Molti fuoriclasse hanno in comune questa abilità di unire in un solo gesto, quello del tiro, precisione e velocità di esecuzione. In gara in molti sanno essere precisi e lenti oppure veloci e imprecisi, pochissimi, i campioni sanno coniugare in modo eccellente la velocità e la precisione. Questo è ciò che accomuna atleti come Del Piero, Tiger Woods, Johnny Wilkinson o Giovanni Pellielo. Sport tra loro molto diversi: calcio, golf, rugby e tiro a volo ma accomunati da questa abilità. Una competenza che nei momenti decisivi di una competzione stabilisce la differenza tra coloro che sono sicuramente bravi ma che non sono in grado di fare la cosa giusta nel momento che conta. E’ affascinante leggere che questo è ciò che Del Piero vorrebbe capire: come si entra in questi momenti di concentrazione totale e e si realizza il tiro perfetto. Esistono dei sistemi di allenamento per lo sviluppo di questa condizione mentale. Quando ero giovane il libro “Lo zen e il tiro con l’arco” ha fornito delle suggestioni interessanti fondate sulla filosofia orientale; oggi si può affermare che l’allenamento dell’attenzione e della visione propongono sistemi ripetibili e allenabili per sviluppare questa particolare condizione mentale.
Archivio mensile per dicembre, 2010
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Crisi d’ansia? Vai da un mental coach. Ma come si è formato questo professionista? Ha seguito un percorso rigoroso e serio; ma allora è un laureato in psicologia. No! Basta che abbia seguito un corso di programmazione neurolinguistica. Questo è ciò che impariamo dall’articolo di Vera Schiavazzi apparso sulla Repubblica del 1° dicembre. Si dice anche di più “… forse sta accadendo per il coaching quello che era accaduto per la psicologia: nessun percorso universitario obbligatorio, ma una pluralità di scuole e di maestri per formare “allenatori” chiamati a riprogrammare i pensieri e la volontà di atleti, manager … e persone bisognose.” E’ come dire che basta un corso per imparare a togliere l’appendicite per essere un chirurgo. Evidentemente chi ha scritto l’articolo ignora che nel mondo occidentale esistono master universitari di almeno un anno per prendere la specializzazione in psicologia dello sport; che la programmazione neurolinguistica (PNL) è una fra le tante tecniche psicologiche che devono essere parte del bagaglio di competenze di uno psicologo dello sport che voglia svolgere l’attività di mental coach; che le competenze di allenatore mentale le possiede solo chi ha conseguito una laurea magistrale in psicologia con conseguente perfezionamento in psicologia dello sport o in altri campi a seconda dell’ambito professionale in cui verrà svolta l’attività professionale; che non è etico diffondere l’idea che chiunque, purché abbia fatto un corso in PNL, svolga un’attività per cui esiste un ordine professionale che tutela i cittadini da eventuali frodi. Le parole che si utilizzano hanno un senso e gli stessi termini “riprogrammare i pensieri” indicano un approccio da psichiatria arcaica in cui si pensava che la lobotomia fosse il sistema migliore per riprogrammare la mente delle persone. Come presidente della Società Italiana di Psicologia dello Sport e direttore dell’International Journal of Sport Psychology voglio esprimere una forte riprovazione verso questo tipo di articoli superficiali e offensivi della professione e della ricerca accademica nell’ambito della psicologia dello sport.