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Perdere perchè la squadra non è stata rilassata

L’altra sera durante la finale dei campionati europei di pallavolo, l’allenatore italiano Ferdinando De Giorgi durante un timeout ha pronunciato una parola che in questi anni nello sport si è sentita poco. Il termine è rilassati, voleva che i giocatori fossero più calmi, meno frettolosi e imprecisi.

Personalmente, sono molto legato a questa che non è solo una parola ma esprime un concetto e direi un modo di vivere. Ho imparato le tecniche di rilassamento quando avevo 21 anni e non ho più abbandonato questo approccio che mi accompagna nella vita quotidiana. Ho studiato per anni l’importanza dell’equilibrio fra incitamento e calma nel lavoro e nel tempo libero, in allenamento e in gara.

La nostra società è evoluta verso un modello prestativo aggressivo, si deve sempre spingere, giocare in attacco, osare, vivere felicemente gli stress. Questa è la fase dell’incitamento e risponde alla filosofia che lo stress è un privilegio ma siamo sicuri che anche all’altro polo della questione, la calma, viene posta la stessa attenzione? Dalla mia esperienza sono giunto alla conclusione che la calma viene più spesso interpretata solo come una condizione da perseguire perchè non ci si può solo e sempre spremere come un limone altrimenti il corpo si spezza. Quindi la calma viene considerata non come l’latro polo della condizione umana ma come espressione di un limite a cui si deve sottostare.

Per questi motivi, un allenatore che durante una finale europea che la sua squadra sta perdendo dice: rilassati, appartiene a un altro pianeta. Quello in cui il rilassato e la calma sono delle capacità positive e indispensabili e non limiti a cui sottostare.

 

Le idee e gli errori di Davide Mazzanti

Il tema dell’esclusione del giocatore migliore per esplicita scelta del commissario tecnico di una nazionale è un argomento che si ripresenta nelle squadra più diverse grosso modo sempre con le stesse spiegazioni.

L’ultimo caso, si riferisce alla nazionale femminile di pallavolo il cui commissario tecnico ha preferito una giovane giocatrice di 20 anni con una ridotta esperienza internazionale alla campionessa Paola Egonu. La spiegazione fornita nelle interviste da Davide Mazzanti è chiara: “All’interno è tutto più chiaro, non faccio le mie scelte per convenienza ma per quelle che sono le mie linee”.

Premesso che sarebbe stato interessante che avesse spiegato cosa è più chiaro nella squadra rispetto a chi può solo raccogliere informazioni guardando le partite, direi che la seconda parte della frase è un’espressione tipica di chi sente attaccato e difende rigidamente le sue idee. Quindi seguire le sue idee significa escludere quella che è considerata essere la più forte giocatrice al mondo, mentre farla giocare da titolare vorrebbe dire piegarsi a una scelta di convenienza.

Diciamo pure che dalle sue parole si capisce vi sono problemi di leadership ed, evidentemente interpersonali, all’interno del team, allenatore compreso, determinati dalla presenza di questa giocatrice che superano i benefici derivati dal suo valore sportivo. Meglio allora una giovane Andropova, riconoscente per il ruolo inaspettato che le viene offerto che favorisce, secondo il tecnico, una migliore coesione di squadra.

Questo stile di leadership non deve stupire, lo sport di squadra è costellato di storie di questo genere. Spalletti con Totti, Sacchi con Baggio, Valcareggi con la staffetta tra Mazzola e Rivera. Per cui non è mio scopo discuter se queste scelte sono giuste sbagliate, tantomeno esprimere giudizi di valore. In questo sport di livello assoluto, vi è un unico parametro su cui tutti siamo confrontati, la vittoria. La nazionale femminile ha perso, per cui alcune scelte sono state sbagliate e vanno corrette in modo pragmatico. Il ruolo della giocatrice Egonu va interpretato secondo questa logica, consapevoli che vi sono stati anche altri limiti che sono emersi nelle ultime due partite.

Personalmente penso che in nazionale vadano fatte giocare le giocatrici che hanno dimostrato di essere le più forti e che nei loro Club sono abituate a vincere, perchè questo tipo di esperienza è estremamente rilevante per giocare i punti decisivi delle partite e per avere cura di quei dettagli che evitano gli errori nelle fasi di maggiore stress agonistico. Partendo da questa base a seguire si costruisce la coesione in campo e l’unione con le idee dell’allenatore.

 

Gioca la partita nel modo giusto

“Obsessing about winning is a loser’s game.

The most we can hope for is to create the best possible conditions for success, then let go o/t outcome.

What matters most is playing the game the right way and having the courage to grow,as human beings as well as players.”

Phil Jackson

 

 

Recensione libro: Attività motoria-cognitiva nella scuola primaria

Attività Motoria-Cognitiva nella Scuola Primaria

Carmelo Pittera

2014, p. 127

Euro Centro Studi “Gabbiano d’Argento”

Ho conosciuto Carmelo Pittera più di 30 anni fa, ero molto giovane mentre lui aveva già raggiunto come allenatore della nazionale di pallavolo il 2° posto ai mondiali. Negli anni seguenti siamo diventati esperti nella comprensione del movimento dei bambini, lavorando sui suoi insight. Carmelo ha continuato a lavorare in questa direzione e ora ha pubblicato un nuovo programma chiamato SELL. In questi anni lo ha applicato in Nord Iralia (Gorizia), in Slovenia e in Argentina. Lo considero un approccio nuovo basato su un solido background teorico, è innovativo e ogni insegnante lo può facilmente introdurre in classe. Ritornerò in futuro su questo progetto che volevo iniziare a condividere con voi e della cui innovatività e validità ne sono convinto.

Ciò che segue è l’introduzione di Carmelo Pittera a questo progetto.

Il mio interesse nei riguardi del Minivolley inizia sul finire degli anni settanta, quando conobbi colui che possiamo definire come l’inventore del Minivolley, il professore Horst Baacke, che aveva introdotto nella Germania dell’Est una prima forma di pallavolo per gruppi di bambini dai dieci a dodici anni.

Dal punto di vista culturale e didattico, ero scettico circa i vari aspetti della specializzazione precoce nei giochi sportivi, principalmente a causa della definizione proprio di Minisport. Ero tuttavia convinto che nei bambini da otto a dieci anni l’educazione motoria deve essere considerata un’attività al servizio dello sviluppo integrale del bambino. È realmente importante che i percorsi educativo – motori lo aiutino nella sulla crescita globale.

Così vide la luce la prima bozza del “Sillabario Motorio”, che rappresentò, personalmente, il punto di partenza del sistema SELL (Segnalazione, Esecuzione, Lettura, Lateralizzazione) e anche la mia prima produzione e applicazione dello studio personale menzionato precedentemente. Al sillabario motorio fece seguito la pubblicazione di “L’alfabeto del movimento”, che raccolse i risultati ottenuti nella ricerca sulla “fase espressivo – analogica” dell’educazione motoria. Pubblicato in quattro volumi, la parte pedagogica fu scritta da esperti in educazione primaria e psicologi.
Il SELL è un sistema educativo che ha come obiettivo l’insegnamento, la strutturazione e l’implementazione di “circuiti” neurali che interessano, partendo dall’area motoria, gli aspetti cognitivi. Sviluppa nei bambini, non solo la possibilità di interagire con altri (socializzazione), ma anche la possibilità di fare in modo migliore le cose con gli altri (cooperazione). Si può definire come:

  • Attività intuitiva, indotta dall’ Osservatore (o il Segnalatore), attraverso quattro mediatori: attività (esperienza diretta), iconici (disegni), analogici (drammatizzazione) e simbolici (colori e numeri, fra gli altri per rappresentare le variabili e le loro relazioni);
  • Un percorso attraverso il quale l’Osservatore costruisce contesti di apprendimento nei quali il bambino è portato a porsi domande piuttosto che aspettare risposte predefinite.
  • Un linguaggio uniforme, uguale per tutti, che non richiede parole specifiche, facilmente accessibile in quanto adattato al potenziale motorio e cognitivo del bambino.

S.E.L.L. (Segnale, Lettura, Esecuzione, Lateralizzazione) si struttura in quattro parti:

  • Il Sistema Analogico Espressivo è un percorso teorico – pratico per l’attivazione dei circuiti di apprendimento motorio e cognitivo a partire dai 4 anni. E’ strutturato in vari percorsi didattici utilizzando le possibilità ambientali o corpo libero combinato con la parete e il suolo; o giochi di costruzione di figure e simboli con la bacchetta combinandoli con il proprio corpo e quello dei compagni; o analogie con il mondo animale e naturale combinate con colori e a corpo libero; o giochi con materiale didattico semplice (palloncini, carte, etc.).
  • Il Sistema Analogico Simbolico ottico e acustico per il miglioramento degli schemi motori di base dagli 8 ai 12 anni: correre, saltare, lanciare, afferrare. Le azioni sono relazionate alla lateralizzazione e al rendimento oculo – manuale e oculo – podalico, all’equilibrio, ai sistemi di accelerazione e decelerazione sia del centro di gravità così come dei distinti segmenti corporei. Tutto questo si raggiunge attraverso simboli, elementi semplici e con gruppi specifici creati in modo speciale dal sistema SELL.
  • Il Sistema di Lateralizzazione, con e senza gruppo. Questo sistema è stato creato per facilitare lo sviluppo armonioso nella crescita motoria del bambino e nelle prestazioni relative ai “gradi di libertà”, con un’attenzione particolare ai problemi della parte non dominante del corpo.
  • Il Sistema di appoggio nello sviluppo dell’Analogico Espressivo, dell’Analogico Simbolico ottico e acustico, con materiali di carta e apparecchiature informatiche per facilitare l’apprendimento in aula e a casa.

I materiali sono costituiti da:

  • Il semaforo e il gioco del burattino;
  • Gli occhi direzionali, ipotetici o realmente rappresentati sulla maglietta oppure sulla punta delle scarpe;
  • La visualizzazione mentale: occhio della mente;
  •  L’attività oculo – manuali/podaliche sviluppate mediante l’uso di elementi convenzionali (palle, elastici, etc.) oppure non convenzionali (giornali, bottiglie vuote e altro).

Il gioco del semaforo e dei burattini, gli occhi direzionali e la visualizzazione mentale devono essere conosciuti e interiorizzati dai bambini prima di iniziare le unità didattiche dell’Espressivo Analogico e dell’Analogico Simbolico Ottico ed Acustico SELL.

Semaforo e il “gioco del burattino”
Durante le nostre lezioni pratiche, notiamo che l’imitazione dei bambini è spesso inesatta. Con i ricercatori del Sistema SELL si è cercato di risolvere questo problema cercando soluzioni adatte alle caratteristiche dei bambini.
Dopo vari tentativi siamo arrivati al “Gioco del semaforo”. La scelta di questo simbolo è stata adottata dopo aver avuto la prova della conoscenza universale dell’oggetto da parte dei bambini. Abbiamo individuato il simbolo del semaforo insieme all’immagine dell’ “Uomo di Vitruvio” di Leonardo da Vinci, modificato dal punto di vista cromatico con il fine di relazionare le diverse parti del corpo umano con i colori di questo simbolo.
La simbologia utilizzata, oltre ad aumentare il focus attentivo, ha un’influenza considerevole nello sviluppo dell’immaginazione e, di conseguenza, nella creatività delle forme. Permette ai bambini di migliorare la conoscenza della struttura del proprio corpo e all’insegnante, insieme ai bambini, di sviluppare nuove forme di gioco migliorando la stabilizzazione dei contenuti dell’insegnamento.