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Le nuove sullo sviluppo del talento

In questi giorni ho partecipato a due incontri dedicati al talento nello sport e voglio riassumere in alcuni punti quanto è emerso:
1. Si evidenzia in quelle persone che forniscono prestazioni al di sopra della media o di carattere eccezionale.
2. Il talento non ha nessuna relazione con la personalità delle persone.
3. Individui psicologicamente molto diversi tra loro, come Tomba e Thoeni, Federer e McEnroe, Maradona e Platini possono fornire prestazioni eccezionali.
4. Le abilità psicologiche sono decisive nel favorire prestazioni eccezionali, in particolare: la motivazione, l’impegno e la volontà.
5. Lo sviluppo del talento è un processo a lungo termine che richiede almeno 10 anni.
6. Nella maggior parte degli sport lo sviluppo sportivo precoce svolge un’influenza negativa sull’affermazione sportiva.
6. E’ necessario dedicare molte ore all’allenamento, ma questo incremento deve avvenire soprattutto a partire da 15/16 anni ma non prima.
7. Nei giovani va preferito (e insegnato) l’orientamento al miglioramento piuttosto che l’orientamento alla vittoria.
8. Il ruolo della famiglia è decisivo nello sviluppo del talento.
9. Non tutti gli atleti dotati di talento riescono a emergere come sportivi di successo a causa delle difficoltà di gestione delle situazioni agonistiche più importanti.
10. Le scuole dello sport per lo sviluppo del talento sono utili se rispettano quanto elencato.

Save school not banks

Geniale slogan dei giovani in sciopero, dà un nome a chi, la finanza, gioca a distruggere e a arricchirsi. Forse è troppo semplice, sarà solo un ‘illusione. Sono in sintonia con gli Indignados e con chi protesta negli USA contro Wall Street. E’ una rivolta contro chi vuole fare fallire i Paesi alla pari di un’azienda, togliendoti il credito o prestando i soldi a interessi esosi e contro la politica schiava di questa finanza.

Insegnante e metodi

Voglio ritornare sul blog di ieri, partendo dal mio lavoro con gli allenatori e gli atleti. In questo ambito, abbiamo la metodologia dell’allenamento che spiega come s’insegna, ad esempio, il salto in alto in funzione del livello di abilità che il giovane possiede.  Si tratta a questo riguardo di sistemi ormai consolidati, a cui come ovvio ogni allenatore fornisce un’interpretazione personale, ma che non si discosta di molto dal sistema proposto. Questo perchè le scienze dello sport hanno dimostrato che alcuni approcci sono superiori ad altri. Vi è poi la metodologia dell’insegnamento sportivo, riguardante il come insegnare a saltare in alto, come si deve comportare l’allenatore con i suoi atleti in funzione della loro età, maturità psicologica e livello di abilità sportiva. Anche qui alcune regole sono ormai diventate classiche: ascolto, equilibrio tra incoraggiamento e confronto, empatia, sapere fornire spiegazioni diverse dello stesso concetto/azione e così via. Inotre come ci si prepara alle gare, quali sono i passi di avvicinamento agli eventi più importanti vengono affrontate, insieme ad altre tematiche, dal mondo dello sport con una certa precisione e attenzione. Va detto che non tutti gli allenatori hanno la volontà di seguire questi sistemi, poichè vuole dire averli studiati, fatti propri e rinunciare a quella parte di protagonismo che porta a pensare “faccio a modo mio e se non imparano il problema è che non vogliono fare sacrifici”. La mia impressione da esterno al mondo della scuola italiana è che il sistema scolastico si occupi poco di questi aspetti mentre è preso dalla ricerca della materia che fa pensare di più. Infine, ho la percezione che gli insegnanti di una classe non agiscano come un team ma come singole individualità. Personalmente continuo a condividere l’idea di Benjamin Bloom che sosteneva che almeno in teoria tutti gli studenti possono eccellere se vengono fornite condizioni adeguate di apprendimento. Questo non esclude che la nostra scuola abbia molti altri probemi di ordine strutturale e finanziario, e che certamente gli insegnanti oggi siano sottopagati e il loro riconoscimento sociale appannato, ciò non toglie però la necessità di essere efficaci.

A proposito di come insegnare a scuola

Ho letto l’articolo di Marco Lodoli sui problemi della scuola che attribuirebbe troppo valore alle emozioni e poco allo sviluppo del pensiero logico razionale, nonchè i commenti tutti veramente interessanti, che fanno a gara a fornire le proposte più efficaci. Nulla da dire sui contenuti ma non credo sia questo l’approccio migliore. A mio avviso prima del cosa viene il come e a questo riguardo ritengo che, molti insegnanti non abbiamo l’interesse e la volontà di insegnare, cosa assolutamente difficile ma decisiva. Poco importante poi se si vuole privilegiare il latino, la matematica o Dante. La mia domanda è la seguente: i docenti devono essere dei conferenzieri che illustrano dei temi e l’apprendimento dipende solo dall’allievo, o viceversa sono degli insegnanti che devono ottimizzare l’apprendimento dei loro allievi. Secondo, quale deve essere l’impegno a casa degli allievi, quanto deve essere, quale programmazione i diversi insegnanti  adottano per consentire una distribuzione dei carichi di lavoro, qual è l’intensità di lavoro che devono richiedere e come la insegnano. In qualsiasi prestazione, atletica, musicale o professionale queste sono le domande principali a cui devono sapere rispondere i leader. Poi magari vi sarà anche il problema delle emozioni, ma questo viene dopo. Quindi prima condividiamo il metodo e poi entreremo nel merito dei temi. http://www.repubblica.it/scuola/2011/08/31/news/scuola_emozioni_ragione-21064877/?ref=HREC2-3#commentatutti