Archivio mensile per dicembre, 2023

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Tre alpinisti americani risolvono ‘l’ultimo grande problema in Himalaya’

I record sono fatti per essere battuti. In montagna non ci sono gare ma ci sono pareti da scalare che nessuno ha mai esplorato.

Una di queste riguarda l’impresa degli alpinisti statunitensi Matt Cornell, Jackson Marvell e Alan Rousseau hanno compiuto una scalata in stile alpino dell’immensa, splendida parete nord dello Jannu, Himalaya nepalese. L’ascesa, durata sette giorni, è stata definita senza mezzi termini “visionaria” e “forse la migliore salita in stile alpino degli ultimi decenni.”

La cordata ha iniziato a scalare la montagna di 7710 metri la mattina presto del 7 ottobre e ha raggiunto la vetta il 12. È stato necessario un ulteriore bivacco prima di scendere al campo base, in doppia vicino alla linea di salita, il giorno successivo. Gli ultimi 200 metri sono in comune con la via della Cresta SO, mentre altri tratti sono in comune con la Diretta Russa, aperta in stile capsula e con l’utilizzo di corde fisse nel 2004 da una determinata spedizione russa guidata da Alexander Odintsov.

La nuova via si chiama Round Trip Ticket e nei suoi 2700 metri supera difficoltà stimate attorno a M7 AI5+ A0. Scrivendo sul suo profilo Instagram, Rousseau ha spiegato: “Il tratto più ripido e difficile è stato da 7.000 a 7.500 metri. Questa parte incassata della parete nord non è mai stata scalata in precedenza. È qui che abbiamo vissuto alcuni dei tiri di misto più intensamente meravigliose che tutti noi abbiamo mai avuto il piacere di salire in precedenza.” Il successo ora arriva dopo 2 precedenti tentativi falliti, il primo di Marvell e Rousseau nel 2021, il secondo di Cornell e Rousseau nel 2022.

Cornell, Marvell e Rousseau, che in passato hanno salito insieme vie di grande spessore come Aim for the bushes sulla parete est del Monte Dickey nella Ruth Gorge in Alaska, hanno scavato a fondo nella loro esperienza per scalare la montagna. Cornell ha affermato che erano stati ”consumati dalla scalata, abbiamo perso il significato dell’individualità”.

(Fonte: https://www.planetmountain.com/it/notizie/alpinismo/jannu-parete-nord-salita-stile-alpino-matt-cornell-jackson-marvell-alan-rousseau.html)

Mazzarri e la coesione del Napoli

Partiamo da un’idea base e cioè che le prestazioni di una squadra sono più efficaci se vi è accordo sugli obiettivi e sui mezzi per raggiungerli. Questa constatazione  è parte fondamentale del concetto di coesione, che è il processo dinamico che riflette la tendenza di una squadra a stare insieme e a rimanere unita nel perseguire i suoi obiettivi. Carenza di coesione, a mio avviso, è  stato il problema che ha manifestato il Napoli durante la gestione di Rudi Garcia.

Questo perchè uno dei dei problemi più frequenti che si presentano nelle squadre quando gli obiettivi dell’allenatore non corrispondono a quelli della squadra. Garcia inoltre non  è riuscito a trovare modalità di comunicazione efficaci per fare accettare le sue proposte. Dovrebbe essere evidente quanto sia necessario che i membri di una squadra s’identifichino con gli obiettivi dell’allenatore  altrimenti succede quello che è successo: la squadra perde fiducia e l’allenatore viene esonerato

Mazzarri si è trovato ad affrontare una situazione in cui i calciatori non erano soddisfatti del ruolo svolto in squadra, avevano perso fiducia nella forza del gruppo e i risultati negativi confermavano, peggiorandoli, questi stati d’animo negativi.

L’approccio di Garcia non prevedeva un confronto su questi temi, che è necessario per gestire una squadra in modo vincente. Se mi venisse chiesto, suggerirei a Mazzarri d’introdurre momenti di discussione sugli stessi temi. Si può concludere che, sebbene possano essere utilizzati vari approcci per convincere gli individui della bontà degli obiettivi proposti, un sistema centrato sulla valorizzazione della squadra sarà certamente molto efficace. In tal modo, si viene a costruire una relazione positiva fra motivazione e impegno individuale, che porta a prestazioni efficaci e a una conseguente percezione positiva del valore del contributo individuale al lavoro collettivo.

L’uso dei media e social da parte dei giovani

Twenge, J. M., Martin, G. N., & Spitzberg, B. H. (2019). Trends in U.S. Adolescents’ Media Use, 1976–2016: The Rise of Digital Media, the Decline of TV, and the (Near) Demise of PrintPsychology of Popular Media Culture8(4), 329–345.
Gli studi hanno prodotto sinora risultati contrastanti riguardo se i media digitali (Internet, messaggistica, social media e giochi) sostituiscano o integrino l’uso dei vecchi media tradizionali (media stampati come libri, riviste e giornali; TV; e film). Questo studio esamina le tendenze generazionali/temporali nell’uso dei media in campioni rappresentativi a livello nazionale di studenti dell’8º, 10º e 12º grado negli Stati Uniti, dal 1976 al 2016 (N 1.021.209; 51% femminile). Queste classi sono equivalenti alla fascia di età tra 12 e 16 anni.
L’uso dei media digitali è aumentato considerevolmente, con il 12° medio che nel 2016 trascorre più del doppio del tempo online rispetto al 2006, con un totale di circa 6 ore al giorno spese online nel 2016, sui social media e mandando messaggi. Mentre solo la metà dei 12° visitava i siti dei social media quasi ogni giorno nel 2008, l’82% lo faceva nel 2016. Allo stesso tempo, gli adolescenti della generazione iGen negli anni 2010 hanno trascorso significativamente meno tempo sui media stampati, TV o film rispetto agli adolescenti dei decenni precedenti.
La percentuale di 12°che leggevano un libro o una rivista ogni giorno è scesa dal 60% alla fine degli anni ’70 al 16% nel 2016, e gli studenti dell’8° hanno trascorso quasi un’ora in meno guardando la TV nel 2016 rispetto ai primi anni ’90. Le tendenze sono state piuttosto uniformi tra sesso, razza/etnia e status socioeconomico.
L’adozione rapida dei media digitali dagli anni 2000 ha sostituito il consumo dei media tradizionali.

 

 

Parole in movimento

Pubblico con piacere il contributo di un amico, Massimo Oliveri - scrittore, insegnante di educazione fisica e preparatore fisico della nazionale italiana di tennis tavolo – sull’educazione dei giovani.

Non si dovrebbe mai dimenticare che tra i più importanti elementi che veicolano la componente emozionale dell’animo umano, la parola rimane lo “strumento” dal peso specifico più complesso e delicato. È attraverso la parola (che distingue l’essere umano da tutte le altre creature) che quasi inconsapevolmente si alimenta la FISICITA’ nelle sue forme più rozze e brutali, essendo la parola espressione delle emozioni interiori.  Quando viene usata male sfocia in modalità relazionali che muovono di per sé stesse azioni violente e disumane.

L’uomo EMOTIVO parla ed autorizza sé stesso ad agire nel circuito della violenza: l’emotività diventa FISICITA’ e il linguaggio emotivo del disagio si pone come sorgente della crudeltà, della sopraffazione, dell’oppressione, offesa, abuso, prepotenza. Il corpo è l’elemento fondamentale e costitutivo dell’Io, non si può pensare ad un Io corporeo separabile da un Io psicologico poiché entrambi fanno parte dell’individuo ed interagiscono costantemente.

La persona è, infatti, costituita da un flusso continuo di informazioni che definiscono l’immagine e la consapevolezza corporea, che diviene struttura dell’Io e quindi dell’individuo.L’Io non può quindi esistere senza le informazioni sensoriali che provengono dal corpo, in quanto senza di esse e della loro conseguente elaborazione, mancherebbe l’insostituibile sensazione di essere al mondo, di essere presenti; perché, il fisico è lo strumento espressivo attraverso il quale l’Io realizza sé stesso.

Ogni parte del proprio vissuto motorio contribuisce alla formazione del senso del sé, e quindi, quando si ha una dissociazione o più semplicemente una scarsa consapevolezza della propria immagine, ciò si riflette sulla personalità dell’individuo e in questo caso, vi è sempre un disturbo emotivo più o meno grave che può sfociare anche in atteggiamenti violenti.

Esprimere un’emozione, un comportamento, un disagio, al contrario, allenta la tensione prodotta nella nostra sfera fisica, permettendo a quest’ultima di recuperare la sua dimensione pacata e di aumentare l’energia e il benessere psicofisico della persona.

La percezione di quello che siamo, il nostro benessere/malessere psicofisico, deriva da un costante scambio di informazioni tra la mente ed il corpo in quanto l’uno è conseguenza dell’altro in un continuo, reciproco, condizionamento.

Conoscere, saper ascoltare ed interpretare non solo i nostri pensieri, ma anche le sensazioni e i movimenti corporei, contribuisce in massima parte alla comprensione di quello che siamo e di quello che vorremmo essere.

Il corpo, quindi, non dovrebbe essere più considerato come una parte dell’individuo da mortificare affinché lo spirito sia esaltato, né collegato alla mente con un pregiudizio negativo: esso è, invece, la condizione dell’essere al mondo, un valore primario dell’esistenza, uno strumento raffinato che ha contribuito al progresso civile della società. Il fisico che vive è una struttura completa che pulsa e si muove, fare attività motoria finalizzata significa, perciò, utilizzare un linguaggio specifico, consentendo di esprimere l’interiorità individuale, di realizzare i propri intenti comunicativi e di interagire con gli altri.

Nel movimento finalizzato rientra l’attività motoria che, almeno nella fase primaria della nostra vita, non può essere considerata come fase specializzata della proposta educativa, ma rimanere in ogni singola manifestazione, una possibilità gioiosa di misurare l’efficienza della propria corporeità,  cioè un’occasione per essere con l’altro in una situazione organizzata, dove il singolo individuo si sente libero di esprimere se stesso, apprezzando il  contributo dell’integrazione per  manifestare attraverso il movimento la sua personalità.

Il mio intento, quindi, è quello di promuovere, in qualsiasi fascia di età scolare:

  • lo sviluppo e il consolidamento delle capacità relative alle funzioni senso-percettive, ovvero di quelle conoscenze che presiedono alla ricezione e all’elaborazione degli stimoli e delle informazioni dell’ambiente.
  • La cementazione e l’affinamento degli schemi motori di base, ovvero quegli schemi che regolano la posizione e il movimento del corpo nello spazio.
  • Lo sviluppo di coerenti comportamenti relazionali vissuti come esperienze di gioco, di esigenze di regole e del rispetto delle stesse.

In questo crescendo di intenzioni, il collegamento della motricità, con l’acquisizione di abilità relative alla comunicazione gestuale e mimica, la drammatizzazione attraverso il rapporto tra movimenti ed emozioni per migliorare la sensibilità espressiva, l’utilizzo della respirazione nella gestione dei comportamenti emozionali, diventano elementi fondamentali per cercare di avere il controllo sulle nostre relazioni emotive.

Il giovane praticante viene traghettato a riconoscere, nelle situazioni di stress emotivo, quelle componenti di organizzazione del movimento che lo porterebbero a meglio interagire con i conflitti, gli stati d’ansia e le esternazioni violente. L’allievo, infatti, riconosce come si esprime, nel controllo e nella trasformazione della componente esecutiva del movimento e attraverso questa competenza trae un ulteriore elemento di interpretazione di quello che gli succede nel vivere quotidiano.

Attenzione, però, quello di cui sto parlando non è la frequentazione di sport o ambienti che stimolano competizioni federali o di gruppo, bensì la ricerca di uno spazio dove sia possibile sperimentare le competenze fisiche individuali, nell’assoluto rispetto delle proprie capacità motorie di base, senza nessun orientamento agonistico del “non mi fanno giocare” o addirittura del “non sono stato convocato”.

Lo sport inteso come fonte di conflitto o intimazione della propria personalità per emergere ed imporsi sull’altro, non ha nessuna possibilità di essere conviviale, contrariamente ad un’interpretazione etica, comunque agonistica, ma con modalità di espressione preferibilmente indirizzate al miglioramento delle proprie abilità motorie, nell’assoluto rispetto di ogni singolo individuo e delle prestazioni sportive dell’avversario.

Non è sufficiente, quindi, frequentare palestre o società sportive, per attingere a quello che il movimento potrebbe fare per consolidare le caratteristiche della nostra personalità, riconoscendola e indirizzandola verso comportamenti dettati dalla buona convivenza e dal buon senso.

I contenuti del messaggio motorio, dovrebbero invece orientarsi, verso il consolidamento di quelle quattro aree coordinative che si riferiscono all’organizzazione prassico-motoria, verificando e sollecitando quelle piccole o importanti disarmonie di movimento governate dallo schema corporeo, dal consolidamento dell’equilibrio, al riconoscimento della coordinazione oculo manuale, alla trasformazione della gestione dello spazio -temporale e all’orientamento attraverso l’individuazione della propria lateralità.

Possiamo quindi dire, in conclusione, che muoversi e progettare un’azione sotto forma di una organizzazione sequenziale finalizzata faccia apparire plausibile il miglioramento della capacità di affrontare situazioni di conflitto emozionale o di interazione psico-sociale, che richieda, a sua volta, l’utilizzo di un asse motorio-concettuale e che preveda la padronanza del sé corporeo per il consolidamento della propria personalità attiva, chi può e vuole, adesso.