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Perchè i buoni propositi d’inizio anno falliscono

I primi giorni dell’anno sono generalmente quelli in cui le persone esprimono buoni propositi per cambiare Di solito si vuole diventare fisicamente più attivi, seguire una dieta, avere più tempo e prendersi cura di se stessi, ridurre gli stress della vita quotidiana e così via.

Molti di questi progetti restano a livello di intenzione senza tradursi mai in pratica, altri invece vengono portati avanti per un po’ di tempo e pochi sono quelli che diventano parte della vita quotidiana, modificandola in modo positivo e duraturo. Questi ultimi sono condotti da persone che sono riuscite a trasformare il proprio disagio attraverso azioni da cui traggono piacere, magari hanno scelto anche attività che sentono vicine al proprio carattere e in cui si sentono sostenuti dal partner, in famiglia e dagli amici. Quando si realizza questa sintonia è molto più probabile che i progetti di cambiamento vadano a buon fine e modifichino in modo stabile il proprio stile di vita.

Al contrario in assenza di questa combinazione di fattori, le attività che conducono al cambiamento sono percepite come noiose o troppo faticose, il piacere è del tutto assente e le persone si sentono obbligate a seguire quanto viene detto loro, come se si trattasse di seguire una cura medica. E’ piuttosto ovvio che di fronte ai primi ostacoli queste persone abbandonino i loro progetti iniziali.

In sostanza, prima di buttarsi in nuovi progetti è necessario essere consapevoli di quali siano le attività nuove e più positive che potrebbero produrre un sensazione di piacere e di ciò che serve per produrre su se stessi un impatto emotivamente positivo. Infine, non bisogna mai dimenticarsi di avere dei validi sostenitori durante la realizzazione di questo cambiamento.

Fotografia Di Messa A Fuoco Selettiva Della Persona Che Tiene L'avventura Inizia La Tazza

L’atletica italiana non esiste

Se fossi la Federazione di Atletica Leggera istituirei un bel concorso per richiedere progetti che rifondino questo sport in Italia e nominerei un piccolo gruppo di uomini e donne, di intelligenze brillanti e operative, che non abbiano mai ricoperto incarichi nell’atletica per scegliere alcuni di questi progetti e realizzarli. Sogni.

Loro sono andati via

Dall’articolo di Gianni Clerici su Repubblica: “… non c’è davvero un modo di evitare la fuga di questi cervelli all’estero, invece che rendergli la vita difficile in patria?” Questo è il caso di Claudio Pistolesi, allenatore di tennis, emigrato all’estero. Ma quanti sono gli italiani che allenano fuori perchè non vi sono più progetti e opportunità, perchè la competitività sta scomparendo e si spera in qualche atleta naturalizzato o nel caso. Non sono i giovani che non vogliono impegnarsi; la mancanza è delle organizzazioni sportive. Vi è mancanza di volontà di conoscenza e se gli atleti vogliono migliorare o fare qualcosa di diverso devono mettere mano loro stessi al portafoglio.