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Sinner e Alcaraz: i duellanti

Lo sport appassiona per la sua capacità di proporre duelli sino all’ultimo respiro tra due atleti. Fra i più importanti e ricordati troviamo  le sfide nel ciclismo tra Coppi e Bartali o Merck e Gimondi, nelle moto quelle fra Biaggi e Rossi, e nel tennis Nadal e Federer a cui si aggiunse Djokovic. Noi spettatori siamo attratti da questi duelli per la semplice ragione che non ne conosciamo l’esito. Si dice “vinca il migliore” sarebbe più vero dire invece “vinca chi oggi sarà il migliore”. Non si vince una volta per tutte ma ogni volta si ripete la stessa situazione come nel libro di Joseph Conrad “Il duello” e riproposto da Ridley Scott nel film “I duellanti” che narra la storia di due uomini che durante le guerre napoleoniche si rincorrono per soddisfare un senso di rivalsa personale. Nello sport questo stato d’animo viene sublimato attraverso la ricerca del dominio sull’avversario raggiunto attraverso il confronto pubblico tra due avversari regolamentato in modo preciso e con un/a giudice di gara che vigila sul rispetto di questo codice sportivo. Ieri abbiamo assistito a uno di questi confronti storici fra due tennisti di livello assoluto, giovani, i primi due del ranking mondiale che rappresentano il presente ma soprattutto il tennis dei prossimi 10 anni.

Jannik Sinner e Carlos Alcaraz hanno dato vita a un match storico per una serie di ragioni. La durata più lunga di una finale del Roland Garros, 5 ore e 29 minuti. Questi numeri non rappresentano solo un dato per gli amanti della statistica ma stanno indicare il valore che questi due atleti hanno attribuito al giocare ogni singolo punto, evidenziandone la tenacia. Essere tenaci richiede di continuare a fare quello che si è fatto dopo che lo si è fatto.

Questa spiegazione non è uno scioglilingua ma indica che bisogna continuare a giocare con la stessa intensità ed energia fisica  anche quando ci si trova in svantaggio di due set a zero, come è successo ad Alcaraz o che bisogna continuare a spingere a restare nel gioco senza volerne uscire con colpi improbabili anche quando la fatica sembra insostenibile o dopo la delusione di tre match point persi come è successo a Sinner.

Qualcuno potrebbe dire “ma sono campioni” ed è per questo che si comportano in questo modo. Personalmente la penso in modo opposto sono diventati campioni poiché si allenano per mostrarsi in partita in questo modo. Ciò che li caratterizza è la capacità di essere sempre dentro il gioco lasciando uno spazio minimo alla gioia o alla delusione e restando sempre concentrati sul loro gioco quale che sia il punteggio.

Per queste ragioni credo si possa dire che abbiamo assistito a un match storico e che queste occasioni si ripresenteranno ogni volta che s’incontreranno. Però dal giorno dopo, per recuperare forza mentale e fisica, bisogna ritornare alla quotidianità e Sinner c’è lo ha ricordato dicendo che ora starà in famiglia e che suo padre non era presente alla partita perchè stava lavorando.

Alcaraz schiaccia mentalmente Djokovic

Un anno fa scrissi che in un mondo del tennis che da tempo stava cercando chi saranno i sostituti dei Favolosi 3 (Federer, Djokovic e Nadal), le vittorie di Carlos Alcaraz erano lì a dimostrare che forse sarebbe stato lui il prossimo n.1 del ranking mondiale, che a proposito della rilevanza della componente mentale nel suo gioco aveva detto:

” la mia forma fisica è stata importante, ma sicuramente la parte più importante è il gioco mentale. Sento che sono cresciuto molto in quella parte. Questo è il motivo per cui sono il numero 9 del mondo in questo momento ed è il motivo per cui sto giocando a un buon livello. Ecco perché sono stato in grado di vincere grandi partite, quindi penso che [la mia mentalità] sia la cosa più importante”.

Ieri, Alcaraz nella finale a Wimbledon contro Djokovic ha dimostrato definitivamente il livello di maturità mentale che ha raggiunto. La sua vittoria è bellissima non solo perchè ha sconfitto il campione che da 10 anni non perdeva a Wimbledon o perchè è il terzo tennista più giovane ad avere vinto questo torneo.

Ha dimostrato che si può passare attraverso l’inferno di un primo set, perso 6-1, in cui non ha opposto alcuna resistenza a Djokovic. Era una situazione che avrebbe potuto annientarlo dal punto di vista competitivo, e forse gli sono venuti in mente i crampi dovuti allo stress, provati nella semifinale al Roland Garros persa in modo netto proprio contro lo stesso avversario (6-3, 5-7, 6-1, 6-1). Questa volta la storia è stata, invece, diversa; Alcazar si è psicologicamente ripreso e ha cominciato a a fare il suo gioco. Ha schiacciato mentalmente Djokovic che si è molto innervosito, ha litigato con il pubblico e con l’arbitro, e ha spaccato la racchetta.

In uno sport, in cui l’obiettivo è dominare l’avversario Alcaraz è riuscito in questa impresa. Il lavoro con la psicologa Isabel Balaguer, intensificato in questo periodo insieme a quello con il suo team, gli ha permesso di uscire da quel baratro del primo set. Il tennis è questo: si può perdere e non capire niente ma se si è disposti a ragionare e reagire a questi momenti, allora può uscire fuori il lavoro svolto e Alcazar ha mostrato che il lavoro mentale paga quando non si è disposti subire i momenti negativi e si vuole a ogni costo perseguire il proprio obiettivo.

Alcazar ha dimostrato a tutti come si possa passare da una fase in cui si è mentalmente perdenti a un’altra di presenza dominante nella partita più importante della vita.