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Cuore e idee

Prandelli ha detto che la nazionale ha giocato con il cuore e con idee. Tradotto con parole meno legate al modo di parlare quotidiano si può dire che l’Italia ha giocato motivata e ha dimostrato una mentalità vincente. Motivata significa sapere che la qualità del gioco dipende dall’impegno individuale e collettivo e lo si vuole fare. Mentalità vincente consiste nella convinzione di sapere affrontare con successo la prossima partita. Ecco perché non si può fare a meno di cuore e idee.

L’Italia va avanti

L’Italia gioca confusa e con il cuore, speriamo abbia un buon cardiologo per recuperare. Qualcuno ha scritto smettetela di chiamarlo Supermario se volete che lo diventi; sottoscrivo. I gironi dei campionati del mondo e europei sono il momento peggiore per l’Italia, una volta superati, a fatica, di solito gioco e risultati migliorano.  Mi chiedo sempre a cosa si allenano se poi in campo non si trovano. La cosa per me migliore è avere impiegato molti giocatori nuovi in nazionale. I nostri due ragazzi ribelli hanno fatto finalmente goal. Prandelli così diverso da Lippi, è sempre disposto a spiegare, meno cinico, più cuore in mano. Buffon è la prova che la tensione nervosa asciuga le energie anche se non corri. E’ impressionante come la squadra protegga Balotelli. Cosa non si farà mancare l’Italia in questa settimana che precede il prossimo match?

La mente non è stata convocata in nazionale

La principale spiegazione che Prandelli ha fornito per illustrare le ragioni  del pareggio con la Croazia è che i calciatori hanno mostrato poca energia e aggressività. Sembrava una valutazione interessante perché poneva l’accento sulla componente mentale della prestazione. Da quanto si legge sui giornali non sembra essere invece questo il punto, infatti emerge che i calciatori sono fisicamente stanchi, quindi la fatica è una questione che riguarda ciò che avviene dalle sopracciglia in giù. D’altra parte in uno staff pieno di preparatori fisici, fisioterapisti e medici non si può certo andare oltre il muscolo e peccato che il cervello non lo sia. Intanto, con le conoscenze che ci offrono le scienze dello sport, sappiamo che la fatica è un fattore assolutamente identificabile prima della partita, e allora partendo da questa conoscenza perché non prevedere un approccio adeguato a questa condizione? Secondo, la partita non è certo un esercizio estetico di moduli di gioco, le partite bisogna saperle giocare e possibilmente vincerle. Cosa serve allora parlare per giorni di schemi di dove giocherà quel giocatore piuttosto che quell’altro, quando ciò che conta per primo sono gli individui e cioè i calciatori. Voglia di essere vincenti, questo dovrebbe essere il primo criterio per scegliere chi andrà in campo, che in pratica si traduce nel sapere chi ha più combattività (aggressività) e energia da spendere, il modulo lo si costruisce a misura su chi possiede oggi queste caratteristiche. I cambi dovrebbero rispondere alla stessa logica. Chi è in grado di garantire questo atteggiamento quando in campo si ha un decremento di queste caratteristiche? Perché la squadra migliore non è quella composta dai migliori giocatori ma è quella che fornisce il risultato migliore. Chi si occupa del recupero mentale dei calciatori? Chi si preoccupa di trasmettere energia mentale anche quando si è stanchi fisicamente? Schemi e tecnica sono inutili quando non c’è la mente a guidare, ma la nazionale continua a ipertrofizzare lo staff sanitario.

Prandelli e le sconfitte inutili della nazionale di calcio

L’esternazione di Prandelli ha fatto il giro del mondo e certamente questa attenzione non è stata positiva per una squadra che deve giocare un torneo importante da protagonista. Perché? Viene un momento prima dei grandi eventi in cui quanto è esterno al gioco deve essere tenuto fuori dalla mente ed è l’allenatore, il leader, che deve trasmettere che si è giunti su questa soglia e si dà addio a ciò che sta là fuori, si deve entrare in un altro mondo. La partita dell’Italia con la Russia giocata con scarsa determinazione è anche il frutto di questa situazione. In aggiunta l’Italia del calcio non gioca mai bene le amichevoli che precedono un torneo, quindi è dannoso farle incontrare avversari dello stesso livello, mentre bisognerebbe fare partite con avversari evidentemente di livello inferiore. In tal caso anche la sconfitta assume un significato meno negativo, mentre sconfitte contro avversari di pari livello possono generare stati d’animo d’insicurezza, inutili a una settimana dalla prima partita ufficiale.

Il rugby è ancora una speranza

Gli inglesi si sono dimostrati superiori in molti aspetti del gioco, ma certamente questa volta la nazionale di rugby è andata vicina  alla vittoria come mai prima d’ora. I tecnici di questo sport sapranno valutare cosa non è andato bene. Dal mio punto di vista credo che una parte significativa della sconfitta sia da addebitarsi ai calci sbagliati. Rigori che invece gli inglesi non hanno sbagliato e che il giovane Farrell ha messo dentro per ben quattro volte. Quando si perde per molti punti questi errori non hanno grande rilevanza, ma quando si perde 19 a 15 determinano la differenza fra vincere e perdere. Mi chiedo cosa viene fatto per allenare questa abilità così decisiva, quante ore la settimana sono spese da chi deve calciare e se sono studiate le routine migliori per i calciatori. Colui che ha messo a segno più tiri nella storia del rugby,  l’inglese Johnny Wilkinson, per anni ha speso ogni settimana ore e ore per giungere quasi alla perfezione di questa esecuzione. E’ inglese anche il 20enne Farrell che ieri non ha mai sbagliato, quindi non è questione di età o di esperienza.

Le giornate nere del calcio italiano

Parlare male del calcio italiano è troppo facile. D’accordo. Però non mi sembra neanche che la Federcalcio abbia contattato prestigiose università o abbia creato un think tank per elaborare una strategia propositiva. Sarò felice di essermi sbagliato.