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Lo sviluppo a lungo termine dell’atleta

Questo breve articolo nasce dall’esigenza di fare conoscere anche ad allenatori, preparatori fisici, medici e psicologi dello sport  quali sono le linee guida per lo sviluppo a lungo termine dell’atleta e in che modo l’allenatore possa guidare questo processo attraverso la stimolazione della motivazione degli atleti.

Introduzione

Lo sport ha conosciuto in questi ultimi 30 anni uno sviluppo incredibile, che si è manifestato attraverso:

  1. Il coinvolgimento di milioni di giovani
  2. La creazione di migliaia di nuove società sportive e di operatori del settore
  3. L’incremento della produzione scientifica in questo ambito
  4. La ricerca di nuovi e più adeguati programmi di allenamento per l’infanzia e l’adolescenza
  5. La monetizzazione dell’attività sportiva giovanile
  6. La scomparsa del gioco-sport organizzato liberamente dai giovani
  7. La totale dominanza degli adulti nell’organizzazione dello sport
  8. La ricerca sempre più precoce del talento sportivo
  9. La presenza significativa dei genitori nella formazione sportiva dei loro figli
  10. La diffusione dello sport fra i giovani con disabilità fisica e intellettiva

Nonostante questo grande sviluppo nel mondo dello sport sono presenti molti problemi che limitano lo sviluppo sportivo dei giovani, nonché sono causa dell’abbandono che si manifesta a partire dai 14 anni e che è particolarmente grave nelle ragazze. Le difficoltà esistenti nello sport sono state così identificate:

  1. Imposizione di programmi per adulti ai bambini,
  2. Imposizione di programmi maschili alle  ragazze,
  3. Programmi di allenamento maggiormente basati sul risultato (vincere) piuttosto che sul processo (allenamento),
  4. Gli allenatori migliori si dedicano allo sport agonistico e di livello assoluto,
  5. I programmi non prendono in considerazione lo sviluppo biologico e i processi mentali dei giovani,
  6. Il ruolo dei genitori è male definito,
  7. Le competenze psicologiche non sono integrate nel processo di allenamento,
  8. Avviamento precoce alla pratica di un solo sport,
  9. Competizione fra le organizzazioni sportive per accaparrarsi i giovani,
  10. Disinteresse nei confronti dei giovani adolescenti che non sono interessati all’attività agonistica.

Sulla base di queste considerazioni è necessario che le organizzazioni sportive s’impegnino nel coinvolgere i giovani in un programma sportivo che fornisca loro l’opportunità di:

  1. sviluppare e mantenere permanente nel tempo uno stile di vita fisicamente attivo,
  2. sviluppare il loro potenziale sportivo.

A completamento della pratica sportiva, uno degli elementi più importanti per lo sviluppo dei giovani consiste nel fornire occasioni e ragioni per sviluppare il loro senso di appartenenza, non solo nei riguardi della società sportiva ma anche della comunità più ampia in cui agiscono quotidianamente e che comprende la scuola, i genitori e gli amici.

Pertanto deve essere posto in primo piano non solo lo sviluppo sportivo, anche la realizzazione di quella rete sociale di cui i giovani fanno parte; composta in prevalenza da adulti (genitori, insegnanti e allenatori) che abitualmente non dialogano tra loro se non nelle modalità più istituzionali.

L’allenamento sportivo

Nel corso di questi ultimi 40 anni sono stati proposti diversi modelli per tentare d’identificare il talento sportivo ma anche strategie per incrementare la partecipazione allo sport nei giovani e per ridurne l’abbandono precoce.

Ciò nonostante a partire dalla metà degli anni ’80 vi sono stati alcuni significativi cambiamenti nell’affrontare la questione del talento e più in generale la questione dello sviluppo dell’atleta. Tali modificazioni sono state attribuite principalmente a tre aspetti:

  1. La difficoltà nel condurre progetti di ricerca necessariamente ampi e molto articolati per identificare il talento ma che nel contempo non avevano soddisfatto le aspettative che si erano create nel decennio precedente. Dal “Simposio sui problemi del talento nello sport” (Bartmus et al., 1987), venne suggerita l’idea che la ricerca avrebbe dovuto spostarsi dal concetto di scoperta del talento a quello di guida del talento e sviluppo di ciò che si poteva chiamare sorveglianza del talento.
  2. La valorizzazione di approcci olistici e non tradizionali al fine di arricchire quanto era stato sinora riscontrato tramite i metodi scientifici più ortodossi. Nella psicologia dello sport Martens (1987) sostenne che dall’ambito della conoscenza esperienziale  degli atleti potevano emergere molte informazioni utili per gli allenatori e che questa poteva essere indagata con sistemi idiografici e studi sul campo.
  3. I risultati derivati dall’analisi  dell’evoluzione della carriera di un gruppo di 120 talenti praticanti differenti attività dimostrò come era possibile servirsi di altri modelli, molto diversi da quelli sino ad ora prospettati (Bloom, 1985) e ciò in sintonia con quanto sostenuto da Martens per comprendere come si costruisce la maestria nelle scienze, nelle arti, nello sport e nella musica.

Allo scopo di raggiungere questi obiettivi alcuni fra i Comitati Olimpici più importanti (e.g., USA, Canada, Regno Unito) hanno condotto indagini e adottato programmi che si sono basati e continuano tuttora a fondarsi su un approccio denominato “Modello dello Sviluppo a Lungo Termine dell’Atleta” sviluppato da Istvan Balyi e altri colleghi. Il modello è rivolto a tutti coloro che vogliono fare sport e propone un approccio a lungo termine che se non viene sviluppato rappresenta una forte limitazione allo sviluppo  sportivo e incrementa la probabilità di un abbandono precoce, che può rappresentare il primo gradino di una carriera da sedentario.

Il modello si basa sulle ricerche condotte nell’identificazione di come si sviluppa l’expertise nei contesti sportivi. Questi studi hanno evidenziato che sono necessari dai 10 ai 12 anni di allenamento per raggiungere livelli di eccellenza. Questo dato è stato denominato la legge dei 10 anni o delle 10.000 ore. Per atleti, allenatori e genitori questo consiste in un periodo di allenamento giornaliero di circa quattro ore per un lungo periodo di anni. Questa impostazione contrasta l’idea, purtroppo diffusa, degli adulti coinvolti nello sport che vogliono fare raggiungere livelli di competenza elevati in tempi molto più brevi, mentre è noto che è richiesto un impegno a lungo termine per ottenere risultati di valore. In altri termini non esistono scorciatoie per avere successo nello sport.

Il modello costituisce un approccio di sviluppo dello sport centrato sull’atleta e sui suoi processi di sviluppo, proponendo un approccio il più possibile individualizzato dei giovani sportivi e centrato sulla loro età biologica e non su quella cronologica. Un esempio di questa impostazione viene fornita da una pubblicazione della Federazione Badminton inglese laddove dice:

“Il modello LTAD offre molto di più di programma di sviluppo del talento… stabilisce un insieme di abilità motorie che permetteranno a tutti i bambini di sviluppare un senso di riuscita, dando a quegli atleti che non raggiungeranno l’alto livello una direzione per il loro sviluppo nello sport. L’acquisizione di abilità trasferibili permetterà ai bambini di diventare competenti in un certo numero di sport e pertanto aumenta la probabilità che continuino a svolgere attività fisica durante l’arco della loro vita, incrementando la longevità e la qualità della vita.” (Badminton, England,  2005).

Analogamente il Canadian Sport Centres (2006) scrive:

“ LTAD è un veicolo di cambiamento. Differisce dagli altri modelli di sviluppo dell’atleta poiché riconosce che l’educazione fisica, lo sport a scuola, lo sport competitivo e le attività ricreative sono reciprocamente interdipendenti. LTAD è in aperto contrasto con il sistema sportivo canadese vigente. Tradizionalmente l’educazione fisica nella scuola, lo sport ricreativo e lo sport di elite si sviluppano in maniera separata. Questo approccio è costoso e non efficace. Fallisce nell’assicurare che a tutti i bambini, includendo anche coloro che potrebbero scegliere di diventare atleti di elite, sia dato un solido fondamento e una conoscenza di base – fisica, tecnica, tattica e mentale – su cui costruire le loro abilità sportive. 

Questo approccio si basa sul lavoro condotto da Istvan  Balyi si articola in sei fasi all’interno delle quali i giovani svolgono attività volte a  svilupparne appieno il potenziale. Il modello di sviluppo a lungo termine dell’atleta (LTAD) è un approccio centrato sull’atleta ed è costruito sulla base delle conoscenze sulla crescita umana e sullo sviluppo. Tutti i giovani seguono le stesse fasi di crescita dall’infanzia all’adolescenza e da questa all’età adulta, sebbene vi siano differenze significative nel tempo e nell’ampiezza dei cambiamenti che avvengono. L’LTAD sottolinea la necessità di un approccio individualizzato nello sviluppo dei giovani e centrato sulla maturazione biologica e non sull’età cronologica. Il modello permette inoltre agli allenatori di ottimizzare i “periodi critici” di adattamento dell’atleta. L’LTAD ha definito un certo numero di fasi durante le quali i giovani vengono esposti a determinati stimoli allo scopo di produrre il massimo del risultato. Sono state, pertanto, identificate sei fasi, ognuna delle quali ha l’obiettivo di permettere all’atleta di sviluppare abilità semplici e via-via sempre più complesse.

Sport training

Over the past 40 years various models have been proposed to attempt to identify sporting talent but also strategies to increase participation in sport in young people and to reduce early dropout.

Nevertheless, since the mid-1980s there have been some significant changes in addressing the issue of talent and more generally the issue of athlete development. These changes have been attributed mainly to three aspects:

The difficulty in conducting necessarily large and highly articulated research projects to identify talent but at the same time had not met the expectations that had been created in the previous decade. From the “Symposium on the Problems of Talent in Sport” (Bartmus et al., 1987), the idea was suggested that research should have shifted from the concept of talent discovery to that of talent guidance and development of what could be called talent surveillance.
The enhancement of holistic and nontraditional approaches in order to enrich what had hitherto been found through the more orthodox scientific methods. In sport psychology Martens (1987) argued that much useful information for coaches could emerge from the domain of athletes’ experiential knowledge and that this could be investigated with idiographic systems and field studies.
The results derived from the analysis of the career development of a group of 120 talents practicing different activities showed how it was possible to make use of other models, very different from those hitherto envisaged (Bloom, 1985) and this in keeping with what Martens advocated for understanding how mastery is constructed in the sciences, arts, sports and music.

In order to achieve these goals, some of the most prominent Olympic Committees (e.g., USA, Canada, UK) have conducted surveys and adopted programs that have been based and still continue to be based on an approach called the “Athlete’s Long-Term Development Model” developed by Istvan Balyi[1] and other colleagues. The model is aimed at all those who want to play sports and proposes a long-term approach that if not developed is a major limitation to athletic development and increases the likelihood of early dropout, which can be the first step in a sedentary career.

The model is based on research conducted in identifying how expertise is developed in sport settings. These studies have shown that it takes 10 to 12 years of training to reach levels of excellence. This figure has been called the 10-year or 10,000-hour law. For athletes, coaches and parents, this consists of a daily training period of about four hours over a long period of years. This approach counteracts the unfortunately widespread idea of adults involved in sports that they want to have high levels of competence achieved in a much shorter time, whereas it is well known that a long-term commitment is required to achieve valuable results. In other words, there are no shortcuts to success in sports.

The model constitutes a sports development approach centered on the athlete and his or her developmental processes, proposing as individualized an approach as possible of young sportsmen and women and centered on their biological rather than chronological age. An example of this approach is provided by a publication of the British Badminton Federation where it states:

“The LTAD model offers much more than talent development program…it establishes a set of motor skills that will enable all children to develop a sense of achievement, giving those athletes who will not reach the high level a direction for their development in sport. The acquisition of transferable skills will enable children to become proficient in a number of sports and therefore increases the likelihood that they will continue to engage in physical activity throughout their lives, increasing longevity and quality of life.” (Badminton, England, 2005).

Similarly, Canadian Sport Centres (2006) writes:

” LTAD is a vehicle for change. It differs from other models of athlete development because it recognizes that physical education, school sport, competitive sport, and recreation are mutually interdependent. LTAD is in open contrast to the current Canadian sports system. Traditionally, school physical education, recreational sport, and elite sport have developed separately. This approach is expensive and ineffective. It fails to ensure that all children, including those who might choose to become elite athletes, are given a solid foundation and knowledge base-physical, technical, tactical, and mental-on which to build their sports skills.

This approach is based on the work led by Istvan Balyi consists of six phases within which young people engage in activities designed to develop their full potential. The long-term athlete development model (LTAD) is an athlete-centered approach and is built on knowledge about human growth and development. All young people follow the same stages of growth from childhood to adolescence and from adolescence to adulthood, although there are significant differences in the time and magnitude of changes that occur. The LTAD emphasizes the need for an individualized approach in youth development and centered on biological maturation, not chronological age. The model also allows coaches to optimize “critical periods” of athlete adaptation. The LTAD defined a number of phases during which youth are exposed to certain stimuli in order to produce maximum results. Six phases have, therefore, been identified, each of which aims to enable the athlete to develop simple and gradually more complex skills.

 

Coe s’insegna a gareggiare?

Imparare a gareggiare è una delle fasi dello sviluppo di un atleta.

Quindi la domanda è: “Quanto tempo dedichiamo in allenamento a sviluppare questa competenza? ma anche “In che modo utilizziamo i risultati delle gare per migliorare questo aspetto?”

E’ una domanda che si devono porre allenatori e psicologi se vogliono partecipare in modo efficace a questo processo di miglioramento dei giovani che allenano.

Sono domande che vanno oltre gli apprendimenti tecnico-tattici e quelli delle tecniche psicologiche che i giovani hanno imparato. Possono avere imparato molto ma non esser capaci di metterle in pratica durante una competizione.

Possono essere persone motivate e relativamente fiduciose, che si allenano con piacere ed efficacia, non hanno particolari conflitti con i loro allenatori e li ascoltano … ma non basta. A livello assoluto, ci sono atleti campioni del mondo del mondo che non sono mai entrati in una finale olimpica.

Pensateci … poi proveremo a ipotizzare delle risposte.

La preparazione psicologica nella canoa

Svolto un seminario sul tema sul tema “Lo sviluppo delle competenze psicologiche nei giovani atleti della canoa”.

Questi alcuni dei temi trattati.

Corsi di formazione per comprendere lo sviluppo dell’atleta

Il progetto lo Sviluppo a Lungo Termine dell’Atleta promuove un approccio professionale e scientifico al lavoro di ogni esperto dello sport (allenatore, psicologo, medico, dirigente).

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Abilità mentali nella ginnastica artistica over 14

  • Routine – Padroneggiare completamente la routine, indipendentemente dal contesto agonistico e situazionale
  • Recupero: Focus su strategie di rigenerazione e di recupero
  • Abilità mentali – Immaginazione, concentrazione, controllo emotivo, dialogo interno positivo e rilassamento, autoregolazione, perfezionismo e fiducia
  • Squadra – Gare di squadra stimolano pressioni e richiedono lo sviluppo e la gestione del lavoro di squadra.
  • Media – Gestione delle interviste e degli eventi mediatici
  • Coaching: Gestione distrazioni e interruzioni in allenamento, mantenendo prestazioni massime nel lungo periodo
  • Allenatore: Lavorare in partnership con allenatore, assumendosi responsabilità decisionali
  • Etica: Sviluppare in relazione alla competizione e alla maturità sociale
  • Vita: Mantenere un equilibrio nella propria vita sociale ed extra-sportiva
(Fonte: Adattato da http://www.gymcan.org/uploads/gcg_ltad_en.pdf)

Allenare la mentalità per avere squadre di successo

Da tempo le nazionali degli sport di squadra non vincono più e presidenti di federazione e club si accusano vicendevolmente di fare poco per affrontare seriamente questo problema. Al di là di questa lotta sterile che evidenzia paradossalmente la difficoltà a ‘fare squadra’ per un interesse superiore alle singole esigenze, ciò che manca è il sapere come si sviluppa a lungo termine l’atleta. Sappiamo per certo che ci vogliono anni d’investimento, probabilmente almeno 10.000 ore di allenamento dall’inizio della pratica dello sport scelto sino a diventare giocatori esperti e maturi per affrontare eventi di livello internazionale. Abbiamo tanti presunti campioncini che non diventeranno mai giocatori di prima fascia per un eccesso di valutazione positiva quando sono adolescenti mentre i genitori si gratificano pensando di avere scoperto in casa un Totti, solo perché il loro figlio è più bravo dei suoi compagni o nella pallavolo e basket solo perché a 13/14 anni è più alto degli altri e allora ha vita facile a fare i punti. I genitori si entusiasmano, i club li sfruttano e l’anno successivo un altro diventa più bravo di loro e così avanti, il risultato è che si rovina l’autostima dei ragazzi che non sanno a cosa credere: ‘sono bravo oppure no?’.

In Italia la ricerca psicologica in questo ambito non è sviluppata perché difficilmente le squadre mettono a disposizione i loro giocatori per indagare sullo sviluppo psicologico di questi giovani. Non è lo stesso in paesi come il Regno Unito dove molte Football Academy hanno adottato un sistema denominato 5C’s che è un modello per sviluppare le abilità psicologiche (concentrazione, impegno, comunicazione, controllo e fiducia) durante le sessioni di allenamento. Lo stesso vale ad esempio in US per la Little League di Baseball, dove da 40 anno si utilizza sul campo un sistema per monitorare il comportamento dell’allenatore, il Coaching Behavioral Assessment System, che ne permette l’esame e fornisce al tecnico informazioni utili per migliorare professionalmente, tratte direttamente dal suo modo di lavorare con i giovani. Esistono, inoltre, sistemi per il miglioramento della concentrazione nelle abilità di precisione, trasversali a tutti gli sport di squadra come sono i calci di rigore, la battuta nella pallavolo, il tiro libero nel basket e i calci nel rugby, che potrebbero insegnare ai giocatori come affrontare queste situazioni, che dipendono in larga parte solo dalla convinzione che hanno in quel momento di fare nel modo migliore la cosa giusta.  L’utilizzo di questi approcci integrati nell’allenamento determinerebbe un migliore sviluppo dei giovani negli sport, potenziando in loro le competenze psicologiche di base, che saranno certamente utili anche nella vita di tutti i giorni ma che sarebbero di grande sostegno alle loro prestazioni che non sono mai solo tecniche. Rappresentano invece l’espressione massima del giocatore nella sua globalità fisica, tecnico-tattica e psicologica. Senza questo tipo di sviluppo personale e di gruppo sarà sempre difficile, al di là di qualsiasi forma organizzativa venga adottata dagli organismi sportivi, allenare futuri giocatori di successo.

Chi si assume la responsabilità dello sviluppo dell’atleta?

La fiducia è un tema di cui gli psicologi parlano spesso e che altrettanto spesso gli allenatori utilizzano per sottolineare che gli errori dei loro atleti sono determinati da una carenza di questa dimensione psicologica. Talvolta questa spiegazione serve a nascondere carenze dei coach ma altre evidenzia limiti nello sviluppo psicologico dei ragazzi.

Su questo argomento si può dire molto. Uno ad esempio deriva dall’approccio integrazionista allo studio della personalità che spiega che i comportamenti derivano dalla relazione fra la personalità dell’individuo, le situazioni da affrontare, le competenze specifiche e le aspettative del suo ambiente sociale.

Giacché la situazione è così complessa, nessuno fra atleti, allenatori e staff, società sportiva e genitori possono sottrarsi alle loro responsabilità, che riguardano la costruzione nel lungo termine dell’atleta.

Quanti affrontano la questione delle prestazioni deludenti servendosi di questa visione? Quante società sportive sono organizzate per soddisfare questo bisogno tenendo in considerazione queste variabili?

Sport giovanile: problemi e soluzioni

Lo sport giovanile sta diventando un problema e un articolo pubblicato sulla rivista del comitato olimpico americano aiuta a capire quali possono essere le ragioni e le eventuali proposte di soluzioni. Le riporto in una breve sintesi ma l’articolo di Christine M. Brooks (Summer 2016) è certamente più ampio e interessante da leggere.

  • C’è un tasso di abbandono elevato dallo sport in età pediatrica (fra il 2008 e il 2013 vi è stata fra i bambini 6-12 anni una riduzione di 2,5 milioni di praticanti nei sei sport tradizionali).
  • Gli allenatori organizzano, per i giovani, allenamenti con un livello d’intensità mai prima d’ora proposti, e che rappresentano la possibile causa di danni a lungo termine ai giovani atleti (il modello LTAD dovrebbe guidare gli allenatori nella costruzione di allenamenti adeguati allo sviluppo biologico dei bambini).
  • C’è un aumento di obesità infantile e dei problemi di salute successivi (negli USA il 19% e il 31% dei bambini e degli adolescenti sono obesi).
Obiettivi
  • Il principio della piacevolezza si riferisce alla nozione di FLOW di Mihály Csíkszentmihályi, che spiega perché le persone traggono piacere da un’attività. Circa il 40% di atleti in età pediatrica, secondo un’indagine, afferma di avere abbandonato lo sport perché non si divertiva. Scopo dell’allenamento è di allenare gli atleti seguendo step di apprendimento piccoli e gestibili così da permettere di restare nella zona di FLOW. Le ricerche dimostrano che gli allenatori così formati riducono i livelli di ansia dei bambini e aumentano la loro autostima.
  • Il principio d’impegnarsi per migliorare permette di sollecitare gli atleti a impegnarsi per raggiungere il limite superiore del loro potenziale genetico e restare nella zona di FLOW. Se sono fuori dal FLOW, è teoricamente impossibile motivare alla pratica e all’impegno e pertanto i progressi verso lo sviluppo del proprio potenziale genetico non verrà raggiunto.
  • Il principio dell’allenamento appropriato va di pari passo con lo sviluppo e la maturazione del giovane. Il modello LTAD si propone di integrare questi due aspetti con l’appropriata complessità e intensità del comportamento motorio dell’allenamento.
  • Il principio di non determinare danni è alla base dell’allenamento. In US quattro milioni di giovani in età scolare s’infortunano ogni anno mentre fanno sport. La ragione è anche in parte attribuibile allo stress imposto al corpo che è ancora immaturo dal punto di vista della coordinazione e dell’equilibrio.

 

Lo sviluppo dell’atleta è un processo a lungo termine

Ti alleni a vincere?

Si parla sempre con gli atleti esperti e i loro allenatori di quanto sia importante  ripetere in gara quanto si è fatto in allenamento. In tal modo l’allenamento predispone l’atleta a sviluppare e perfezionare le competenze necessarie ad affrontare con successo gli eventi agonistici. L’allenamento riguarda solo in misura minore l’acquisizione tecnica, poiché questa è stata effettuata nelle fasi precedenti dello sviluppo a lungo termine dell’atleta. In cosa consiste quindi l’allenamento a vincere, di seguito una delle descrizioni migliori di questa fase della carriera sportiva di un giovane, da Canadian Sport for Life.

Nella fase di Allenarsi a Vincere del percorso di LTAD, il piano di allenamento richiede una doppia, tripla o multipla periodizzazione per sviluppare i volumi estremamente elevati di allenamento. Piani di periodizzazione progettati con cura permettono agli atleti di alto livello di essere in grado di esprimere tutto il loro potenziale durante la giornata di gara.

Considerazioni generali durante la fase Allenarsi a Vincere

  • Allenare gli atleti a raggiungere il massimo nelle competizioni più importanti.
  • I risultati di prestazione diventano una priorità.
  • Gli atleti devono sviluppare la capacità di produrre prestazioni ottimali quando è necessario.
  • Gli allenatori devono garantire che l’allenamento sia caratterizzato da alta intensità e alto volume.
  • Gli allenatori devono consentire frequenti pause preventive per prevenire il burnout fisica e mentale.
  • L’allenamento deve utilizzare piani di periodizzazione come quadro ottimale di preparazione, secondo le linee guida del piano di periodizzazione LTAD specifico per ogni sport.
  • L’allenamento alla competizione deve essere regolato secondo il principio 25:75, in cui la percentuale di competizione, comprende le attività di allenamento specifiche per la competizione.
  • Gli obiettivi di allenamento includono la massimizzazione e la mantenimento di tutte le capacità dell’atleta.
  • Gli atleti devono imparare ad adattarsi ad ambienti diversi per gareggiare al loro meglio.