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Il sostegno dei genitori allo sport dei figli

Qualche giorno fa ricevo la telefonata di un genitore che mi chiede come convincere il proprio figlio a lasciare il calcio, visto che, a detta sua,  non sembra affatto lo sport per lui. Viene preso in giro per le sue scarse capacità e comincia a perdere la fiducia in sé stesso. Il bambino ha 10 anni, a lui il calcio piace e si diverte, ma evidentemente  non basta e purtroppo il mondo del calcio giovanile, in molte realtà, non eccelle per comprensione  e spazio per tutti. Ho consigliato al genitore di cambiare prospettiva, di guardare quel che stava accadendo come un episodio formativo in cui il suo compito  doveva  essere quello di aiutare il proprio figlio a riflettere sui suoi bisogni sportivi ed emotivi. Ho consigliato di ascoltarlo, di aiutarlo a riflettere, ma soprattutto gli ho chiesto di guardarlo con gli occhi di chi crede in lui e nelle sua capacità. Il presupposto indispensabile affinché il bambino possa credere in sé e nelle proprie capacità, è che i genitori credano in lui.

L’episodio mi ha dato la possibilità di riflettere sulle difficoltà che molti genitori incontrano nel sostenere i propri figli nell’attività sportiva e, per questo motivo, ritengo utile condividere alcune regole fondamentali:

  • Ascoltare: mettere per un momento da parte le proprie idee e sentire cosa hanno da dire
  • insegnare a tollerare la frustrazione
  • Lasciare spazio alle idee personali del proprio figlio su persone  e situazioni
  • Comprendere le proprie aspettative nei confronti del figlio
  • Incoraggiare nelle difficoltà
  • Rinforzare i progressi
  • Sostenere l’impegno senza farlo dipendere dai risultati positivi
  • Aiutarlo a capire che miglioramento e impegno vanno di pari passo
  • Dialogare con lui sull’attività sportiva rispettando le sue esigenze
  • Rispettare i suoi bisogni emotivi

Il piccolo calciatore probabilmente a settembre sarà un piccolo pallanuotista (perché così vuole la mamma).Se questa scelta non rimarrà solo il desiderio di un genitore, ma anche la scoperta consapevole delle capacità di un bambino allora il suo percorso sportivo decollerà al di là del calcio e la sua autostima farà un importante passo avanti.

(Di Daniela Sepio)

Il fascino infinito del calcio

Sono terminati i mondiali di calcio e ancora una volta è stato lo spettacolo più seguito al mondo insieme alle Olimpiadi estive. Le ragioni del successo di questo sport sono da sempre le stesse. E’ uno sport facile da capire, che chiunque può praticare e che viene giocato dappertutto, sulla spiaggia come in un parco, su una strada o in qualsiasi spiazzo o cortile. Viene giocato a ogni età dai bambini di 5 anni così come dagli adulti, basta segnare due porte con una maglia, uno zainetto o una pietra e lo spazio tra queste due porte diventa immediatamente il campo da gioco. Gli altri sport di squadra per essere giocati richiedono più competenze tecniche e un minimo di struttura come la rete per la pallavolo o i canestri nel basket. Nel calcio questo non serve, basta che uno porti il pallone e subito si comincia la partita. Queste sono le ragioni per cui il calcio è diventato un gioco universale, perché tutti i maschi da bambini hanno giocato a pallone e diventati adulti si sentono allenatori quando il lunedì mattina discutono con gli amici. Tutti da bambini hanno giocato almeno 20-30-40 o forse più partite di calcio e questa conoscenza pratica del gioco, gli fa credere di essere competenti nel valutare se una squadra ha giocato bene o male. Il calcio in questi ultimi 15 anni ha anche contagiato le ragazze e in molti paesi dal nord Europa, al nord America e al Giappone è veramente molto diffuso. Queste sono secondo me le ragioni per cui il calcio continuerà ad appassionare tutti ancora per molti anni.

I diritti dei piccoli calciatori

Si avvicina il momento in cui le società Sportive cominciano ad organizzarsi.  Le scuole calcio programmano il nuovo anno e a settembre i campi si riempiranno di bambini. Le statistiche dicono che la metà dei bambini sceglie il calcio. Alla luce di questo è importante ricordare a tutti coloro che lavorano all’interno delle scuole calcio che i bambini non sono adulti in miniatura e che per lavorare con loro non basta la passione per il calcio, serve la passione per il mondo dei bambini, serve sapere, cosa pensano, come ragionano, cosa possono fare.  Soprattutto serve sapere come trattarli e questi principi fondamentali tratti dalla “Carta dei diritti dei bambini e dalla “Carta dei diritti dei ragazzi allo sport” dovrebbero sempre essere un riferimento per  chi si occupa di calcio come di qualsiasi altro sport giovanile:

  • Il diritto di divertirsi e giocare
  • Il diritto di fare sport
  • Il diritto di beneficiare di un ambiente sano
  • Il diritto di essere circondato ed allenato da persone competenti
  • Il diritto di seguire allenamenti adeguati ai suoi ritmi
  • Il diritto di partecipare a competizioni adeguate alla sua età
  • Il diritto di praticare sport in assoluta sicurezza
  • Il diritto di avere i giusti tempi di riposo
  • Il DIRITTO DI NON ESSERE UN CAMPIONE

“Carta dei diritti dei bambini” (New York- convenzione sui diritti del fanciullo, 1989)

“Carta dei diritti dei ragazzi allo sport” (Ginevra, commissione tempo libero ONU, 1992 )

Obama e Biden: jogging alla Casa Bianca contro l’obesità infantile

Il presidente Barack Obama e il vice presidente Joe Biden sostengono la campagna Let’s Move di Michelle Obama facendo del jogging all’interno della Casa Bianca durante una pausa dal lavoro. Il video è di supporto alla campagna contro l’obesità infantile.

Cosa le mamme pensano di loro stesse vs. Cosa pensano i loro i loro

Le regole etiche sono troppo vecchie?

Almeno 10 anni fa in una pubblicazione del settote giovanile e scolastico della FIGC dedicata a calcio, scuola e educazione abbiamo scritto.

Qualunque sia il mio ruolo nello sport, anche quello di spettatore, mi impegno a:

  • Fare di ogni incontro sportivo, poco importa la posta in palio e la rilevanza dell’avvenimento, un momento privilegiato, una sorta di festa
  • Conformarmi alle regole e allo spirito dello sport praticato
  • Rispettare i miei avversari come me stesso
  • Accettare le decisioni degli arbitri e dei giudici sportivi, sapendo che, come me, hanno diritto all’errore ma fanno di tutto per commetterlo
  • Evitare l’aggressione nei miei atti, nelle mie parole e nei miei scritti
  • Non usare artifizi nè inganni per ottenere il successo
  • Restare degno nella vittoria come nella sconfitta
  • Aiutare gli altri sportivi, con la mia presenza, la mia esperienza e la mia comprensione
  • Soccorrere ogni sportivo ferito, la cui vita è in pericolo
  • Essere realmente ambasciatore dello sport, aiutando a far rispettare intorno a me i principi qui affermati

Ora invece si sente dire che dire “M….a” è solo una parola come un’altra perchè è ampiamente usata nel linguaggio comune e quindi non è offensiva. E’ chiaro, i ragazzi che insultano i giocatori non sono deliquenti come quelli  che il calcio ci ha abituato a vedere e che non vengono perseguiti. Ciò non toglie che ai bambini vada insegnata l’educazione e a comportarsi in pubblico, in primis dai genitori.

I genitori non creano problemi solo nel calcio

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Questo cartello è stato posto davanti a una scuola di baseball nel Maryland per condannare i comportamenti dei genitori. Non c’è purtroppo limite alla stupidaggine di molti genitori che non sono grado di permettere ai propri semplicemte di giocare a baseball, in questo caso, ma in qualsiasi sport pratichino solo per divertirsi.

Leggi su Slate

Il movimento a misura di ogni bambino

E’ stato aperto a oggi a Roma un parco giochi per bambini da 0 a 6 anni che gli permette di muoversi, raggiungere e provare giochi che sono a misura di ciscuno. E’ infatti organizzato su varie aree tematiche ognuna delle quali è adatta all’età del bambino. E’ un’ottima notizia l’apertura di questo parco tematico poichè testimonia come anche da noi si stia iniziando a diffondere la cultura del movimento a misura di ciascuno. L’importanza della crescita del bambino fin dai primi passi, il suo sviluppo senso–motorio abbinato a una corretta alimentazione, la creazione delle condizioni ideali per favorire l’aggregazione: queste le basi della nuova frontiera della responsabilità sociale tracciata da Laboratorio 0246, Associazione di Promozione Sociale che nasce a Treviso, forte dell’esperienza ultraventennale proprio nell’ambito di sport e sociale Verde Sport, società operativa nel ramo sportivo per il Gruppo Benetton, che ha deciso di concentrare la sua attenzione sui più piccoli, i bambini in fascia d’età 0-6 anni, e sulle loro famiglie.
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#RivoglioCampoTestaccio

“Mia madre veniva a guardare le partite della Roma a Campo Testaccio quando era incinta di me. E a chi le chiedeva se non temesse di partorire sugli spalti rispondeva: magari!”. Adriano Verdolini insegna sociologia all’Università La Sapienza e ormai è uno dei pochi romani a poter descrivere, anche grazie ai racconti dei genitori, che atmosfera si respirasse a Campo Testaccio.

Questa è una delle tante vergogne italiane, non è certo l’unica perchè molte altre città hanno esempi di questo tipo. Ma tutto ciò avviene a Roma, in un quartiere storico della città privo di spazi verdi e di strutture sportive dove fare sport. E poi è il primo stadio dove la Roma ha giocato sino alla fine degli anni ’30. Infatti l’impianto fu progettato dall’ingegner Silvio Sensi, padre di Franco (presidente del terzo scudetto romanista), su modello degli stadi inglesi (in particolare su quello dell’Everton). Aveva quattro tribune di legno verniciate con i colori della squadra (giallo oro ed il rosso pompeiano), le quali avevano una capienza di 20.000 spettatori e un campo in erba le cui dimensioni potevano essere regolate in base alle esigenze della squadra. L’impianto di Testaccio comprendeva anche l’abitazione dell’allenatore, un edificio sul cui muro esterno era dipinto lo stemma gigantesco della società giallorossa.

Campo Testaccio è un pezzo molto importante della storia della città e non solo per i tifosi della Roma. Bisogna immaginare un quartiere nato all’inizio del ’900 in cui venne costruito uno stadio di calcio in cui tutti facevano la ressa per andare a vedere la Roma e chi non aveva i soldi per pagare il biglietto guardava la partita dal Monte dei Cocci da cui godeva un’ottima visuale sul campo. In anni più recenti su questo campo giocavano bambini della Scuola Calcio Testaccio ma dal 2009 questo campo è abbandonato ed è un luogo di macerie a causa della pessima interazione fra privati e amministrazione pubblica. Infatti il Comune di Roma aveva dato il permesso di costruire dei parcheggi sotto il campo con la promessa di restituire in pochi mesi alla Scuola Calcio il campo ma ciò non è avvenuto. Ora si è costituito un comitato, #RivoglioCampoTestaccio, per ridare questo spazio verde e di sport al quartiere, perchè la burocrazia e i cavilli legali non possono continuare a bloccare un bene di tutti, perchè non basta più indignarsi e stare a aspettare ma bisogna agire sulle situazioni che possono migliorare la vita di un quartiere.

Che disastro

In Italia un bambino su quattro di età fra 6 e 10 anni non fa sport.