evoluti). L’interesse verso la preparazione psicologica è sentito come un aspetto importante della vita dell’atleta e dell’allenatore. Dire che tutti parlavano inglese non è scontato giacchè qui da noi non sarebbe altrettanto facile. Vi è un altro mondo, di cui siamo poco consapevoli, che progetta il suo futuro, invita esperti e vuole ottenere risultati. Questo non vale solo per l’Iran, è lo stesso in Kuwait ( di cui vi erano alcuni allenatori) o per l’India (di cui Marcello Dradi, l’organizzatore di questo corso è allenatore). Il mondo sportivo si sta spostando a Oriente in termini di nuove progettualità e di investimenti, non a caso il Qatar organizzerà i Mondiali di Calcio e una squadra del Congo va in finale nella Coppa Intercontinentale. Ennio Falco, a questo riguardo, ha ricordato che sino a 15 anni fa nel tiro a volo se battevi il tuo compagno di squadra e qualche altro atleta europeo e nordamericano quasi certamente vincevi. Ora, invece, è molto diverso vi sono almeno altri 15/20 atleti molto forti che possono competere per una medaglia e la maggior parte di questi vengono dall’Asia. In Iran vi sono alcuni psicologi dello sport che hanno una formazione nordamericana e che seguono le squadre anche durante le gare internazionali più importanti, tre di loro hanno partecipato a questi ultimi Asian Games. Ho parlato con Shamsi Monfared, che ha pubblicato un articolo sull’International Journal of Sport Psychology sugli atleti iraniani (3, 2009, www.ijsp-online.com) e mi ha detto che come psicologi organizzano workshop con esperti stranieri sugli aspetti applicativi e professionali della psicologia dello sport. In sostanza, non solo i paesi anglosassoni vogliono essere sempre più competitivi ma anche nazioni come l’Iran e molti paesi asiatici vogliono acquisire nuovi spazi e competenze.

Psicologi in Serie A

Evviva!! Qualcuno parla finalmente di psicologi e non di motivatori, mental coach o quant’altro. Non a caso chi lo fa si chiama Gianni Mura e Giuseppe Smorto. Quindi psicologi, la Serie A degli allenatori mentali, in Serie A. La questione resta sempre quella di capire come mai dai tempi di Sacchi in Nazionale non se ne è più visto uno. Come mai questi allenatori non vogliono servirsene. Fatta eccezione per Ancelotti (prima al Milan e poi al Chelsea) non esistono psicologi che forniscano la loro consulenza alle squadre di calcio. La mia spiegazione è che il livello di dogmatismo di presidenti e allenatori è così fortemente radicato che ritengono loro stessi di essere in grado di svolgere questo ruolo. Nella sostanza queste persone non vogliono sentirne parlare, per paura, ignoranza o presunzione, e poi ovviamente nelle interviste non fanno altro che parlare di psicologia quando spiegano le ragioni dei successi e delle sconfitte. Bisognerebbe studiare come mai l’80% dei campioni olimpici di tutto il mondo lavora anche con uno psicologo, mentre nel calcio questo non conta; forse perchè alle olimpiadi il calcio italiano non combina mai niente. Naturalmente queste considerazioni vanno allargate anche agli arbitri di calcio che dopo la lunga stagione di Casarin hanno eliminato questo tipo di consulenza.

Lo sport per tutti: si dice ma non si fa

Non è un tema di attualità perchè è un fatto costante della nostra vita quotidiana. Si tratta dello sport per tutti. Quello che è stato chiamato: lo sport a misura di ciascuno. Gli anni 80 e 90 sono stati quelli dell’incremento degli sportivi attivi e le grandi associazioni di sport hanno raggiunto milioni di aderenti. Fu un successo incredibile e una grande esperienza sociale e di ricerca del benessere da parte degli italiani che erano sempre stati una popolazione di sedentari. Oggi però questa spinta si è ormai persa, il numero massimo di praticanti si ha nella scuola media e poi decresce costantemente: a 20 anni fanno sport, anche in modo irregolare, il 40% delle ragazze e il 60% dei ragazzi; a 30 anni il 30% circa delle donne e il 50% degli uomini, che a 50 anni si riducono al 20% e 30%.
Allora che fare? Non basta evidentemente organizzare nelle nostre città migliaia di gare podistiche ogni domenica, perchè questo non aumenta la pratica fisica. Se non vogliamo trovarci tra pochi anni con una percentuale di obesi e di problemi sanitari crescenti è necessario che chi si occupa dello sport per tutti esca dai canoni tradizionali che sono stati così efficaci più di venti anni fa. Ci vogliono nuove idee, nuove forme di collaborazione tra le organizzazioni sportive per evitare di finire a condurre una vita divisa tra casa, mezzi di trasporto, scuola o lavoro, mezzi di trasporto e casa. Bisogna uscire dalla fase di denuncia e passare a quella delle scelte.

Meglio morti che in bici

La morte dei ciclisti è terribile, forse perchè ha trovato tanto spazio sui media e a queste tragedie non siamo ancora abituati mentre ai morti nelle varie guerre sì. 250 ciclisti morti ogni anno in Italia sono inconcepibili, io mi diverto e gli automobilisti mi prendono di mira. Bellissimo e tremendo l’articolo di Rumiz su Repubblica che spiega che andare in bici è un fatto negativo per gli automobilisti, perchè per loro esiste solo la bicicletta e non il ciclista, che rappresenta un ostacolo da eliminare. In Italia oltre a aumentare le piste ciclabili bisognerebbe anche migliorare la testa degli automobilisti. Suggerisco che all’esame di scuola guida venga introdotta una frase da commentare che potrebbe essere: “Spiega con parole tue perchè non si guida solo con il piede destro ma anche con la testa” oppure “Se vedessi tuo figlio o figlia andare in bicicletta cosa fai? (scegli una sola risposta) fai finta di nulla e quando torni a casa lo punisci; suoni il clacson e gli dici urlando – Che cazzo stai facendo? A casa facciamo i conti -; lo ignori ma pensi – Fa sempre quello che vuole -; rallenti, lo affianchi, gli sorridi e te ne vai. A chi rispondesse in modo sbagliato non bisognerebbe dare la patente.