Una domanda che gli studenti di scienze motorie mi pongono spesso riguarda l’importanza della soggettività, l’importanza cioè delle convinzioni degli atleti. Sono abituati a credere che ciò che non è misurabile con qualche strumento scientifico non sia vero. Quando parlano di fatica, ad esempio, pensano che ascoltare l’allievo non sia utile perchè oggettivamente gli esercizi che sta facendo non possono averlo stancato. Naturalmente questa impostazione mentale degli studenti risente dell’enorme ifluenzza che gli studi di medicina e fisiologia esercitano sulla loro formazione. Seguendo questo approccio all’allenamento danno, come giusto, rilevanza alla proposta tecnica della seduta ma tendono a sottovalutare l’importanza di sapere gestire la relazione con gli atleti. Per loro è sufficiente condurre un allenamento corretto in termini di carichi di lavoro o di progressione metodologica ma sono meno orientati a gestire le emozioni o fornire indicazioni specifiche su come affrontare un compito in modo concentrato.
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