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Gli effetti negativi della pandemia sull’attività motoria dei giovani

Global Changes in Child and Adolescent Physical Activity During the COVID-19 Pandemic. A Systematic Review and Meta-analysis

Ross D. Neville, Kimberley D. Lakes,Will G. Hopkins, Giampiero Tarantino, Catherine E. Draper, Rosemary Beck, Sheri Madigan.
JAMA Pediatr. Published online July 11, 2022.

Questa meta-analisi fornisce stime aggiornate dei cambiamenti nell’attività fisica dei bambini e degli adolescenti durante la pandemia COVID-19. Mettendo insieme le analisi di 22 studi condotti in diversi contesti globali e che hanno incluso 14.216 partecipanti, abbiamo dimostrato che la durata dell’impegno nell’attività fisica totale giornaliera è diminuita del 20%, indipendentemente dai livelli di base pre-pandemici. Abbiamo dimostrato che questa riduzione era maggiore per l’attività fisica a intensità più elevata. In particolare, la riduzione media dell’attività fisica moderata-vigorosa al giorno durante la COVID-19 (17 minuti) rappresenta una riduzione di quasi un terzo della dose giornaliera di attività fisica moderata-vigorosa raccomandata per i bambini piccoli (~3-5 anni) e per i bambini e gli adolescenti in età scolare (~5-18 anni) per promuovere una buona salute fisica e il funzionamento psicosociale.

È possibile che il tributo cumulativo della pandemia si sia aggravato nel tempo per influenzare negativamente i bambini e gli adolescenti, compresi i loro livelli di attività fisica. Ciò è in linea con una recente meta-analisi sulla salute mentale dei giovani, che ha rilevato che la prevalenza di sintomi depressivi e di ansia è aumentata nel tempo durante la pandemia. L’aspetto temporale dei nostri risultati è anche ampiamente in linea con la ricerca sulla psicologia dell’abitudine, che suggerisce che le abitudini dipendono dagli stimoli di stabilità che sono stati significativamente interrotti durante la pandemia. La maggior parte dei meccanismi multicomponenti di supporto familiare, sociale e comunitario all’attività fisica di bambini e adolescenti non erano disponibili durante il COVID-19. Questo ha indubbiamente creato una “tempesta perfetta” per la discontinuità delle abitudini nel contesto dell’attività fisica dei bambini e degli adolescenti.

La ricerca ha anche dimostrato che i bambini con un accesso costante e il permesso di utilizzare gli spazi all’aperto durante il COVID-19 hanno avuto risultati migliori in termini di attività fisica. Questi bambini hanno mostrato riduzioni minori nell’attività fisica moderata-vigorosa e hanno avuto circa 2 volte più probabilità di soddisfare quanto previsto dalle linee guida per l’attività fisica durante il COVID-19. Nel complesso, i cambiamenti nelle restrizioni e l’imprevedibilità dell’accesso ai luoghi tipici dell’attività motoria per i bambini e gli adolescenti hanno probabilmente contribuito a modificare i loro livelli di attività motoria e ad aumentare il coinvolgimento in altre attività (ad esempio, il tempo trascorso davanti allo schermo) che rischiano di promuovere una “nuova normalità” sempre più sedentaria.

Questo risultato è coerente con i dati precedenti alla pandemia che dimostrano che i giorni estivi non strutturati durante le vacanze scolastiche possono avere associazioni negative con i comportamenti di salute. Una recente stima di tale riduzione estiva dell’attività motoria moderata-vigorosa, pari a 11,4 minuti, è tuttavia sostanzialmente inferiore (~ 50%) rispetto alla stima aggregata della nostra meta-analisi. Ciò suggerisce un’intensificazione sostanziale, durante la pandemia, del consueto scivolamento estivo verso l’inattività motoria, che merita un’attenzione particolare da parte dei responsabili politici che cercano di aiutare i bambini a “stare meno seduti e giocare di più”, poiché saranno necessarie iniziative mirate quando i bambini entreranno nei mesi estivi.

C’è un’urgente necessità di iniziative di salute pubblica per ravvivare l’interesse dei giovani per l’attività motoria e sostenere la loro domanda di attività motoria durante e dopo la pandemia di COVID-19. In termini di implicazioni pratiche, la ricerca sulla promozione e il mantenimento dell’attività motoria durante l’infanzia mostra costantemente che gli interventi multicomponente, multimodali e con più risultati funzionano meglio. Pertanto, le campagne di salute pubblica possono avere un effetto maggiore se sono incentrate sul bambino, mirano a una varietà di modalità di attività motoria e incorporano l’unità familiare e la comunità in generale come co-costruttori di cambiamenti duraturi nel comportamento di attività motoria.

Il vantaggio di giocare in casa persiste anche in assenza degli spettatori

Wunderlich F, Weigelt M, Rein R, Memmert D (2021) How does spectator presence affect football? Home advantage remains in European top-class football matches played without spectators during the COVID-19 pandemicPLoS ONE 16(3): e0248590.

Siamo abituati a pensare che gli spettatori sono la ragione principale del vantaggio di giocare le partite in casa. Questa ricerca mette in evidenza che l’effetto della mancanza del pubblico dovuto alla pandemia è minore rispetto a quello che ci saremmo aspettati.

Sono state analizzate più di 1.000 partite professionali giocate senza spettatori e più di 35.000 partite con spettatori prima della pandemia in campionati di calcio top di sei paesi – Spagna, Inghilterra, Italia, Germania, Portogallo e Turchia – durante le stagioni dal 2010/11 al 2019/20.
L’assenza di spettatori ha determinato una leggera diminuzione del vantaggio casalingo, misurato dal numero di gol e punti segnati. La differenza non è statisticamente significativa.

Nelle ultime 10 stagioni, con gli spettatori, le squadre in casa hanno vinto il 45%, quelle in trasferta ne hanno vinte il 28% mentre il 27%  sono state pareggiate.
Durante la pandemia, le squadre in casa hanno vinto il 43% delle partite, quelle in trasferta il 32% e i pareggi sono stati il 25%.

Nel complesso, lo studio evidenzia il ruolo di altri fattori dietro il fenomeno del “vantaggio di casa”, come la familiarità di una squadra con la propria struttura, così come la difesa del proprio territorio.

La fatica del viaggio è stata avanzata come spiegazione, ma è stata effettuata un’analisi separata che ha esaminato le differenze nei risultati prima e durante la pandemia tra le squadre amatoriali tedesche, che generalmente giocano all’interno della stessa città, ee è emerso che il vantaggio di casa è paragonabile alle squadre professionistiche che viaggiano molto più lontano.

Mentre le squadre non hanno sofferto molto nei loro risultati complessivi, ci sono state alcuni aspetti che si sono ridotti in modo significativo. Le squadre di casa hanno sperimentato una diminuzione statisticamente significativa nelle misure di dominanza della partita valutata nel numero di tiri. Inoltre, le squadre di casa hanno ricevuto meno sanzioni disciplinari rispetto alle squadre in trasferta.

Psicopandemia: quali possibili soluzioni?

Al di là delle evidenze diffuse esistono ormai numerose indagini che ci mostrano i dati della cosiddetta psicopandemia, con un aumento generalizzato dei problemi psichici nella popolazione di tutte le età. Di seguito i punti principali della questione tratti da David Lazzari, Presidente Ordine degli Psicologi.

  • OMS già prima della pandemia 17 milioni di italiani soffrivano per disturbi psicologici, oltre un italiano su quattro e nella metà dei casi queste problematiche insorgono verso i 14 anni (Kastel 2019).
  • L’incidenza più elevata è in gruppi a rischio come i reduci dalle terapie intensive, i colpiti dal Covid, i malati fisici che non si sono potuti curare per paura del contagio o per limitazioni negli accessi, le persone che hanno perso un congiunto in situazioni particolari, i “caregiver” che assistono patenti o persone con malattie o disabilità, le persone con maggiore o pregressa fragilità psicologica, gli operatori sanitari in burnout.
  • Indagini indipendenti effettuate in diversi Paesi sono convergenti nel dire che una persona su tre oggi avrebbe bisogno di ascolto e sostegno psicologico, anche per evitare lo strutturarsi di disturbi più gravi e costosi.
  • In una recente indagine del Centro Studi dell’Ordine degli Psicologi il 47% dei genitori con figli 3-14 anni evidenzia problemi emotivi, e sui bambini evidenzia stati psicologici negativi  nel 62% dei casi.
  • Tra gli adolescenti 6 su 10 dichiara di sentirsi stressato ed uno su tre vorrebbe un supporto psicologico (Unicef 20.11.20).
  • 7 persone su 10 in questi casi preferiscono un aiuto psicologico ai farmaci (McHugh 2013). E’ dimostrata una maggiore e più lunga efficacia della psicoterapia per la maggior parte di queste situazioni (Huhn et al. 2014, Cuijpers et al. 2014, Lazzari 2020).
  • Gli interventi psicologici hanno una azione ristrutturante perché promuovono le risorse delle persone e prevengono da eventuali ricadute. Parliamo di differenze importanti che si apprezzano soprattutto nel medio e lungo periodo (Harryotaki et al. 2014, Zhang et al. 2018).
  • Un dato confermato dalle analisi economiche costo-benefici, che ci dicono che a 5 anni dal trattamento la psicoterapia fa risparmiare 1481 euro a persona in campo sanitario e 2058 euro alla società rispetto ai farmaci, rivelandosi economicamente più vantaggiosa nel 75% dei casi (Rossi et al. 2019).
  • Tutto questo senza contare i possibili effetti collaterali del diffuso abuso di farmaci.
  • Purtroppo il problema è strutturale: è il sistema che alimenta questa situazione, perché mentre i farmaci sono rimborsati dal SSN o gratuiti (alcune categorie) e facilmente disponibili, i trattamenti psicologici non solo non sono rimborsabili ma sono merce rara nel pubblico. Con uno psicologo psicoterapeuta ogni 12 mila abitanti nel SSN l’accesso a queste terapie nel pubblico è per pochissimi e nel privato sono oggi molti di meno quelli che possono permettersi un trattamento.
  • La psicologia e la psicoterapia sono ancora pensate per chi può pagarsele.

 

 

Nuovo ebook: La pandemia nello sport


Il 2020 se ne sta andando e sarà ricordato come l’anno peggiore degli ultimi 75 anni, per avere coinvolto il mondo intero in una crisi inizialmente sanitaria, diventata una pandemia planetaria che ha sconvolto la vita di ogni persona, provocando milioni di vittime, distruggendo parte significativa dell’economia mondiale e cambiando radicalmente il nostro modo di lavorare e d’interagire con gli altri. Sono psicologo e mi occupo di sport e del benessere di coloro che lo praticano siano essi campioni e professionisti o individui che svolgono questa attività come stile di vita. La pandemia ci ha obbligati a restare a casa, al distanziamento fisico e a eliminare l’attività sportiva per come la conoscevamo. La gestione del movimento e dell’attività sportiva sono diventate una fonte di stress aggiuntivo che ha prodotto effetti psicologici negativi sulle persone che svolgono anche solo un’attività ricreativa, fra gli atleti che praticano sport a livello professionale e le persone con disabilità che traggono giovamenti così evidenti dall’impegno sportivo svolto in maniera continuativa.

Partendo da queste considerazioni, ho iniziato a parlare di questa situazione sul mio blog, per capire meglio gli effetti della pandemia sulle persone e per fornire indicazioni su come poter praticare sport, rispettando le regole per fronteggiare e ridurre le possibilità di contagio. Il libro rappresenta un tragitto partito all’inizio di marzo, che mi ha portato a parlare di questo tema sino ad oggi che ci avviciniamo all’inizio del nuovo anno. Si parla della mentalità di chi non rispetta le regole, di come si può affrontare l’angoscia determinata da questo cambiamento radicale della vita quotidiana, di come si può allenarsi stando a casa e delle ragioni per cui è bene essere attivi e non subire questa situazione. Inoltre, vengono fornite indicazioni agli allenatori per non rinunciare al loro ruolo di guida e agli atleti per allenarsi in assenza delle gare. Infine, presento suggerimenti pratici e modi di pensare e di vivere questo periodo unico e totalmente imprevisto.

 

Tiro a volo: aspetti psicologici pandemia

Consapevoli dei nostri pregiudizi, eliminiamoli

Ogni giorno cerchiamo di dare una spiegazione alle nostre prestazioni e a ciò che sta accadendo intorno a noi. Questa tendenza è particolarmente presente quando dobbiamo spiegarci gli eventi inaspettati.

La pandemia che stiamo vivendo in questo anno è un evento che ricade proprio in quest’ultima situazione. Ci si chiede come è stato possibile che si diffondesse questo virus. Chi avrebbe mai potuto immaginare che ci trovassimo a vivere una situazione simile alle epidemie di colera e di peste dei secoli passati, e che la scienza e i nostri sistemi sanitari si sono fatti trovare completamente impreparati.

In questi momenti, troppo spesso cadiamo nel fornire spiegazioni basate sui nostri pregiudizi. Ci siamo detti che era colpa dei cinesi e che il virus era stato costruito in laboratorio o che è colpa dei migranti che l’hanno diffuso perchè sono sporchi. Altri hanno scelto spiegazioni diverse, i negazionisti hanno scelto il meccanismo di difesa che appunto si chiama negazione. Altri ancora hanno pensato che virus era una giustificazione perchè i governi potessero controllare la vita delle persone, per cui anche loro si sono ribellati all regole dei loro governi, per cui, ad esempio non hanno messo la mascherina e non si lavano le mani.

Come cambiare? Come accettare la realtà? Servirebbe un periodo di allenamento attributivo per imparare a spostare l’origine delle nostre spiegazioni da una interpretazione superficiale, egoistica e basata sui pregiudizi a una basata sull’analisi della realtà, su dati e non su impressione soggettive.

Servirebbe questo approccio per riguadagnare il controllo delle proprie emozioni, portando la nostra attenzione su quelle che favoriscono l’acquisizione di un auto-controllo basato non sulla paura ma sulla responsabilità che ognuno ha nei confronti di tutti.

 

Motivazione e allenamento durante il coronavirus

Oggi seminario online all’Università su temi di attualità.