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Orgoglio e grinta

Leggendo le parole di molti allenatori di calcio di questa settimana si evince dalle loro dichiarazioni che ciò che conta è l’orgoglio, mostrare di essere uomini, la grinta, litigare perchè talvolta fa bene alla squadra e così via. Non una parola su come dovrebbero giocare le loro squadre, sulla tattica e strategie di gioco, temi che non vengono più trattati. Se ne può dedurre che domina la logica del “non disturbate il manovratore”, per cui non vi dico come giocheremo perchè  (1) tanto non  capireste, (2) non sono disposto a parlare del mio lavoro tecnico con voi e (3) conta solo mostrare le palle. Scegliete voi l’opzione che preferite. E’ chiaro che questo atteggiamento spiega da solo perchè non vogliono sentire parlare di psicologi nel calcio, ci sono già loro con queste brillanti ricette.

2 psicologi al Chelsea

Due psicologi sono stati chiamati al Chelsea per capire le ragioni della sconfitta con il Napoli. Uno si occuperà dell’allenatore e l’altro della squadra. Riporteranno direttamente ad Abramovich. A quando la stessa notizia per una delle 13 squadre di Serie A che hanno più modestamente cambiato allenatore?

Psicologi che lavorano

Ieri sera su Super 3, è andata in onda un’altra puntata della trasmissione di approfondimento su tematiche legate al calcio giovanile nel Lazio. Tema della puntata è stato Corviale, dove lo sport è diventato negli anni strumento indispensabile nel recupero di un quartiere a lungo in difficoltà, troppo spesso emarginato dal resto della città e purtroppo anche dalle istituzioni. Sono intervenuti Pino Galeota, membro del Coordimento “Corviale domani” e Mauro Litti, psicologo della Federazione Italiana Giuoco Calcio del Lazio, per raccontare la realtà del palazzo più lungo del mondo senza luoghi comuni e senza ipocrisie. Ancora una volta quindi il calcio è stato solo il punto di partenza per affrontare tematiche che difficilmente riescono a conquistare le prime pagine dei giornali. Finalmente viene dato rilievo al lavoro degli psicologi (nella puntata precedente era intervenuta un’altra collega, Daniela Sepio). Era ora.

Psicologi dello sport sempre vittime?

La difficoltà a trovare lavoro è come ovvio una realtà, ancor più per quelle fasce professionali fra cui gli psicologi dello sport che non hanno ancora raggiunto una piena affermazione sul territorio. Sono però convinto che gli psicologi nello sport lavorino meno di quanto potrebbero per quello che considero sia un loro pregiudizio professionale. Consiste nel perseguire il miraggio di lavorare con atleti o squadre restringendo la loro ricerca solo all’ambito agonistico e escludendo altre opportunità. Dico questo perchè da anni sono riuscito a inserire lo psicologo nelle scuole calcio ma sono pochissimi coloro che ne hanno approfittato. Vuol dire proporsi con un programma magari a 20 scuole calcio per riuscire a ottenere delle collaborazioni magari con 4/5 di esse. Non si tratta di grandi cifre ma sommate tra loro potrebbero costituire un reddito iniziale interessante. La questione è che bisogna mostrare non solo competenze professionali specifiche ma anche possedere doti d’intraprendenza e imprenditorialità. Ne sono così certo che il prossimo 15 febbraio sarò a Firenze per promuovere l’attività dello psicologo dello sport, insieme a giovani colleghi, a un seminario per allenatori promosso dal settore giovanile e scolastico della FIGC della Toscana. Per farla breve, non lamentiamoci solo che non ci vogliono o che le società non intendono spendere, ma siamo consapevoli che esistono 7.000 scuole calcio, Siete sicuri che almeno il 10% (700) non possa rappresentare un’opportunità?

Accettare l’incertezza

Sono tempi incerti come tutti sappiamo e mi capita di ricevere mail da giovani psicologi che chiedono come si faccia a lavorare nello sport. Le risposte sono almeno tre. La prima. Bisogna sapere che cercare un lavoro fa parte del lavoro stesso, così come il lavoro sarà terminato solo dopo che si sarà stati pagati e non quando finisce la parte operativa del lavoro stesso. Ciò detto si lavora se si è in grado di attivare una rete di relazioni sociali abbastanza ampia che nel migliore dei casi permetta di raggiungere le principali realtà sportive situate nella propria area di residenza. Quindi è indispensabile chiedersi chi sono le persone che conosco e qual è il loro ruolo e secondo quali sono le organizzazioni sportive. La seconda. Il programma che si andrà a proporre deve essere costruito in modo da essere facilmente percepito come utile e vantaggioso da chi lo dovrà valutare Non deve essere il programma migliore che si è in grado di realizzare, non deve contenere tutto quello che si sa sull’area in cui si vuole operare, deve essere concreto, specifico e facilmente realizzabile. Deve essere organizzato in moduli che possono essere sviluppati in modo indipendente, così da garantirsi di poterne realizzare anche solo una parte. Inoltre, bisogna lasciarsi un margine per la negoziazione del costo del progetto, in pratica bisogna sempre chiedere di più, così da potere avere spazio per una riduzione. La terza. Non bisogna mai smettere di aggiornarsi, per chi vuole lavorare in psicologia dello sport significa leggere (molto in inglese) e essere parte della rete europea di giovani come l’Euroepan Network of Young Specialists in Sport Psychology  (www.enyssp.org) con cui scambiarsi esperienze e idee.

Il Motivatore

Se l’uso delle parole possiede ancora un senso, il Motivatore (inglesismo che non esiste nel vocabolario italiano) è colui che fornisce la motivazione, la passione, l’interesse per riuscire. E’ colui che agisce per motivare qualcuno a fornire determinati comportamenti. Mi sembra che questo approccio riveli una concezione passiva dell’essere umano che deve venire motivato da qualcuno altro. In psicologia è riconosciuto che gli individui si motivano da loro stessi e che gli altri sono importanti nel fornire delle ragioni per rafforzare modi di pensare e di essere già esistenti. Infatti la preparazione mentale a un evento è  un percorso di ampliamento della consapevolezza e di affinamento delle competenze mentali e sociali che permetterranno di affrontarlo in una condizione che per quella singola persona sarà quella ottimale. Inoltre i motivatori sono persone laureate in materie non psicologiche o non lo sono affatto che hanno scoperto di avere qualità psicologiche che li portano a influenzare altre persone e che hanno acquisito alcune tecniche psicologiche che spesso afferiscono alle PNL e all’ipnosi. Queste loro convinzioni gli permettono di essere certamente più aggressivi e propositivi rispetto agli psicologi. Per contrastare la diffusione di questo ruolo gli psicologi devono essere più visibili sul mercato del lavoro con proposte di qualità, devono essere percepiti come utili dai loro potenziali clienti, devono smettere di piangersi addosso e devono promuovere in modo incessante la loro professionalità.

Gli errori e le emozioni

Alcune frasi di atleti che sbagliano in sport come i 100 metri nell’atletica, il golf, il tiro a volo, il tennis. “Ero troppo convinta e mi è successo che negli ultimi 30m mi sono indurita.” “Ho sbagliato per sei volte lo stesso piattello, ho un problema su quelli che vanno a destra.” “E’ inutile in allenamento non sbagliavo mai, oggi invece cinque errori sui primi 50 piattelli.” “Mi sono preparato come le altre volte prima d’iniziare, ho finito il riscaldamento con il drive che dovevo fare alla buca 1, lì però l’ho sbagliato.” “Mi chiedo ancora perchè ho fatto tutti questi errori, quando imbracciavo il fucile non andava mai dove doveva, non puoi gareggiare con questa sensazione.” “Sono andata subito sotto di un set a zero, mi sono così arrabbiata che ho perso la testa.” La cosa interessante di queste frasi è che l’hanno dette atlete/i di alto livello che sanno cosa vuole dire lottare per vincere e per dare il meglio di sé; in questo ultimo fine settimana non ne sono stati capaci e questi sono stati i loro pensieri e stati d’animo. Voglio mettere in evidenza la difficoltà che s’incontra quando pur avendone le possibilità non si riesce a gareggiare come si vorrebbe. Questi atleti sono forti non solo quando vincono ma anche perchè sanno che devono riprendersi da questa frustrazione e ritornare a essere pronti alla prossima occasione, che per molti loro si presenterà nel giro di pochi giorni. Noi saremo utili se siamo in grado di fornire indicazioni per accettare questi risultati negativi e per fare riprendere il cammino positivo verso la prossima gara.

Il motivatore continua a diffondersi

Quando durante il raduno della Lega si sente dire alla folla dei militanti: “il filmato che abbiamo visto prima di Braveheart carichiamoci tutti” vuole dire che chi comanda crede che bastino frasi d’incitazione per cambiare; è una concezione bruta dell’essere umano. Bene questi, i motivatori, sono nostri avversari professionali, dobbiamo dimostrare di essere più bravi. Vedilo su: http://tv.repubblica.it/copertina/maroni-e-castelli-fanno-le-foto-col-telefonino/71054?video=&ref=HREA-1

Psicologi e scuole calcio

In Italia abbiamo 7204 scuole calcio che si occupano della fascia di età 5-12 anni; di queste il 3% sono scuole di calcio qualificate, che per essere tali devono avere nel proprio organico uno psicologo. Quindi avremmo 216 psicologi che lavorano nel calcio giovanile. Sarebbe certamente un grande successo, ma di queste persone purtroppo non si ha traccia, nel senso che nella maggior parte dei casi sono accreditate solo in maniera formale o al massimo fanno 5 incontri in un anno (2 con i tecnici, 2 con le famiglie e 1 con i dirigenti). Il compenso per questo impegno è spesso pari all’invito alla cena di fine anno. Vi sono ovviamente lodevoli eccezioni a questa situazioni ma si contano sulla punta delle dita di una mano. Anni fa abbiamo fatto molto con il settore giovanile della FIGC per inserire lo psicologo e dal punto di vista formale è stato un importante riconoscimento, poi è successo che l’applicazione è stata “all’italiana” non si sono cercati professionisti in grado di fornire un servizio qualificato ma sono stati scelti giovani che ringraziavano per l’offerta che gli veniva apparentemente fornita o professionisti presi alla ASL che non avevano nessun interesse nello sport o ancora amici dei presidenti. Il vantaggio per le società di calcio era nell’avere la qualifica dalla Federazione senza fare ciò che veniva loro richiesto. Ora in alcune Regioni, ad esempio nel Lazio, questo approccio è stato cambiato e si prendono psicologi dello sport che svolgono realmente un lavoro professionale ma in molte altre continua come sempre. Naturalmente chiunque, società o professionista, fosse interessato a conoscere qual è il ruolo dello psicologo in una scuola calcio non deve fare altro che scrivermi e con piacere gli fornirò le informazioni che gli sono necessarie.

Kostner e psicologo

La Gazzetta dello Sport ha pubblicato oggi la lettera che ho inviato alcuni giorni fa in relazione all’intervista di Carolina Kostner e questo è un fatto certamente positivo. Dal commento del giornalista emerge che per molti la nostra professione e la sua specificità non è ben chiara. Condivido questo commento perchè spesso mi capita di sentirmi chiedere che cosa faccio nel mio lavoro. Ad esempio, è dei giorni scorsi la richiesta di un direttore tecnico di una società di calcio interessato alla psicologia e che mi ha chiesto subito dopo “e quindi in cosa consiste il tuo lavoro in una società di calcio?” Abbiamo ancora molta strada da fare per chiarirlo agli altri e credo che spesso dovremmo spiegarlo anche a molti nostri colleghi, che agiscono nella speranza che quello che sanno fare possa anche essere utile nel mondo sportivo.