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Tre alpinisti americani risolvono ‘l’ultimo grande problema in Himalaya’

I record sono fatti per essere battuti. In montagna non ci sono gare ma ci sono pareti da scalare che nessuno ha mai esplorato.

Una di queste riguarda l’impresa degli alpinisti statunitensi Matt Cornell, Jackson Marvell e Alan Rousseau hanno compiuto una scalata in stile alpino dell’immensa, splendida parete nord dello Jannu, Himalaya nepalese. L’ascesa, durata sette giorni, è stata definita senza mezzi termini “visionaria” e “forse la migliore salita in stile alpino degli ultimi decenni.”

La cordata ha iniziato a scalare la montagna di 7710 metri la mattina presto del 7 ottobre e ha raggiunto la vetta il 12. È stato necessario un ulteriore bivacco prima di scendere al campo base, in doppia vicino alla linea di salita, il giorno successivo. Gli ultimi 200 metri sono in comune con la via della Cresta SO, mentre altri tratti sono in comune con la Diretta Russa, aperta in stile capsula e con l’utilizzo di corde fisse nel 2004 da una determinata spedizione russa guidata da Alexander Odintsov.

La nuova via si chiama Round Trip Ticket e nei suoi 2700 metri supera difficoltà stimate attorno a M7 AI5+ A0. Scrivendo sul suo profilo Instagram, Rousseau ha spiegato: “Il tratto più ripido e difficile è stato da 7.000 a 7.500 metri. Questa parte incassata della parete nord non è mai stata scalata in precedenza. È qui che abbiamo vissuto alcuni dei tiri di misto più intensamente meravigliose che tutti noi abbiamo mai avuto il piacere di salire in precedenza.” Il successo ora arriva dopo 2 precedenti tentativi falliti, il primo di Marvell e Rousseau nel 2021, il secondo di Cornell e Rousseau nel 2022.

Cornell, Marvell e Rousseau, che in passato hanno salito insieme vie di grande spessore come Aim for the bushes sulla parete est del Monte Dickey nella Ruth Gorge in Alaska, hanno scavato a fondo nella loro esperienza per scalare la montagna. Cornell ha affermato che erano stati ”consumati dalla scalata, abbiamo perso il significato dell’individualità”.

(Fonte: https://www.planetmountain.com/it/notizie/alpinismo/jannu-parete-nord-salita-stile-alpino-matt-cornell-jackson-marvell-alan-rousseau.html)

La danza sui teli appesa tra due cime

Il film di Simone Moro: “Exposed to dreams”

“Exposed to dreams” è il film in cui l’alpinista Simone Moro (http://www.simonemoro.com)  racconta la sua esperienza in Himalaya come pilota di elicotteri nel soccorso d’alta quota e la spedizione all’Everest della primavera 2012, con tanto stupore verso l’affollamento delle spedizioni commerciali sulla via di salita. “Chi fa l’alpinismo come avventura cerca i luoghi dove vivere i propri sogni. Perché, come dice Walter Bonatti, l’avventura va prima sognata. Ed è in questo sogno che ancora sopravvive la dimensione ulissiana dell’uomo: una ricerca soprattutto interiore. Che però si esplica in azione nei luoghi selvaggi. Dove sono le difficoltà naturali – freddo, pericoli, solitudine e così via – a determinare successo o insuccesso”.

Il film è di Alessandro Filippini e Marianna Zanatta ITALIA – 24’ – 2012. Produzione: 25 Fps – Endrio Gobbo. Lingua italiana. Nel cast anche l’alpinista Mario Curnis.

Vedi l’anteprima su: http://play.montagna.tv/media/

 

 

Humor al Nanga Parbat

Guardate il video della fase di acclimatamento di Simone Moro e Denis Urubko nell’ascesa invernale in corso sul Narga Parbat. Mi è piaciuto il senso di humor che i due alpinisti riescono ad avere a quelle altitudini: http://simonemoro.gazzetta.it/2012/01/19/il-film-del-nostro-acclimatamento/

 

Perchè l’estremo

Ho appena terminato di leggere il libro che racconta della tragedia sul K2 del 2008 in cui perirono molti alpinisti dopo averne raggiunta la cima. E’ una storia di coraggio, morte e sopravvivenza, come sono spesso quelle di montagna, da cui sorge sempre puntuale la solita domanda: perchè questo desiderio di mettersi alla prova in situazioni estreme. La risposta degli alpinisti è anche nota e rieccheggia ogni volta quella che diede Mallory, più di 70 anni fa, quando gli chiesero che cosa lo spingeva sull’Everest e lui disse “Perchè è là.” Scartata la tesi che sostiene che sono dei suicidi, penso che sia una bella sfida per uno psicologo per giunta che si occupa di sport quella di darsi una spiegazione sulla motivazione alla ricerca dell’estremo. L’essere umano ha sempre voluto spingersi oltre e probabilmente l’alpinismo rappresenta una delle ultime opportunità per noi contemporanei di vivere questa sfida. Consiglio la lettura di questo libro: No way down e di visitare il sito per vedere i video del K2, cosìcche chi mai è andato oltre le colline può iniziare a farsi un’idea anche solo visiva di un ambiente estremo: http://www.nowaydownthebook.com