Archivio mensile per novembre, 2022

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Per non dimenticare ciò che conta

Lo sport deve coniugare benessere personale e eccellenza della prestazione

La questione dei valori è un tema imprescindibile dello sport. In qualità di consulente nello sport di alto livello ho chiaro che il mio ruolo è di aiutare atleti e team a migliorare le loro prestazioni, in sostanza a vincere più spesso. E’ altrettanto vero che questo obiettivo deve essere raggiunto in un contesto di lavoro in cui il successo deve essere perseguito grazie al rispetto di un secondo obiettivo altrettanto prioritario, che riguarda la promozione del benessere individuale e di gruppo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In assenza di questa combinazione tra benessere e desiderio di avere successo l’allenamento può diventare una situazione pericolosa per la vita dei giovani, poiché si prendono decisioni che prediligono una concezione solo fisica e biomeccanica dell’atleta con totale dimenticanza della componente psico-sociale. Lo sport è già passato, senza trovare soluzioni definitive a favore dell’atleta, attraverso la tragedia del doping, dell’abuso dei farmaci e dell’alcool, attraverso storie piuttosto diffuse di abuso sessuale e dei numerosi casi di psicopatologia che hanno colpito molti campioni e non solo loro. Ora lo scandalo delle ragazze della ginnastica psicologicamente abusate perchè è stato loro imposto di obbedire a un sistema di vita contrario a quello che promuove la loro salute è un altro esempio di quanto può essere negativo lo sport, quando viene guidato in assenza di un sistema valoriale che pone la salute e il benessere psicologico al primo posto.

Chi dovrebbero ascoltare i genitori di queste ragazze? Chi impone la misura quotidiana del peso e che umilia le ragazze con parole vergognose per vincere una medaglia o le loro figlie che denunciano l’insostenibilità di questo sistema di vita? Cosa è importante per le famiglie avere una figlia che vince una medaglia o una figlia che sia felice?

Queste denunce fanno bene allo sport di livello assoluto, intanto perchè dovrebbero impedire che questo sistema sbagliato continui nel tempo a discapito di altre atlete. Dovrebbe però servire anche a promuovere una diversa cultura sportiva nella ginnastica ponendo il valore della persona al primo posto. Non dobbiamo dimenticarci che si tratta di bambine e adolescenti che vivono gli anni irripetibili del loro sviluppo fisico, psicologico e sociale in un ambiente in cui sono dominate dalla paura, dai sensi di colpa e dove continuamente si sentono accusate di essere inadeguate, con parole il cui solo uso avrebbe dovuto determinare l’allontanamento di queste persone dal loro ruolo di guida di queste ragazze.

Purtroppo, questi fatti non sono un’eccezione perchè forme di abuso, a livello mondiale, non sono una novità per la ginnastica. Basta ricordare lo scandalo della ginnastica USA in cui decine di ragazze sono state abusate dal medico della nazionale Larry Nassar, così come quello della ginnastica del Regno Unito denunciato in un libro bianco del 2022  di Anne Whyte. Storie non diverse da quella che avrebbe vissuto in Romania, quasi 50 anni fa, la più grande ginnasta di tutti i tempi, Nadia Comaneci e raccontata in un libro del 2021 dallo storico Stejarel Olaru su  documenti desegretati della polizia rumena.

Le indagini in corso determineranno la realtà di quanto emerso, resta il fatto che denunce e disagio restano e hanno minato la credibilità di un sistema basato sull’idea che l’unica cosa che conta è vincere.

I nostri allenatori hanno una formazione incompleta

Nei miei incontri con gli allenatori quello che emerge in modo evidente è il loro desiderio di acquisire maggiori competenze psicologiche per relazionarsi con i loro atleti e nello stesso tempo la difficoltà le conoscenze che acquisiscono nei corsi di formazione. Ciò in quanto ricevono molte informazioni, anche di qualità elevata, ma la difficoltà risiede nel non sapere come metterle in pratica. E’ un po’ come conoscere la grammatica di una lingua straniera e poi andare in quel paese e cominciare a parlare. E’ molto difficile e il rischio è che le persone, in questo allenatori, non si servano di queste informazioni e si affidino in larga parte a ciò che loro pensano che sia la cosa migliore da fare.

Purtroppo non vi sono alternative a questo rischio se non nella decisione dell’allenatore d’intraprendere un percorso personale di autosviluppo centrato sullo sviluppo delle loro abilità di leader nel contesto dove operano.

Si può affermare che le Federazioni e La Scuola dello Sport non si occupano di questo livello di formazione che a mio avviso è essenziale per lo sviluppo professionale di chi sarebbe veramente motivato a percorrere questa strada. Il rischio come sempre è che questi allenatori si affidino a professionisti con poca esperienza o ai cosiddetti motivatori che promettono molto in poco tempo.

E’ veramente un peccato che le organizzazioni sportive non si occupino di questi formativi che sono invece ampiamente diffusi nelle promozione dei manager e dei giovani potenziali nelle aziende.

L’ansia di Pecco Bagnaia

Perchè correre la maratona di New York

Domenica prossima si corre la Maratona di New York e dopo le limitazioni alle iscrizioni degli anni della pandemia, il direttore della gara spera quest’anno di ritornare ad avere 50.000 podisti al traguardo. Il 40% dei partecipanti viene di nuovo dall’estero e questo determina che la maratona sia anche un grande evento economico per la città, mentre l’anno scorso i confini erano chiusi e gli atleti stranieri non hanno potuto partecipare per cui i partecipanti furono solo 30.000.

L’anno scorso era stata introdotta la categoria non binaria per i runner. Quest’anno, i primi cinque classificati di questa categoria riceveranno un premio in denaro. New York è la prima delle sei World Marathon Major ad aggiungere premi in denaro per i corridori non binari. Altre novità sono l’ avere equiparato il premio per il record della gara in wheelchair a quello dei runner professionisti passando da 7.500 a  50.000 dollari. Inoltre sono state introdotte facilitazioni riguardanti la nursery alla partenza in tre punti del percorso e all’arrivo per le donne che devono allattare. Sono cambiamenti che rendono sempre più inclusiva la maratona.

La filosofia della gara è di rappresentare una grande giornata di condivisione fra runner e spettatori. A ogni corridore viene suggerito di avere scritto sulla maglia il suo nome così da potere essere nominato e incoraggiato dal pubblico. Comunque vi saranno decine di migliaia di spettatori lungo tutto il percorso, con l’eccezione del ponte di Verrazzano.

Sulle ragioni che motivano una persona a correre una maratona è stato scritto molto, e ognuno a cercato di fornire le proprie ragioni. Va detto che l’essere umano è predisposto alla corsa di lunga durata che migliaia di anni fa serviva per procurarsi il cibo. Ora è un’attività che migliora la percezione di autocontrollo attraverso una sfida con se stessi. Ci migliora poiché richiede la tenacia di perseguire un obiettivo a lungo termine attraverso lo svolgimento di un programma settimanale. Comporta anche un cambiamento e un miglioramento dello stile di vita che dovrebbe determinare una migliore cura di sé in relazione alla cura del proprio corpo, del sonno e dell’alimentazione. E’ pure un’attività che per molti si svolge in gruppo in cui si condividono fatiche, sfide e magari anche gli stati d’animo dovuti a infortuni. La corsa è democratica, chiunque può correre e si può svolgere in qualsiasi ambiente e con qualsiasi tempo.

Per ogni persona, ognuna di queste ragioni può avere pesi diversi e alcune sono più significative di altre. In sostanza, prevale il senso del piacere anche se si è iniziato su consiglio del medico o perchè un amico ci ha convinto a provare, chi supera questa fase iniziale e intraprende un percorso di allenamento trova a questo punto una gratificazione individuale che lo sostiene nel tempo e che diventa un’abitudine senza cui diventa difficile svolgere gli altri impegni della vita quotidiana.

Personalmente corro perchè mi piace stare all’aria aperta, possibilmente nella natura, per sfida con me stesso, per organizzare i pensieri e meditare, per sentire  e conoscere il mio corpo nelle diverse età che ho vissuto e che sto passando, per aspettare che arrivi la fatica e provare a superarla, per il ricordo degli amici e delle esperienze fatte in comune e della solidarietà che c’è tra chi corre. Quindi, buona corsa!

Per agire bene bisogna pensare bene

Per la mia esperienza negli sport di opposizione e individuali, come il tennis, il tennis tavolo e il badminton, mi sembra che la differenza tra gli atleti risieda essenzialmente nella loro abilità di pensare e agire di conseguenza.

Osservo che molti giovani, ragazzi e ragazze, dimostrano di possedere la tecnica a un buon livello ma non riescono a metterla in atto perchè sono dominati dalla loro condizione emotiva, determinata in larga parte dalla non sapere guidare i propri pensieri, per cui ai primi errori ne susseguono altri perchè non c’è un freno a limitarli.

A questo riguardo, tempo fa mi aveva colpito il pensiero di alcune ragazze che a un torneo avevano visto giocare tenniste di livello superiore e avevano detto che secondo loro non giocavano meglio a causa di una migliore tecnica ma erano più costanti nel gioco, aldilà degli errori che commettevano.

Pensare meglio vuol dire mettere in atto la tattica, il gioco che è utile fare in un determinato momento. E’ questo che mi sembra manchi in modo evidente a molti giovani, pensano alla tecnica che vorrebbero perfetta, vivono gli errori come un fatto grave che non dovrebbe succedere, quindi, si intestardiscono nel cercare il colpo a effetto anziché pensare a buttare la palla dall’altra parte del campo e salvare il punto. Poi al termine del punto dovrebbero servirsi della loro routine per ridurre lo stress e ripartire da un pensiero di gioco e metterlo in pratica.

Non sono abituati a pensare è che la tecnica si migliora in allenamento mentre in partita bisogna giocare al meglio consapevoli dei propri pregi e difetti e reagendo con una mentalità costruttiva a ogni errore, perchè alla fine dominerà chi ne avrà fatti di meno dell’avversario.

Lo psicologo dello sport dovrebbe sostenere il lavoro dei coach nell’insegnare ai giovani questo diverso approccio mentale. Per fare questo lavoro è importante ricordarsi che i punti chiavi di questo preparazione mentale alla partita sono: la routine tra i punti, il dialogo con se stessi e il visualizzare le azioni di gioco.

Gli abusi nella ginnastica italiana

Nina Corradini, Anna Basta e Giulia Galtarossa, sono tre ragazze della nazionale di ginnastica ritmica, che in questi giorni hanno denunciato le enormi pressioni, le offese e le umiliazioni subite all’interno dell’Accademia per soddisfare i parametri di peso della Nazionale italiana di ritmica. Corradini ha detto di aver voluto raccontare la sua storia per «dare voce a tutte le altre vittime di queste pressioni».

Nina Corradini, secondo quanto ha detto a Repubblica:  quotidianamente veniva pesata con le altre compagne, “in mutande e davanti a tutti, sempre dalla stessa allenatrice”, che segnava i dati su un quadernino ed emetteva il proprio giudizio: “Cercavo di mettermi ultima in fila, non volevo essere presa in giro davanti alla squadra. L’allenatrice mi ripeteva ogni giorno: “Vergognati”, “mangia di meno”, “come fai a vederti allo specchio? Ma davvero riesci a guardarti?”.

Lo stesso ha ricordato Anna Basta: entrata nell’Accademia di Desio nel 2016, quando aveva 15 anni. Ha spiegato di aver avuto dei pensieri suicidi, di aver sofferto di attacchi di panico e di problemi alimentari che sono continuati anche dopo la sua uscita, avvenuta nel 2020. Repubblica scrive che Anna Basta, prima di lasciare l’Accademia, «aveva denunciato tutto “ai piani alti”, ma “nessuno ha mai fatto nulla”».

E ancora Giulia Galtarossa: «Era diventato un problema anche bere mezzo litro d’acqua dopo ore di allenamento. Una volta un’assistente dello staff mi ha urlato in un ristorante, un posto convenzionato con la federazione. Stavo sbucciando una pera. Entra e mi guarda con occhi sgranati, per poi dirmi: “Giulia, tu ti stai mangiando una pera?” Non potevo. Uno o due etti cambiavano la giornata in palestra. Una volta mi hanno dato una dieta e alla fine c’era scritto un messaggio per me: “Abbiamo un maialino in squadra”».

Sono esperienze che non dovrebbero mai essere vissute e condivido pienamente quanto ha diffuso l’associazione Assist, che lotta per i diritti delle donne nello sport, dicendo che il rischio è che quanto sta accadendo venga raccontato «come una brutta eccezione». Per evitarlo, «al di là delle indagini doverose delle procure sportive e della procura della Repubblica» il ministero dello Sport dovrebbe istituire «un tavolo permanente di lavoro dove siano coinvolte realtà terze e indipendenti» che rappresentino i diritti delle atlete e che abbiano competenze ed esperienza in tema di contrasto alla violenza di genere.

Non è un’eccezione perchè forme di abuso, livello mondiale, non sono una novità per la ginnastica. Basta ricordare lo scandalo della ginnastica USA in cui decine di ragazze sono state abusate dal medico della nazionale Larry Nassar, così come quello della ginnastica del Regno Unito denunciato in un libro bianco del 2022  di Anne Whyte. Storie non diverse da quella che avrebbe vissuto in Romania, quasi 50 anni fa, la più grande ginnasta di tutti i tempi, Nadia Comaneci e raccontata in un libro del 2021 dallo storico Stejarel Olaru su  documenti desecretati della polizia rumena.

La storia si ripete e, purtroppo, ciò è avvenuto nel disinteresse della federazione italiana di ginnastica.