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Lo sport deve coniugare benessere personale e eccellenza della prestazione

La questione dei valori è un tema imprescindibile dello sport. In qualità di consulente nello sport di alto livello ho chiaro che il mio ruolo è di aiutare atleti e team a migliorare le loro prestazioni, in sostanza a vincere più spesso. E’ altrettanto vero che questo obiettivo deve essere raggiunto in un contesto di lavoro in cui il successo deve essere perseguito grazie al rispetto di un secondo obiettivo altrettanto prioritario, che riguarda la promozione del benessere individuale e di gruppo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In assenza di questa combinazione tra benessere e desiderio di avere successo l’allenamento può diventare una situazione pericolosa per la vita dei giovani, poiché si prendono decisioni che prediligono una concezione solo fisica e biomeccanica dell’atleta con totale dimenticanza della componente psico-sociale. Lo sport è già passato, senza trovare soluzioni definitive a favore dell’atleta, attraverso la tragedia del doping, dell’abuso dei farmaci e dell’alcool, attraverso storie piuttosto diffuse di abuso sessuale e dei numerosi casi di psicopatologia che hanno colpito molti campioni e non solo loro. Ora lo scandalo delle ragazze della ginnastica psicologicamente abusate perchè è stato loro imposto di obbedire a un sistema di vita contrario a quello che promuove la loro salute è un altro esempio di quanto può essere negativo lo sport, quando viene guidato in assenza di un sistema valoriale che pone la salute e il benessere psicologico al primo posto.

Chi dovrebbero ascoltare i genitori di queste ragazze? Chi impone la misura quotidiana del peso e che umilia le ragazze con parole vergognose per vincere una medaglia o le loro figlie che denunciano l’insostenibilità di questo sistema di vita? Cosa è importante per le famiglie avere una figlia che vince una medaglia o una figlia che sia felice?

Queste denunce fanno bene allo sport di livello assoluto, intanto perchè dovrebbero impedire che questo sistema sbagliato continui nel tempo a discapito di altre atlete. Dovrebbe però servire anche a promuovere una diversa cultura sportiva nella ginnastica ponendo il valore della persona al primo posto. Non dobbiamo dimenticarci che si tratta di bambine e adolescenti che vivono gli anni irripetibili del loro sviluppo fisico, psicologico e sociale in un ambiente in cui sono dominate dalla paura, dai sensi di colpa e dove continuamente si sentono accusate di essere inadeguate, con parole il cui solo uso avrebbe dovuto determinare l’allontanamento di queste persone dal loro ruolo di guida di queste ragazze.

Purtroppo, questi fatti non sono un’eccezione perchè forme di abuso, a livello mondiale, non sono una novità per la ginnastica. Basta ricordare lo scandalo della ginnastica USA in cui decine di ragazze sono state abusate dal medico della nazionale Larry Nassar, così come quello della ginnastica del Regno Unito denunciato in un libro bianco del 2022  di Anne Whyte. Storie non diverse da quella che avrebbe vissuto in Romania, quasi 50 anni fa, la più grande ginnasta di tutti i tempi, Nadia Comaneci e raccontata in un libro del 2021 dallo storico Stejarel Olaru su  documenti desegretati della polizia rumena.

Le indagini in corso determineranno la realtà di quanto emerso, resta il fatto che denunce e disagio restano e hanno minato la credibilità di un sistema basato sull’idea che l’unica cosa che conta è vincere.

Gli abusi nella ginnastica italiana

Nina Corradini, Anna Basta e Giulia Galtarossa, sono tre ragazze della nazionale di ginnastica ritmica, che in questi giorni hanno denunciato le enormi pressioni, le offese e le umiliazioni subite all’interno dell’Accademia per soddisfare i parametri di peso della Nazionale italiana di ritmica. Corradini ha detto di aver voluto raccontare la sua storia per «dare voce a tutte le altre vittime di queste pressioni».

Nina Corradini, secondo quanto ha detto a Repubblica:  quotidianamente veniva pesata con le altre compagne, “in mutande e davanti a tutti, sempre dalla stessa allenatrice”, che segnava i dati su un quadernino ed emetteva il proprio giudizio: “Cercavo di mettermi ultima in fila, non volevo essere presa in giro davanti alla squadra. L’allenatrice mi ripeteva ogni giorno: “Vergognati”, “mangia di meno”, “come fai a vederti allo specchio? Ma davvero riesci a guardarti?”.

Lo stesso ha ricordato Anna Basta: entrata nell’Accademia di Desio nel 2016, quando aveva 15 anni. Ha spiegato di aver avuto dei pensieri suicidi, di aver sofferto di attacchi di panico e di problemi alimentari che sono continuati anche dopo la sua uscita, avvenuta nel 2020. Repubblica scrive che Anna Basta, prima di lasciare l’Accademia, «aveva denunciato tutto “ai piani alti”, ma “nessuno ha mai fatto nulla”».

E ancora Giulia Galtarossa: «Era diventato un problema anche bere mezzo litro d’acqua dopo ore di allenamento. Una volta un’assistente dello staff mi ha urlato in un ristorante, un posto convenzionato con la federazione. Stavo sbucciando una pera. Entra e mi guarda con occhi sgranati, per poi dirmi: “Giulia, tu ti stai mangiando una pera?” Non potevo. Uno o due etti cambiavano la giornata in palestra. Una volta mi hanno dato una dieta e alla fine c’era scritto un messaggio per me: “Abbiamo un maialino in squadra”».

Sono esperienze che non dovrebbero mai essere vissute e condivido pienamente quanto ha diffuso l’associazione Assist, che lotta per i diritti delle donne nello sport, dicendo che il rischio è che quanto sta accadendo venga raccontato «come una brutta eccezione». Per evitarlo, «al di là delle indagini doverose delle procure sportive e della procura della Repubblica» il ministero dello Sport dovrebbe istituire «un tavolo permanente di lavoro dove siano coinvolte realtà terze e indipendenti» che rappresentino i diritti delle atlete e che abbiano competenze ed esperienza in tema di contrasto alla violenza di genere.

Non è un’eccezione perchè forme di abuso, livello mondiale, non sono una novità per la ginnastica. Basta ricordare lo scandalo della ginnastica USA in cui decine di ragazze sono state abusate dal medico della nazionale Larry Nassar, così come quello della ginnastica del Regno Unito denunciato in un libro bianco del 2022  di Anne Whyte. Storie non diverse da quella che avrebbe vissuto in Romania, quasi 50 anni fa, la più grande ginnasta di tutti i tempi, Nadia Comaneci e raccontata in un libro del 2021 dallo storico Stejarel Olaru su  documenti desecretati della polizia rumena.

La storia si ripete e, purtroppo, ciò è avvenuto nel disinteresse della federazione italiana di ginnastica.