Archivio mensile per luglio, 2020

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Troppo piccolo o troppo pigro?

Le caratteristiche della mentalità orientata alla crescita

Una mentalità orientata alla crescita, si rivela quando un atleta è convinto  che le sue capacità più elementari possano essere sviluppate attraverso la dedizione e il duro lavoro, con la consapevolezza che  intelligenza  e talento sono solo il punto di partenza. Questa idea di stessi pone le basi  per ricercare e apprezzare l’apprendimento e crea una resistenza alle avversità essenziale per raggiungere un grande risultato.

Sulla base di questi idee, si può dire che un atleta con una mentalità orientata alla crescita nella sua vita quotidiana e negli eventi più stressanti dimostra queste convinzioni:

  1. Si cresce s’impara
  2. Intelligenza e talento sono alla base di qualsiasi storia di successo, sono il punto di partenza
  3. Sfide ed errori sono sono l’unica occasione di apprendimento
  4. Massimo impegno, maggiore competenza
  5. Il tempo e il duro lavoro sono i modi migliori per migliorare
  6. Rinunciare a impegnarsi è l’unico vero tipo di fallimento
  7. Le battute d’arresto sono un segno della necessità di lavorare più duramente e in modo più consapevole
  8. Il successo dei concorrenti è stimolante e motivante
  9. Il fallimento è il miglior strumento di apprendimento
  10. Feedback e critiche sono essenziali per il progresso e lo sviluppo

Con quale frequenza pensi in questo modo?

I segreti nascosti nella motivazione

La comprensione dei processi motivazionali è senza dubbio uno dei temi che da sempre ha suscitato l’interesse degli studiosi di psicologia dello sport.

Una volta chiesero al grande alpinista George Mallory (1886-1924) perché volesse scalare l’Everest e lui rispose “Perché è lì”.

Sono bastate solo tre parole per spiegare l’interiorità e l’intensità della propria motivazione ma serviranno decine di anni per iniziare a capire di cosa si tratta; cosa sia “questo ipotetico costrutto usato per descrivere le forze interne e/o esterne che producono l’inizio, la direzione, l’intensità e la persistenza del comportamento” (Vallerand e Thill, 1993).

Per riflettere, qual è il vostro concetto di:

Impegno

Difficoltà del compito

Impossibile è niente! E’ vero o non è vero, e perché?

Come s’impara a stabilire obiettivi a breve e a lungo termine?

Sino a che punto è utile la ripetitività?

 

Self-control

Il pensiero di oggi è: impegno

Impegno è oggi un pensiero importante da mettere al centro della nostra nostra quotidianità.

L’impegno è per gli atleti e i loro staff che si allenano in un periodo che era di solito pieno di gare, mentre oggi questo accade solo per alcuni sport. Impegno è anche sentire che il proprio corpo non  risponde alle nostre stimolazioni così come faceva, perché non ci siamo allenati o l’abbiamo fatto solo parzialmente.

Impegno è mantenere elevata la motivazione e il nostro entusiasmo anche se non sappiamo cosa succederà nei prossimi mesi. Mai come ora è necessario accettare il presente che viviamo, viverlo intensamente senza le certezze del passato e la programmazione precisa del futuro.

Limpegno è anche richiesto nel vivere la quotidianità in modo responsabile, le nostre abitudini o disattenzioni possono cambiare non solo la nostra vita ma anche quella di altre persone. Preveniamo con le nostre azioni la diffusione del virus, quindi dobbiamo essere attenti e pensare che  il nemico anche se non è visibile è comunque presente.

Juventus vittima di se stessa

La Juventus con il Milan aveva l’opportunità di chiudere il campionato. Non c’è riuscita, anche se in vantaggio 2-0. Ha perso 4-2.

La Juventus si danneggia da sola, anche se le avversarie  s’impegnano al massimo per ottenere un successo.  Sono così forti e cinici da non attribuire importanza a questi risultati dati vantaggio in classifica. Non credo.

La questione a mio avviso è semplice: 8 campionato vinti consecutivi determinano convinzioni, aspettative e motivazioni. La cultura di questa squadra, la porta a essere convinta che alla fine il campionato sarà e, quindi, a correre questi rischi per una tendenza dei giocatori e dell’allenatore a non dargli peso per il futuro. Ovviamente i calciatori vivono le loro emozioni e oggi non possono essere soddisfatti.

A mio avviso devono cambiare questo modo di vivere il campionato. Sarri dice che hanno giocato molto bene per 60 minuti, ma se poi ti spegni, gli altri ne approfittano e ti mettono sotto. Tra ottimo e scarso devono trovare una soluzione, altrimenti scenderanno in campo sempre con questo approccio che in ogni singola partita può essere causa di continui problemi.

Le aspettative di vincere comunque la partita, anche con questi blocchi mentali, sono un killer della prestazione, perchè si pensa che si vincerà senza fare quello che serve per vincere.

Chi non sa ascoltare

Una tipologia di allenatori che non sanno ascoltare è rappresentata da quei tecnici che tendono a diventare impazienti quando ascoltano i loro atleti. Manifestano questa loro reazione interrompendoli e iniziando a parlare, spiegando quello che dovrebbe essere fatto e accompagnando le parole con comportamenti aggressivi o svalutanti quanto era stato espresso dagli atleti in precedenza.

Di fronte a questo modo sbagliato di affrontare una situazione e allo scopo di cambiare atteggiamento, il tecnico dovrebbe chiedersi quali reazioni determini questo suo comportamento negli atleti. Ritiene che, dopo il suo intervento, siano più motivati ad assumersi iniziative e ad essere autonomi  nel lavoro, oppure è convinto che questo tipo di risposta generi l’effetto contrario: paura dell’allenatore, convinzione di non essere capiti e consapevolezza che l’unica cosa per andare d’accordo con lui sia di seguire alla lettera le istruzioni che gli fornisce senza mai obiettare.

Questa tipologia di allenatori di fronte alle parole degli atleti spesso pensa che:

  1. “Hanno sempre un motivo per lamentarsi , non li ascolto neanche più.”
  2. “I giovani oggi non vogliono più sacrificarsi,  parlare con loro è fiato sprecato.”
  3. “Sono qui per allenarsi, non per parlare.”
  4. “Ogni scusa è buona per mollare.”
  5. “Devono fare quello che dico io e non di testa loro.”

Va detto che ogni tecnico manifesta talvolta questi pensieri ed è altrettanto possibile che gli stessi giovani in determinate situazioni agiscano in questo modo. Quindi ciò che caratterizza l’allenatore che ascolta meno dei suoi colleghi non è la totale assenza o presenza di queste idee ma è bensì la loro frequenza. Gli allenatori che ascoltano hanno questi pensieri nelle situazioni in cui realmente i loro atleti agiscono in questo modo. I tecnici più impulsivi, al contrario, interpretano molto più frequentemente le richieste e le azioni dei loro atleti in questo modo.

Sai ascoltare i tuoi atleti?

L’abilità ad ascoltare consiste nel comprendere cosa gli altri stanno dicendo, dimostrando ai propri interlocutori interesse verso il loro messaggio. Per l’allenatore è importante sapere se e in che misura ha sviluppato questa competenza. A tale scopo potrebbe riflettere su alcune questioni in grado di aiutarlo nel raffinare la sua consapevolezza a riguardo di questa competenza psicologica, e chiedersi:

  • Spendo del tempo ad ascoltare i miei atleti?
  • Come manifesto questa mia disponibilità?
  • Con che frequenza penso che gli atleti non mi capiscono o sono poco motivati?
  • Come reagisco all’indifferenza, delusione, rabbia, e gioia degli atleti?

Gli allenatori che ascoltano comunicano in questo modo:

  • Si servono delle parole degli altri per far loro comprendere che li hanno ascoltati
  • Ripetono, parafrasando ciò che hanno ascoltato
  • Utilizzano espressioni del tipo “Se ho ben capito vuoi dire che…” oppure “Mi stai dicendo che per te le cose stanno in questo… e questo modo…”
  • Utilizzano il linguaggio non verbale in modo coerente con il contenuto del loro messaggio, per cui guardano l’atleta o il gruppo e assumono una posizione del corpo rivolta verso di loro
  • Riconoscono gli stati d’animo altrui, enfatizzandone il valore, impegnandosi nel ridurne l’intensità o ad aumentarla in funzione delle situazioni
  • Sanno riassumere le opinioni altrui, evidenziando il valore dei singoli contributi e/o di quello collettivo nel conseguimento degli obiettivi

La mentalità rigida della squadra causa sconfitte

Il problema più grave per una squadra e per un atleta è quello di pensare di essere bravo.

Questa convinzione mette immediatamente le persone in una condizione di maggior soddisfazione e alimenta l’aspettativa che  tutto andrà bene così come loro si aspettano, quindi vinceremo.

Sentirsi in forma e avere la consapevolezza delle proprie capacità personali e di squadra è certamente importante. Spesso le squadre pensano che questa condizione sia sufficiente per ottenere il successo. Non capiscono che è necessaria ma non sufficiente.

Per giocare ad alto livello, bisogna avere le capacità di una squadra di alto livello. Poi bisogna dimostrarlo sul campo.

Arrigo Sacchi dice che la motivazione deve essere eccezionale, perchè su questa base il calciatore è continuamente impegnato a migliorarsi. Questo è ciò che Carol Dweck ha chiamato una mentalità orientata alla crescita. Chi non la dimostra è destinato ad avere come dicono gli allenatori dei blocchi mentali. In altri termini, questi giocatori hanno una mentalità rigida che li porta a pensare che il loro talento e la forma fisica di quel momento siano sufficienti per essere efficaci nel proprio lavoro.

Errore grave grave, equivale per uno studente a scrivere squola o quore con la q. Entreranno in campo privi della motivazione di giocare al meglio delle loro capacità. Entreranno, invece, con la convinzione che giocheranno bene così in modo spontaneo, e di fronte alle difficoltà del match non saranno pronti ad adattarsi, poiché non lo avevano previsto.

E’ facile perdere la testa, basta ragionare in questo modo.

Motivazione: ballare scalzi mentre piove

Uno dei video più condivisi negli ultimi giorni ha come protagonista un ragazzo della Leap of Dance Academy, una scuola di danza nigeriana. Nel video lo vediamo mentre continua ad esercitasi nelle sue pirouette nonostante la pioggia incessante.

Scalzo e completamente bagnato, la sua ostinazione è diventata il simbolo di quanto un ballerino possa sacrificarsi pur di seguire il proprio sogno. “Dietro quei fantasiosi ed eleganti costumi c’è un duro lavoro” - si legge nella didascalia del video - “Anche con pochissime risorse i nostri alunni continuano ad allenarsi per dare il meglio. Non vogliamo scoraggiare nessuno, ma è importante mostrare il livello del loro impegno e della loro dedizione. Chi non ne sarebbe orgoglioso? Sono pronti a ballare a qualsiasi condizione”.
Si allena scalzo sotto la pioggia: questo giovanissimo ballerino ha conquistato tutti